Universo in espansione accelerata: differenze tra le versioni

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La scoperta è stata ottenuta nel [[1998]] da [[Saul Perlmutter]], [[Brian P. Schmidt]] e [[Adam Riess]] sulla base di osservazioni di [[supernova di tipo Ia|supernove di tipo Ia]] in [[galassia|galassie]] lontane<ref>Goldhaber, G and [[Saul Perlmutter|Perlmutter, S]], ''A study of 42 type Ia supernovae and a resulting measurement of Omega(M) and Omega(Lambda)'', Physics Reports-Review section of Physics Letters, 307 (1-4): 325-331, Dec. 1998.</ref><ref>Garnavich PM, Kirshner RP, Challis P, et al. ''Constraints on cosmological models from Hubble Space Telescope observations of high-z supernovae'', [[Astrophysical Journal]], 493 (2): L53+ Part 2, Feb. 1 1998.</ref>. Per tali studi ai tre scienziati è stato assegnato il [[premio Nobel per la fisica]] nel 2011.
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La materia e la radiazione possono soltanto rallentare l'espansione, non accelerarla. Nel contesto dei modelli cosmologici relativistici, l'accelerazione dell'espansione implica il valore positivo di una costante, detta costante cosmologica, introdotta da Albert Einstein nel 1917.
La materia e la radiazione possono soltanto rallentare l'espansione, non accelerarla. Ma i modelli cosmologici relativistici standard (derivati assumendo l'omogeneità e l'isotropia dell'universo) sono caratterizzati non solo dalla densità di materia/energia, ma anche da una costante, detta costante cosmologica. Questa costante fu introdotta da [[Albert Einstein]] nel 1917, ed agisce come una forza repusliva. Anche se Einstein introdusse questa costante per ottenere un universo statico, la presenza della costante cosmologica non è un'aggiunta arbitraria: le regioni sono piuttosto tecniche, ma si può dire che così si ottiene l'espressione più generale delle equazioni della relatività a partire unicamente dal tensore metrico e dalle sue derivate del primo e secondo ordine <ref name="Sean Carroll">
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fino alle osservazioni decisive delle supernovae di tipo I.


== Prove sperimentali ==
== Prove sperimentali ==

Versione delle 17:22, 30 ago 2016

L'espressione universo in accelerazione descrive l'osservazione che l'universo è in una fase di espansione accelerata, ovvero che la velocità con cui si espande sta aumentando.

La scoperta è stata ottenuta nel 1998 da Saul Perlmutter, Brian P. Schmidt e Adam Riess sulla base di osservazioni di supernove di tipo Ia in galassie lontane[1][2]. Per tali studi ai tre scienziati è stato assegnato il premio Nobel per la fisica nel 2011.

La materia e la radiazione possono soltanto rallentare l'espansione, non accelerarla. Ma i modelli cosmologici relativistici standard (derivati assumendo l'omogeneità e l'isotropia dell'universo) sono caratterizzati non solo dalla densità di materia/energia, ma anche da una costante, detta costante cosmologica. Questa costante fu introdotta da Albert Einstein nel 1917, ed agisce come una forza repusliva. Anche se Einstein introdusse questa costante per ottenere un universo statico, la presenza della costante cosmologica non è un'aggiunta arbitraria: le regioni sono piuttosto tecniche, ma si può dire che così si ottiene l'espressione più generale delle equazioni della relatività a partire unicamente dal tensore metrico e dalle sue derivate del primo e secondo ordine [3]. Nel caso di un universo in espansione, la costante cosmologica ne provoca l'accelerazione: e che ciò si verificasse in realtà, fu convinzione di uno dei padri della teoria del Big Bang, Georges Lemaitre. Anche se per semplicità in seguito molti cosmologi preferirono assumere che la costante cosmologica fosse nulla, a partire dagli anni '90 del XX secolo cominciarono ad accumularsi diverse evidenze osservative che suggerivano il valore positivo della costante cosmologica [4], fino alle osservazioni decisive delle supernovae di tipo I.

Prove sperimentali

Le supernove di tipo Ia sono oggetti molto luminosi, tanto da diventare luminose quanto tutta la galassia a cui appartengono. Sono inoltre caratterizzate da ben definite curve di luminosità e spettro. Queste caratteristiche fanno sì che possano essere utilizzate come candele standard e permettano una misura precisa della loro distanza. Questa, insieme con la misura dello spostamento verso il rosso, ha permesso di misurare la velocità di espansione in corrispondenza a diverse distanze spazio-temporali ed evidenziare così l'accelerazione dell'espansione.[5][6] Le osservazioni del 1998 sono state ripetute e confermate.[7][8] Inoltre l'evidenza di un universo in accelerazione è stata corroborata da altre misure indipendenti come quelle basate sul clustering di galassie e sull'osservazione dell'anisotropia della radiazione cosmica di fondo.[9]

Implicazioni

L'Universo in accelerazione implica che la velocità a cui una galassia si allontana dalle altre aumenta nel tempo. Se l'accelerazione dovesse continuare le galassie si allontaneranno le une dalle altre in modo tale che il loro spostamento verso il rosso sarà così grande da rendere difficile la loro osservazione e l'universo apparirà oscuro. In scenari più spinti, il risultato finale sarà il disgregamento di tutta la materia. Questa nuova teoria della fine dell'Universo è stata chiamata Big Rip (Grande Strappo).

Modelli cosmologici che tentano una spiegazione

Il modello dell'energia oscura

Diverse osservazioni indicano che l'universo potrebbe essere costituito per un 70% circa da energia a pressione negativa non osservabile direttamente, chiamata energia oscura, distribuita omogeneamente nello spazio, che potrebbe spiegare l'espansione accelerata. I modelli cosmologici che si basano sull'energia oscura si differenziano nelle ipotesi sulla sua natura: dal modello a costante cosmologica, a quello a quintessenza, ed altri. Le osservazioni più recenti del satellite WMAP tendono a favorire il modello basato su una costante cosmologica positiva.[senza fonte]

Il modello del "tempo che rallenta"

Secondo i professori José Senovilla, Marc Mars e Raül Vera dell'Università di Bilbao e dell'Università di Salamanca, Spagna, una differente spiegazione potrebbe essere data assumendo l'ipotesi che il tempo stia rallentando (come l'espansione dello spazio avrebbe dovuto fare, ed essendo legato ad esso nello spaziotempo), e che un domani potrebbe fermarsi del tutto. Se il tempo rallenta, essi affermano, è possibile spiegare il veloce spostamento verso il rosso cosmologico (il redshift comunque indica la normale espansione osservata da Edwin Hubble) soltanto con questa ipotesi, come era nel modello standard classico (questa ipotesi non rientra nella cosmologia non standard), senza dover supporre l'esistenza di una energia oscura che sinora non è mai stata misurata direttamente, e senza scontrarsi con la difficoltà di dover risolvere il paradosso di una velocità di espansione che aumenterebbe indefinitamente.[10]

In realtà il tempo non rallenta davvero, ma l'opposto: esso accelera fino a velocità infinita, dando l'impressione che rallenti all'osservatore interno e producendo l'effetto visivo dell'accelerazione.

L'universo starebbe quindi sì espandendosi, ma nient'affatto accelerando: "Noi non diciamo che l'universo non stia espandendosi, ma che potrebbe essere un'illusione che stia accelerando". La teoria proposta rientra come variante particolare della teoria delle superstringhe, nella quale si immagina il nostro universo confinato su una membrana fluttuante in uno spazio a più dimensioni. Gary Gibbons, cosmologo presso l'Università di Cambridge ha commentato che l'ipotesi è degna di attenzione: "Noi pensiamo che il tempo sia emerso all'epoca del Big Bang, e se è emerso può anche scomparire."[10][11] Potrebbe quindi, non esistendo l'energia oscura in questo modello, verificarsi uno scenario simile al Big Freeze, oppure un Big Bounce.

Spaziotempo in espansione

Lo stesso argomento in dettaglio: Luce stanca § Modelli più recenti.

Anche questo modello prevede il tempo che rallenta (ma si dilata invece di fermarsi), ed implicazioni dovute alla distanza della luce. Questo modello nega una significativa espansione (cfr. teoria dello stato stazionario), e il redshift indica semplicemente l'età degli oggetti e la distanza percorsa dalla luce.[12]

Il modello dell'Universo oscillante

Secondo Fabio Romi, divulgatore astronomico italiano presso alcune associazioni culturali nella zona di Arezzo, si potrebbe dare una spiegazione diversa immaginando l'esistenza di una quantità enorme di materia (paragonabile a quella dell' intero Universo) che "fascerebbe" l'Universo stesso al di fuori dell' orizzonte cosmico e sarebbe dotata di moto di verso opposto rispetto all' Universo in espansione. Tale fenomeno si spiegherebbe immaginando un big bang precedente rispetto a quello conosciuto (Universo oscillante) nel quale la materia, espansasi fino ad un certo punto, si sarebbe ritratta in parte in uno stato simile a quello del Big Bang (vedi Big Crunch e Big Bounce) mentre la restante sarebbe ancora in viaggio verso il centro dell' Universo, attraendo l' Universo stesso in tutte le direzioni con la propria enorme forza gravitazionale e causandone quindi l'accelerazione. Si spiegherebbe così il motivo per cui l' Universo, per alcuni miliardi di anni, si è espanso con moto rallentato (sotto la propria forza di gravità) e l'accelerazione è invece iniziata "solo" 5-6 miliardi di anni fa.

Scetticismo osservazionale e teorie alternative

Alcuni astronomi, come Halton Arp, hanno continuato a negare l'accelerazione e l'espansione metrica dello spazio, portando come prova i dati discordanti e interpretando il redshift in altro modo, sulla scia dei teorici dello stato stazionario di Fred Hoyle.

Christof Wetterich dell'Università di Heidelberg, uno dei primi ipotizzatori dell'energia oscura, ha ripreso, nell'ambito sulle discussioni sulla difficoltà di postulare la singolarità gravitazionale, la teoria di Jayant V. Narlikar (uno dei sostenitori dello stato stazionario), basata su un'interpretazione di Einstein, sostenuta a lungo da Arp, del redshift intrinseco dovuto all'età delle particelle; egli ha proposto un modello fisico alternativo secondo il quale si potrebbe fare a meno dell'ipotesi dell'espansione cosmica eterna e quindi dell'accelerazione, pur non negando il Big Bang. Il redshift non sarebbe prodotto da un allontanamento ma da un aumento della massa delle particelle elementari nel corso di miliardi di anni, senza che in effetti aumenti la materia. L'universo, come nella teoria di Hoyle e Arp, aumenta ma non si espande. Il problema è la scarsa verificabilità di tale tesi, in quanto non aumenta solo la massa delle particelle ma anche quella degli strumenti di misurazione e di ciò che venga usato come paragone.[13][14]

Alcuni teorici pensano che l'energia oscura e l'accelerazione cosmica siano prova del fallimento della relatività generale su scale superiori a quelle dei superammassi di galassie. Uno dei modelli alternativi sono le teorie MOND (Modified Newton Dynamics = dinamica newtoniana modificata).

Un altro modello è la cosmologia del plasma.

Il fisico e matematico Roger Penrose afferma che l'energia oscura non esiste e l'universo in accelerazione si spiegherebbe con la presunta quantità superflua di radiazione gravitazionale che attraverserebbe un eone temporale arrivando ad un altro, secondo la sua teoria detta cosmologia ciclica conforme. Nel modello di Penrose l'universo è costituito da infiniti eoni di spaziotempo. Penrose ha calcolato che una certa quantità di radiazione gravitazionale deve essere preservata attraverso il confine tra eoni, sfuggendo al processo della radiazione di Hawking; suggerisce che questa radiazione gravitazionale supplementare può essere sufficiente a spiegare l'accelerazione cosmica osservata, senza fare ricorso al campo di materia derivato dall'ipotetica enorme quantità di energia oscura.[15]

Altri sostengono che a causa delle dimensioni del cosmo vediamo "il passato", ossia l'universo che si stava allontanando dopo il Big Bang, ma in realtà abbia già cominciato a contrarsi in un Big Bounce o in un Big Crunch[senza fonte] (un'idea ripresa dalle prime spiegazioni dell'espansione metrica dello spazio, in cui è lo spazio che si allarga, non gli oggetti che si muovono, descritta tramite la relatività generale; per cui, ad esempio, vediamo le galassie lontane 1 miliardo di anni luce, come erano 1 miliardo di anni fa e non come sono ora). Questa ipotesi però contraddirebbe la legge di Hubble, il principio cosmologico e il principio copernicano (verificato con la radiazione di fondo), implicando che abbiamo una posizione "particolare" nell'universo e "vediamo" l'espansione del Big Bang attraverso lo spaziotempo (cfr. i concetti di orizzonte cosmologico e universo osservabile).[16]

Secondo due fisici dell'University of Southern Mississippi, Lawrence Mead e Harry Ringermacher il nostro Universo si sta espandendo ma allo stesso tempo sta oscillando. I risultati di questo studio, pubblicati su Astronomical Journal, suggeriscono che l'Universo sia passato da una fase di espansione rallentata ad una fase di espansione accelerata non una volta bensì 7 volte nel corso di 13,8 miliardi di anni.[17]

Secondo Alexander Kashlinsky (famoso per il controverso lavoro sul cosiddetto flusso oscuro) l'accelerazione è un'illusione ottica: la vasta regione dello spaziotempo in cui viviamo (di circa 2,5 miliardi di anni luce di diametro), è in movimento rispetto al resto dell'universo. Questo fa apparire come se l'universo si espandendesse sempre più velocemente, ma in realtà la sua espansione starebbe addirittura rallentando.[18][19]

Altri pensano che ci sia stato un errore osservativo[20], o che sia solo una delle fasi di espansione e contrazione.

Vuoto cosmico

Una teoria che nega l'accelerazione prevede la possibilità che la Via Lattea sia parte di un grande vuoto cosmico anche se non con una scarsa densità.[21]. Ipotesi simili sono le teorie alternative come la "bolla cosmica" e affini (George Ellis, Edward Kipreos, ecc.).[22] Tali vuoti esistono e sono stati misurati, in varie zone dell'universo. Se invece che un grande spazio a densità molto bassa vi fossero una serie di piccole regioni di bassissima densità, distribuite con regolarità, queste riprodurrebbero collettivamente gli stessi effetti dell'energia oscura. Quindi, complessivamente, l'universo rispetterebbe il principio cosmologico sia nel caso di un unico vuoto sia nel caso di tante regioni di bassa densità, ma lo farebbe non localmente.[23] Secondo uno studio condotto da un gruppo di ricerca dell'Università di Heidelberg nel 2013, la visione che abbiamo dell'espansione dell'universo potrebbe essere almeno in parte falsata se la Via Lattea si trovasse in una zona dove la concentrazione di materia è inferiore alla media dell'intero cosmo, cioè in una cosiddetta "bolla di Hubble". Il modello teorico spiega così le discrepanze tra le misure di velocità d'espansione dell'universo, ad esempio le variazioni oscillatorie della velocità di espansione dell'universo, studiate anche nel 2015.[17]

La materia fuori dalla bolla attrarrebbe le galassie vicine in maniera così intensa che si muoverebbero con una velocità maggiore della media. In tal caso la costante di Hubble è più grande, ma si applicherebbe ai nostri dintorni ma non a tutto l'universo nel suo complesso.[24]

Note

  1. ^ Goldhaber, G and Perlmutter, S, A study of 42 type Ia supernovae and a resulting measurement of Omega(M) and Omega(Lambda), Physics Reports-Review section of Physics Letters, 307 (1-4): 325-331, Dec. 1998.
  2. ^ Garnavich PM, Kirshner RP, Challis P, et al. Constraints on cosmological models from Hubble Space Telescope observations of high-z supernovae, Astrophysical Journal, 493 (2): L53+ Part 2, Feb. 1 1998.
  3. ^ Sean Carroll, The cosmological Constant, in Living Reviews in Relativity, vol. 4, 2001, p. 1. URL consultato il 30 agosto 2016.
  4. ^ S. M. Carroll, W. H. Press, E. L. Turner, The Cosmological Constant, in Annual Review of Astronomy and Astrophysics, vol. 30, 1992, p. 1. URL consultato il 30 agosto 2016.
  5. ^ S. Perlmutter, Measurements of Omega and Lambda from 42 high redshift supernovae, in Astrophysical Journal, vol. 517, n. 2, 1999, pp. 565–86, DOI:10.1086/307221, arXiv:astro-ph/9812133.
  6. ^ A. G. Riess, Observational evidence from supernovae for an accelerating Universe and a cosmological constant, in Astronomical Journal, vol. 116, n. 3, 1998, pp. 1009–38, DOI:10.1086/300499, arXiv:astro-ph/9805201.
  7. ^ B. Leibundgut, J. Sollerman, A cosmological surprise: the universe accelerates, in Europhysics News, vol. 32, n. 4, 2001. URL consultato il 1º febbraio 2007.
  8. ^ Confirmation of the accelerated expansion of the Universe, Centre National de la Recherche Scientifique, 19 settembre 2003. URL consultato il 3 novembre 2006.
  9. ^ [astro-ph/0604051v2] Robust Dark Energy Constraints from Supernovae, Galaxy Clustering, and Three-Year Wilkinson Microwave Anisotropy Probe Observations
  10. ^ a b Lo studio è stato pubblicato su Physical Review, cfr.: "Dark Energy" --Does the Mysterious Anti-Gravitational Force Really Exist?, in dailygalaxy.com, 16 giugno 2012.
  11. ^ "Il tempo sta rallentando e si fermerà del tutto"
  12. ^ Enrico Biava, Introduzione a Seeing red di Halton Arp
  13. ^ E se, invece di espandersi, l'universo stesse… ingrassando?
  14. ^ Cosmologist claims Universe may not be expanding
  15. ^ Roger Penrose, Before the Big Bang: An Outrageous New Perspective and its Implications for Particle Physics (PDF), in Proceedings of the EPAC 2006, Edinburgh, Scotland, 2006, pp. 2759–2762.
  16. ^ Lontano nello spazio, lontano nel tempo
  17. ^ a b L'universo si espande oscillando
  18. ^ Astronomia: l'espansione dell'universo è solo un'illusione?
  19. ^ The Accelerating Universe and Dark Energy Might Be Illusions
  20. ^ Anche l'energia oscura si sta schiarendo
  21. ^ (EN) Stephon Alexander, Tirthabir Biswas e Alessio Notari, Local void vs dark energy: confrontation with WMAP and type Ia supernovae, in Journal of Cosmology and Astroparticle Physics, vol. 2009, n. 09, 1º settembre 2009, pp. 025-025, DOI:10.1088/1475-7516/2009/09/025. URL consultato il 20 novembre 2015.
  22. ^ L'energia oscura è un falso problema
  23. ^ L'energia oscura forse non esiste
  24. ^ E se fossimo tutti in una bolla?

Voci correlate

Collegamenti esterni