Porcari (famiglia)

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Porcari
Di rosso, cancellato d'oro di otto pezzi e inchiodato dello stesso; il capo d'argento, al cinghiale nero passante, cinto d'una fascia d'argento. Di rosso, cancellato d'argento, inchiodato d'oro, di otto pezzi; col capo d'argento, caricato da un cinghiale passante di nero, e sostenuto da una fascia d'oro, caricata da una burella ondata di nero.
Stato Stato Pontificio
Regno di Napoli
Regno delle Due Sicilie
Bandiera dell'Italia Italia
FondatoreGiovanni Porcario
Data di fondazionesecolo XI
EtniaItaliana
Rami cadettiPorcaresi (Porcari)
Baroni Porcari Li Destri di Rainò (Polizzi Generosa)
Baroni Porcari della Statera (Messina)
Baroni Porcari di Serra Rifusa (Matera)
Patrizi Sabini Tosi-Porcari (Roma)

I Porcari furono un'antica e nobile famiglia romana nota sin dal secolo XI ritenuta dagli storici classici originaria della gens Porcia.[1] Viene ricordata per la congiura di Stefano Porcari contro Niccolò V, per la costruzione del Castello di Monteriggioni.

«… e così andando la cosa, i Porcari tutto fossero e nobili
ed antichi cittadini Romani, non si vergognarono di trafficare
in arte assai umile, e che ad alcuno sembrerebbe alquanto vile,
sapendo eglino dall'esperienza, che viver si può laudabilmente
esercendo anche qualche arte, quando la mutabilità delle cose
temporali, detta la fortuna, ti voglia rotare infino al fondo,
non permettendoli di viver con splendidezza.

(Pasquale Adinolfi, "La Portica di S. Pietro ossia Borgo nell'età di mezzo" p.83»

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Storia[modifica | modifica wikitesto]

Ritenuta dagli storici classici di antica nobiltà e originaria dalla gens Porcia;[1] le prime notizie della famiglia risalgono al secolo XI con un Johannes Porcarius, e sin da quel periodo le fonti riferiscono dell’esistenza di almeno due rami della famiglia riconducibili probabilmente al medesimo capostipite, l’uno i Porcari residenti nel rione Pigna dove dettero il loro nome al quartiere dove ebbero le loro abitazioni presso l’attuale Piazza della Pigna, e i Porcari di Ripa Romea presso la riva destra del Tevere non lungi dal ponte Santa Maria.

Veduta del castello di Soriano

A quest’ultimo ramo, per la coincidenza dei nomi, Pandulfus olim domini Porcarii vissuto nel 1258[1], si è ipotizzato potessero appartenere i signori di Soriano, Pandolfo di Attaviano e i figli del defunto Porcario: Stefano, Pandolfo, Pietro e Guastapane, che sul finire del secolo XIII vennero pretestuosamente dichiarati eretici da papa Niccolò III che tolse loro il castello di Soriano per concederlo ai propri famigliari Orsini. Nel 1301 papa Bonifacio VIII per risarcire la famiglia dell’ingiustizia subita concesse loro il castello di Chia nella persona di Guastapane del defunto Porcarius militis[2].

I Porcari che vissero il periodo di massima espansione durante il secolo XV, possedettero numerosi beni immobili nella città, anche nel rione Borgo e come molte altre famiglie della media nobiltà romana, ricoprirono le massime magistrature capitoline ricoprendo ripetutamente la carica di conservatore di Roma fin dal 1378[3] ed esercitando altresì i più lucrosi uffici curiali quali quelli di giudice e notaio, oltre che esercitare l’attività di cambiavalute e della bovatteria su casali propri nella Campagna romana[1] posti soprattutto sulla via Nomentana (Poterano, Monte Gentile, Castiglione e Casal de' Pazzi) o come affittuari di enti ecclesiastici o di famiglie baronali, o come appaltatori dei diritti fiscali e privative della camera capitolina quali il commercio del sale.

Nel 1468 Antonio ed Evangelista, acquistarono parte della tenuta di Tor Marancia o della Peschiera.

Tra gli ecclesiastici Girolamo Porcari fu vescovo di Andria. La famiglia ebbe le proprie sepolture nella cappella di famiglia presso la chiesa di Santa Maria sopra Minerva sulla cui piazza prospettavano alcune delle case della famiglia[4], presso la chiesa di San Giovanni della Pigna e a Santa Maria ad Martyres[5].
La famiglia che tra XV e XVI secolo raccolse una nota collezione antiquaria[6] non era più presente in Roma all’epoca della bolla Urbem Romam[7]. Un Gentile Porcari nobile romano, condottiero di soldati, venne investito nel 1497 della terra di Petina in Principato Citra[8]

Stefano Porcari[modifica | modifica wikitesto]

Stefano Porcari

«Se Cola di Rienzo fu l'ultimo dei Tribuni, Stefano Porcari fu l'ultimo dei Romani. La differenza dei titoli indica non già la diversità dello scopo, si bene la distanza delle epoche, quella di un secolo dall'uno all'altro...»

Alla famiglia appartenne Stefano autore della congiura contro papa Niccolò V. Stefano Porcari era un entusiasta degli ideali della Repubblica Romana e perciò ha esortato il popolo a ribellarsi contro il potere del papa. Era un uomo che non si limitava alle parole e cercò di realizzare il suo piano: organizzò una rivolta popolare il 6 gennaio 1453, abbastanza simile alla rivolta di Cola di Rienzo di un secolo prima. Lui e i suoi alleati progettarono di prendere il Castel Sant'Angelo, imprigionare papa Nicolò V e dichiarare finito lo Stato pontificio. Tuttavia, tradito da alcuni dei suoi alleati, fu arrestato dopo aver tentato di rifugiarsi nella casa di sua sorella, anch'essa parte del complotto, e alla fine fu portato in prigione a Castel Sant'Angelo.

Probabilmente le dimensioni della cospirazione furono esagerate e con insolita velocità Porcari fu processato e impiccato in una torre di Castel Sant'Angelo pochi giorni dopo il suo arresto, il 9 gennaio 1453. Il suo corpo non fu mai trovato, forse perché fu gettato nel Tevere o perché fu sepolto clandestinamente nella chiesa di Santa Maria in Traspontina, dove la famiglia aveva una cappella.

Niccolò Macchiavelli racconta delle sue gesta nelle Istorie fiorentine, e del suo "sogno animato da grandi ideali e perciò degno di lode, ma non sostenuto dalla prudenza politica."

«Viveva in quelli tempi un messer Stefano Porcari, cittadino romano, per sangue e per dottrina, ma molto più per eccellenza di animo, nobile.»

I Porcari di Lucca[modifica | modifica wikitesto]

A un ramo della famiglia fiorito a Lucca dopo l’ingresso di alcuni Porcari al seguito dei Canossa apparteneva il nobile Ugolino Porcari che venne infeudato della castellania poi detta Porcari, con rilevante pertinenza fiscale.

Nei primi due terzi del XII secolo tale complesso patrimoniale fu trasformato dal Nobile Paganello Porcari nel più importante feudo vassallo matildico del versante toscano, in una curia signorile che si estendeva dalle Pizzorne all’antico lago di Sesto.

Il feudo amministrato dai membri primogeniti della famiglia faceva parte della marca di Tuscia e fu in seguito ampliato dall'imperatore Federico Barbarossa.

Paganello Porcari fu primo podestà di Lucca nel 1187; uno dei cugini, Guelfo Porcari, venne eletto podestà di Pisa nel 1203 e in seguito fece costruire il castello di Monteriggioni. Divenne promesso in sposa alla Regina Adelasia di Torres, perché gradito alla Santa Sede, la quale poi decise, su pressione di Federico II Imperatore, di sposare il figlio illegittimo Enzo dopo essere rimasta vedova di Ubaldo Visconti.

Rami Borbonici[modifica | modifica wikitesto]

La famiglia dei Porcari risulta tuttavia fiorente nei nobili rami trasferitisi nel Regno di Sicilia e nel Regno di Napoli ovvero: Baroni Porcari Li Destri di Rainò (Polizzi); Baroni Porcari della Statera (Messina); Baroni Porcari di Serra Rifusa (Matera); Patrizi Sabini Tosi-Porcari (Roma).

Blasone[modifica | modifica wikitesto]

Stemma Araldico Famiglia Porcari presente nella sala urbana di Bologna

Il blasone della famiglia subisce diverse modifiche nel corso dei secoli e nelle varie diramazioni. Le caratterisriche principali dell'araldo che persistono in tutte le varianti sono il fondo rosso cancellato d'oro o d'argento ed il cinghiale nero passante.[9] Alcune fonti attribuiscono ai Porcari di Roma come arme il blasone: "Di rosso a tre bande d’argento attraversate da tre sbarre dello stesso. Capo d’argento caricato di un maiale di nero passante, sellato d'argento, sostenuto da una fascia d’oro, caricata d‘una burella ondata di rosso.[7]" altre varianti invece presentano "una burella ondata di nero" o "cancellature d'oro inchiodate dello stesso" Lo stemma del ramo dei Porcaresi di Lucca viene descritto come "troncato di rosso e d'argento, a due cinghiali affrontati"[10]

«Se al tempo i nemici di questa famiglia vedevano il nostrano animale su scudi e vessilli c'era da che preoccuparsi: caccia e coraggio, unito alla ferocia è il suo significato.»

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d A. Modigliani, I Porcari, Storia di una famiglia romana tra Medievo e Rinascimento, p. 13
  2. ^ A. Modigliani, I Porcari… cit.; Fedele Savio, Niccolò III Orsini (1277-1280), La donazione di Soriano, pp. 666-684. In La Civiltà cattolica,; Anno XXXXV (194) , Serie XV, Volume 11, Quad. 1062
  3. ^ Claudio De Dominicis, Membri del Senato della Roma Pontificia, Senatori, Conservatori, Caporioni e loro Priori e Lista d’oro delle famiglie dirigenti (secc. X-XIX), Roma 2009, p. 33.
  4. ^ Cappella nota come di San Girolamo poi di San Pio V; v. Alessandro Ippoliti, Benedetto Vetere, Il collegio romano: Storia della costruzione, p.14
  5. ^ Mariano Armellini, Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX, 1891, v. alla voce.
  6. ^ R. Lanciani, Storia degli scavi... cit., pp. 115-118.
  7. ^ a b Amayden, Storia delle famiglie romane... cit. vol. II, p. 151
  8. ^ Regesto della Cancelleria Aragonese di Napoli a cura di Jole Mazzoleni, volume unico, 1951, p.63
  9. ^ Archivio Araldico Nazionale
  10. ^ "Blasonario della Garfagnana", Francesco Boni de Nobili, Banca dell'identità e della Memoria, anno 2007

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Anna Modigliani, "I Porcari. Storie di una famiglia romana tra Medioevo e Rinascimento", Roma nel Rinascimento, 1994.
  • Niccolò Machiavelli, Istorie fiorentine, libro VI, cap. 29, riportato da Wikisource
  • Teodoro Ameyden, "La storia delle famiglie romane; con note ed aggiunte del comm. Carlo Augusto Bertini", Roma: Collegio araldico, 1910; Bologna: Forni, 1967; Roma: Edizioni romane Colosseum, 1987
  • Carlo Arduini, "L'ultimo dei Romani ovvero La congiura di Stefano Porcari", Comitato Nazionale per la storia del risorgimento, Roma 1849
  • Francesco Boni De Nobili, "Blasonario della Garfagnana", Banca dell'identità e della Memoria, 2007

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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