Filippo Archinto (arcivescovo)

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Filippo Archinto
arcivescovo della Chiesa cattolica
Filippo Archinto, arcivescovo di Milano, in un ritratto del Tiziano della metà del XVI secolo; una copia del XX secolo, opera di Stefano Camaiti, si conserva nel Palazzo Vescovile di Sansepolcro
 
Incarichi ricoperti
 
Nato5 luglio 1495 a Arona
Consacrato vescovo19 marzo 1539
Elevato arcivescovo16 dicembre 1556
Deceduto21 giugno 1558 (62 anni) a Milano
 

Filippo Archinto (Arona, 5 luglio 1495Milano, 21 giugno 1558) è stato un arcivescovo cattolico italiano.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

I primi anni[modifica | modifica wikitesto]

La tomba di Filippo Archinto nel Duomo di Milano.

Filippo Archinto nacque ad Arona nel 1495, figlio del conte Cristoforo e di sua moglie, Maddalena Torriani. Ottenne la laurea in Giurisprudenza all'Università degli Studi di Pavia per poi frequentare anche l'Università di Bologna ove studiò filosofia e astronomia.

Nel 1519 venne incluso tra i Dodici di provvisione a Milano e si iscrisse poco dopo al Collegio dei Giureconsulti, svolgendo dal 1526 per alcuni anni la professione di avvocato per la fabbrica del Duomo di Milano. Nel 1527 venne incaricato dal Senato milanese di una missione presso la corte spagnola a Valladolid, guadagnandosi così la fiducia anche del governo spagnolo che al suo ritorno a Milano lo ricompensò con la carica di uditore generale del governatore generale, il conte Antonio de Leyva. Nell'aprile del 1529 venne nuovamente destinato alla corte di Carlo V a Barcellona, prendendo parte l'anno successivo all'incoronazione imperiale nella Basilica di San Petronio a Bologna. Il suo spiccato filo-ispanismo portò il duca Francesco II Sforza a diffidare della sua persona e per questo venne bandito dalla città, ma solo per farvi ritorno alcuni giorni dopo grazie alla mediazione degli spagnoli stessi che vedevano in lui uno dei più abili mediatori tra ducato e impero spagnolo. Nel 1533 ottenne l'incarico da parte dell'imperatore Carlo V di gestire la controversia relativa alla successione nel Monferrato mediando con papa Paolo III, riuscendo nell'impresa nel 1535.

La carriera ecclesiastica[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1536, accettando l'offerta che il pontefice gli fece, entrò ufficialmente nella corte di papa Paolo III, divenendo vicario generale di Roma e ricevendo il 23 novembre di quello stesso anno la tonsura, pur non assumendo ufficialmente alcun impegno di natura religiosa. La sua influenza presso il papa divenne sempre più grande al punto che fu lui a pronunciare il discorso ufficiale al matrimonio di Ottavio Farnese, nipote del papa, nel novembre del 1538. Contemporaneamente venne nominato protonotario apostolico partecipante, ma rifiutò incarichi di maggior peso protestando contro la pratica diffusa della compravendita delle cariche nella curia romana. Al tempo del pontificato di Giulio III divenne referendario del tribunale della Segnatura Apostolica per le proprie competenze giuridiche.

Il 24 marzo 1539 fu nominato vescovo di Sansepolcro, in Toscana, pur continuando formalmente a occuparsi degli affari ecclesiastici della curia romana al punto che nel 1540 venne prescelto quale comandante delle truppe pontificie inviate a Camerino per riammettervi Ottavio Farnese quale feudatario. Nel frattempo aveva accumulato anche notevoli benefici ecclesiastici come quello di deputato della fabbrica di San Pietro e protettore dell'Università La Sapienza di Roma. Nel 1539 ottenne anche la carica di abate commendatario di Vertemate (nella diocesi di Como) e dell'abbazia di San Bartolomeo a Pavia.

Prescelto quale vicario per la diocesi di Roma e successore del cardinal Guidiccioni dal 3 novembre 1542, con lui l'incarico di vicario cessò di essere una mera mansione di curia per divenire un vero e proprio incarico pastorale, spingendolo a riformare profondamente la vita del clero romano e la concessione degli ordini sacri ai nuovi sacerdoti. Fu attivo come padre conciliare nelle opere del Concilio di Trento (1546-48), esperto in canonistica e sostenitore della necessità per i vescovi della residenza nelle loro diocesi, mantenendo una stretta corrispondenza col cardinal-nipote Farnese. Fu inoltre promotore della causa dei gesuiti nonché della canonizzazione di Ignazio di Loyola. Nel 1545 pubblicò un testo, Christianum de Fide et Sacramentis edictum, nel quale si soffermò sulla critica ai protestanti, testo che ebbe una discreta diffusione anche grazie ad un'edizione tedesca curata dal celebre teologo e umanista Johann Cochlaeus.

Nel 1546 fu trasferito alla sede vescovile di Saluzzo, dove però tenne un solo sinodo e una visita pastorale nel 1548 verosimilmente condotta da un vicario.

L'arcidiocesi di Milano[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1553 venne nominato dal successore di Paolo III, papa Giulio III, nunzio apostolico a Venezia. Mantenne questo incarico sino al 1556 (regnante allora papa Paolo IV), quando venne nominato arcivescovo di Milano: qui, pur vincendo l'opposizione dell'aristocrazia locale la quale non voleva che egli prendesse possesso dell'arcidiocesi, venne fisicamente impedito all'ingresso per l'ostilità di alcuni ambienti ecclesiastici allarmati dalla sua fama di riformatore che si era guadagnata durante il suo vicariato a Roma.

Per questi motivi venne costretto a risiedere a Bergamo dove fece valere il proprio ruolo di metropolitano, amministrando in assenza del vescovo Vittore Soranzo che, accusato di eresia, si era rifugiato a Venezia.

Morì, in esilio, il 21 giugno del 1558 e fu solo grazie al suo successore, San Carlo Borromeo, che le sue spoglie poterono rientrare a Milano ed essere degnamente sepolte nella cattedrale cittadina.

Per lui Tiziano dipinse un famoso ritratto, di cui una copia, risalente agli anni '90 del XX secolo e realizzata dal pittore Stefano Camaiti, si conserva nel Palazzo Vescovile di Sansepolcro.

Successione apostolica[modifica | modifica wikitesto]

La successione apostolica è:

Stemma[modifica | modifica wikitesto]

Stemma Blasonatura
Filippo Archinto
Arcivescovo di Milano

Di verde, a tre fasce d'argento, controinnestate. Lo scudo, accollato a una croce astile patriarcale d'oro, posta in palo, è timbrato da un cappello con cordoni e nappe di rosso. Le nappe, in numero di venti, sono disposte dieci per parte, in quattro ordini di 1, 2, 3, 4.

Albero genealogico[modifica | modifica wikitesto]

Genitori Nonni Bisnonni Trisnonni
Bertramolo Archinto Giovanni Archinto  
 
Caterina Ghisolfi  
Giuseppe Archinto  
Orsina Settala Giuseppe Settala  
 
 
Cristoforo Archinto  
Filippo Cesati  
 
 
Elisabetta Cesati  
 
 
 
Filippo Archinto  
 
 
 
Camillo Torriani  
 
 
 
Maddalena Torriani  
 
 
 
 
 
 
 
 

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Predecessore Vescovo di Sansepolcro Successore
Leonardo Tornabuoni 1539-1546 Alfonso Tornabuoni
Predecessore Vicario generale di Sua Santità per la Diocesi di Roma Successore
Pomponio Cesi 1542-1546 Ludovico Beccadelli
Predecessore Vescovo di Saluzzo Successore
Alfonso Tornabuoni 1546-1556 Cristoforo Archinto
Predecessore Nunzio apostolico per la Repubblica di Venezia Successore
Luigi Beccatelli 1553-1556 Antonio Trivulzio
Predecessore Arcivescovo metropolita di Milano Successore
Giovannangelo Arcimboldi 1556-1558 Giovanni Angelo Medici
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