Materie plastiche

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Vari oggetti in plastica utilizzati in ambito domestico

Le materie plastiche, chiamate comunemente plastica, sono materiali organici a elevato peso molecolare detti polimeri. Sono costituite da molecole con una catena molto lunga (macromolecole), che determinano le proprietà e le caratteristiche dei materiali stessi.[1]

Possono essere costituite da polimeri puri o miscelati con additivi o cariche varie. Le plastiche cosiddette caricate sono composte dalla matrice (proprio il materiale plastico prescelto) all'interno della quale sono annegate fibre di carbonio, di vetro, di kevlar o anche di legno. I polimeri più comuni sono sintetici, derivati cioè dal petrolio, ma esistono anche plastiche realizzate con materiali derivanti da altre fonti nonché le bioplastiche, ottenute a partire da amidi vegetali come quello di mais.

La IUPAC (Unione internazionale di chimica pura e applicata), nel definire le materie plastiche come "materiali polimerici che possono contenere altre sostanze finalizzate a migliorarne le proprietà o ridurre i costi", raccomanda l'utilizzo del termine "polimeri" al posto di quello generico di "plastiche".[2]

Il modello tedesco di radio costruito in bachelite, 1933 (Volksempfänger)

Di seguito vengono riportate in ordine cronologico alcune tappe dello sviluppo delle materie plastiche.

Materiali polimerici

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I materiali polimerici sono generalmente il risultato della reazione di polimerizzazione di una quantità di molecole base (monomeri) per formare catene anche molto lunghe. Si parla di omopolimeri se il monomero è unico, copolimeri se il polimero è ottenuto da due o più monomeri diversi e di leghe polimeriche se il materiale è il risultato della miscelazione di due monomeri che polimerizzano senza combinarsi chimicamente [non chiaro].

Un materiale polimerico è in genere composto da macromolecole costituite dallo stesso tipo di unità ripetitiva, ma il numero di unità ripetitive varia per ciascuna macromolecola, per cui le macromolecole che costituiscono un materiale polimerico hanno diversa lunghezza. Quindi è necessario conoscere la distribuzione dei pesi molecolari (ovvero la percentuale di macromolecole aventi una specifica lunghezza) per determinare le proprietà chimico-fisiche del materiale polimerico in esame.

Classificazione dei materiali polimerici

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I materiali polimerici puri si suddividono in:

  • termoplastici: acquistano malleabilità (cioè rammolliscono) sotto l'azione del calore; possono essere modellati o formati in oggetti finiti e raffreddandosi tornano rigidi; tale processo può essere ripetuto tante volte;
  • termoindurenti: dopo una fase iniziale di rammollimento per riscaldamento, induriscono per effetto della reticolazione; nella fase di rammollimento per effetto combinato di calore e pressione risultano formabili; se vengono riscaldati dopo l'indurimento non tornano più a rammollire, ma si decompongono carbonizzandosi;
  • elastomeri: hanno elevata deformabilità ed elasticità.

Dal punto di vista pratico, in genere si sfruttano opportune mescole, costituite da uno o più materiali polimerici con l'aggiunta di additivi. Per tale motivo alla classificazione standard dei materiali polimerici si affianca una classificazione "commerciale", secondo la quale i materiali polimerici si dividono in:

  • fibre: sono dotati di notevole resistenza meccanica e hanno scarsa duttilità rispetto agli altri materiali polimerici; vuol dire che si allungano poco se sottoposti a trazione e possono resistere a elevati carichi di rottura;
  • materie plastiche: formulate a partire da termoplastici e termoindurenti;
    • resine: particolari materie plastiche formulate a partire da termoindurenti;
  • gomme: formulate a partire da elastomeri.

Le caratteristiche vantaggiose delle materie plastiche rispetto ai materiali metallici e non metallici sono la grande facilità di lavorazione, l'economicità, la colorabilità, l'isolamento acustico, termico, elettrico, meccanico (vibrazioni), la resistenza alla corrosione e l'inerzia chimica, nonché l'idrorepellenza e l'inattaccabilità da parte di muffe, funghi e batteri. Quelle svantaggiose sono l'attaccabilità da parte dei solventi (soprattutto le termoplastiche), degli acidi (in particolare le termoindurenti) e scarsa resistenza a temperature elevate.

Altra peculiarità è la bassa densità specifica, che conferisce un'elevata leggerezza compresa fra un minimo di 0,04 – 1 kg/dm³ per il polistirolo fino a un massimo di 2,2 kg/dm³ del politetrafluoruetilene (PTFE)[7], con una resistenza fisica molto eterogenea a seconda del tipo di plastica.

La plastica si ottiene dalla lavorazione del petrolio. Lo smaltimento dei rifiuti plastici, quasi tutti non biodegradabili, avviene di solito per riciclaggio o per stoccaggio in discariche; bruciando materiali plastici negli inceneritori si possono generare diossine (solo per i polimeri che contengono nella molecola atomi di cloro, ad esempio, il PVC), una famiglia di composti tossici. Questi problemi ambientali hanno incentivato negli ultimi anni lo sviluppo e la diffusione della bioplastica, i cui polimeri sono diversi da quelli petroderivati e si ottengono da zuccheri e amidi vegetali come quello di mais (ad esempio il PLA).

Aggiunta di cariche

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Schema rappresentativo dell'aggiunta di cariche, additivi e plastificanti al polimero e successive lavorazioni fino all'ottenimento dei granuli.

Alla base polimerica vengono aggiunte svariate sostanze ausiliarie ("cariche", additivi e plastificanti) in funzione dell'applicazione cui la materia plastica è destinata. Possono essere plastificanti, coloranti, antiossidanti, lubrificanti ed altri componenti speciali.

Tali sostanze hanno la funzione di stabilizzare, preservare, fluidificare, colorare, decolorare e proteggere dall'ossidazione il polimero. In genere servono a modificarne le proprietà reologiche (lavorabilità), aspetto e resistenza in funzione della destinazione d'uso.

Polimeri termoplastici

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Lo stesso argomento in dettaglio: Polimeri termoplastici.

I polimeri termoplastici possono essere fusi e rimodellati più volte. Hanno una struttura molecolare "a catena aperta", ovvero presentano un basso grado di reticolazione.

Polietilene (PE)

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Lo stesso argomento in dettaglio: Polietilene.
Formula di struttura del polietilene

La tipologia di polietilene è ampia. Fra i diversi tipi abbiamo:

  • HDPE (polietilene ad alta densità): è resistente agli urti.
    • Usi: flaconi, sacchetti, tubi per l'acqua e il gas.
  • LDPE (polietilene a bassa densità): è la plastica più leggera. Sensibile al calore, ma resiste agli agenti chimici. Ha un buon isolamento elettrico.
  • UHMWPE (polietilene ad ultra-alto peso molecolare): presenta alta resistenza all'abrasione, alta resilienza e basso coefficiente d'attrito radente.
    • Usi: solette per sci, snowboard.
Lo stesso argomento in dettaglio: Polistirene.
Formula di struttura del polistirene
  • PS (polistirene): duro e rigido.
    • Usi: scotch per le auto, giocattoli, oggetti d'arredamento, stoviglie, gusci di elettrodomestici.
  • Polistirene espanso (comunemente detto polistirolo): resina polistirenica a forma schiumosa; ha bassissimo peso specifico e conducibilità termica; buona elasticità.
    • Usi: imballaggi, isolamento termico ed elettrico dei muri

Altri polimeri termoplastici

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Formula di struttura del polietilene tereftalato
Formula di struttura del polivinilcloruro
  • PET (polietilene tereftalato): consente di ottenere fogli sottili e leggeri. Resistente al calore fino a 250 °C ed impermeabile ai gas.
    • Usi: contenitori per liquidi, vaschette per frigo e forno.
  • PVC (polivinilcloruro o cloruro di polivinile): è la plastica più utilizzata. Ha buone proprietà meccaniche e chimiche.
    • Usi: finestre, serramenti esterni, giocattoli, bottiglie, contenitori, grondaie, calzature, rivestimenti di fili elettrici, tappezzerie, finta pelle.
  • PP (polipropilene): è resistente al calore ed agli agenti chimici. Ha un buon isolamento elettrico.
    • Usi: nel settore casalingo, parti di elettrodomestici, valigeria, imballaggi, lastre e tubazioni per l'edilizia.
  • PA - poliammide (nylon): una delle prime plastiche sintetizzate. Resistente all'usura e non infiammabile.
    • Usi: ingranaggi, apparecchi radiotelevisivi, abbigliamento.
  • Resine acriliche: simili al vetro perché sono trasparenti.
    • Usi: fusori delle lampade, coperture trasparenti, oggetti d'arredamento.
  • Nitrato di cellulosa e/o celluloide: la prima plastica in assoluto. Simile alla madreperla
    • Usi: pettini, tasti, oggetti che imitano l'avorio.
  • ABS (acrilonitrile butadiene stirene): giocattoli, modellismo, stampa 3D.
  • PLA (acido polilattico): prodotto utilizzando come materia prima il mais, tramite un processo biotecnologico che permette di ottenere capacità produttiva elevata e una gamma di prodotti diversificati;
    • Usi: contenitori compostabili, stampa 3D.
  • PTFE: politetrafluoroetilene comunemente noto come Teflon

Polimeri termoindurenti

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Lo stesso argomento in dettaglio: Polimeri termoindurenti.

Possono essere formati una sola volta, perché, se sottoposti al calore una seconda volta, carbonizzano.

Resine termoindurenti

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  • Resine fenoliche: le caratteristiche dipendono dai materiali con cui sono mescolate.
    • Usi: settore casalingo, mobili per televisori.
  • Resine poliuretaniche: dure e colorate. Hanno buone proprietà meccaniche e sono facilmente lavorabili.
    • Usi: spine, prese, elettrodomestici, interruttori.
  • Resine melamminiche: buona resistenza alle alte temperature e all'umidità.
    • Usi: laminati, casalinghi, arredamento, vernici.
  • Resine epossidiche: eccellente adesività, resistenza al calore, resistenza chimica. Possiedono buone proprietà meccaniche e sono ottimi isolanti elettrici.
    • Usi: vernici, rivestimenti, adesivi e materiali compositi.
  • Resine poliesteri insature: leggere, facilmente lavorabili e resistenti agli agenti atmosferici.
    • Usi: piscine, coperture per tetti.
  • Resine vinilestere: dotati di caratteristiche molto simili alle resine poliestere, ma di migliori proprietà chimiche e meccaniche.
    • Usi: manufatti sportivi (canoe, piccole imbarcazioni), serbatoi per uso alimentare.

Classificazione delle materie plastiche

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Le materie plastiche si classificano con il sistema americano SPI (Society of the Plastics Industry). Il segno distintivo è un triangolo (simbolo del riciclo) e un numero corrispondente al tipo di materia plastica.

Simbolo Abbreviazione Usi
PETE o PET Riciclabile per la produzione di fibre poliestere, fogli termoformati, cinghie, bottiglie per bevande.
HDPE Riciclato per la produzione di contenitori per liquidi, sacchetti, imballaggi, tubazioni agricole, basamenti a tazza, paracarri, elementi per campi sportivi e finto legno.
PVC o V Riciclabile per tubazioni, recinzioni e contenitori non alimentari.
LDPE Riciclato per sacchetti, contenitori vari, dispensatori, bottiglie di lavaggio, tubi, e materiale plastico di laboratorio.
PP Riciclabile per parti da usare nell'industria automobilistica e per la produzione di fibre.
PS Riciclabile multiuso, per accessori da ufficio, vassoi da cucina, giocattoli, videocassette e relativi contenitori, pannelli isolanti in polistirolo espanso

Lavorazioni delle materie plastiche

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Rappresentazione di un estrusore

Molte materie plastiche (nylon, teflon, plexiglas ecc.) si prestano bene a processi di produzione industriale con macchine utensili in modo del tutto analogo ai materiali metallici; per questo vengono spesso prodotte in semilavorati (barre, profilati, lastre eccetera) da cui i prodotti finiti (ad esempio boccole, rulli, anelli, perni, ruote) vengono ricavati con lavorazioni meccaniche.

Tra le lavorazioni a cui vengono sottoposte le materie plastiche, si annoverano:[8]

Stampaggio per compressione

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Lo stampaggio per compressione è un processo di lavorazione impiegato per le materie plastiche termoindurenti (ma talvolta è utilizzato anche per i termoplastici).[8]

Nello stampaggio per compressione il polimero, inizialmente in forma di polvere o pellet (pastiglie),[8] viene sottoposto ad elevate pressioni, e in questa maniera si realizza il processo di reticolazione.

Stampaggio ad iniezione

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Lo stesso argomento in dettaglio: Stampaggio ad iniezione.

La lavorazione più usata per produrre in serie oggetti in plastica è lo stampaggio ad iniezione. Si fa con speciali presse (dette "presse per iniezione termoplastica"), che fondono i granuli di materia plastica e la iniettano ad alta velocità e pressione negli stampi, dove il polimero, raffreddandosi, assume la geometria voluta.[8]

Lo stampaggio per iniezione viene impiegato sia nel caso di materiali termoplastici che termoindurenti.[8]

Stampaggio per trasferimento

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Nello stampaggio per trasferimento il polimero viene portato ad una temperatura tale da rammollirlo e al tempo stesso evitare la reticolazione, che si fa successivamente in uno stampo chiuso, in cui la massa rammollita viene trasferita (da cui il nome del processo).[8]

Formatura per estrusione

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Nella formatura per estrusione il materiale viene spinto grazie ad una vite attraverso un'apertura. La forma finale del manufatto (la cui materia prima fluisce in maniera continua) dipende dalla geometria dell'apertura.[8]

Questo processo si utilizza per i materiali termoplastici e talvolta per quelli termoindurenti.[8] I tubi in plastica vengono prodotti tramite questo processo.

Utilizzato per produrre corpi cavi (come bottiglie, fustini, bombole) consiste nel dilatare una certa porzione di resina di forma cilindrica con un getto d'aria sotto pressione, fino a farla aderire alle pareti di uno stampo; la produzione di oggetti cilindrici è realizzata facendo precedere la fase di soffiatura da una fase di estrusione per la realizzazione del tubo di alimentazione alla soffiatura. La formatura per soffiatura viene impiegata anche per la produzione dei gusci di certi tipi di casco.

Termoformatura

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Lo stesso argomento in dettaglio: Termoformatura.

Un altro processo che ha una buona applicazione nella produzione di prodotti in plastica è la termoformatura, dove si parte da granuli di polistirolo o polipropilene. Si tratta dell'estrusione di film o di lastre che vengono fatte passare, a temperatura adeguata, in uno stampo nel quale l'oggetto voluto viene forgiato con la pressione dell'aria compressa o dell'aria atmosferica, con attrezzature di produzione molto economiche.

Estrusione in bolla

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Un metodo diffuso per ottenere pellicole di polietilene è l'estrusione in bolla. Consiste nel far passare il polimero scaldato dall'estrusore attraverso una filiera circolare posta in posizione orizzontale. Il film ottenuto è raffreddato e fatto passare attraverso una calandra di traino che chiude il sistema. È anche inserita dell'aria per aumentare il volume del sistema, gonfiando ciò che assomiglia molto ad un pallone. In questo modo si produce il film termoretraibile usato per produrre imballaggi.

La pultrusione è un processo continuo che permette di produrre profilati plastici rinforzati da fibre, come ad esempio la fibra di carbonio e la fibra di vetro e fibra tessile

Inquinamento causato dalla plastica

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Lo stesso argomento in dettaglio: Inquinamento causato dalla plastica.

Nel 2022 l'Ocse ha presentato uno studio che analizzando il periodo tra il 1950 e il 2015 stima che

«solo 9% dei rifiuti di plastica sono stati riciclati in fine, mentre 19% sono stati inceneriti e circa 50% sono finiti in discariche controllate. Il restante 22% è stato abbandonato in discariche selvagge, bruciato a cielo aperto o gettato nell'ambiente»

auspicando uno sforzo per aumentare la quota di riciclo[13][14].

In merito al modesto riciclaggio della plastica influiscono sia i processi onerosi legati a questa attività, sia il ridotto numero di volte che mediamente la plastica può venire riciclata, a differenza di altri materiali come il vetro o i metalli[15].

Lo smaltimento non adeguato delle materie plastiche alla fine del loro ciclo di vita causa inquinamento ambientale; in particolare, si possono riscontrare danni alla fauna selvatica, per la quale si stima che circa settecento specie siano state danneggiate, tra cui organismi marini, di terraferma e uccelli.[16]

Studi sperimentali

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Nel 2017 in Italia è stato scoperto che un tipo di bruco (la Galleria mellonella) si nutre di plastica ed è oggetto di studio allo scopo di tamponare l'impatto ambientale della plastica[17][18][19].

  1. ^ Saechtling, p.3.
  2. ^ Terminology for biorelated polymers and applications (IUPAC Recommendations 2012) (PDF), in Pure and Applied Chemistry, vol. 84, n. 2, 2012, pp. 377–410, DOI:10.1351/PAC-REC-10-12-04, ISSN 0033-4545 (WC · ACNP). URL consultato il 7 febbraio 2014 (archiviato dall'url originale il 19 marzo 2015).
  3. ^ a b c The History of Fabrics
  4. ^ a b c d e f g h i j Microsoft Student.
  5. ^ L'industria chimica organica, su minerva.unito.it. URL consultato l'11 marzo 2012 (archiviato dall'url originale l'11 marzo 2012).
  6. ^ Weissermel-Arpe, p. 240.
  7. ^ Tabelle pesi specifici (densità)
  8. ^ a b c d e f g h Villavecchia, p. 2072.
  9. ^ Cangialosi, pp. 97-102.
  10. ^ Cangialosi, pp. 103-108.
  11. ^ Cangialosi, pp. 109-112.
  12. ^ Cangialosi, pp. 113-116.
  13. ^ https://www.ansa.it/canale_ambiente/notizie/rifiuti_e_riciclo/2022/02/22/ocse-neanche-il-10-della-plastica-riciclato-serve-azione-mondiale_5de36d8b-5b16-4733-aae4-6b1f86de4311.html
  14. ^ https://www.oecd.org/environment/waste/policy-highlights-improving-plastics-management.pdf
  15. ^ https://www.ilpost.it/2020/09/19/plastica-riciclaggio/
  16. ^ Laura Parker, Tutto quello che c'è da sapere sull’inquinamento da plastica, su National Geographic, 28 gennaio 2020. URL consultato il 7 dicembre 2021.
  17. ^ Biologa italiana scopre il bruco che mangia la plastica: "Così è nata per caso la mia ricerca", su la Repubblica, 25 aprile 2017. URL consultato il 12 giugno 2022.
  18. ^ Scoperto il bruco mangiaplastica - Scienza&Tecnica, su ANSA.it, 25 aprile 2017. URL consultato il 12 giugno 2022.
  19. ^ Il bruco che digerisce e distrugge la plastica, su Le Scienze. URL consultato il 12 giugno 2022.

Voci correlate

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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