Guerra dei Pazzi

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Guerra dei Pazzi
Giorgio Vasari: allegoria di Colle di Val d'Elsa e San Gimignano; affresco in Palazzo Vecchio a Firenze
Data1478 - 1480
LuogoToscana
Casus belliCongiura dei Pazzi

Mire espansionistiche napoletane in Toscana e papali in Romagna.

EsitoVittoria militare napoletano-papale. Pace di Napoli del 13 marzo 1480.
Modifiche territorialila Repubblica di Siena doveva essere reintegrata nei possessi precedenti la guerra; i Pazzi e gli altri congiurati dovevano essere scarcerati e reintegrati nei loro possessi, il Ducato di Milano avrebbe riavuto i territori perduti.
Schieramenti
Comandanti
Voci di guerre presenti su Wikipedia

La guerra dei Pazzi è un conflitto esploso tra la Repubblica di Firenze e una coalizione napoletano-papale in seguito alla congiura dei Pazzi.

La coalizione[modifica | modifica wikitesto]

Il Papa Sisto IV, sdegnato dal trattamento riservato ai congiurati e soprattutto per l'impiccagione dell'arcivescovo di Pisa Francesco Salviati che venne impiccato sulle mura del fiorentino Palazzo della Signoria[1], iniziò una guerra aperta contro Lorenzo il Magnifico. Il papa pretendeva la scarcerazione del cardinale Raffaele Riario, suo nipote, che era stato incarcerato in quanto officiante della messa durante la quale venne pugnalato a morte Giuliano de' Medici. Sisto replicò con la scomunica contro Lorenzo e i maggiorenti della Repubblica (la bolla Ineffabilis et summi patris providentia del 1º giugno 1478[2]), chiuse e arrestò i membri del banco mediceo romano[3][4], si alleò apertamente con Ferrante di Napoli, con Siena, Lucca e Urbino e dichiarò guerra a Firenze, alleata di Milano e di Venezia.

Il giorno successivo il papa ordinò al condottiero Giulio Cesare da Varano, al soldo della Chiesa, di mobilitarsi. Il giorno 7 giugno il papa e il re di Napoli rinnovano la condotta a Federico da Montefeltro che si trova quindi a capo dell'esercito della coalizione anti-medicea.[5]

Lorenzo, sostenuto dai cittadini[6] e dal clero toscano (che a sua volta scomunicò il papa)[7][8], si accinse alla preparazione della difesa militare.

Il conflitto[modifica | modifica wikitesto]

Il 3 luglio un araldo napoletano porta in città la dichiarazione di guerra. Pochi giorni dopo viene attaccato il castello di Rencine presso Castellina in Chianti dove le mura vengono abbattute e i soldati fiorentini di guarnigione impiccati. In seguito viene attaccata Radda in Chianti. Nel frattempo giungono a difesa di Firenze le truppe del duca di Milano. A Talamone sbarca il grosso dell'esercito napoletano con una grande quantità di artiglierie. Nel frattempo Ferrante, per distogliere il ducato di Milano dalla difesa di Firenze, organizza la ribellione di Genova grazie all'aiuto di Prospero Adorno e Roberto Sanseverino.[9]

Successivamente Roberto Sanseverino, che si era spostato in Lunigiana, attacca Pisa che era territorio della Repubblica di Firenze. A novembre cade Monte San Savino. Per i fiorentini Carlo da Montone attacca Perugia. Il 7 di settembre del 1479, la Fortezza di Poggio Imperiale viene attaccata di sorpresa da Federico da Montefeltro e dal duca di Calabria e vengono fatti prigionieri molti capitani di ventura al soldo di Firenze. Vengono messi a ferro e fuoco i possedimenti fiorentini e occupati entro la fine dell'estate anche Casole d'Elsa, Certaldo e Castelfiorentino.

La guerra ebbe una svolta nel novembre del 1479, quando la coalizione antifiorentina prese, dopo un lungo assedio, Colle di Val d'Elsa[10]. In seguito a questa vittoria e con l'approssimarsi dell'inverno, il papa e Ferrante concessero tre mesi di tregua.

Viaggio a Napoli di Lorenzo il Magnifico[modifica | modifica wikitesto]

Lorenzo, vedendo la gravità della situazione, su consiglio di Ludovico il Moro e col consenso della Signoria lasciò di nascosto Firenze, affidando al gonfaloniere Tommaso Soderini il governo dello Stato in sua assenza;[11] quindi salpò di nascosto dal porto di Vada e si recò a Napoli per trattare con Ferrante.[11] Consapevole che il re di Napoli aveva avuto parte nella congiura dell'anno precedente, Lorenzo non partì prima di aver ricevuto dal Moro e da Ippolita Maria Sforza l'assicurazione che Ferrante non lo avrebbe incarcerato e ucciso, così com'era solito fare con gli ospiti suoi nemici.[12] Tuttavia, considerato il cinismo del re, nessun salvacondotto gli avrebbe mai fornito una vera garanzia, e "l'iniziativa del fiorentino assomigliava pur sempre a quella dell'acrobata che salta nel vuoto senza rete".[13] Ferrante, trattenendo onorevolmente per tre mesi l'illustre ospite fiorentino, sperava che Firenze, davanti alla prolungata assenza di Lorenzo, si ribellasse, passando dalla parte del Papa. Nel frattempo il nuovo doge di Genova, Lodovico Fregoso, attaccò e conquistò Sarzana.

La pace con Napoli[modifica | modifica wikitesto]

Lorenzo visita Ferdinando d'Aragona a Napoli, dipinto di Giorgio Vasari e Marco da Faenza, Palazzo Vecchio, Sala di Lorenzo il Magnifico, Firenze

Vista la fedeltà dei fiorentini al loro signore, Ferrante accondiscese alle richieste di pace e il 6 marzo 1479 licenziò Lorenzo.[3][14] A far pressione sul re fu anche la nuora Ippolita, la quale, dotata di ottima cultura e dell'abilità politica del padre Francesco, cercò da un lato di mantenere il fratello Ludovico il Moro nell'alleanza con Firenze, dall'altra di convincere il medesimo a continuare le trattative con il re di Napoli per impedire la caduta di Lorenzo in nome dell'antica alleanza che correva fra le due famiglie[15]. La pace ebbe grande risonanza a Firenze: al suo rientro, avvenuto il 13 marzo 1480[16], Lorenzo fu salutato dai Fiorentini come salvatore della patria[17].

Niccolò Machiavelli, nelle sue Istorie fiorentine, così giudica il trionfo mediceo:

«Tornò pertanto Lorenzo in Firenze grandissimo, se egli se n'era partito grande, e fu con quella allegrezza della città ricevuto, che le sue grandi qualità e freschi meriti meritavano, avendo esposto la propria vita per rendere alla patria sua la pace.»

La pace con Ferrante prevedeva che i territori fiorentini persi durante la guerra fossero restituiti a Firenze secondo l'arbitrio del re di Napoli, che venisse pagata una somma di denaro al duca di Calabria e che i superstiti della famiglia Pazzi rinchiusi a Volterra venissero liberati.

Ulteriori sviluppi[modifica | modifica wikitesto]

La pace separata tra Napoli e Firenze irritò il papa e Venezia.

A onta delle successive esaltazioni, la pace si rivelò in sostanza un fallimento, in quanto re Ferrante non richiamò dalla Toscana il figlio Alfonso, il quale con le proprie truppe proseguì l'impresa di Siena, minacciando di sottomettere Firenze. A salvare Lorenzo fu piuttosto la sanguinosa invasione turca di Otranto, che costrinse Ferrante a richiamare Alfonso dalla Toscana per inviarlo in Puglia.[12] Sisto IV offrì la pace e sciolse Lorenzo dalla scomunica il 3 dicembre 1480[16].

I Medici furono reintegrati di tutti i loro possedimenti in cambio di forti compensi finanziari e l'invio di truppe militari per contrastare l'attacco turco.[18][19][20]

Nonostante la strage dei civili per mano turca, Lorenzo fu tanto lieto di questo evento da coniare una medaglia celebrativa in onore del Sultano. Ciò alimentò le voci per cui fosse stato egli stesso, in comunione con la Serenissima Repubblica di Venezia, a sollecitare il sultano turco ad invadere Otranto, pur di liberarsi dalla presenza aragonese in Toscana. Il 30 novembre 1480 dichiarò pubblicamente che il popolo fiorentino avrebbe preferito cadere "ne le mane del turcho che lassare le sue terre ne le mani de' Senesi et de li loro nimici", dichiarando che non avrebbe inviato alcun aiuto a re Ferrante se questi prima non gli avesse restituito le terre tolte. Questo agire parve a Ferrante un insolente ricatto, cosicché a fine dicembre dette ad intendere che la sua alleanza con Firenze e Milano doveva considerarsi sciolta[21].

Santi di Tito, Ritratto di Niccolò Machiavelli, olio su tavola, seconda metà del XVI secolo, Palazzo Vecchio, Firenze

Conseguenze artistiche[modifica | modifica wikitesto]

Il Magnifico utilizzò i sui artisti per migliorare le relazioni con Roma e Napoli. Il 27 ottobre 1480 Botticelli, Cosimo Rosselli, Domenico Ghirlandaio, Pietro Perugino e i rispettivi collaboratori partirono per Roma per affrescare le pareti della Cappella Sistina[22].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Roscoe, pp. 74-78, vol. 2.
  2. ^ Lombardi.
  3. ^ a b 1478 - Congiura dei Pazzi aggiungi alla cartella, su palazzo-medici.it, Palazzo Medici Riccardi. URL consultato il 24 agosto 2015 (archiviato dall'url originale il 24 settembre 2015).
  4. ^ Guicciardini, p. 117.
  5. ^ Duccio Balestracci, Il Duca, Laterza, settembre 2022, ISBN 978-88-581-4883-9.
  6. ^ Papa Sisto IV chiese ai membri della Signoria che Lorenzo fosse loro consegnato, ma i maggiorenti della Repubblica risposero con parole piene di stima per il Medici:

    «Dite che Lorenzo è un tiranno e ci comandate di espellerlo; ma come possiamo esser liberi se siamo costretti a obbedire ai vostri comandi? Lo chiamate tiranno; la maggioranza dei Fiorentini lo chiama difensore.»

  7. ^ Cesati, p. 41.
  8. ^ In Young, p. 194 si dice che il clero, per pubblicare la scomunica contro il papa, arrivò a usare la stampa a caratteri mobili per diffondere il più possibile la sua decisione.
  9. ^ Niccolò Machiavelli, VIII, in Istorie fiorentine, 1880.
  10. ^ Roscoea, p. 108, vol. 2.
  11. ^ a b Young, p. 195.
  12. ^ a b Franco Catalano, Ludovico il Moro, Dall'Oglio Editore, pp. 44-48, ISBN 8877185996.
  13. ^ Silvio Biancardi, La chimera di Carlo VIII, 1492-1495, Interlinea, 2009, pp. 81-85.
  14. ^ Machiavelli, pp. 405-406.
  15. ^ Mele, p. 381.
  16. ^ a b Lorenzo-DBI.
  17. ^ Cesati, p. 42.
  18. ^ Marco Barsacchi, Cacciate Lorenzo! La guerra dei Pazzi e l'assedio di Colle Val d'Elsa (1478-1479), Protagon Editori, 2007.
  19. ^ Luca Fusai, La storia di Siena dalle origini al 1559, Siena, Il Leccio, 1987.
  20. ^ Langton Douglas, Storia Politica e Sociale della Repubblica di Siena, Libreria Senese Editrice, Siena 1926
  21. ^ Ernesto Pontieri, pp. 336-338.
  22. ^ Santi, cit., pag. 86.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Giuseppe Lombardi, Sisto IV, collana Enciclopedia dei Papi, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 2000, SBN IT\ICCU\USS\0002452. URL consultato il 29 dicembre 2019.
  • Bruno Santi, Botticelli, in I protagonisti dell'arte italiana, Scala Group, Firenze 2001. ISBN 88-8117-091-4