Gian Burrasca (film 1982)

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Gian Burrasca
Una scena del film
Lingua originaleitaliano
Paese di produzioneItalia
Anno1982
Durata87 min
Generecommedia
RegiaPier Francesco Pingitore
SoggettoVamba
SceneggiaturaGianfranco Bucceri, Roberto Leoni, Pier Francesco Pingitore
ProduttoreCecilia Bigazzi
Casa di produzioneFilmes Nuova Daina
Distribuzione in italianoMedusa Film
FotografiaFederico Zanni
MontaggioAlberto Moriani
MusicheDimitri Gribanovski, John Sposito
ScenografiaMaurizio Tognalini
CostumiMaurizio Tognalini
TruccoRaoul Ranieri e Gianni Ranieri
Interpreti e personaggi
Doppiatori italiani

Gian Burrasca è un film del 1982 diretto da Pier Francesco Pingitore e interpretato da Alvaro Vitali. È il terzo adattamento del celebre romanzo Il giornalino di Gian Burrasca, dopo il primo film del 1943 e il ben più famoso sceneggiato del 1964 con protagonista Rita Pavone.

Trama[modifica | modifica wikitesto]

Roma, 1910. Giannino Stoppani, detto Gian Burrasca, è un ragazzo incline a scherzi di pessimo gusto. Durante la sua festa di compleanno fa esplodere un mortaretto sulla torta preparata per lui. Da lì in poi ci sarà una sequela di bravate che lo porteranno ad essere detestato da tutti, tranne che da sua madre.

A scuola Gian Burrasca manca di rispetto al personale e viene sempre sottoposto ad una ferrea disciplina dal suo professore. Anche in famiglia il suo comportamento è sopra le righe: a farne le spese è soprattutto l'avvocato Maralli, fidanzato e promesso sposo di sua sorella Virginia. Giannino, non contento di aver ricevuto in dono dei pattini, chiede al padre di regalargli una bicicletta e, in cambio, gli promette di portare a casa un'ottima pagella. Suo padre sa già che questo è un sogno irrealizzabile ma, flebilmente speranzoso, afferma che in quel caso le cose potrebbero anche cambiare. Giannino, di notte, sgattaiola nella presidenza della scuola e, con la scolorina, manomette sia la sua pagella che quella del suo compagno Walter Carloni, il primo della classe. Il giorno dopo, il preside consegna le pagelle e resta sbigottito. Il preside rimprovera Carloni e loda Gian Burrasca, tra lo stupore del professore e dei compagni. Tuttavia la farsa viene smascherata quando il preside chiede a Gian Burrasca di coniugare il congiuntivo imperfetto del verbo avere e lui naturalmente sbaglia inventandoselo: il preside, rimbrottandolo piano, piano, sospende Gian Burrasca per tre settimane e gli ordina di presentarsi accompagnato da suo padre a scuola. Il mattino seguente Gian Burrasca chiede allora a Spezzafé, uno spazzino, di spacciarsi per suo padre. L'uomo però si immedesima nella parte (o forse si scandalizza davvero dei voti bassi) e lo schiaffeggia per davvero, davanti a tutta la classe che ride.

Dopo l'ennesima lite col padre, Gian Burrasca decide di andare in campagna da sua zia Bettina, ma anche lì combina un guaio dopo l'altro: in particolare, dopo aver rotto l'urna con le ceneri dello zio Fernando, mischia le ceneri con la farina della torta che Bettina cucina per il cavaliere Gussoni. Tornato a Roma, Giannino tenta di divertire tutti con un gioco di prestigio, ma fallisce e colpisce l'avvocato Maralli a un occhio. Dopo questo gesto, viene mandato nel collegio "Pierpaolo Pierpaoli", dove si spera che rinsavisca e diventi un uomo. Ma Gian Burrasca è implacabile: dopo aver spiato il cuoco e scoperto che la minestra che veniva servita la domenica era fatta con tutti gli avanzi della settimana, decide di vendicarsi e quindi fa credere al direttore di essere sonnambulo, sabota il minestrone riservato al direttore e alla direttrice con del purgante e approfitta di un finto rituale esoterico per far picchiare i bruschi direttori del collegio. Dopo tutti questi scherzi Gian Burrasca, fuggendo, si autoespelle dal collegio e torna a casa, dove si sta festeggiando il matrimonio tra Virginia e l'avvocato Maralli. Un altro scherzo ha luogo: nascondendo una scatola di fuochi d'artificio nel camino, questo viene acceso scatenando tutta la potenza di fuoco. Questa volta però a Gian Burrasca va male poiché suo padre lo rinchiude in uno zoo.

Luoghi delle riprese[modifica | modifica wikitesto]

Il film è stato girato a Roma, tra il quartiere Trastevere, il Pincio e Villa Borghese. La scuola di Giannino si trova nel quartiere Trastevere ed è l'Istituto Comprensivo "Regina Margherita", situato in via Madonna dell'Orto, usato anche nell'ultimo lungometraggio dedicato a Pierino, Pierino torna a scuola.

Curiosità[modifica | modifica wikitesto]

  • Nella scena in cui Gian Burrasca, rinchiuso nello stanzino-prigione, cerca di aprirsi una via di fuga scavando nel muro, è possibile vedere sulla parete una scritta col gesso che dice "W la pappa col pomodoro", chiaro riferimento al grido liberatorio presente nel romanzo originario, nonché alla celebre canzone che Rita Pavone interpretava nello sceneggiato diretto da Lina Wertmüller.
  • Giannino penetra di notte nella segreteria scolastica per falsificare le pagelle, e regge una torcia elettrica per farsi luce. Il suo uso parrebbe anacronistico, ma in realtà questo oggetto fu brevettato nel 1896 e teoricamente era possibile che fosse in uso nel decennio successivo.
  • Nella scena della pagella, quando Spezzafè va a parlare con il maestro di Giannino, cita la seguente frase "Nun te preoccupà, io pe no scudo d'argento faccio pure 'r padre der Milite Ignoto". È un altro anacronismo perché il soldato detto morì durante la Prima Guerra Mondiale (1914-1918), mentre la scena è ambientata nel 1910.
  • La frase pronunciata dal maestro a Gian Burrasca "Stoppani, tu uccidi quell'uomo!" sembra richiamarsi a Cuore di Edmondo De Amicis, in particolare quando il maestro Perboni, rivolto al "cattivo" della classe Franti, gli dice: "Franti, tu uccidi tua madre!".
  • Alla fine del film, proprio nell'ultima scena si può notare un bambino in costume da Pierino, ovvio riferimento al fortunato personaggio interpretato sempre da Alvaro Vitali nella saga di film immediatamente precedenti.

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