Basilica superiore di San Francesco d'Assisi

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Interno della Basilica superiore

La basilica superiore di Assisi è la chiesa posta al di sopra della basilica inferiore, con la quale forma l'insieme della Basilica di San Francesco d'Assisi.

Architettura

La basilica venne iniziata nel 1228 da Gregorio IX e conclusa nel 1253 da Innocenzo IV, con le maestranze dei migliori architetti, decoratori e pittori dell'epoca.

La basilica superiore, che fu importante nella diffusione del gotico in Italia, venne predisposta per diventare una meta di pellegrinaggio e devozione popolare. Un secondo ordine di interessi era più strettamente legato al papato, che vedeva ormai nei francescani, dopo la diffidenza iniziale, gli alleati per rinsaldare i legami con i ceti più umili, per i papi profusero grandi risorse economiche e si occuparono personalmente dell'andamento dei lavori, tanto che in un certo senso San Francesco divenne una sorta di cappella palatina papale, che non a caso ricorda la Sainte-Chapelle di Parigi, dove sono presenti due chiese sovrapposte ad aula unica.

La struttura abbastanza semplice che si intendeva dare all'inizio venne quindi modificata quasi subito secondo linee più maestose, ispirandosi in parte all'architettura romanica lombarda, con nuove suggestioni gotiche legate agli edifici costruiti dall'ordine cistercense.

L'esterno, dalla relativa semplicità romanica con qualche elemento gotico quale il portale a sesto acuto e gli archi rampanti, era diverso dall'interno, dove prevale la vivace policromia e le slanciate forme gotiche. La navata è divisa in quattro campate con transetto e abside, presenta una copertura con volte a crociera. Uno stretto ballatoio corre tutto intorno alle pareti. La chiesa superiore è illuminata da grandi finestroni gotici che corrono lungo tutta la fascia alta della navata e dell'abside, a cui si aggiunge la luce che entra dal rosone della facciata.

Il ciclo di affreschi

Molto dibattuta e controversa è la datazione del ciclo di affreschi, che rappresenta un momento capitale dell'arte italiana ed europea. Il ciclo di affreschi si lega strettamente con le vicende legate alla contrapposizione tra le fazioni dei conventuali e degli spirituali: quest'ultimi, invocando il diretto insegnamento di povertà di San Francesco si rifiutavano di arricchire i luoghi di culto francescani con opere d'arte. La linea spirituale prevalse nel capitolo generale di Narbona (1260) e ancora nel capitolo generale di Assisi del 1279 quando venne ribadita la scelta aniconica (senza immagini della divinità), nonostante l'opposizione di papa Niccolò III (papa dal 1277 al 1280). Molti indicano in questo papa, energico mecenate, l'iniziatore del ciclo di affreschi, ma è molto plausibile che invece sia stato Niccolò IV (papa dal 1288 al 1295), primo papa francescano che prodigò offerte per la basilica assisiate: con una bolla del 1288 stabilì per esempio che tutte le offerte donate dai pellegrini in visita ad Assisi fossero investite nella decorazione della chiesa. I primi affreschi dovrebbero risalire quindi al 1288. In ogni caso il papa dichiarò la basilica una cappella papale scavalcando i francescani e le loro norme sulla povertà e la sobrietà.

Secondo altri studiosi invece il ciclo pittorico iniziò tra il 1267 e il 1270 quando, secondo le fonti[senza fonte], un "maestro di scuola gotica" e un "maestro di scuola romana" stavano lavorando alla parete destra del transetto nelle scene della vita degli apostoli Pietro e Paolo. La decorazione è continuata dal 1270 al 1280 sulla parete con la finestra, grazie all'opera di un "maestro romano"[1]. In realtà affreschi più antichi si trovano nella basilica inferiore: si tratta di resti di un primo ciclo con Storie di Francesco eseguite da un maestro giuntesco, in parte distrutti dall'apertura delle cappelle sulla navata.

Il programma iconografico della navata principale venne probabilmente formulato da Matteo d'Acquasparta, generale dei francescani tra il 1287 e il 1289: le Storie dell'Antico e Nuovo Testamento vennero disposte nella fascia alta, accanto alle finestre, mentre la zona inferiore, più sgombra e più vicina ai fedeli, doveva essere occupata dalle grandi Storia di San Francesco.

Cimabue

La Crocefissione

Cimabue e bottega si occuparono quindi delle pareti del transetto (nord e sud) e del coro. Vi sono raffigurati:

  • I quattro Evangelisti,
  • Storie della Vergine
  • Due Crocifissioni

Sono andate invece perdute le Scene apocalittiche e le Storie degli apostoli nelle absidi. I diversi temi del transetto dell'abside maggiore e della navata sono collegati tra loro attraverso i Vangeli, rappresentati dai quattro Evangelisti, ciascuno in atto di scrivere ispirato da un angelo, e avendo di fronte la veduta della regione evangelizzata: Matteo, la Giudea (crollato a causa del rovinoso sisma del 1997, i cui restauri sono stati completati nell'aprile del 2006 grazie allutilizzo di una innovativa tecnica di restauro virtuale messa a punto per l'occasione dai tecnici del CNR-ISSIA di Bari); Giovanni, l'Asia; Luca, la Grecia; Marco, l'Italia.

L'arrivo di Cimabue ad Assisi segnò l'ingresso nella prestigiosa committenza papale di artisti fiorentini e la scelta del maestro fu dettata quasi certamente dalla fama che aveva acquistato a Roma nel 1272, anche se non sono conosciute opere di Cimabue del periodo romano. Purtroppo gli affreschi di Cimabue e della sua bottega sono i più danneggiati di Assisi, poiché hanno subito un processo di ossidazione dei colori che ha reso i toni chiari scuri e viceversa, per cui sembra di essere di fronte a un negativo fotografico.

La scena più interessante è quella della Crocifissione nel transetto sinistro, dove le numerose figure in basso con i loro gesti straziati fanno convergere le linee di forza verso il crocifisso, attorno al quale si dispiega un seguito di angeli. la drammaticità quasi patetica della rappresentazione viene considerato il punto di arrivo della riflessione francescana sul tema della Croce in senso drammatico.

Il Maestro Oltremontano

Più o meno contemporaneamente a Cimabue lavorò alla testata del transetto nord un maestro più spiccatamente gotico, forse francese o inglese, per questo chiamato Maestro Oltremontano. Le sue pitture sono concentrate nei tratti di paretea fianco della finestra e comprendono i profeti Isaia e David. La particolarità di questi affreschi è il dialogo che instaurano con i reali elementi architettonici, come le strutture architettoniche nelle quali sono inseriti i profeti che riprendono ampiamente l'intelaiatura della finestra. Sono create una serie di nicchie dipinte, dietro ad una galleria di colonnine reali, talvolta con rapporti sfasati.

L'idea di una pittura che non solo imita, ma si innensta modificando l'ambiente reale è quasi una novità per l'Italia (forse venne usata prima solo nel Sancta Sanctorum di San Giovanni in Laterano) che ebbe una vasta portata negli sviluppi futuri. Le figure sono inoltre molto lineari e con una ricerca verso l'individuazione fisionomica di ciascun personaggio raffigurato.

Cronologicamente gli affreschi partono dal presbiterio, in cui sono raffigurate Storie di Maria al centro e, sui bracci del transetto, Storie dell'Apocalisse e degli Apostoli. Le figure, verso cui Francesco nutriva la massima venerazione, sono ampiamente rappresentate: il Cristo crocifisso, la Vergine Maria, gli Apostoli (soprattutto Pietro e Paolo) e gli Angeli (in particolare l'Arcangelo Michele).

Jacopo Torriti e i romani

Jacopo Torriti, Costruzione dell'Arca

Dopo il completamento del transetto si iniziò a dipingere la navata con le Storie dell'Antico Testamento che si trovano nella fascia più alta vicino alle finestre, i lunettoni. La fascia superiore del lato nord inizia con le Storie della creazione, a partire dalla creazione del mondo fino all'uccisione di Abele. Con le Storie di Noè inizia il ciclo di una "nuova umanità", accompagnato poi dagli episodi legati ai patriarchi Abramo, Giacobbe e Giuseppe.

Per questa impresa vennero chiamati pittori romani tra i quali spiccarono Jacopo Torriti, attivo entro l'ultimo quarto del Duecento, e Filippo Rusuti.

Il Torriti, con vari aiuti, decorò la parte alta della prima campata (quella più vicina all'altare) e la volta della seconda[2], dopodiché venne richiamato a Roma per sovrintendere ad altri cantieri papali.

Lo stile "romano" mostra un retaggio più marcato verso modelli classici e paleocristiani, con figure solenni, auliche, dal gusto molto raffinato. Nella Volta dei Santi Torriti inserì il motivo tradizionale degli angeli che sostengono clipei con figure della Vergine, del Redentore, di San Giovanni e di San Francesco.

Maestro della Cattura

Non è stato individuato l'artista che dipinse le fasce superiori della seconda campata, e che viene genericamente indicato come Maestro della Cattura. Probabilmente era un pittore formatosi proprio ad Assisi, come sembra suggerire il suo stile che media tra la spazialità di Cimabue e il disegno classicheggiante di Torriti.

Le pitture vennero inscritte in riquadri incorniciati da fasce geometriche, come se fossero quadri appesi su una parete decorata. Questo motivo, presente per esempio nelle decorazioni del Sancta Sanctorum di Roma ha fatto pensare anche ad un probabile artista di formazione romana. Questo schema venne rivoluzionato nella fascia inferiore da Giotto (o comunque dal Maestro delle Storie di San Francesco, che alcuni studiosi non fanno coincidere con il maestro fiorentino).

Maestro d'Isacco

Maestro d'Isacco, Isacco respinge Esaù, Assisi, Basilica Superiore di San Francesco

Nelle scene dalla Costruzione dell'arca di Noè fino al Sacrificio di Isacco si nota un'impostazione più vivace accompagnata da una maggiore tensione, che testimoniano l'operato della scuola di Cimabue.

In particolare al pittore denominato Maestro d'Isacco sono attribuite le scene di Isacco che benedice Giacobbe e Esaù respinto da Isacco. Allo stesso pittore si attribuiscono anche i disegni per le Storie di Giuseppe, situati nella prima campata di destra. L'importanza di questo artista anonimo è notevole, ed alcuni critici vi hanno indicato la mano del giovane Giotto.

Nuova è la straordinaria plasticità dei corpi, definita da un chiaroscuro molto forte e dall'andamento verosimile del panneggio, che richiama esempi più scultorei che della pittura contemporanea: per esempio nei capelli non sono usati toni morbidi, ma netti contrasti con ombre scure che ricordano i lavori di Nicola Pisano al pulpito del Battistero di Pisa.

Ma ancora più interessante è la costruzione della scena nello spazio, con la finta architettura che fa da "scatola": se ne vede lo spessore interno ed esterno grazie alle pareti laterali in scorcio, mentre anteriormente è stata aperta per permettere di vedere la scena. Vi sono due piani distinti in profondità, sottolineati dal diverso disporsi dei drappi appesi. Il letto di Isacco poi crea un secondo palcoscenico analogamente rappresentato in una sorta di assonometria. La luce cade omogeneamente da sinistra e lascia in ombra le zone che effettivamente non potrebbe raggiungere nella realtà. Ancora la rappresentazione presenta delle contraddizioni (ad esempio le pareti laterali divergono, anziché convergere in profondità), però segna decisamente un punto di partenza per le future esplorazioni in senso tridimensionale di Giotto.

Alcuni hanno anche indicato nel Maestro di Isacco la possibile attività di pittore (inedita) di Arnolfo di Cambio, anche se è più probabile l'attribuzione a Giotto, suffragata anche dal confronto con alcune opere del maestro nel quale si riscontra un uso plastico del chiaroscuro molto simile (come nella Madonna col Bambino di Borgo San Lorenzo o nella Croce di Santa Maria Novella).

Antico e Nuovo Testamento

Giotto: la Volta dei Dottori della Chiesa

Gli affreschi neotestamentari del lato sud, sulla fascia superiore, illustrano la Vita di Cristo dallAnnunciazione alle Nozze di Cana mentre, su quella inferiore, lAscensione e la Pentecoste. La quarta campata (severamente danneggiata dal terremoto del 1997) presenta in ogni vela un Dottore della Chiesa seduto con uno scrivano vicino: san Girolamo, sant'Agostino, san Gregorio e sant'Ambrogio; questa Volta dei Dottori della Chiesa è attribuita a Giotto giovane.

Le Storie di San Francesco

Le grandi scene con le Storie di San Francesco riempiono tutta la fascia centrale della navata. Furono verosimilmente dipinte tra il 1290 e il 1295 da un ampio numero di pittori, al capo dei quali la quasi totalità della critica pone Giotto.

Impaginazione delle Storie di San Francesco

Intanto è interessante notare l'organizzazione delle scene, inscritte in finte architetture che ricordano l'opera del Maestro di Isacco: al di sotto di una reale cornice marcapiano, che delimita il lato basso (con scalino) degli arconi del registro superiore, fu dipinta una serie di mensole, sorrette da illusionistiche colonne tortili con capitelli corinzi, che lasciano intravedere anche un sottile soffitto a cassettoni. In basso, a livello dello spettatore, è dipinta invece una cortina di tendaggi appesi. Tra colonna e colonna sono poste le 28 scene della vita del Santo, che quindi non sono come "quadri" appesi su pareti a sfondo geometrico come nei cicli di affreschi di scuola romana presenti anche nel registro superiore. Ciascuna scena è grande 230 x 270 cm ed è dipinta ad affresco con ritocchi a secco quasi inesistenti (o perduti). La lettura delle scene inizia vicino all'altare lungo la parete destra, poi prosegue nella controfacciata e infine nella parete sinistra fino a tornare vicino all'altare. Vi sono raffigurati episodi della vita del santo dalla giovinezza alla morte ai presunti miracoli postumi, con un'alternanza tra episodi storici ufficiali e leggende agiografiche.

L'insieme genera ancora stupore ed è difficile immaginare quale effetto dovessero fare sui contemporanei l'incredibile serie di novità introdotte da questo ciclo pittorico, che ruppe drasticamente con la pittura bizantina: niente più preziosismi fini a sé stessi, niente più oro, niente fissità da icona, niente simbologie arcane incomprensibili per la gente comune. La vita quotidiana tornò al centro delle attenzioni della pittura dopo essere stata esclusa dai cicli decorativi per secoli.

Elenco delle scene

Secondo i più recenti studi, il ciclo di Assisi sembra essere suddiviso in tre gruppi distinti: il primo e l'ultimo di sette quadri ciascuno, il mediano di sette coppie, quattordici in tutto.

I primi sette episodi rappresentano l'iter della conversione di San Francesco sino all'approvazione della regola. Il gruppo centrale, considerato evidentemente il principale, mostra tutto lo sviluppo dell'Ordine con San Francesco, sino alla sua morte. Gli ultimi sette sono le esequie e la canonizzazione del Santo, compresi i miracoli post mortem ritenuti necessari a questa. Nel primo gruppo San Francesco è senza l'Ordine, nel secondo è insieme all'Ordine, nel terzo è l'Ordine che prosegue l'opera di San Francesco.

  1. Francesco onorato da uomo semplice (Legenda maior, I,1) - La pittura non è di mano di Giotto
  2. Francesco dona il mantello a un povero (Legenda maior, I,2). Il colore bianco del cavallo e delle colonne è diventato nero per effetto dell'ossidazione del colore dovuta ad umidità
  3. Il sogno delle armi (Legenda maior, I,3)
  4. Preghiera in San Damiano (Legenda maior, II,1)
  5. Francesco rinuncia ai beni terreni (Legenda maior, II,1). Le persone sono divise in due gruppi ben definiti, rappresentanti il passato e il futuro di Francesco; il giovane è ritratto a mani alzate verso la mano di Dio che appare in alto.
  6. Sogno di Innocenzo III (Legenda maior, III,10). Durante un sogno il Papa vede l'umile Francesco che regge la Basilica del Laterano.
  7. Innocenzo III conferma la Regola francescana (Legenda maior, III,10)
  8. Apparizione di Francesco su un carro di fuoco (Legenda maior, IV,4)
  9. Visione dei troni (Legenda maior, VI,6)
  10. Cacciata dei diavoli da Arezzo (Legenda maior, VI,9)
  11. Francesco davanti al Sultano (Legenda maior, IX,8). Francesco è sottoposto alla prova del fuoco; davanti a lui i preziosi regali donatigli dal sultano Melek el Kamel che, però, il frate rifiuta
  12. Francesco in estasi (Legenda maior, X,4)
  13. Il Natale di Greccio (Legenda maior, X,7). Anche se le fonti indicano che il fatto è avvenuto a Greccio, nel reatino, l'ambientazione ricorda la Basilica inferiore di Assisi.
  14. Il miracolo della sorgente (Legenda maior, VII,12)
  15. La predica agli uccelli (Legenda maior, XII,3)
  16. Morte del cavaliere di Celano (Legenda maior, XI,4)
  17. Predica davanti ad Onorio III (Legenda maior, XII,7)
  18. San Francesco appare al Capitolo di Arles (Legenda maior, IV,10)
  19. Francesco riceve le stimmate (Legenda maior, XIII,3)
  20. Morte di San Francesco (Legenda maior, XIV,6)
  21. Visioni di frate Agostino e del Vescovo di Assisi (Legenda maior, XIV,6)
  22. Girolamo esamina le stimmate (Legenda maior, XV,4)
  23. Saluto di Chiara e delle sue compagne a Francesco (Legenda maior, XV,5)
  24. Canonizzazione di San Francesco (Luglio 1228, bolla papale Mira circa nos)
  25. Francesco appare a Gregorio IX (Legenda maior, Mir. II,1)
  26. Guarigione dell'uomo di Ilerda (Legenda maior, Mir. I,5) - La pittura non è di mano di Giotto, forse del Maestro della Santa Cecilia
  27. Confessione della donna resuscitata (Legenda maior, Mir. II,1) - La pittura non è di mano di Giotto, forse del Maestro della Santa Cecilia
  28. Francesco libera l'eretico Pietro di Alife (Legenda maior, Mir. V,4) - La pittura non è di mano di Giotto, forse del Maestro della Santa Cecilia

Alcuni episodi emblematici

Omaggio dell'uomo semplice
Omaggio dell'uomo semplice

Già nella prima scena, l'Omaggio dell'uomo semplice, la cui pittura è dovuta in gran parte ad aiuti, si nota un'ambientazione senza precedenti: gli spettatori vi potevano facilmente riconoscere la piazza di Assisi tra il Palazzo comunale (con la torre) e il tempio di Minerva, con gli edifici che creano un fondale realistico, costruito secondo precise misure secondo una coerente visione laterale e dal basso. La rappresentazione dei lati degli edifici in una sorta di assonometria intuitiva scorciata permette di creare anche il sensazione di sporgenza, come nel ballatorio dell'edificio sulla destra.

La narrazione è concisa ed efficace: il santo passa e un concittadino stende un mantello al suo passaggio, con una mimica credibile e chiarissima.

Il santo non è raffigurato con deformazioni gerarchiche o con una sacrale posa frontale, ma è ritratto come le altre persone, con il solo riconoscimento dell'aureola. Gli altri personaggi sono figure di cittadini casualmente di passaggio, vestite secondo la moda dell'epoca, che commentano il fatto con naturalezza: non hanno una funzione specifica se non quella di facilitare l'immedesimazione dello spettatore in essi, come se chi osserva fosse davanti a un fatto reale.

Elemosina del mantello
Francesco dona il mantello a un povero

Nella successiva scena di Francesco dona il mantello a un povero cavaliere o Elemosina del mantello, non è rappresentato uno sfondo architettonico ma paesaggistico. La rappresentazione del paesaggio è ancora arcaica, con la convenzione tipicamente bizantina delle rocce scheggiate a distanza indefinita.

Sapiente è invece la costruzione delle linee principali oblique che si incrociano in corrispondenza della testa del santo convergendo l'attenzione dello spettatore: i due profili delle montagne si prolungano a sinistra, mentre a destra trovano un continuamento nel braccio del Santo nell'atto di donare il mantello. Il vestito di San Francesco inoltre è dello stesso colore del cielo, come ad indicare che la santità dall'uomo è lo specchio dello stesso Cielo. Lo schema apparirebbe un po' rigido se non fosse bilanciato dalla linea del collo del cavallo che serra armoniosamente con una perpendicolare.

La Rinuncia dei beni
Francesco rinuncia ai beni terreni

La Rinuncia dei beni è organizzata secondo uno schema molto efficace di due fasce verticali intervallate dallo sfondo vuoto: a sinistra Bernardone, il padre di francesco infuriato, che viene trattenuto da un uomo, e la cittadinanza; dall'altra parte san Francesco spogliato che prega asceticamente verso la mano di Dio benedicente che appare tra le nuvole, il vescovo che copre la sua nudità e altri religiosi (caratterizzati con la tonsura). La netta spaccatura della scena è efficacemente simbolica delle posizioni inconciliabili dei due schieramenti.

Nella casualità quotidiana della folla non è tralasciata nemmeno la raffigurazione di due bambini (i primi bambini che non rappresentino Gesù dipinti nell'arte medievale), presenti per caso.

Notevolissima è poi la resa anatomica del corpo di Francesco, con chiare lumeggiature che definiscono il volume della muscolatura di sorprendente modernità (si pensi quanto sono lontani i geometrici grafismi dei crocifissi della pittura immediatamente precedente).

Il Presepe di Greccio
Il presepe di Greccio

La scena, oltre che una delle più famose, è uno straordinario documento dell'epoca. Nessun pittore si era mai spinto a tanto realismo: lo spettatore osserva dalla parte di solito riservata ai soli sacerdoti e religiosi (da un ipotetico punto di vista nell'abside), dove sono rappresentati con minuzia e vivace descrittività le caratteristiche dell'ambiente: un ciborio che ricorda quelli di Arnolfo di Cambio, i frati che cantano nel coro guardando al reggilibro in alto, un pulpito visto dal lato dell'ingresso ed una croce lignea sagomata appesa vista dal dietro, con tutti i rinforzi, e sapientemente raffigurata obliqua mentre pende verso la navata.

Una gran folla di persone assiste alla scena in primo piano di Francesco con il santo Bambino tra le mani (provvisto pure lui di aureola), ma le donne non possono entrare e osservano dalla porta. Molto reale è la collocazione dei personaggi nello spazio, che appaiono su piani diversi senza dare l'effetto di librarsi nell'aria o di schiacciarsi l'uno sull'altro, come nelle tavole di pittori di poco più antiche. Solo i frati sporgono in alto perché sono in piedi sugli stalli del coro, di cui si intuisce la presenza solo da un piccolo dettaglio accanto alla porta.

Organo

Nella basilica vi è l'organo a canne Mascioni opus 1053[3], costruito nel 1982. Con tre tastiere di 61 tasti ciascuna ed una pedaliera di 32, è a trasmissione elettrica. Le canne sono prive di mostra e sono tutte collocate nello spazio fra la parete dell'abside e gli schienali degli stalli del coro, che le celano completamente alla vista; la consolle, invece, si trova generalmente nel transetto destro. Di seguito la disposizione fonica dell'organo:

Prima tastiera - Positivo
Principale 8'
Ottava 4'
Quintadecima 2'
Decimanona 1.1/3'
Vigesimaseconda 1'
Flauto aperto 4'
Flauto in XII 2.2/3'
Violoncello 8'
Voce Umana 8'
Seconda tastiera - Grand'Organo
Principale 16'
Principale 8'
Ottava 4'
Quintadecima 2'
Ripieno 2 file 1.1/3'
Ripeno 4 file 2/3'
Sesquialtera 2 file 2.2/3’ – 1.3/5’
Flauto 8'
Flauto in VIII 4'
Tromba 8'
Cromorno 8'
Terza tastiera - Espressivo
Corno camoscio 8'
Principalino 4'
Cimbalo 3 File 1'
Bordone 8'
Flauto 4'
Nazardo 2.2/3'
Flauto in XV 2'
Flauto in XVII 1.3/5'
Oboe 8'
Voce celeste 8'
Tremolo
Pedale
Contrabbasso 16'
Basso 8'
Ottava 4'
Ripieno 4 file 2.2/3'
Subbasso 16'
Gran Quinta 10.2/3'
Bordone 8'
Corno camoscio 8'
Trombone 16'
Tromba 8'
Trombina 4'
Unioni e accoppiamenti
Unione I 8' Ped
Unione II 8' Ped
Unione III 8' Ped
Unione I 8' II
Unione III 8' II
Unione III 8' I
Unione I 4' Ped
Unione II 4' Ped
Unione III 4' Ped
Unione I 4' I
Unione I 16' II
Unione I 4' II
Unione III 16' II
Unione III 4' II
Unione III 16' III

Note

  1. ^ De Vecchi-Cerchiari, cit.
  2. ^ La volta della prima campata ha invece soffitto azzurro.
  3. ^ L'organo dal sito della ditta Mascioni

Bibliografia

  • Bruno Zanardi, Giotto e Pietro Cavallini. La questione di Assisi e il cantiere medievale della pittura a fresco, Skira, Collana Arte Antica - Biblioteca d'Arte, 2002, ISBN 8884910560.
  • Pierluigi De Vecchi ed Elda Cerchiari, I tempi dell'arte, volume 1, Bompiani, Milano 1999.

Voci correlate

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