Guerre marcomanniche

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Guerre marcomanniche
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Le guerre marcomanniche, o guerre marcomanne come sono state definite nella Historia Augusta, costituiscono un lungo periodo di conflitti militari combattuti dall'esercito romano contro le popolazioni germano-sarmatiche dell'Europa continentale (dal 167 al 188 circa), ma soprattutto un evento storico di fondamentale importanza poiché rappresentarono il preludio alle grandi invasioni barbariche del III-V secolo.

Contesto storico

Alla morte di Antonino Pio, l'Impero romano, ormai in pace da lungo tempo subì una serie di attacchi contemporanei lungo molti dei suoi fronti. I Pitti nella Scozia premevano contro il vallo di Antonino, la Spagna subiva le continue scorrerie dei pirati Mauri, mentre in Germania, tra l’alto Danubio ed il Reno, i Catti e i Cauci penetravano oltre le frontiere e lungo le coste, invadendo la Gallia Belgica e gli Agri Decumates. Il nuovo sovrano partico Vologese III, divenuto re nel 148, occupava l’Armenia, ponendo sul suo trono il fratello Pacoro, per poi invadere la vicina provincia romana di Siria (161).

Sembrava di essere tornati al periodo delle grandi guerre dell'epoca di Traiano o di Augusto, mentre nell'Europa centro-orientale il mondo barbaro era scosso da forti agitazioni interne e da movimenti migratori tra le sue popolazioni che tendevano a modificare gli equilibri con il vicino mondo romano.

All’interno e ai margini della massa germanica si erano verificati, infatti, movimenti e mescolanze di popoli, tanto da portare a trasformazioni di natura politica, con l’avvento di un fenomeno nuovo tra i Germani: interi popoli (come Marcomanni, Quadi e Naristi, Vandali, Cotini, Iazigi, Buri ecc.), si raggrupparono in coalizioni di natura più che altro militare, imprimendo una maggior pressione sul vicino limes danubiano. Vi è da aggiungere che certamente, la spinta dei germani orientali (su tutti i Goti), contribuì ad alimentare questa spinta, ed i popoli confinanti con l'Impero romano, non disponendo di ampi spazi di fronte a loro, decisero di dare per primi l’assalto alle province renano-danubiane.

L'aver dovuto sguarnire, inoltre, buona parte del settore di Limes danubiano, con il trasferimento in Oriente (per la guerra partica del 162-166) di una parte dei contingenti militari che difendevano i confini reno-danubiano, facilitò l’offensiva barbarica di questi anni. Fu così che appena terminata la guerra partica, cominciava lungo la frontiera europea una nuova guerra contro le popolazioni germano-sarmatiche dell'Europa continentale, nota col nome di "guerre marcomanniche".

Cronologia delle guerre

La Colonna di Marco Aurelio con la rappresentazione delle guerre marcomanniche

Prime penetrazioni dei barbari (166-167)

La Historia Augusta scrive che «mentre si combatteva ancora la guerra parthica, scoppiò la guerra con i Marcomanni…». Le guarnigioni del Danubio erano state gravemente indebolite con lo spostamento di una parte dell’esercito legionario ed ausiliario in Oriente. Gli eserciti stremati dopo 4 lunghi anni di guerre nelle aride pianure della Mesopotamia, e la peste ne avevano ridotto pesantemente gli effettivi.

Un gruppo di tribù della Germania settentrionale invadeva la Pannonia superiore. Si trattava di 6.000 armati tra Longobardi ed Osii, che grazie all’acquiescenza dei Quadi, avevano potuto attraversare le loro terre ed invadere i territori romani. I barbari erano, però, intercettati da alcune unità di fanteria e di cavalleria nella zona di Brigetio-Arrabona (l'attuale Gyor), battuti e ricacciati nelle loro terre. Gli invasori erano stati respinti ancor prima che potessero arrecare danni all’interno della provincia.

In seguito a questi eventi ben 11 tribù (tra cui Marcomanni, Longobardi, Osii, Vandali Victuali, Quadi, Naristi, Cotini, ecc.) mandarono i loro messaggeri a Iallo Basso, governatore della Pannonia superiore, per chiedere la pace, scegliendo come loro portavoce il re dei Marcomanni, un certo Ballomar.
Gli ambasciatori dei barbari riuscirono ad ottenere la pace con Roma e tornarono nelle loro terre. La situazione sembrava tornare alla calma. Anche se questa apparente pace poteva destare dei sospetti in Marco Aurelio.

Sempre nel corso di quest’anno, i Sarmati Iazigi sfondavano il limes dacico (forse insieme ad alcune tribù di Vandali), e battevano l’esercito romano accorrente lungo la frontiera occidentale della provincia della Dacia superiore, causando la morte dell’allora governatore di provincia, un certo Calpurnio Proculo. Fu per questi motivi che la legio V Macedonica, appena tornata dalle campagne orientali, veniva trasferita dalla vicina Mesia inferiore (posizionata a Troesmis, attuale Iglita), in Dacia nei pressi di Potaissa (attuale Turda).

Prima spedizione germanica (168)

La pace che era stata concordata l’anno prima con i barbari non lasciava però tranquillo Marco Aurelio che decise di recarsi di persona (insieme al fratello Lucio Vero) lungo il limes pannonico per controllare quali fossero le reali intenzioni dei barbari. I due imperatori attraversarono le Alpi e si fermarono a Carnuntum, base della Legio XIIII Gemina e quartier generale del governatore della Pannonia superiore.

Nel corso di quest’anno i Marcomanni ed i Vandali Victuali avevano provocato disordini ovunque lungo la frontiera settentrionale. La Historia Augusta racconta che la maggior parte dei re si ritirarono con i loro popoli, ed uccisero i promotori della ribellione, chiedendo perdono per aver rotto il trattato di pace. Gli stessi Quadi non avrebbero riconosciuto alcun re senza il beneplacito dei due imperatori.

A Lucio Vero sembrava fosse più che sufficiente, egli non vedeva l'ora di far ritorno a Roma. Del resto era stato assente dalla capitale per tanti anni, a causa delle guerre partiche appena concluse e di cui era stato il comandante in capo. Egli riuscì a convincere il fratello, Marco, ed a tornare ad Aquileia per l’inverno, ora che la situazione sembrava tornata sotto controllo.
Nel corso di questi primi anni di guerra Marco potrebbe aver iniziato a scrivere i Colloqui con se stesso, unica opera pervenutaci dell'"imperatore filosofo". Opera che pur non raccontando in modo evidente le guerre di questi anni, comunica al lettore tutto il disagio di Marco Aurelio uomo, in relazione ad eventi tanto infausti.

Guerra contro gli Iazigi (169-170)

Erano gli inizi del 169 quando Lucio Vero fu colpito da infarto, a soli due giorni di viaggio da Aquileia, lungo la strada che conduceva da Concordia Sagittaria ad Altino. I due imperatori avevano deciso di far ritorno a Roma, dietro le insistenti pressioni del fratello Lucio, che moriva tre giorni dopo. Marco Aurelio era così costretto a tornare a Roma per le esequie del fratello.

Il grosso dell’esercito, anche in mancanza dei due imperatori, potrebbe essersi andato concentrare lungo i confini della piana del Tisza. Marco voleva punire i Sarmati per aver compiuto, l'anno precedente, un'incursione nella provincia della Dacia, ora che aveva concluso trattati di pace con le popolazioni suebe (Quadi, Marcomanni e Naristi) che gravitavano lungo i confini del medio Danubio.

Il conflitto sarmatico si rivelò molto difficile per i Romani, costretti a lasciare sul campo di battaglia altri due governatori delle tre Dacie: Calpurnio Agricola e Claudio Frontone, mentre solo con la fine dell’anno, Marco fu in grado di raggiungere il fronte in questione, accompagnato dal nuovo genero Claudio Pompeiano (nominato primo consigliere militare), che aveva sposato di recente la figlia Lucilla, vedova di Lucio Vero.

Grande invasione germanica (170)

Guerre marcomanniche, 170

Mentre Marco Aurelio lanciava una nuova e massiccia offensiva romana al di là del Danubio in territorio sarmata contro gli Iazigi (dal latino expeditio sarmatica), una grossa coalizione di tribù germaniche, capeggiata da Ballomar, re dei Marcomanni, sfondava il limes pannonico e batteva un esercito di 20.000 armati in una località che si presume sia stata lungo la cosiddetta Via dell'Ambra, forse nei pressi di Carnuntum. L'ondata barbara si riversava sia nel vicino Norico compiendo incursioni fino ad Ovilava, mentre il ramo più numeroso discendeva, appunto, la "via dell'ambra"; percorreva la Pannonia e, passando per Savaria, Poetovio ed Emona, giungeva nell'Italia settentrionale, arrivando ad assediare Aquileia e distruggendo Opitergium.

L’invasione delle popolazioni suebe costrinse Marco Aurelio a far ritorno in tutta fretta in Italia, poiché gli invasori erano riusciti a penetrare nel cuore dell’Impero, mentre il grosso delle forze romane era impegnato in un altro settore del Limes. Le popolazioni germaniche erano state abili nello scegliere il momento opportuno per sferrare l’attacco.

Ancora una volta Marco Aurelio scelse come suo principale collaboratore, Tiberio Claudio Pompeiano, a cui fu affidato il compito di bloccare l’invasione dell’Italia e ripulirne i territori circostanti, e Pertinace (il futuro imperatore) il migliore tra i suoi principali assistenti. Aquileia fu liberata dopo uno scontro sul suolo italico, dove i Romani ottennero una determinante vittoria sui Germani.

Uno dei tre pannelli provenienti dai Musei Capitolini in Roma, raffigurante l'imperatore Marco Aurelio a cavallo e due barbari ai suoi piedi in segno di sottomissione.

Sempre nel corso del 170, nuove forze barbare piombavano nei Balcani, e dopo aver portato devastazione nelle province di Tracia e Macedonia, raggiungevano l’Acaia fino al santuario di Eleusi (20 km ad ovest di Atene), dove distruggevano il tempio dei Misteri. Si trattava dei Costoboci, un popolo di origine incerta che viveva a nord-est della Dacia. Ma il raid dei Costoboci si dimostrava meno importante rispetto all’invasione dell’Italia.

E ancora il legato della legione di Mogontiacum (Magonza), Didio Giuliano (futuro imperatore), respingeva una nuova incursione di Catti (forse alleati con gli Ermunduri), mentre i Cauci portavano devastazione lungo il litorale della Gallia Belgica.

Costretto a contrastare i barbari invasori in più zone del Limes, Marco Aurelio fu costretto a creare ex-novo un grande distretto militare ai confini nord-orientali dell’Italia: la cosiddetta praetentura Italiae et Alpium, al fine di prevenire nuove possibili invasioni di genti germaniche sul suolo italico. Essa comprendeva le Alpi Giulie, ampie zone delle province di Raetia, Pannonia e Noricum. Il comando del distretto fu affidato a Q. Antistius Adventus, militare di carriera di origine africana, consul suffectus nel 166-167, che ricoprì la carica di legatus Augusti ad praetenturam Italiae et Alpium expeditione Germanica. Marco sapeva che Marcomanni e Quadi ormai costituivano il principale avversario da combattere. I Sarmati Iazigi della piana ungherese, potevano aspettare. Roma prima o poi si sarebbe vendicata.

Offensiva romana e sottomissione della Marcomannia (171-174)

Guerre marcomanniche, 171-175

Gli invasori germani, finalmente, furono presi in trappola mentre stavano cercando di attraversare il Danubio carichi di bottino, per far ritorno nelle loro terre. Rezia, Norico e Pannonia erano state liberate definitivamente dopo duri e ripetuti scontri nel corso di oltre un anno di guerra. La data dell’11 giugno potrebbe testimoniarne la sua conclusione, forse perché questo stesso giorno di ogni anno per molti decenni successivi, sia a Carnuntum (sede del governatore della Pannonia superiore) sia ad Aquincum (sede del governatore della Pannonia inferiore), venivano fatte offerte a Giove in segno di ringraziamento.

Nel corso di questi anni di guerra i Romani, risalendo i fiumi:

occupavano buona parte dei territori a nord del Danubio, sottomettendo totalmente le popolazioni abitanti l’odierna Moravia e Bassa Austria (Naristi, Marcomanni e Cotini), confinanti con la provincia romana della Pannonia superiore.

I Quadi, al contrario, che occupavano l'attuale Slovacchia si dimostrarono i più ostili da assoggettare, poiché tentarono più volte di sottrarsi al giogo romano. Alla fine anche loro furono costretti a capitolare, ed il loro re Ariogeso, fu mandato da Marco Aurelio in esilio ad Alessandria d’Egitto.

L'episodio della "pioggia miracolosa" che coinvolse la legio XII Fulminata durante le guerre marcomanniche, è raffigurata sulla Colonna.

Marco Aurelio riceveva per questi successi il titolo di “Germanicus” nel 172. Fu acclamato Imperator due volte: nel 171 e nel 174, mentre le monete del 172 riportavano la legenda Germania subacta ("Germania soggiogata"). Cassio Dione riferiva che «Marco Aurelio riuscì a sottomettere i Marcomanni… dopo molti e duri scontri…».

È da attribuirsi a questi anni il famoso episodio della “pioggia miracolosa” rappresentato nella scena numero 16 della Colonna. Cassio Dione ricorda che i Romani, ormai accerchiati dai Quadi, logorati dal caldo e dalla sete, erano stati salvati dalla pioggia e dalle preghiere dei soldati cristiani. E secondo la storiografia dell’epoca, la legione coinvolta in questo episodio era la Legio XII Fulminata proveniente da Melitene in Cappadocia.

Con Marcomanni, Quadi e le altre popolazioni limitrofe, come i Naristi, vennero siglati trattati di pace che imponevano loro severe restrizioni come la consegna di ostaggi, l’obbligo di lasciar libera la sponda a nord del Danubio per 10 miglia romane, il fornire truppe alleate ai Romani ed il dover subire un "controllo a distanza" dei propri territori (come ad esempio nella zona di Mušov, nell’attuale Repubblica Ceca).

Ripresa della guerra contro gli Iazigi (174-175)

Statua equestre di Marco Aurelio, oggi sul Campidoglio a Roma, eretta in occasione del trionfo dell'imperatore

Marco Aurelio voleva ora battere i Sarmati Iazigi della piana del Tisza e vendicare l'onta dell'invasione del 168. La guerra contro le tribù germaniche degli anni precedenti ne aveva solo ritardato i piani.

Dopo una serie di combattimenti favorevoli ai Romani, una parte degli Iazigi chiese la pace. La guerra continuò per un altro anno fino a quando anche il secondo re sarmata fu costretto ad implorare la resa.

Le condizioni di pace sono riportate da Cassio Dione (lxxii, 16) il quale racconta che agli Iazigi fu imposto «di abitare due volte più lontano dal Danubio rispetto a Quadi e Marcomanni… dovevano restituire 100.000 prigionieri di guerra ancora nelle loro mani… e dovevano fornire 8.000 cavalieri, di cui 5.500 furono subito inviati in Britannia».

Una nuova campagna contro le popolazioni della piana della Tisza doveva essere iniziata da poco nel 175, quando a Marco giunse la triste notizia che Avidio Cassio, governatore di Siria, si era ribellato e autoproclamato imperatore in buona parte delle province orientali. Marco Aurelio fu costretto ad abbandonare la guerra contro gli Iazigi e le popolazioni della piana della Tisza e recarsi in Oriente per affrontare Avidio Cassio e metter fine alle sue pretese al trono.

La rivolta di Avidio Cassio sospendeva per la seconda volta la guerra contro le popolazioni sarmatiche e suebe. La Historia Augusta ricorda, infatti, che Marco avrebbe desiderato fare della Marcomannia e della Sarmatia due nuove province, e ci sarebbe riuscito se Avidio Cassio non si fosse ribellato. Ma forse sarebbero stati necessari più anni di guerra.

La fortuna volle che pochi mesi dopo Avidio Cassio venisse ucciso da un centurione romano, rimasto fedele a Marco Aurelio, scongiurando così una probabile nuova guerra civile.

Tregua e seconda spedizione in Marcomannia (176-179)

Guerre marcomanniche, 178-179

Marco Aurelio, che aveva battuto tutti i popoli a nord del medio corso del Danubio, ottenne per decreto del Senato romano il meritato trionfo su queste genti (insieme al figlio Commodo, da poco nominato Augusto); in suo onore venne eretta all'imperatore una statua equestre (oggi in Campidoglio a Roma).

I combattimenti ripresero già nella prima parte dell'anno 177. I Quadi, che da sempre si erano dimostrati i più restii ad accettare l'occupazione romana, potrebbero essere stati i primi a ribellarsi nuovamente, obbligando entrambi i governatori di Pannonia, superiore ed inferiore, a rimettere mano alle armi.

Marco Aurelio fu costretto a recarsi di persona lungo il fronte danubiano, alla fine dell’estate del 178, per cercare di portare a termine una guerra che si protraeva ormai da troppi anni; iniziò così la secunda expeditio germanica.

Marco deve aver raggiunto Carnuntum nella tarda estate del 178. Era intenzionato ad organizzare le terre a nord del tratto danubiano, da Vindobona ad Aquincum, nella nuova provincia di Marcomannia.

L'scrizione romana a Trenčín (Slovacchia)

Per prima cosa procedette a sedare le rivolte tra Marcomanni e Naristi (178), l’anno successivo operò nel territorio dei Quadi, forse risalendo il fiume Granua (l’attuale Hron), e gli altri affluenti del Danubio, vie di comunicazione naturali per l'interno dei territori dei barbari. A questa spedizione risale l'iscrizione romana tuttora presente sulla roccia dove sorge il castello dell'odierna Trenčín (Slovacchia). L'iscrizione celebra la vittoria di Marco Aurelio e degli 855 soldati della legione II Adiutrix nella località chiamata Leugaricio, che rappresenta la prova della presenza militare romana più a settentrione nell'Europa centrale.

Sempre nel corso di questa secunda expeditio germanica il prefetto del pretorio, un certo Tarutieno Paterno, impegnò il nemico per un’intera giornata (tanto era numeroso), riportando alla fine una vittoria risolutiva ai fini della guerra. Marco per questi successi veniva acclamato Imperator per la decima volta.

La nuova provincia di Marcomannia era forse al principio di un'occupazione romana e forse in fase di nuova costituzione. Ora era necessario battere ancora una volta i Sarmati della vicina piana del Tisza, costringendoli una volta per tutte a deporre le armi e chiedere la pace. Ciò avrebbe permesso al Limes del medio corso del Danubio di tornare a respirare aria di pace.

Marco trasferiva, così, il proprio quartier generale lungo il fronte sarmatico per l’inverno del 179-180 (in Pannonia inferiore), ma a marzo, quando la nuova stagione di guerra stava per cominciare, Marco cadeva gravemente ammalato e moriva non lontano da Sirmio (17 marzo 180), come ci informa il contemporaneo Tertulliano nel suo Apologeticum. E poco prima di morire la Historia Augusta riferisce che chiese al figlio Commodo di «non trascurare il compimento delle ultime operazioni di guerra».

Commodo contro gli Iazigi (180-182)

Guerre marcomanniche, 180-182

L'offensiva da parte di Commodo in terra sarmata continuò. Neppure la morte dell’imperatore ritardò la progettata spedizione nella piana del Tisza. I Sarmati Iazigi (nuova expeditio sarmatica), i suebi Buri ("expeditio Burica"), i germani Vandali ed i Daci liberi, furono battuti più volte negli anni successivi. Commodo, che aveva deciso di abbandonare il teatro delle operazioni militari nell’ottobre del 180, contro il parere del cognato Claudio Pompeiano, lasciò che fossero i suoi generali (come Pescennio Nigro, Clodio Albino, il figlio di Tigidio Perenne e Valerio Massimiano per citarne alcuni) a portare a termine le operazioni di guerra .

Dispose, infine, prima di rientrare a Roma, di abbandonare i territori della Marcomannia, certamente per meglio fronteggiare i vicini Iazigi, poiché le economie di forze degli eserciti romani messi in campo, non permettevano nuovi arruolamenti ed ulteriori dispiegamenti di truppe. Del resto potrebbe essersi reso conto che, il mantenere territori a nord del Danubio, avrebbe certamente causato dei danni economici all'economia dell'impero, come se n'era accorto in passato lo stesso Augusto, quando decise di abbandonare definitivamente i territori della Germania Magna dopo la disfatta di Teutoburgo del 9 d.C.. Commodo aveva intuito che si trattava di territori ricoperti da foreste ed acquitrini. Una ragione più che valida per abbandonare i territori di Marcomanni e Quadi.

Ciò non significava che Marcomanni e Quadi fossero liberi di agire senza il consenso di Roma. In realtà queste popolazioni, insieme a Naristi e Cotini, costituivano una forma di "catena clientelare" posta a protezione dei confini danubiani.

L’obbiettivo strategico finale di sottomettere al volere di Roma tutti i territori a nord del Danubio, rimase incompiuto, anche se molte di queste popolazioni mantennero fede ai patti di amicizia ed alleanza con il popolo romano per un trentennio, fino all'invasione degli Alemanni del 213 d.C..

Per queste vittorie Commodo ricevette una quarta ed una quinta acclamazione imperiale oltre al titolo onorifico di Germanicus et Sarmaticus Maximus e, probabilmente, decise l'inizio dei lavori della famosa Colonna di piazza Colonna a Roma per onorare il padre appena scomparso. Ed i lavori terminarono dopo una decina d'anni, poco prima della sua morte.

Tertia expeditio germanica (186-188)

La Historia Augusta riferisce, infine, di una terza spedizione germanica a cui però Commodo non prese parte. Quadi e Marcomanni potrebbero essersi ribellati nuovamente, ma il pronto intervento dei governatori provinciali delle due Pannonie riuscì a sedare ogni possibile focolaio di rivolta. E Commodo, rimasto a Roma a godersi i giochi gladiatorii, potrebbe essersi accontentato della ottava acclamazione ad Imperator.

Cultura popolare

Rappresentazioni delle guerre marcomanniche nei film:

Bibliografia

Fonti primarie

Fonti moderne

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Voci correlate