La presidentessa (film 1952)

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La presidentessa
Carlo Dapporto e Silvana Pampanini in una scena del film
Paese di produzioneItalia
Anno1952
Durata84 min
Dati tecniciB/N
Generecommedia
RegiaPietro Germi
SoggettoMaurice Hennequin e Pierre Veber (pièce teatrale)
SceneggiaturaAldo De Benedetti
ProduttoreGiuseppe Amato
Casa di produzioneExcelsa Film
Distribuzione in italianoMinerva Film
FotografiaLeonida Barboni
MontaggioRolando Benedetti
MusicheCarlo Rustichelli
ScenografiaVirgilio Marchi
CostumiCarlo Egidi
Interpreti e personaggi
Doppiatori italiani

La presidentessa è un film del 1952 diretto da Pietro Germi, adattamento per il cinema dell'omonima pochade di Maurice Hennequin e Pierre Veber, già portata sullo schermo nel 1938 da Fernand Rivers in La présidente.

Ha avuto un remake nel 1977, La presidentessa, diretto da Luciano Salce, con Mariangela Melato nel ruolo qui ricoperto da Silvana Pampanini.

Trama[modifica | modifica wikitesto]

L'attrice Gobette si esibisce nel teatro Odeon della piccola cittadina francese di Gray. La magistratura del luogo, nella persona del presidente del tribunale Tricoin, uomo molto austero, le manda un giudice d'inchiesta, Luciano Pinglet, per costringerla a smettere le sue esibizioni troppo "generose". Ma il giudice viene sedotto e il giorno dopo non si presenta al lavoro, avendo trascorso la notte in albergo con Gobette a festeggiare.

Quando la sera, con 12 ore di ritardo, si presenta al presidente di tribunale, questi lo rimprovera e, a causa delle lamentele da parte degli ospiti dell'albergo, lo incarica di accompagnare Gobette alla stazione affinché se ne vada da Gray. Gobette lascia l'albergo, ma non la città, e si fa accompagnare dal giudice proprio a casa del presidente che, rimasto solo, perché la moglie e la figlia sono partite, si ritrova in casa Gobette, la quale cerca di sedurre anche lui. Improvvisamente si fa annunciare il ministro di Giustizia, Cipriano Gaudet, che, avendo l'autovettura con una gomma rotta, è costretto a trascorrere la notte a Gray e ha preferito vedere il presidente la sera stessa. Il suo segretario personale, lo informa che in albergo non vi sono stanze libere e Gobette, che si improvvisa la signora Tricoin, invita il ministro a passare la notte in casa Tricoin. Ella finisce per sedurre il ministro che il giorno dopo torna al ministero confessando al suo segretario personale di aver passato la notte più felice della sua vita. Inizia un gioco di intrighi, per far trasferire Tricoin più vicino a Parigi affinché il ministro possa vedere il più facilmente la presunta signora Tricoin. Nel frattempo compare al ministero la vera signora Tricoin che vorrebbe chiedere al ministro di trasferire il marito dato che è stanca di stare in provincia. Il ministro la scambia per la donna delle pulizie e le fa lucidare gli ottoni della sua scrivania, incontrando così una segreta mania della signora Tricoin. Nel frattempo Gobette seduce anche il segretario personale del ministro.

Dopo una serie di equivoci e combinazioni fortuite, si giunge a un finale lieto.

Critica[modifica | modifica wikitesto]

«Alcune scene hanno una malizia allusiva inconsueta per il cinema italiano dell'epoca. Potrebbe essere di Lubitsch quello dell'incontro notturno fra il ministro e la sciantosa. [...] C'è poi, parte integrante dei meccanismi di commedia, una protagonista in forma smagliante, forse alla prova migliore della sua carriera: Silvana Pampanini, per buona parte del film in guepière e giarrettiere, gli occhi da finta ingenua alla Marlene Dietrich, una forza di seduzione trascinante, quasi animale.»

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Pietro Germi, Firenze, La Nuova Italia, 1991 (riedizione: Milano, Il Castoro, 1997. ISBN 8880330926)

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