Topos

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Il termine topos deriva dal greco τόπος, topos, 'luogo' (plurale τόποι, tópoi) e significa luogo comune. Con esso può quindi intendersi uno schema narrativo indefinitamente riutilizzabile, a cui spesso è legato un particolare motivo stilistico ad esso consono.

Topos, già nella retorica classica, era ogni schema di ragionamento precostituito per essere utilizzato nel corso di un confronto dialettico.[1][2]

Un topos può ad esempio fungere da premessa in un entimema[3]; al di fuori della retorica, esso può esercitare una funzione fàtica[4] nel linguaggio.

Nel caso dell’estetica della comunicazione a essere indagato è il senso comune in quanto tale: "mettere in comune, creare un luogo comune. Si tratta appunto di mettere in comune il senso, di fare in modo che un senso sia comune, sia partecipato. (...) L’aspetto propriamente estetico di questa interrogazione sulle condizioni di possibilità della comunicazione"[5] fu sviluppato da Kant: egli, nella Critica del giudizio, tradusse il senso comune in «senso comune estetico» quale orizzonte trascendentale della comunicazione[6].

Tale elemento, da meramente narrativo, diviene letterario quando ricorre con frequenza in uno o più autori, nell'arco di una data epoca o di una certa corrente estetica.

Elenco di tòpoi letterari

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Alcuni esempi di tòpoi sono i seguenti:

  1. ^ Lemma sul vocabolario di treccani.it.
  2. ^ Lemma sul Sabatini-Coletti, in dizionari.corriere.it.
  3. ^ Il lemma luogo comune sul Dizionario De Mauro, dizionario.internazionale.it.
  4. ^ La «funzione fàtica» è un’«accentuazione del contatto», secondo Jacobson, che può dare luogo a uno «scambio sovrabbondante di formule stereotipate, a interi dialoghi, il cui unico scopo è di prolungare la comunicazione». Oltre a essere la sola funzione che anche taluni animali (gli uccelli parlanti) hanno in comune con l’uomo, la funzione fàtica è anche «la prima funzione verbale che viene acquisita dai bambini, nei quali la tendenza a comunicare precede le capacità di trasmettere o di ricevere un messaggio comunicativo» (Roman Jacobson, 1986, Saggi di linguistica generale (ed. or. 1963), Feltrinelli, Milano, pp. 188-189).
  5. ^ R. Diodato e A. Somaini (a cura di), Estetica dei media e della comunicazione, Bologna, Il Mulino, 2011, pp. 15-17.
  6. ^ Dopo che il § 39 aveva affrontato la questione della «comunicabilità di una sensazione», il § 40 della Critica del giudizio tratta, nel contesto della deduzione trascendentale del giudizio di gusto, «del gusto come di una specie di sensus communis»: pp. 271-281.