Beriev S-13

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Beriev S-13
Descrizione
Tiporicognitore strategico
Equipaggio1
CostruttoreBandiera dell'Unione Sovietica Beriev
Esemplari1 mock-up
Dimensioni e pesi
Lunghezza17,5 m
Apertura alare24,38 m
Altezza4,57
Superficie alare55,70 m²
Peso a vuoto5 900 kg
Peso carico11 000 kg
Propulsione
Motore1 turbogetto Zubets RD-16-15 da 11.300 kg/s
Spinta110.813 kN
Prestazioni
Velocità max850 km/h
Autonomia6 400 km
Tangenza24 000 m

i dati tratti da C-13[1]

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Il Beriev S-13 era un ricognitore strategico sviluppato dall'azienda aeronautica sovietica Beriev nel corso degli anni sessanta del XX secolo e rimasto allo stadio di mock-up.

Storia del progetto[modifica | modifica wikitesto]

Il 1 ° maggio 1960 un ricognitore strategico Lockheed U-2C Angel della CIA, pilotato da Francis Gary Powers, decollò dal Pakistan settentrionale per effettuare una missione di spionaggio sull'Unione Sovietica.[2] Mentre sorvolava gli Urali, l'aereo si trovò nel raggio d'azione dei missili terra-aria S-75 Dvina sovietici e fu abbattuto precipitando al suolo nei pressi di Sverdlovsk, rimanendo sostanzialmente integro.[2][3] All'epoca l'Unione Sovietica aveva un proprio aereo da ricognizione ad alta quota comparabile, lo Yakovlev Yak-25RW, ma per ragioni politiche questo aereo non veniva utilizzato al di fuori dei confini dell'Unione Sovietica e la sua funzione principale era quella di simulare l'U-2 per addestrare le forze di difesa aerea sovietiche.[1] Lo Yak-25RV non era in grado di raggiungere la tangenza operativa dell'U-2 di 21 335–25 900 m. Dopo l'abbattimento dell'U-2, il relitto fu esaminato dagli specialisti della Voenno-vozdušnye sily SSSR, con squadre di ricerca che setacciarono in lungo e in largo il luogo dell'incidente, raccogliendo tutte le parti, anche le più piccole, dell'aereo americano.[1] Il relitto dell'U-2 fu dapprima studiato a fondo da alcuni specialisti presso l'aeroporto del Centro statale per i collaudi di volo del Ministero della Difesa intitolato a Valerij Pavlovič Čkalov.[1][2]

I primi ad iniziare uno studio approfondito delle attrezzature statunitensi catturate furono gli specialisti dei motori.[1] Il 28 giugno, il Consiglio dei ministri dell'Unione Sovietica emise la risoluzione n. 702-288 sulla riproduzione del motore Pratt & Whitney J75-P-13.[1] La copia del motore, denominata RD-16-75, fu affidata all'OKB-16 a Kazan', diretto da Prokofij Filippovič Zubets.[1] Tutti i resti dell'aereo americano furono accuratamente inviati a Taganrog, all'OKB-49, guidato da Georgij Michajlovič Beriev.[1] Il 23 agosto, tenendo conto delle proposte del Ministero della Difesa e del Comitato statale per la tecnologia aeronautica, il Consiglio dei ministri emise la risoluzione n. 918-383 Sulla riproduzione dell'aereo da ricognizione Lockheed U-2 basato sui resti e sui materiali conservati dell’aereo abbattuto.[1][2] L'equivalente sovietico fu designato S-13, e l'obiettivo principale di questo lavoro era uno studio completo delle caratteristiche progettuali, tecnologiche e operative dell'aereo U-2, nonché lo sviluppo di elementi strutturali, materiali e attrezzature da utilizzare nella costruzione di velivoli comparabili in Unione Sovietica.[1][2][3]

Il 23 agosto 1960 il Consiglio dei ministri dell'Unione Sovietica ordinò la produzione di cinque prototipi (designati S-13) alle fabbrica n. 86, due dei quali dovevano essere messi a disposizione dell'aeronautica militare dopo aver completato i voli di prova.[1][2] I tempi erano molto stretti, poiché si prevedeva di esaminare tutti i componenti dell'U-2 e di copiarli rispettando gli standard dell'aviazione militare sovietica, compreso il sistema di telecamere AFA-60.[1] L'S-13 doveva essere utilizzato per la ricognizione aerea, per la ricerca meteorologica e come intercettore dei palloni da spionaggio.[1] Decine di subappaltatori ebbero difficoltà a tenere il passo con il ritmo fissato dall'OKB-49 di Beriev, perché il governo aveva fissato una scadenza molto rigorosa.[1] Nel primo trimestre del 1962, i primi due velivoli dovevano essere presentati per prove di volo congiunte del Ministero della Difesa e dell'industria aeronautica,[1] e il primo volo dello S-13 doveva aver luogo entro il primo quadrimestre dell'anno.[3] In meno di due anni fu necessario riprodurre e collaudare un seggiolino eiettabile, un paracadute di salvataggio, una tuta da pilota per il volo ad quota, carburante e olio motore adatti, apparecchiature per comunicazioni radio e per la navigazione aerea, apparecchiature di ricognizione radio e fotografiche.[1] All'inizio del 1961 il peso a vuoto dell'aereo era aumentato di molto, anche se il 1° aprile 1961 fu completata la prima fusoliera metallica, ed entro il 1 luglio fu completata la produzione dei disegni di produzione dell'aereo.[1] Inoltre fu approntata la documentazione tecnica per i banchi di prova a terra e in volo (presso il laboratorio Tu-16), collaudi del motore RD-16-75, sistemi idraulici e di controllo meccanismi per flap, per i freni del carrello di atterraggio, il pilota automatico, e molto altro.[1] Molti test su modelli di aerei vennero effettuati presso le gallerie del vento del TsAGI, che dimostrarono caratteristiche aerodinamiche eccezionalmente elevate, con un rapporto portanza/resistenza aerodinamica di 25.[1][2] Il 12 maggio 1962, quando il Consiglio dei ministri si rese conto che gli Stati Uniti d'America e i loro alleati, come l’Unione Sovietica, potevano abbattere bersagli lenti anche ad alta quota, con la risoluzione n. 440-191 interruppe improvvisamente i lavori sullo S-13.[1][3]

Per la sorveglianza aerea su larga scala e nel lungo periodo, i satelliti spia erano una soluzione migliore. Per la ricognizione ad alta quota, l'Unione Sovietica, come gli Stati Uniti con il Lockheed SR-71 Blackbird, preferì velivoli estremamente veloci come il Tsybin RSR.[2] Nessuno dei prototipi dello S-13 venne completato, anche se il programma fornì preziose informazioni su leghe, materiali e metodi di lavorazione che furono successivamente utilizzati nella progettazione di nuovi aerei sovietici.[1] Parti dell'U-2 di Powers furono esposte nel Museo Centrale delle Forze Armate a Monino, Mosca.

Note[modifica | modifica wikitesto]

Annotazioni[modifica | modifica wikitesto]

Fonti[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u Airwar.
  2. ^ a b c d e f g h Gordon, Gunston 2000, p. 29.
  3. ^ a b c d Sgarlato 2021, p. 57.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • (EN) Yefim Gordon, US aircraft in the Soviet Union and Russia, Hinckley, Midland Publishing, 2018, ISBN 978-1-85780-308-2.
  • (EN) Yefim Gordon e Bill Gunston, Soviet X-Planes, Hinckley, Midland Publishing, 2000, p. 29, ISBN 978-1-85780-099-9.
  • (EN) Yefim Gordon, Andrey Sal'nikov e Aleksandr Zablotskiy, Beriev's Jet Flying Boats, Hinckley, UK, Midland Publishing, 2006, ISBN 1-85780-236-5.
Periodici
  • Nico Sgarlato, Un U-2 sovietico, in Aerei nella Storia, n. 140, Parma, West-Ward Edizioni, ottobre-novembre 2021, pp. 57.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]