Carlo Alberto Pasolini
Carlo Alberto Pasolini | |
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Carlo Alberto Pasolini in divisa da tenente di fanteria alla fine della prima guerra mondiale. | |
Nascita | Bologna, 26 giugno 1892 |
Morte | Roma, 19 dicembre 1958 |
Luogo di sepoltura | Casarsa della Delizia |
Dati militari | |
Paese servito | Regno d'Italia |
Forza armata | Regio esercito |
Arma | Esercito |
Corpo | Fanteria |
Grado | Colonnello |
Guerre | Prima guerra mondiale Guerra d'Etiopia |
Campagne | Campagna di Libia (1913-1921) |
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Carlo Alberto Pasolini (Bologna, 26 giugno 1892 – Roma, 19 dicembre 1958) è stato un militare italiano. Fu padre del celebre poeta, scrittore e regista Pier Paolo Pasolini.
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]Carlo Alberto Pasolini nacque a Bologna il 26 giugno 1892, ultimo di tre figli di Gaspare Argobasto Pasolini, il quale, a sua volta, fu riconosciuto a vent'anni da Girolamo Pasolini. Aveva un fratello maggiore, Pietro Paolo, nato nel 1875 e morto celibe a soli 22 anni nel 1897, e una sorella, Dora, nata nel 1883 e deceduta nel 1947. Risulta invece priva di fondamento una vecchia diceria che metteva in relazione Carlo Alberto alla stirpe dei Conti Pasolini Dall'Onda, in quanto suo nonno Girolamo non era discendente di Pietro Desiderio Pasolini (1782-1839), nobilitato come 1º Conte Dell'Onda (poi Dall'Onda). Rimane comunque in campo l'ipotesi, ad oggi non avvalorata da opportuni riscontri documentali, di un legame più antico fra le due famiglie attraverso un comune capostipite.
Dopo la prematura scomparsa del padre, la cui ludopatia lo aveva portato a sperperare tutti i beni di famiglia, i Pasolini si trovarono in precarie condizioni economiche. L'insana passione per il gioco si era purtroppo trasmessa anche al figlio Carlo Alberto[1]. Per questo motivo, al fine di mantenere sé stesso e la propria famiglia di origine, il giovane Carlo Alberto decise di intraprendere la carriera militare ed entrare nell'esercito, venendo subito avviato alla guerra di Libia. Prese parte alla prima guerra mondiale come volontario e divenne quindi ufficiale di fanteria del Regio Esercito. Nel 1921 sposò la giovane insegnante friulana Susanna Colussi, conosciuta nel suo paese natio, Casarsa, con la quale si spostò poi nuovamente in Emilia, dalla quale ebbe il 5 marzo 1922 il figlio primogenito Pier Paolo Pasolini e, il 4 ottobre 1925, il secondogenito Guido Pasolini, ucciso a diciannove anni dai partigiani comunisti in seguito all'eccidio di Malga Porzus. Dopo la Grande Guerra, si iscrisse al Partito Fascista.
Il 31 ottobre 1926, giorno del fallito attentato a Benito Mussolini da parte del giovane anarchico Anteo Zamboni, Carlo Alberto Pasolini comandava una delle compagnie che facevano da protezione al Duce, nell'ambito delle misure di sicurezza organizzate in occasione della manifestazione per l'inaugurazione, a Bologna, dello stadio Littoriale. A Pasolini era stato affidato il compito di gestire il servizio d'ordine all'inizio di Via dell'Indipendenza, dove sarebbe passata l'automobile che accompagnava Mussolini alla stazione, al termine delle celebrazioni. Fu proprio lui il primo ad individuare e bloccare il quindicenne attentatore[2], che sarà poi linciato a calci e coltellate dalla scorta fascista.
Nel corso della seconda guerra mondiale fu preso prigioniero e internato in un campo di prigionia inglese in Kenya nel 1941, rimanendovi sino alla fine del conflitto[3]. Al suo ritorno in patria, col grado di colonnello, risulterà affetto da alcolismo e da paranoie, rendendo la sua presenza nella famiglia sempre più difficile. Nel 1951 decide di seguire a Roma la moglie e il figlio, che già vi si erano trasferiti alcuni anni prima, ed ivi muore nel dicembre del 1958. Venne sepolto presso il cimitero di Casarsa della Delizia, in Friuli, paese natio della moglie.
Coi due figli, e in particolare col primogenito Pier Paolo, ebbe rapporti per lo più conflittuali, in particolare quando questi nel 1947 si iscrisse al Partito Comunista Italiano. Diceva di lui il figlio poeta:
«... passionale, sensuale e violento di carattere: era finito in Libia, senza un soldo; così aveva cominciato la carriera militare; da cui sarebbe poi stato deformato e represso fino al conformismo più definitivo. Questo non lo poté accontentare e quindi lo angosciò sempre, fino a una forma quasi paranoidea negli ultimi anni, al ritorno dalla sua terza guerra. Aveva puntato su di me, sulla mia carriera letteraria, fin da quando ero piccolo, dato che ho scritto le prime poesie a sette anni: aveva intuito, pover'uomo, ma non aveva previsto, con le soddisfazioni, le umiliazioni. Credeva di poter conciliare la vita di un figlio scrittore col suo conformismo. L'inconciliabilità lo ha fatto impazzire: nell'atto stesso di capire non capiva più niente... La sua acutissima intelligenza non gli serviva: era uno strumento che non ha mai il suo uso. E ci esasperava, ruggiva, smaniava, era al mondo per soffrire, e quanto ci ha fatti soffrire, me e mia madre! Quando nel 1942 uscì il mio primo libretto, Poesie a Casarsa (in friulano! Fatto assurdo per lui, che, ufficialetto di primo pelo, era capitato a Casarsa, e lì aveva conosciuto mia madre, impadronendosene subito, con la sua prepotenza infantile e centralistica): lo ricevette nel Kenya, dove era prigioniero. Ma, malgrado la assurdità del linguaggio usato, era dedicato a lui, e questo lo consolava, lo faceva gongolare. Quando tornò io ero a Casarsa, sfollato con mia madre: ero perduto come in una sconfinata intimità il che faceva del Friuli la mia folle sede oggettiva. Mio fratello Guido era morto, partigiano. Mia madre ed io eravamo mezzi distrutti dal dolore. Egli finì cosi a Casarsa, in una specie di nuova prigionia e cominciò la sua angoscia lunga una dozzina di anni. Vide a uno a uno uscire i miei primi libretti, in friulano, seguì i miei primi piccoli successi critici, mi vide laureato in lettere: e intanto mi capiva sempre meno. Il contrasto era feroce: se uno si ammalasse di cancro e poi guarisse, avrebbe della sua malattia lo stesso ricordo che ho io di quegli anni. Nei primi mesi del '50 ero a Roma, con mia madre: mio padre sarebbe venuto anche lui, quasi due anni dopo, e da piazza Costaguti saremmo andati ad abitare a ponte Mammolo [...] anni di lavoro accanito, di pura lotta [...] e mio padre sempre là, in attesa, solo nella sua cucinetta, coi gomiti sul tavolo e la faccia contro i pugni, immobile, cattivo, dolorante; riempiva lo spazio del piccolo vano con la grandezza che hanno i corpi morti. [...] Mio padre poté finalmente occuparsi di un trasloco che gli dava soddisfazione, che vellicava in lui il piacere del comando, della vanità, del decoro borghese. Andammo a stare a Monteverde, in via Fonteiana. [...] Ma la vita nella mia casa era sempre la stessa, sempre uguale alla morte. Mio padre soffriva, ci faceva soffrire: odiava il mondo che aveva ridotto a due, tre dati ossessivi e inconciliabili: era uno che batteva continuamente, disperatamente, la testa contro un muro. La sua agonia vera durò molti mesi: respirava a fatica, con un continuo lamento. Era malato di fegato, e sapeva che era grave, che solo un dito di vino gli faceva male, e ne beveva almeno due litri al giorno. Non si voleva curare, in nome della sua vita retorica. Non ci dava ascolto, a me e a mia madre, perché ci disprezzava. Una notte tornai a casa, appena in tempo per vederlo morire.»
Onorificenze
[modifica | modifica wikitesto]— Gallabat - Metemma, 3 dicembre 1940 - 29 gennaio 1941
Albero genealogico
[modifica | modifica wikitesto]Genitori | Nonni | Bisnonni | ||||||||
Girolamo Pasolini | … | |||||||||
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Gaspare Argobasto Pasolini | ||||||||||
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Carlo Alberto Pasolini | ||||||||||
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Giulia Drudi | ||||||||||
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Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Daniela Minotti, La rivoluzione delle lucciole: Pier Paolo Pasolini tra letteratura, antropologia e impegno civile. Tesi di laurea magistrale, su ETD archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa, 2013. URL consultato il 26 gennaio 2020 (archiviato il 2 novembre 2019).
- ^ Aldo Cazzullo, L'Italia s'è ridesta, Milano, 2012
- ^ Pier Paolo pasolini, su filosofico.net. URL consultato il 13 giugno 2021.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Brunella Dalla Casa, Attentato al Duce. Le molte storie del caso Zamboni, Bologna, Il Mulino, 2000.
- http://www.provincia.bologna.it/portici/Engine/RAServeFile.php/f/articoli_2004/come_eravamo.pdf
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]Altri progetti
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