Amnistia Togliatti: differenze tra le versioni

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Lo scopo era la pacificazione nazionale dopo gli anni della [[guerra civile in Italia (1943-1945)|guerra civile]], ma vi furono polemiche sulla sua estensione, tanto che il 2 luglio 1946 Togliatti, con l'emanazione della circolare n. 9796/110, raccomandò interpretazioni restrittive nella concessione del beneficio.
Lo scopo era la pacificazione nazionale dopo gli anni della [[guerra civile in Italia (1943-1945)|guerra civile]], ma vi furono polemiche sulla sua estensione, tanto che il 2 luglio 1946 Togliatti, con l'emanazione della circolare n. 9796/110, raccomandò interpretazioni restrittive nella concessione del beneficio.

== Contesto storico ==
Il provvedimento di amnistia del giugno 1946 fu introdotto in un paese dilaniato dal conflitto e dalla guerra civile insorta dopo l’armistizio. La liberazione sfociò in un periodo confuso e violento di giustizia sommaria. La sete di giustizia che nasceva dal ventennio di dittatura e dalla repressione nazifascista si mescolò ad antichi rancori, e a vecchie e nuove tensioni politiche ed economiche. Nei dodici mesi precedenti l’amnistia, la giustizia ordinaria dello stato venne ristabilita gradualmente, tra l’emerge del nuovo sistema politico e la sostanziale continuità dell’apparato statale.

=== Dall'armistizio, attraverso la guerra civile, alla liberazione ===
{{Vedi anche|Guerra civile in Italia (1943-1945)|Resistenza italiana|Guerra di liberazione italiana|Periodo costituzionale transitorio}}
Nel luglio 1943 le forze alleate sbarcarono in Sicilia. Il 3 settembre 1943 l’Italia firmò l’armistizio, arrendendosi senza condizioni agli Alleati, i quali le riconobbero il vago status di “cobelligerante”. Il Generale Badoglio annunciò l’Armistizio l’8 settembre. L’esercito italiano si dissolse e re Vittorio Emanuele III abbandonò Roma. Il periodo successivo all'armistizio fu drammatico e confuso. Subito dopo la caduta del regime, si diffusero assalti e saccheggi da parte della popolazione contro bersagli del Partito Nazionale Fascista o ritenuti ad esso associati. In pochi giorni si contarono decine di morti e centinaia di feriti, quasi esclusivamente causati dall'intervento dell’esercito e della pubblica sicurezza contro i manifestanti.<ref name=":0">{{Cita|Dondi, 1999|pp. 8-30.}}</ref>

L’esercito tedesco occupava il centro e nord Italia. Mussolini insediò la Repubblica Sociale Italiana, controllata di fatto dalla Germania. La resistenza armata partigiana si diffuse, mentre gli alleati bombardavano città ed infrastrutture. Gli operai in molte fabbriche scioperavano. Lo scontro bellico tra forze alleate e esercito tedesco generò al suo interno una guerra civile, che si diffuse in tutta l’Italia centro-settentrionale, mentre il fronte saliva verso nord, in un paese frantumato e con due governi. L’esercito nazista attuò una strategia del terrore, dirigendo le forze della RSI verso le forze partigiane e la popolazione civile. La prospettiva crescente di sconfitta alimentò un’ondata di repressione e violenza da parte delle forze della RSI, che si muovevano con una logica squadrista spesso senza un reale controllo centrale. Rastrellamenti, delazioni, arresti, torture, uccisioni e deportazioni colpirono sia partigiani sia civili. Lo scontro fu costellato da centinaia di eccidi. Le vittime civili di stragi e massacri, che colpirono dalle grandi città’ alle comunità più remote, sono state stimate in eccesso di 10,000. <ref name=":0" />

Nel frattempo, le truppe alleate avanzarono dal sud, dove stabilirono il Governo Militare Alleato ([[Allied Military Government of Occupied Territories|Amgot]]), che si appoggiò alle élites locali, arroccate in una realtà sociale di arretratezza e sfruttamento. <ref>{{Cita|Ginsborg|cap. I}}</ref>

Nel gennaio 1944 le truppe alleate sbarcarono ad Anzio e raggiunsero Roma all'inizio di giugno. Nel centro-nord imperversava il conflitto e cresceva la resistenza partigiana. La RSI a gennaio processò e giustiziò alcuni dei gerarchi che avevano votato la destituzione di Mussolini; a febbraio introdusse la pena di morte per i renitenti alla leva. Le forze politiche antifasciste cominciarono a riorganizzarsi.  Nell'aprile venne costituito il governo Badoglio (Partito Democristiano, Partito Socialista, Partito Comunista, Partito d’Azione, Partito Liberale, Partito Democratico del Lavoro). Due mesi fu la volta del primo Governo Bonomi. Il secondo governo Bonomi venne costituito nel dicembre 1944, dopo la fuoriuscita del Partito d’Azione e di quello Socialista. Lo scontro militare e la repressione nazi-fascista continuarono durissimi per tutto l’inverno, fino all'avanzata finale delle forze alleate nella primavera successiva, l’inasprirsi della lotta partigiana e l’insurrezione nelle principali città nell'aprile 1945. Nello stesso mese Mussolini e altri gerarchi vennero catturati e giustiziati dai partigiani. Il 7 maggio 1945 fu firmata la resa incondizionata dell’esercito tedesco.<ref>{{Cita web|url=http://www.resistenzaedemocrazia.it/archivi/201-cronologia-1945|titolo=Cronologia, Resistenza e Democrazia 1945-2015|accesso=29 ottobre 2021}}</ref> 


== L'elaborazione del provvedimento ==
== L'elaborazione del provvedimento ==
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Il 4 giugno [[1966]] vi fu un'ulteriore amnistia.<ref>D.P.R. 4 giugno 1966, n. 332.</ref>
Il 4 giugno [[1966]] vi fu un'ulteriore amnistia.<ref>D.P.R. 4 giugno 1966, n. 332.</ref>


==== Storiografia ====
I provvedimenti di giustizia post-bellica e quelli di epurazione furono strettamente interconnessi: essi costituirono le principali misure attraverso le quali il paese gestì nell'immediato la transizione dal regime fascista verso la nuova fase politica e sociale. A partire dal dopoguerra per decenni le contrapposte propagande politiche prevalsero sul desiderio di stabilire una verità storica. In quel periodo, si stabilirono tre chiavi di lettura principali: dalla sinistra la transizione fu vista come un fallimento che lasciò intatta la burocrazia fascista e perdonò anche i maggiori responsabili politici e di violenze. Una visione centrista vide la transizione come un processo ragionevole che escluse dallo stato i maggiori responsabili del regime, ma salvaguardò coloro che erano stati fascisti per necessità. La destra fascista vide invece nella transizione una persecuzione indiscriminata di piccoli e grandi fascisti, che produsse migliaia di morti innocenti.<ref name=":0">{{Cita pubblicazione|nome=John|cognome=Foot|data=1998-11|titolo=(Review) Hans Woller, I conti con il fascismo. L'epurazione in Italia 1943–1948, translated from the German by Enzo Morandi, Il Mulino, Bologna, 1997, ISBN: 88-15-06198-3 pbk, 50,000 Lire|rivista=Modern Italy|volume=3|numero=2|pp=307–309|lingua=en|doi=10.1017/S1353294400007079|url=https://www.cambridge.org/core/journals/modern-italy/article/abs/hans-woller-i-conti-con-il-fascismo-lepurazione-in-italia-19431948-translated-from-the-german-by-enzo-morandi-il-mulino-bologna-1997-isbn-8815061983-pbk-50000-lire/F03CF5C29EF58B92A7AB13A46EEE1DCA}}</ref> In quel contesto, gli storici italiani furono riluttanti ad affrontare i temi dell'epurazione e della giustizia post-belliche, che rimasero perciò ai margini della ricerca e riflessione storiche .<ref name=":1">{{Cita|Woller, 2004|pag. 14}}</ref>

L’amnistia fu oggetto di studio storico da parte di giuristi sin dagli anni immediatamente successivi,<ref name=":1" /> ma questo lavoro non ebbe vasti riscontri pubblici.

A partire dagli anni 1990, la ricerca e conseguentemente il dibattito politico e sociale si aprirono, grazie alla ricerca storica sugli anni 1943-1945 di Pavone,<ref>{{Cita|Pavone, 1991}}</ref> Woller,<ref>{{Cita|Woller, 2004}}</ref> Crainz,<ref>{{Cita|Crainz, 1992}}</ref> Domenico,<ref>{{Cita|Domenico, 1996}}</ref> e Contini.<ref name=":0" /><ref>{{Cita|Contini, 1996}}</ref><ref>{{Cita|Foot, 2009|cap. I}}</ref> Questi lavori, che furono poi seguiti da altre opere influenti, come quelle di Dondi,<ref>{{Cita|Dondi, 1999}}</ref> Santomassimo,<ref>{{Cita|Santomassimo, 2003}}</ref> Focardi,<ref>{{Cita|Focardi, 2005}}</ref> Franzinelli,<ref name=":2">{{Cita|Franzinelli, 2006}}</ref> e altre ancora, indagarono non solo la giustizia di transizione, ma anche la realtà storica della resistenza, il suo ruolo nei successivi dibattiti politici e la costruzione contestata della memoria collettiva della liberazione.<ref>{{Cita|Cooke, 2011|pag. 1-8}}</ref>

Queste nuove apertura e riflessione hanno avuto luogo mentre, oltre l'Italia, si avviò gradualmente la costituzione dell'ordinamento di giustizia internazionale che sostiene ora la giustizia post-conflitto. E nei paesi europei esse si accompagnarono alla messa in discussione della memoria storica delle rispettive liberazioni dal nazismo, su cui avevano fondato la legittimità i nuovi ordini politici post-bellici: per ricostituire l'ordine civile, infatti in molti paesi si addossò la responsabilità del conflitto ai nazisti e passò in secondo piano l'estesa collaborazione che essi ricevettero.<ref>{{Cita|Battini, 2007|pag. 1-24}}</ref>
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=== Ruolo della magistratura ===
L’epurazione del personale pubblico dall'apparato statale produsse risultati sostanzialmente effimeri e dimostrò l’impermeabilità della burocrazia alle istanze anti-fasciste. Essa rappresentò un tentativo modesto di riordino dell’amministrazione, senza ambizioni di profondo rinnovamento delle persone e delle regole: venne alla fine ricondotta nelle normali procedure disciplinari e l’Italia repubblicana eventualmente ereditò l’apparato amministrativo fascista.<ref>{{Cita|Melis, 2003}}</ref> Nel caso della magistratura, un' epurazione radicale dei magistrati associati al fascismo sarebbe stata impossibile: avrebbe richiesto “la rimozione, salvo rarissime eccezioni, di tutti i consiglieri di Cassazione, quasi tutti i consiglieri di appello e anche buona parte dei più giovani giudici di tribunale e di pretura”.<ref name=":3">Neppi Madona, Guido. Una riflessione sull'amnistia Togliatti: in margine alla ricerca di Mimmo Franzinelli. In {{Cita|Franzinelli, 2006}}.

</ref>

Le estese scarcerazioni scatenarono subito conflitti e un rimpallo di responsabilità fra governo e magistratura. Da un lato, politici, a partire da Togliatti stesso, accusarono la magistratura di aver lavato le responsabilità del fascismo. Dall'altro, giuristi dell’epoca considerarono che la formulazione del decreto era ambigua e tradiva l’intenzione di affidare alla magistratura l’incombenza di dirimere responsabilità dai confini spesso poco netti, là dove la politica non era riuscita a farlo. Questa interpretazione sembra voler diminuire il ruolo della magistratura. Storici e giuristi hanno piuttosto sottolineato che la formulazione del decreto e la valutazione dello spazio interpretativo che esso lasciò ai giudici rivelano “superficialità e pressapochismo” del legislatore.<ref name=":4">{{Cita|Franzinelli, 2006|Cap. II}}</ref>

La Suprema Corte di Cassazione svolse un ruolo decisivo nel riesame di molti provvedimenti, per i quali essa doveva stabilire se ci fosse motivo di esclusione dall'amnistia: l’orientamento prevalente fu favorevole ai condannati. La formulazione del decreto apriva ad interpretazioni delle responsabilità anche di alti gerarchi: i giudici spesso distinsero fra cariche politiche e cariche tecniche, e poi valutarono la natura e la maniera politica di gestire la carica. Inoltre il decreto introdusse tra i motivi di esclusione la nozione di “sevizie particolarmente efferate” che si prestò ad interpretazioni cavillose e molto clementi anche per fatti gravi di violenza politica,<ref name=":4" /> <ref name=":5">{{Cita|Woller, 2004|pp. 533-549}}</ref> con sentenze che sono state descritte come “pagine vergognose per la storia della giurisprudenza italiana”.<ref name=":3" /> Un esame dei provvedimenti ha fatto rilevare che anche in casi di gravi reati, esclusi dall'amnistia, la Cassazione sovente annullava la sentenza di primo grado, e rinviava il processo ad una nuova sede, lontana dai fatti giudicati. Anche in casi di gravi condanne in primo grado, la strategia di rinvii e ricorsi produceva alla fine condanne molto lievi, se non l‘assoluzione. <ref name=":4" /><ref name=":5" /><ref>{{Cita|Caroli, 2015}}</ref>

Analisi storica ha anche sottolineato che i crimini imputati a partigiani non vennero trattati dai tribunali e poi dalla Cassazione con pari clemenza. La promulgazione dell’amnistia fu seguita da un aumento di arresti di partigiani, che non venivano solitamente perseguiti giudiziariamente, ma attendevano la procedura di amnistia in prigione. Nel dicembre 1946 una sentenza della Cassazione confermò l’esclusione del furto dall'amnistia, anche se commesso per permettere la resistenza alla repressione nazifascista. Successivamente, molti processi a partigiani vennero quindi inquadrati nell'ambito del Codice Civile.<ref>{{Cita|Cooke, 2011|pp. 22-23}}</ref> Molti processi contro partigiani vennero istruiti negli anni 1950: accusati di omicidio o sequestro di persona, dovevano dimostrare le motivazioni politiche delle loro azioni.<ref name=":2" />

=== Valutazione degli effetti ===
Il giudizio storico sull'amnistia è stato molto influenzato dalla scarcerazione di casi eclatanti, che ebbero un grande impatto sull'opinione pubblica. Una valutazione storica più fondata deve affrontare questioni complesse: deve determinare esattamente quanti e quali fascisti ne beneficiarono complessivamente; e da quale tribunale e per quali meriti venne applicata ai singoli casi e con quali motivazioni giuridiche. La questione quindi deve affrontare un giudizio storico su sentenze di giustizia.<ref name=":5" />  

Molti storici pongono l’enfasi sul ruolo dell’amnistia come colpo di spugna: la maggior parte degli esponenti di rilievo del fascismo vennero amnistiati tra il 1946 e 1947. La manovalanza passò attraverso una più lunga trafila di processi che attrassero scarsa attenzione.<ref name=":2" /> Franzinelli ha stimato le seguenti statistiche giudiziarie nella fase di transizione, pur nell'incertezza dei dati:
* 43,000 persone processate per collaborazionismo;
* 23,000 furono amnistiati in fase istruttoria;
*14,000 liberati con formule varie;
* 5,928 condannati in via definitiva (334 in contumacia);  
* 259 condannati a morte, di cui 91 sentenze eseguite;
* 5,328 fascisti beneficiarono di amnistia o indulto: 2,231 in modo totale, 3,363 in parte.<ref name=":2" />

L'amnistia fu il provvedimento cardine di un più lungo processo di transizione politica e di giustizio. Essa diede un forte impulso ad un processo di riabilitazione e di assoluzione molto rapido, che era iniziato dalla fine del 1945, aveva fondamenti politici e fu ulteriormente accelerato dall'operato della Cassazione. Questa onda lunga di fatto portò allo svuotamento di fascisti dalle carceri: i fascisti in carcere alla metà degli anni 1950 sono stati stimati in poche decine.<ref name=":5" />
== Note ==
== Note ==
<references/>
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* {{cita libro| Lucio | D'Angelo | I socialisti e la defascistizzazione mancata | 1997 | Franco Angeli | Milano |isbn= 88-464-0266-9 }}
* {{cita libro| Lucio | D'Angelo | I socialisti e la defascistizzazione mancata | 1997 | Franco Angeli | Milano |isbn= 88-464-0266-9 }}
* <cite id=Franzinelli2006> </cite>{{cita libro|cognome=Franzinelli |nome=Mimmo |wkautore=Mimmo Franzinelli |titolo=L'Amnistia Togliatti. 22 giugno 1946: colpo di spugna sui crimini fascisti |anno=2006 |editore=Mondadori |città=Milano |isbn=88-04-55334-0}}
* <cite id=Franzinelli2006> </cite>{{cita libro|cognome=Franzinelli |nome=Mimmo |wkautore=Mimmo Franzinelli |titolo=L'Amnistia Togliatti. 22 giugno 1946: colpo di spugna sui crimini fascisti |anno=2006 |editore=Mondadori |città=Milano |isbn=88-04-55334-0}}
*{{Cita libro|nome=Battini,|cognome=Michele|titolo=The missing Italian Nuremberg : Cultural amnesia and postwar politics|url=http://worldcat.org/oclc/487208678|data=2007|editore=Palgrave Macmillan|cid=Battini, 2007|OCLC=487208678|ISBN=978-1-4039-8478-4}}
*{{Cita pubblicazione|autore=Caroli, Paolo|anno=2015|titolo=The Role of the Judiciary Within the Construction of Collective Memory. The Italian Transition|rivista=Wroclaw Review of Law, Administration & Economics|volume=5|numero=1|pp=162-179|cid=Caroli, 2015}}
*{{Cita libro|autore=Contini, Giovanni|titolo=La memoria divisa|anno=1996|editore=Rizzoli|cid=Contini, 1996|ISBN=9788817330275}}
*{{Cita libro|autore=Cooke, Philip E.|titolo=The legacy of the Italian Resistance|anno=2011|editore=Palgrave Macmillan|cid=Cooke, 2011}}
*{{Cita pubblicazione|autore=Crainz, Guido|anno=1992|titolo=Il Conflitto e La Memoria. «Guerra Civile» e «triangolo Della Morte»|rivista=Meridiana|numero=13|pp=17-55|url=http://www.jstor.org/stable/23192397|cid=Crainz, 1992}}
*{{Cita pubblicazione|autore=Crainz, Guido|anno=1995|titolo=Il dolore e la collera: quella lontana Italia|rivista=Meridiana|numero=22/23|pp=249-273|url=https://www.jstor.org/stable/23195095|cid=Crainz, 1995}}
*{{Cita libro|autore=Domenico, Roy Palmer|titolo=Processo ai fascisti: storia di un'epurazione che non c'è stata|anno=1996|editore=Rizzoli|cid=Domenico, 1996|ISBN=8817336513}}
*{{Cita libro|autore=Dondi, Mirco|titolo=La lunga liberazione: giustizia e violenza nel dopoguerra italiano|anno=1999|editore=Editori Riuniti|cid=Dondi, 1999|ISBN=9788835946854}}
*{{Cita libro|autore=Elster, Jon|titolo=Closing the books : transitional justice in historical perspective|url=https://www.worldcat.org/oclc/181368436|data=2004|editore=Cambridge University Press|OCLC=181368436|ISBN=0-511-23026-5}}
*{{Cita libro|nome=Focardi, Filippo|titolo=La guerra della memoria : la Resistenza nel dibattito politico italiano dal 1945 a oggi|url=http://worldcat.org/oclc/1155411834|anno=2005|editore=Laterza|OCLC=1155411834|ISBN=88-581-4178-4}}
*{{Cita libro|autore=Foot, John|titolo=Italy's Divided Memory|url=http://dx.doi.org/10.1057/9780230101838_1|data=2009|editore=Palgrave Macmillan US|cid=Foot, 2009}}
* {{Cita libro|autore=Franzinelli, Mimmo|titolo=L’Amnistia Togliatti: 1946. Colpo di spugna sui crimini fascisti.|annooriginale=2006|anno=2016|editore=Feltrinelli Editore|cid=Franzinelli, 2006|ISBN=9788858825679}}
*{{Cita libro|titolo=Storia d'Italia dal dopoguerra a oggi|url=https://www.worldcat.org/oclc/137314262|data=2006|editore=G. Einaudi|cid=Ginsborg|OCLC=137314262|ISBN=978-88-06-16054-8|autore=Ginsborg, Paul}}
* {{Cita libro|nome=Grassi|cognome=Gaetano|titolo="Verso il governo del popolo" : atti e documenti del CLNAI 1943/1946|url=http://worldcat.org/oclc/474835777|data=1977|OCLC=474835777}}
*{{Cita pubblicazione|autore=Melis, Guido|data=2003|titolo=Note sull'epurazione nei ministeri, 1944-1946|rivista=Ventunesimo Secolo|volume=2|numero=4|pp=17–52|url=https://www.jstor.org/stable/43611898|cid=Melis, 2003}}
*{{Cita libro|autore=Pavone, Claudio|titolo=Una guerra civile: saggio storico sulla moralità nella Resistenza|annooriginale=1991|editore=Bollati Boringhieri|cid=Pavone, 1991|ISBN=9788833970134}}
*{{Cita libro|nome=Portelli,|cognome=Alessandro|titolo=The Order Has Been Carried Out : History, Memory, and Meaning of a Nazi Massacre in Rome.|url=http://worldcat.org/oclc/437187430|data=2006|editore=Palgrave Macmillan|OCLC=437187430|ISBN=978-1-4039-8169-1}}
*{{Cita pubblicazione|autore=Rovatti, Toni|anno=2009|titolo=Politiche giudiziarie per la punizione dei delitti fascisti in Italia. La definizione per legge di un immaginario normalizzatore|rivista=Italia contemporanea|numero=254|pp=75-84|cid=Rovatti, 2009}}
*{{Cita libro|autore=Santomassimo, G.|curatore=Lussana F e Marramao, G.|titolo=La memoria pubblica dell’antifascismo|url=http://www.italia-liberazione.it/ita/saggi/sant_225.pdf|anno=2003|editore=Rubbettino|pp=137–71|opera=L’Italia repubblicana nella crisi degli anni settanta|cid=Santomassimo, 2003}}
*{{Cita pubblicazione|autore=Storchi, Massimo|anno=2007|titolo=Post-war Violence in Italy: A Struggle for Memory|rivista=Modern Italy|volume=12|numero=2|p=237-250}}
*{{Cita libro|autore=Woller, Hans|titolo=I conti con il fascismo. L'epurazione in Italia, 1943-1948|url=|annooriginale=1997|anno=2004|editore=Il Mulino|ISBN=9788815097095|cid=Woller, 2004}}


== Voci correlate ==
== Voci correlate ==

Versione delle 19:57, 29 ott 2021

L'amnistia Togliatti fu un provvedimento di condono delle pene proposto alla fine della seconda guerra mondiale in Italia dal Ministro di grazia e giustizia Palmiro Togliatti, approvato dal governo italiano, promulgata con decreto presidenziale 22 giugno 1946, n.4.[1]

Umberto II appena divenne Re il 9 maggio 1946 chiese più volte al governo di emanare un decreto di amnistia; tuttavia il governo De Gasperi si oppose fermamente, reputando che il provvedimento avrebbe aumentato il consenso della monarchia nella campagna elettorale del referendum istituzionale del 2 giugno. L'amnistia comprendeva i reati comuni e politici, compresi quelli di collaborazionismo con il nemico e reati annessi ivi compreso il concorso in omicidio,[2] pene allora punibili fino ad un massimo di cinque anni, i reati commessi al Sud dopo l'8 settembre 1943 ed i reati commessi al Centro e al Nord dopo l'inizio dell'occupazione militare Alleata ed aveva efficacia per i reati commessi a tutto il giorno 18 giugno 1946.[3]

Lo scopo era la pacificazione nazionale dopo gli anni della guerra civile, ma vi furono polemiche sulla sua estensione, tanto che il 2 luglio 1946 Togliatti, con l'emanazione della circolare n. 9796/110, raccomandò interpretazioni restrittive nella concessione del beneficio.

Contesto storico

Il provvedimento di amnistia del giugno 1946 fu introdotto in un paese dilaniato dal conflitto e dalla guerra civile insorta dopo l’armistizio. La liberazione sfociò in un periodo confuso e violento di giustizia sommaria. La sete di giustizia che nasceva dal ventennio di dittatura e dalla repressione nazifascista si mescolò ad antichi rancori, e a vecchie e nuove tensioni politiche ed economiche. Nei dodici mesi precedenti l’amnistia, la giustizia ordinaria dello stato venne ristabilita gradualmente, tra l’emerge del nuovo sistema politico e la sostanziale continuità dell’apparato statale.

Dall'armistizio, attraverso la guerra civile, alla liberazione

Nel luglio 1943 le forze alleate sbarcarono in Sicilia. Il 3 settembre 1943 l’Italia firmò l’armistizio, arrendendosi senza condizioni agli Alleati, i quali le riconobbero il vago status di “cobelligerante”. Il Generale Badoglio annunciò l’Armistizio l’8 settembre. L’esercito italiano si dissolse e re Vittorio Emanuele III abbandonò Roma. Il periodo successivo all'armistizio fu drammatico e confuso. Subito dopo la caduta del regime, si diffusero assalti e saccheggi da parte della popolazione contro bersagli del Partito Nazionale Fascista o ritenuti ad esso associati. In pochi giorni si contarono decine di morti e centinaia di feriti, quasi esclusivamente causati dall'intervento dell’esercito e della pubblica sicurezza contro i manifestanti.[4]

L’esercito tedesco occupava il centro e nord Italia. Mussolini insediò la Repubblica Sociale Italiana, controllata di fatto dalla Germania. La resistenza armata partigiana si diffuse, mentre gli alleati bombardavano città ed infrastrutture. Gli operai in molte fabbriche scioperavano. Lo scontro bellico tra forze alleate e esercito tedesco generò al suo interno una guerra civile, che si diffuse in tutta l’Italia centro-settentrionale, mentre il fronte saliva verso nord, in un paese frantumato e con due governi. L’esercito nazista attuò una strategia del terrore, dirigendo le forze della RSI verso le forze partigiane e la popolazione civile. La prospettiva crescente di sconfitta alimentò un’ondata di repressione e violenza da parte delle forze della RSI, che si muovevano con una logica squadrista spesso senza un reale controllo centrale. Rastrellamenti, delazioni, arresti, torture, uccisioni e deportazioni colpirono sia partigiani sia civili. Lo scontro fu costellato da centinaia di eccidi. Le vittime civili di stragi e massacri, che colpirono dalle grandi città’ alle comunità più remote, sono state stimate in eccesso di 10,000. [4]

Nel frattempo, le truppe alleate avanzarono dal sud, dove stabilirono il Governo Militare Alleato (Amgot), che si appoggiò alle élites locali, arroccate in una realtà sociale di arretratezza e sfruttamento. [5]

Nel gennaio 1944 le truppe alleate sbarcarono ad Anzio e raggiunsero Roma all'inizio di giugno. Nel centro-nord imperversava il conflitto e cresceva la resistenza partigiana. La RSI a gennaio processò e giustiziò alcuni dei gerarchi che avevano votato la destituzione di Mussolini; a febbraio introdusse la pena di morte per i renitenti alla leva. Le forze politiche antifasciste cominciarono a riorganizzarsi.  Nell'aprile venne costituito il governo Badoglio (Partito Democristiano, Partito Socialista, Partito Comunista, Partito d’Azione, Partito Liberale, Partito Democratico del Lavoro). Due mesi fu la volta del primo Governo Bonomi. Il secondo governo Bonomi venne costituito nel dicembre 1944, dopo la fuoriuscita del Partito d’Azione e di quello Socialista. Lo scontro militare e la repressione nazi-fascista continuarono durissimi per tutto l’inverno, fino all'avanzata finale delle forze alleate nella primavera successiva, l’inasprirsi della lotta partigiana e l’insurrezione nelle principali città nell'aprile 1945. Nello stesso mese Mussolini e altri gerarchi vennero catturati e giustiziati dai partigiani. Il 7 maggio 1945 fu firmata la resa incondizionata dell’esercito tedesco.[6] 

L'elaborazione del provvedimento

Togliatti sviluppò il provvedimento senza coinvolgere la direzione del Partito Comunista Italiano né i suoi più stretti collaboratori[7].

Una posizione storiografica minoritaria fa propria la tesi di Pietro Secchia, il quale sostiene che Togliatti fu indotto dalla burocrazia del Ministero di Grazia e Giustizia a firmare un atto dalle formule ambigue che sarebbero poi potute essere interpretate in senso più estensivo[8].

Le reazioni dell'associazionismo partigiano

Il provvedimento provocò numerose proteste da parte dell'associazionismo partigiano[9]. Le reazioni maggiori avvennero in Piemonte: nella provincia di Cuneo, dal 9 luglio al 28 agosto diversi ex partigiani provenienti anche da regioni circostanti, tra cui Armando Valpreda, Maggiorino Vespa e Aldo Sappa, si arroccarono nel paese di Santa Libera presso Santo Stefano Belbo, protestando contro l'amnistia e avanzando altre richieste: il governo De Gasperi riuscì ad evitare lo scontro facendo alcune concessioni[10]. A Casale Monferrato la popolazione promulgò lo sciopero generale in protesta per la revisione della sentenza di condanna a morte nei confronti di sei fascisti tra cui Giuseppe Sardi, segretario del fascio repubblicano cittadino. La città venne presidiata da formazioni di polizia e di carabinieri a cui si aggiunsero anche dodici carri armati dell'esercito. La situazione si risolse senza scontro grazie alla mediazione del segretario della CGIL Di Vittorio[11].

Le reazioni all'interno del PCI

L'amnistia e le conseguenti scarcerazioni provocarono una frattura fra la base del Partito Comunista Italiano e il suo segretario Togliatti, il quale dovette più volte fornire giustificazioni e spiegazioni in merito all'interno del Partito[12].

Ulteriori provvedimenti

L'amnistia varata da Togliatti fu tuttavia seguita da ulteriori amnistie che allargarono ulteriormente i termini temporali e la casistica.

Il Decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato n. 96 del 6 settembre 1946 estese i termini massimi al 31 luglio 1945[13].

Il 7 febbraio 1948 il governo varò un decreto, proposto dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri Andreotti, con cui si estinguevano i giudizi ancora pendenti dopo l'amnistia del 1946.

Il 18 settembre 1953 il governo Pella approvò l'indulto e l'amnistia proposti dal guardasigilli Antonio Azara per tutti i reati politici commessi entro il 18 giugno 1948. Furono compresi in questa seconda amnistia i reati commessi nel secondo dopoguerra italiano, arrivando a oltre tre anni dalla fine della guerra.[14]

Il 4 giugno 1966 vi fu un'ulteriore amnistia.[15]

Storiografia

I provvedimenti di giustizia post-bellica e quelli di epurazione furono strettamente interconnessi: essi costituirono le principali misure attraverso le quali il paese gestì nell'immediato la transizione dal regime fascista verso la nuova fase politica e sociale. A partire dal dopoguerra per decenni le contrapposte propagande politiche prevalsero sul desiderio di stabilire una verità storica. In quel periodo, si stabilirono tre chiavi di lettura principali: dalla sinistra la transizione fu vista come un fallimento che lasciò intatta la burocrazia fascista e perdonò anche i maggiori responsabili politici e di violenze. Una visione centrista vide la transizione come un processo ragionevole che escluse dallo stato i maggiori responsabili del regime, ma salvaguardò coloro che erano stati fascisti per necessità. La destra fascista vide invece nella transizione una persecuzione indiscriminata di piccoli e grandi fascisti, che produsse migliaia di morti innocenti.[4] In quel contesto, gli storici italiani furono riluttanti ad affrontare i temi dell'epurazione e della giustizia post-belliche, che rimasero perciò ai margini della ricerca e riflessione storiche .[16]

L’amnistia fu oggetto di studio storico da parte di giuristi sin dagli anni immediatamente successivi,[16] ma questo lavoro non ebbe vasti riscontri pubblici.

A partire dagli anni 1990, la ricerca e conseguentemente il dibattito politico e sociale si aprirono, grazie alla ricerca storica sugli anni 1943-1945 di Pavone,[17] Woller,[18] Crainz,[19] Domenico,[20] e Contini.[4][21][22] Questi lavori, che furono poi seguiti da altre opere influenti, come quelle di Dondi,[23] Santomassimo,[24] Focardi,[25] Franzinelli,[26] e altre ancora, indagarono non solo la giustizia di transizione, ma anche la realtà storica della resistenza, il suo ruolo nei successivi dibattiti politici e la costruzione contestata della memoria collettiva della liberazione.[27]

Queste nuove apertura e riflessione hanno avuto luogo mentre, oltre l'Italia, si avviò gradualmente la costituzione dell'ordinamento di giustizia internazionale che sostiene ora la giustizia post-conflitto. E nei paesi europei esse si accompagnarono alla messa in discussione della memoria storica delle rispettive liberazioni dal nazismo, su cui avevano fondato la legittimità i nuovi ordini politici post-bellici: per ricostituire l'ordine civile, infatti in molti paesi si addossò la responsabilità del conflitto ai nazisti e passò in secondo piano l'estesa collaborazione che essi ricevettero.[28]

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Ruolo della magistratura

L’epurazione del personale pubblico dall'apparato statale produsse risultati sostanzialmente effimeri e dimostrò l’impermeabilità della burocrazia alle istanze anti-fasciste. Essa rappresentò un tentativo modesto di riordino dell’amministrazione, senza ambizioni di profondo rinnovamento delle persone e delle regole: venne alla fine ricondotta nelle normali procedure disciplinari e l’Italia repubblicana eventualmente ereditò l’apparato amministrativo fascista.[29] Nel caso della magistratura, un' epurazione radicale dei magistrati associati al fascismo sarebbe stata impossibile: avrebbe richiesto “la rimozione, salvo rarissime eccezioni, di tutti i consiglieri di Cassazione, quasi tutti i consiglieri di appello e anche buona parte dei più giovani giudici di tribunale e di pretura”.[30]

Le estese scarcerazioni scatenarono subito conflitti e un rimpallo di responsabilità fra governo e magistratura. Da un lato, politici, a partire da Togliatti stesso, accusarono la magistratura di aver lavato le responsabilità del fascismo. Dall'altro, giuristi dell’epoca considerarono che la formulazione del decreto era ambigua e tradiva l’intenzione di affidare alla magistratura l’incombenza di dirimere responsabilità dai confini spesso poco netti, là dove la politica non era riuscita a farlo. Questa interpretazione sembra voler diminuire il ruolo della magistratura. Storici e giuristi hanno piuttosto sottolineato che la formulazione del decreto e la valutazione dello spazio interpretativo che esso lasciò ai giudici rivelano “superficialità e pressapochismo” del legislatore.[31]

La Suprema Corte di Cassazione svolse un ruolo decisivo nel riesame di molti provvedimenti, per i quali essa doveva stabilire se ci fosse motivo di esclusione dall'amnistia: l’orientamento prevalente fu favorevole ai condannati. La formulazione del decreto apriva ad interpretazioni delle responsabilità anche di alti gerarchi: i giudici spesso distinsero fra cariche politiche e cariche tecniche, e poi valutarono la natura e la maniera politica di gestire la carica. Inoltre il decreto introdusse tra i motivi di esclusione la nozione di “sevizie particolarmente efferate” che si prestò ad interpretazioni cavillose e molto clementi anche per fatti gravi di violenza politica,[31] [32] con sentenze che sono state descritte come “pagine vergognose per la storia della giurisprudenza italiana”.[30] Un esame dei provvedimenti ha fatto rilevare che anche in casi di gravi reati, esclusi dall'amnistia, la Cassazione sovente annullava la sentenza di primo grado, e rinviava il processo ad una nuova sede, lontana dai fatti giudicati. Anche in casi di gravi condanne in primo grado, la strategia di rinvii e ricorsi produceva alla fine condanne molto lievi, se non l‘assoluzione. [31][32][33]

Analisi storica ha anche sottolineato che i crimini imputati a partigiani non vennero trattati dai tribunali e poi dalla Cassazione con pari clemenza. La promulgazione dell’amnistia fu seguita da un aumento di arresti di partigiani, che non venivano solitamente perseguiti giudiziariamente, ma attendevano la procedura di amnistia in prigione. Nel dicembre 1946 una sentenza della Cassazione confermò l’esclusione del furto dall'amnistia, anche se commesso per permettere la resistenza alla repressione nazifascista. Successivamente, molti processi a partigiani vennero quindi inquadrati nell'ambito del Codice Civile.[34] Molti processi contro partigiani vennero istruiti negli anni 1950: accusati di omicidio o sequestro di persona, dovevano dimostrare le motivazioni politiche delle loro azioni.[26]

Valutazione degli effetti

Il giudizio storico sull'amnistia è stato molto influenzato dalla scarcerazione di casi eclatanti, che ebbero un grande impatto sull'opinione pubblica. Una valutazione storica più fondata deve affrontare questioni complesse: deve determinare esattamente quanti e quali fascisti ne beneficiarono complessivamente; e da quale tribunale e per quali meriti venne applicata ai singoli casi e con quali motivazioni giuridiche. La questione quindi deve affrontare un giudizio storico su sentenze di giustizia.[32]  

Molti storici pongono l’enfasi sul ruolo dell’amnistia come colpo di spugna: la maggior parte degli esponenti di rilievo del fascismo vennero amnistiati tra il 1946 e 1947. La manovalanza passò attraverso una più lunga trafila di processi che attrassero scarsa attenzione.[26] Franzinelli ha stimato le seguenti statistiche giudiziarie nella fase di transizione, pur nell'incertezza dei dati:

  • 43,000 persone processate per collaborazionismo;
  • 23,000 furono amnistiati in fase istruttoria;
  • 14,000 liberati con formule varie;
  • 5,928 condannati in via definitiva (334 in contumacia);  
  • 259 condannati a morte, di cui 91 sentenze eseguite;
  • 5,328 fascisti beneficiarono di amnistia o indulto: 2,231 in modo totale, 3,363 in parte.[26]

L'amnistia fu il provvedimento cardine di un più lungo processo di transizione politica e di giustizio. Essa diede un forte impulso ad un processo di riabilitazione e di assoluzione molto rapido, che era iniziato dalla fine del 1945, aveva fondamenti politici e fu ulteriormente accelerato dall'operato della Cassazione. Questa onda lunga di fatto portò allo svuotamento di fascisti dalle carceri: i fascisti in carcere alla metà degli anni 1950 sono stati stimati in poche decine.[32]

Note

  1. ^ DECRETO PRESIDENZIALE 22 giugno 1946, n. 4. Amnistia e indulto per reati comuni, politici e militari.
  2. ^ Salò Storie di sommersi e salvati, articolo de Il Corriere della Sera, del 16 dicembre 1996
  3. ^ Copia archiviata, su fondazionecipriani.it. URL consultato il 18 settembre 2007 (archiviato dall'url originale il 4 settembre 2007).
  4. ^ a b c d Dondi, 1999, pp. 8-30. Errore nelle note: Tag <ref> non valido; il nome ":0" è stato definito più volte con contenuti diversi
  5. ^ Ginsborg, cap. I
  6. ^ Cronologia, Resistenza e Democrazia 1945-2015, su resistenzaedemocrazia.it. URL consultato il 29 ottobre 2021.
  7. ^ Franzinelli 2006, pp. 112
  8. ^ Pietro Secchia, Enzo Collotti, Archivio Pietro Secchia 1945-1973, Milano, Fondazione Feltrinelli, 1979.
  9. ^ Franzinelli 2006, pp. 95-111
  10. ^ Franzinelli 2006, pp. 102-105
  11. ^ Franzinelli 2006, pp. 109-110
  12. ^ Franzinelli 2006, pp. 111-125
  13. ^ Esso all'articolo 1 recitava: "[...] non può essere emesso un mandato di cattura, e se è stato emesso deve essere revocato, nei confronti di partigiani, dei patrioti e (degli altri cittadini che li abbiano aiutati) per i fatti da costoro commessi durante l'occupazione nazifascista e successivamente sino al 31 luglio 1945 [...]", escludendo i casi di rapina. Il Decreto fu ratificato con la Legge n. 73 del 10 febbraio 1953 (Ratifica di decreti legislativi concernenti il Ministero di grazia e giustizia, emanati dal Governo durante il periodo dell'Assemblea Costituente).
  14. ^ D.P.R. 19 dicembre 1953, n. 922.
  15. ^ D.P.R. 4 giugno 1966, n. 332.
  16. ^ a b Woller, 2004, pag. 14
  17. ^ Pavone, 1991
  18. ^ Woller, 2004
  19. ^ Crainz, 1992
  20. ^ Domenico, 1996
  21. ^ Contini, 1996
  22. ^ Foot, 2009, cap. I
  23. ^ Dondi, 1999
  24. ^ Santomassimo, 2003
  25. ^ Focardi, 2005
  26. ^ a b c d Franzinelli, 2006
  27. ^ Cooke, 2011, pag. 1-8
  28. ^ Battini, 2007, pag. 1-24
  29. ^ Melis, 2003
  30. ^ a b Neppi Madona, Guido. Una riflessione sull'amnistia Togliatti: in margine alla ricerca di Mimmo Franzinelli. In Franzinelli, 2006.
  31. ^ a b c Franzinelli, 2006, Cap. II
  32. ^ a b c d Woller, 2004, pp. 533-549
  33. ^ Caroli, 2015
  34. ^ Cooke, 2011, pp. 22-23

Bibliografia

Voci correlate

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