Paolino Zucchi

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Paolino Zucchi
NascitaCollalto, 1915
MorteRussia, 6 gennaio 1943
Cause della morteMorto in combattimento
Luogo di sepolturaTempio di Cargnacco
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Italia
Forza armataRegio Esercito
ArmaFanteria
CorpoAlpini
Reparto8º Reggimento alpini
Anni di servizio1922-1943
GradoSergente maggiore
GuerreSeconda guerra mondiale
CampagneCampagna italiana di Grecia
Campagna italiana di Russia
BattaglieSeconda battaglia difensiva del Don
Decorazionivedi qui
dati tratti da Le medaglie d'oro al valor militare volume secondo (1942-1959)[1]
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Paolino Zucchi (Collalto, 1915Russia, 6 gennaio 1943) è stato un militare italiano insignito della medaglia d'oro al valor militare alla memoria nel corso della seconda guerra mondiale.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nacque a Collalto di Tarcento, provincia di Udine, nel 1915, figlio di Giandomenico e di Romana Di Giusto.[2] Uscito dalla scuola di avviamento, si dedicò alla gestione dell'azienda agricola paterna pur continuando a studiare privatamente per conseguire il diploma di geometra. Nel 1936 fu arruolato nel Regio Esercito in forza all'8º Reggimento alpini ed inviato alla Scuola Centrale di alpinismo ad Aosta.[3] Promosso sergente nell'aprile 1937 venne posto in congedo.[3] Richiamato in servizio attivo il 30 agosto 1939, assegnato al battaglione alpini "Val Natisone", nel novembre 1940 partiva in aereo per l'Albania dove prese parte ai combattimenti durante la guerra contro la Grecia.[3] Ritornato in Italia, decorato di medaglia di bronzo al valor militare, a causa di una grave malattia polmonare, rientrò al reggimento il 19 luglio 1942.[3] In forza alla 76ª Compagnia del battaglione alpini "Cividale" partiva pochi giorni dopo per l'Unione Sovietica.[3] A fine del mese di agosto il battaglione raggiunse il fronte, attestandosi, come buona parte dei reparti italiani dell'ARMIR a ridosso del fiume Don.[3] Nel dicembre 1942 i sovietici lanciarono l'offensiva di Natale che avrebbe indotto i reparti italo-tedeschi alla ritirata generale.[3] Durante la notte tra il 3 e il 4 gennaio 1943 iniziò un violento attacco sovietico con l'obiettivo di conquistare alcune alture, il cui controllo avrebbe permesso di colpire da dietro le linee degli alpini e scompaginare la resistenza italiana.[3] Assieme agli uomini da lui condotti, si lanciò alla riconquista di una posizione perduta che fu conquistata di slancio, e da qui diresse il fuoco contro il nemico, prima di venire a sua volta colpito a morte da un colpo di cannone anticarro.[3] Il suo sacrificio permise al battaglione alpini "Cividale" di tenere il controllo dell'altura per ulteriori dieci giorni, fino a quando, il 16 gennaio 1943, giunse l'ordine di ripiegamento.[3] Fu insignito della medaglia d'oro al valor militare alla memoria.

Le sue spoglie mortali riposano nel Tempio Nazionale "Madonna del Conforto" di Cargnacco.[3] Gli è stata dedicata la caserma di Chiusaforte inaugurata, nel settembre 1963, per ospitare gli alpini del battaglione "Cividale".

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Medaglia d'oro al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Comandante squadra fucilieri e vice comandante di plotone, dotato di rare doti di ardimento, trascinatore per eccellenza, già distintosi nella campagna dell’Albania, ferito e decorato al V.M., si offriva più volte volontario per colpi di mano nelle linee nemiche. Durante l’attacco ad una munita posizione, da più giorni teatro di lotte sanguinose, rivendicava l’onore di assaltare la postazione dominante la quota, cardine della difesa nemica. Incitati i suoi alpini col motto del battaglione, affrontava con impeto travolgente la forte difesa e, trovando nella sua volontà di vittoria nascoste energie, superava di corsa l’erto pendio ed il ciglio conteso. Primo fra i primi lanciava le sue bombe a mano contro i difensori che, sgomenti, si davano alla fuga. Incurante del rischio a cui si esponeva, per l’intera giornata, ritto in piedi sulla posizione, impartiva ordini alla sua squadra, impegnata a respingere continui contrattacchi nemici, e personalmente scaricava con la calma il suo moschetto sugli attaccanti, determinando con il suo esempio la fermezza dei dipendenti. Individuato e fatto segno al tiro di un pezzo anticarro, cercava a sua volta di precisare la postazione e rimaneva ritto al suo posto finché, colpito in pieno, immolava la sua giovinezza tutta spesa al servizio della Patria in armi. Magnifica figura di combattente che trovava nell’ardore della lotta vera ragione di vita. Quota Cividale di Nowo Kalitwa (Fronte russo), 4 gennaio 1943.[4]»
Medaglia di bronzo al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Comandante di Squadra Fucilieri, la trascinava con l’esempio al contrattacco di una difficile posizione nemica dove giungeva per prima e dove con la sua azione incitatrice e risoluta respingeva subito dopo un contrattacco nemico. Stella Policant, 30 novembre 1940

Note[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]