Ducati Desmoquattro

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Ducati Desmoquattro
Un motore Ducati Desmoquattro
Descrizione generale
CostruttoreDucati
ProgettistaMassimo Bordi e Pierluigi Mengoli
Tipomotore a V di 90°
Numero di cilindri2
Alimentazioneiniezione elettronica
Schema impianto
Cilindratada 851 cc
Alesaggioda 92 mm
Corsada 64 mm
Distribuzionedesmodromica
Combustione
Combustibilebenzina
Raffreddamentoliquido
Uscita
Potenzada 100 CV
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Il Ducati Desmoquattro è un motore endotermico bicilindrico a V di 90° prodotto dalla casa motociclistica Ducati a partire 1986 e progettato dagli ingegneri Massimo Bordi e Pierluigi Mengoli[1]. Nato come motore da competizione, esso fu modificato per la produzione in serie ed evoluto in diverse versioni, nonché rielaborato per le gare delle Superbike, moto da corsa derivate dalla serie.
I successi sportivi e commerciali derivati da questo motore hanno risollevato le sorti dell'azienda[2].

Il contesto[modifica | modifica wikitesto]

I fratelli Castiglioni, proprietari della Cagiva e clienti della Ducati per la fornitura dei motori Pantah per le loro Alazzurra ed Elefant, acquisirono la casa di Borgo Panigale nel maggio 1985 e decisero di effettuare nuovi investimenti per rilanciare il livello tecnico del marchio per poter competere con le case giapponesi[1]. Si avallò quindi la realizzazione di un nuovo motore a 4 tempi, nella classica configurazione bicilindrica a L con distribuzione desmodromica, ma che fosse raffreddato a liquido anziché ad aria, fosse dotato di una testata plurivalvole e alimentato mediante iniezione elettronica[1].

Tecnica[modifica | modifica wikitesto]

Franco Farné, capo del reparto corse Ducati, assembla il prototipo del Desmoquattro

La maggiore innovazione apportata al motore fu l'introduzione di nuove testate e cilindri sul basamento della precedente Ducati 750 F1 (a sua volta derivata dalla Ducati Pantah), per superare i limiti tecnici di quella vecchia che aveva solo due valvole ed era raffreddata ad aria. Il progettista, l'ing. Massimo Bordi, aveva già nel cassetto il suo progetto per una testata desmodromica plurivalvole, che aveva redatto nel 1974-'75 come sua tesi di laurea all'Università di Bologna e prototipizzato in collaborazione con l'ing. Fabio Taglioni[3], e all'arrivo dei nuovi proprietari vi rimise mano aggiornandolo e battezzandolo Desmoquattro, dopo averlo confrontato con altri suoi studi su distribuzioni a 4, 5 o 6 valvole con richiamo a molla[3][4][5]. Taglioni, l'allora consulente tecnico della Ducati e direttore tecnico uscente, era però contrario a tale scelta[1], avendo egli proposto l'adozione di un leggero e compatto motore in configurazione V4 e raffreddato ad aria per la nuova moto (il progetto Ducati Bipantah, cancellato alla fine del 1982 dalla VM Motori, allora proprietaria della casa bolognese[6]), ma i risultati al banco prova diedero ragione al suo giovane allievo[4].

Il progetto partì all'inizio del 1986 e subito raggiunse la priorità massima tra gli obbiettivi dei nuovi proprietari, che chiesero la collaborazione della Cosworth per l'industrializzazione, la quale però declinò l'offerta[5]. I motoristi inglesi sostenevano infatti di poter ridurre ulteriormente l'angolo incluso tra le valvole se avessero potuto rinunciare alla distribuzione desmodromica, ma la Ducati, seppur vacillando in un primo momento (fu quello il periodo in cui Bordi comparò le varie soluzioni alternative plurivalvole[3]), scelse di restare fedele alle proprie convinzioni tecniche, accettandone pregi e difetti[7], pertanto l'industrializzazione fu affidata al progettista stesso, coadiuvato dal collega Luigi Mengoli[5].

L'assemblaggio del primo prototipo del Desmoquattro cominciò nel mese di aprile sulla base di un basamento della serie Pantah, opportunamente modificato (fu preparato un carter destro specifico per accogliere la pompa dell'acqua[3]), e si passò nel frattempo a progettare la parte elettronica, con sensori del tipo di quelli montati sulle vetture del gruppo FIAT, per poi completare il lavoro all'inizio dell'estate del 1986, quando il motore venne collaudato al banco, dove sprigionò inizialmente una potenza di 93 CV, già confrontabile con il due valvole raffreddato ad aria al suo massimo sviluppo[8].

Il Desmoquattro installato su una Ducati 851 Tricolore

La moto destinata ad accogliere il nuovo motore fu realizzata sulla base della Ducati 750 F1 da competizione che aveva vinto il campionato italiano Formula TT del 1985 con Virginio Ferrari, che aveva anch'essa una cilindrata di soli 748 cm³, e venne iscritta al Bol d'Or nel 1986[1] con il nome di Ducati 748 IE per Ferrari, Juan Garriga e Marco Lucchinelli[3]. Sulla versione successiva si adottò un basamento rinforzato accoppiato a cilindri con alesaggio maggiorato a 92 mm e corsa portata a 64 mm (cilindrata totale 851 cc) in luogo dei precedenti 88 mm e 61,5 mm, con le teste e le valvole del prototipo furono ritoccate per adeguarsi ad esso[1] e una potenza salita a 115 CV[9].

Le successive versioni stradali (e relative controparti elaborate per le gare) videro incrementare la cilindrata del Desmoquattro dapprima a 888 cc (aumento dell'alesaggio da 92 mm a 94 mm), poi a 916 cc (aumento della corsa da 64 mm a 66 mm), poi a 926 cc e 955 cc (solo da gara), per terminare con la versione da 996 cc (alesaggio portato a 98 mm) presentata nel 1999 per la Ducati 996. Ognuna di queste versioni portava con sé migliorie in ogni settore del motore per reggere le sempre maggiori sollecitazioni imposte dalle crescenti potenze erogate, implicando l'uso di valvole di dimensioni sempre maggiori, fino ad arrivare al punto di dover riprogettare completamente la testata del Desmoquattro, con una riduzione dell'angolo incluso tra le valvole che diede anche il nome alla nuova versione del motore: Ducati Testastretta.

Nel frattempo veniva realizzata una versione di cilindrata ridotta a 748 cm³ (88 x 61,5 mm) che ha equipaggiato la Ducati 748, rimasta in commercio dal 1995 al 2002, creata per partecipare al Campionato mondiale Supersport.

Impiego[modifica | modifica wikitesto]

Virginio Ferrari testa al Mugello il prototipo Ducati 748 IE equipaggiato dal Desmoquattro nel 1986

Attorno al Desmoquattro la Ducati ha costruito la sua fama di fabbrica di moto supersportive e con esso e le esperienze maturate dal suo uso nelle competizioni ha realizzato tutta una serie di moto ad elevate prestazioni che sono state in listino dal 1988 fino ai primi anni duemila, quando si è completato il passaggio della gamma al successivo Ducati Testastretta.

Nella versione derivata dal modello stradale destinata alle competizioni, il Ducati Desmoquattro ha equipaggiato le moto da gara che hanno partecipato a varie annate del campionato mondiale Superbike fin da quello del 1988 con la Ducati 851 pilotata da Marco Lucchinelli[10][11], permettendo alla Ducati di vincere per otto volte nei successivi dieci anni il titolo mondiale di categoria[12]. venendo poi evoluto in successive varianti che hanno trovato posto sulla Ducati 888, la Ducati 916 e la Ducati 996, per finire poi la sua carriera sulle "sport-tourer" Ducati ST4 e ST4s in varianti meno spinte e più adatte a quest'ultima tipologia di moto.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f Claudio Falanga
  2. ^ (ES) Entrevista a Claudio Domenicali, su ducatistas.com, www.ducatistas.com, 31 dicembre 2009. URL consultato l'11 luglio 2017.
  3. ^ a b c d e Gérald Lazzeri
  4. ^ a b Ducati 851 Superbike Kit, su motorcyclespecs.co.za, MotorcycleSpecs. URL consultato il 23 agosto 2012 (archiviato dall'url originale il 4 marzo 2016).
  5. ^ a b c Valerio Boni, pag.36.
  6. ^ (EN) Bipantah! - Ducati's other V-four, su motorcyclistonline.com, www.motorcyclistonline.com, aprile 2009. URL consultato il 23 agosto 2012 (archiviato dall'url originale il 26 aprile 2014).
  7. ^ The story of the 748 Quattrovalvole, su sigmaperformance.com, SigmaPerformance. URL consultato il 23 agosto 2012 (archiviato dall'url originale il 5 marzo 2016).
  8. ^ Valerio Boni, pag.37.
  9. ^ Valerio Boni, pag.38.
  10. ^ Alan Cathcart (traduzione di Lorenzo Miniati), LA PRIMA SBK, su motoitaliane.it, www.motoitaliane.it. URL consultato il 23 agosto 2012 (archiviato dall'url originale il 4 giugno 2006).
  11. ^ Giuseppe Turani, L'altra rossa, Sperling & Kupfer, 2011, p. 148.
  12. ^ Albo d'Oro su ducati.it

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Claudio Falanga, NEL NOME DEL QUATTRO VALVOLE, in Mondo Ducati, nr.5, gennaio 1998. URL consultato il 23 agosto 2012 (archiviato dall'url originale l'11 gennaio 2013).
  • Valerio Boni, Ducati - Tutti i modelli dal 1946 a oggi, 1ª ed., Milano, Mondadori, 2007, pp. 36-39, ISBN 978-88-370-5500-4.
  • Ian Falloon, Ducati Desmoquattro Superbikes, St.Paul, MN, USA, MotorBooks International, 2002, ISBN 978-0-7603-1093-9. URL consultato il 15 ottobre 2013 (archiviato dall'url originale il 3 novembre 2013).

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