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Monte Zuccaro
Vista da sud
StatoBandiera dell'Italia Italia
Regione  Liguria,   Piemonte
Provincia  Genova,   Alessandria
Prominenza166 m
CatenaAppennino ligure
Coordinate44°38′25.98″N 8°53′12.53″E / 44.64055°N 8.886815°E44.64055; 8.886815
Altri nomi e significatiMonte Zucchero [1]
Mappa di localizzazione
Mappa di localizzazione: Italia
Monte Zuccaro
Monte Zuccaro

Il monte Zuccaro (un tempo anche chiamato Monte Zucchero[1]) è una montagna dell'Appennino Ligure che raggiunge i 767 m s.l.m..

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Rovine nei pressi della cima

Il monte Zuccaro fa parte del Gruppo del Monte Figne ("Sottogruppo del Porale"). Si trova sullo spartiacque tra i bacini della Scrivia e del Lemme.[2] Il crinale intervallivo continua a nord con la Rocca Crovaglia (594 m) e verso sud-est con i monti Brignone e Porale. Poco ad est della cima si trova il Colle del Prete (634 m), aperto sul crinale tra due vallette laterali tributarie dello Scrivia e che lo separa dal Monte Lusci (645 m).[2]

La prominenza topografica del monte Zuccaro è di 166 metri,[3] ma il panorama dalla sua cima è piuttosto ridotto a causa della vegetazione arborea presente. Amministrativamente si trova sul confine tra Piemonte e Liguria e, in particolare, tra i comuni di Arquata Scrivia (AL) e Isola del Cantone (GE). Non lontano dalla cima, sul lato ligure, si trova il piccolo centro abitato di Borlasca.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Il monte fu la sede di un controverso episodio della Resistenza. Durante la Seconda guerra mondiale nei pressi delle cima della montagna era presente un posto di avvistamento aereo presidiato da nove militi della RSI. La neocostituita III Brigata Garibaldi Liguria[4] il 12 gennaio 1944 [5] attaccò il presidio e gli addetti all'installazione vennero catturati e portati in una baita a un paio d'ore di cammino dal monte. Qui furono processati da un "tribunale partigiano"[6] e, anche visto il loro rifiuto di passare con i partigiani[7], vennero passati per le armi e seppelliti in una fossa comune[1]. Uno di loro riuscì però a fuggire,[6] e, raggiunta Borlasca, riferì della strage. Le milizie fasciste nei giorni successivi misero un atto un vasto rastrellamento bruciando vari edifici, in particolare gli essiccatoi per castagne, e arrestando alcuni civili.[1] In seguito tale esecuzione sommaria venne giudicata una crudeltà inutile.[7] L'azione venne invece da altri giustificata con l'esigenza di sostenere il morale dei giovani partigiani e per sottrarre armi ai fascisti.[8]

A partire dal 2012 l'area del monte Zuccaro è stata interessata dai lavori di scavo della galleria principale del terzo valico,[9] che hanno reso necessaria una revisione della rete di distribuzione idrica della zona.[10]

Geologia[modifica | modifica wikitesto]

Il rilievo è costituito di conglomerati a grossi elementi[11] (o puddinga)[12] ed è contiguo a zone a serpentiniti e a marne argillose. [11] L'area attorno al monte è ricca di sorgenti, in parte interessate dai lavori di scavo del terzo valico.[10]

Ambiente[modifica | modifica wikitesto]

La zona attorno al monte è oggi caratterizzata da prevalenti boschi di latifoglie. Nella zona tra il monte Zuccaro e il monte Porale, a partire dal 2017, sono stati segnalati esemplari di lupo, presumibilmente appartenenti ad un branco che si è insediato nell'area attirato dall'abbondanza di ungulati selvatici.[13]

Accesso alla vetta[modifica | modifica wikitesto]

Il sentiero che sale dal Colle del Prete

La cima del monte Zuccaro è facilmente raggiungibile a piedi seguendo un sentiero non segnalato che parte dal Colle del Prete, a sua volta raggiungibile da Borlasca o da Arquata Scrivia seguendo l'itinerario del Sentiero europeo E1.[14] La cima è anche la meta di due itinerari che la collegano con Carrosio e con Voltaggio, a suo tempo segnalati dalla FIE ma oggi in stato di abbandono. [15]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d Antonio Ravera, Testimonianza di Ravera Antonio (PDF), su isral.it, ISRAL. URL consultato il 6 maggio 2024.
  2. ^ a b IGM, carta 1:25.000.
  3. ^ (EN) Monte Zuccaro, su peakery.com. URL consultato il 4 maggio 2024.
  4. ^ Storia eccidio, su benedicta.org, Associazione Memoria della Benedicta. URL consultato il 4 maggio 2024.
  5. ^ 209483 - Lapide in ricordo dell’eccidio di Monte Zuccaro a Borlasca – Isola del Cantone (GE), su pietredellamemoria.it, Anmig. URL consultato il 5 maggio 2024.
  6. ^ a b Pierpaolo Rivello, Quale giustizia per le vittime dei crimini nazisti? L'eccidio della Benedicta e la strage del Turchino tra Storia e Diritto, Giappichelli, 2016, p. 114, ISBN 9788892161870. URL consultato il 6 maggio 2024.
  7. ^ a b Giampaolo Pansa, I tre inverni della paura, Rizzoli, 2010, ISBN 9788858601433. URL consultato il 6 maggio 2024.
  8. ^ Daniele Borioli e Roberto Botta, L’evento, su isral.it, ISRAL “Carlo Gilardenghi”. URL consultato il 6 maggio 2024.
  9. ^ Redazione, Terzo valico, l’impatto dei cantieri sul territorio, in Il Piccolo, 16 marzo 2012. URL consultato il 4 maggio 2024.
  10. ^ a b “Il tunnel avanza e rischia di inaridire le fonti di Sottovalle”, in La Stampa, 11 dicembre 2017. URL consultato il 4 maggio 2024.
  11. ^ a b AA.VV., Annali della Società degli ingegneri e degli architetti italiani, Parte 1, Atti della società, Societa degli ingegneri e degli architetti italiani, 1912, p. 307, ISBN non esistente. URL consultato il 4 maggio 2024.
  12. ^ Luigi Vittorio Bertarelli, Piemonte, Lombardia, Canton Ticino, Touring club italiano, 1914, p. 652, ISBN non esistente. URL consultato il 4 maggio 2024.
  13. ^ Giampero Carbone, Un terzo branco di lupi individuato in provincia, in La Stampa, 4 ottobre 2017. URL consultato il 6 maggio 2024.
  14. ^ CAI-TCI, Appennino ligure e tosco-emiliano, "Gruppo del Monte Figne", pagg. 88-89.
  15. ^ Andrea Ferrando, Arquata Scrivia – Sottovalle – Colle del Prete – Case Tuè – Monte Alpe, su appenninista.it, L'Appenninista, 10 giugno 2014. URL consultato il 20 aprile 2024.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Cartografia

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

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María Silva Cruz

María Silva Cruz (Benalup-Casas Viejas, 20 aprile 1915Cadice, 24 agosto 1936) è stata un'anarchica e sindacalista spagnola, tra le principali militanti dell'anarchismo iberico.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

María Silva Cruz nacque a Casas Viejas (oggi Benalup-Casas Viejas) nell'aprile del 1915. Va però rilevato che si incontrano tutt'ora alcune difficoltà nel determinare la sua esatta data di nascita, visto che l'archivio della parrocchiadi Nuestra Señora del Socorro e il Registro Civil riportano date diverse. Figlia di María Cruz Jiménez e di Juan Silva González, fu la maggiore dei loro otto figli, e nacque in una famiglia umile e lavoratrice.[1]

Primi anni e formazione[modifica | modifica wikitesto]

Trascorse infanzia e adolescenza vivendo con la propria famiglia in un ambiente rurale e agrario nella tenuta «Zapatero»[2]. Lì si dedicò principalmente a lavorare la terra e alla produzione di carbone, la principale fonte di sostentamento della sua famiglia. In più, per integrare queste modeste entrate, lavorava come donna di servizio presso una famiglia della zona. No obstante, a los pocos años se trasladó con su familia a vivir a una choza a Casas Viejas, lo que supuso un gran cambio en su vida. Su familia era bien conocida en el pueblo por sus ideas revolucionarias. María Silva Cruz era nieta De Francisco Cruz Gutiérrez "Seisdedos", un conocido anarquista del pueblo perteneciente a la CNT, aunque este no era el único seguidor de este movimiento en la familia. Su abuela materna se encargó de introducirle en estas ideas. Otros miembros de la familia como su padre Juan Silva o sus tíos maternos Francisco y Pedro Cruz también pertenecían al sindicato[1]

Durante los primeros años de su vida viviendo en la sierra, sería su abuela Catalina Jiménez Esquivel la principal encargada de su educación. Sería gracias a las novelas que ella le leía y a su entorno por lo que acabaría empapada de ideas revolucionarias y libertarias. De entre estas novelas destacan los escritos y libros de Federica Montseny, como sus obras La victoria, El hijo de Clara o La indomable dedicados a la figura de la mujer de ideas modernas y a la igualdad de género[3]. A su llegada a Casas Viejas sus únicos conocimientos habían sido aportados por su abuela y por algún que otro profesor que recorría la sierra impartiendo clases. En la escuela no mejoraría en gran medida su educación,[4] ya que esta se centraba en inculcarle a las niñas los valores cristianos y en cómo realizar las tareas domésticas. Fu quindi principalmente all'interno del suo nucleo familiare che avvenne il suo sviluppo educativo.

Amor y armonía[modifica | modifica wikitesto]

La associazione «Amor y armonía»[5] fu un gruppo di carattere libertario e femminista formato a Casas Viejas attorno al 1932. Era formato da donne e proponeva l'uguaglianza di opportunità culturali tra uomini e donne.[6] María Silva Cruz formaba parte de este grupo, junto a su hermana Catalina Silva Cruz[7] y otras casaviejeñas, como su amiga Manuela Lago, Ana Cabezas o Francisca Ortega.

La finalidad de esta asociación era reunirse para intercambiar ideas y debatir sobre diversos temas sociales. También funcionaba como un club de lectura, donde las asistentes se intercambiaban libros y conversaban sobre ellos. Esta asociación sobrepasaba lo estrictamente formal, pues la relación entre las componentes iba más allá, puesto que también eran amigas. Se les solía ver paseando juntas portando insignias anarcosindicalistas. De ahí proviene el sobrenombre de María Silva Cruz, «la Libertaria» ya que, un día, mientras paseaba por el centro portando al cuello un pañuelo rojinegro, tuvo un incidente con un guardia civil. Este agente, Manuel García Rodríguez, tomó esto como una provocación y se desencadenaron una serie de hechos que acabaron con María Silva Cruz propinándole una bofetada al agente, a lo que este respondió: «¡Me las pagarás, Libertaria!». Será a partir de este momento cuando se le conozca por este nombre[1].

Partecipazione ai fatti di Casas Viejas[modifica | modifica wikitesto]

María Silva Cruz è passata alla storia in particolare per la sua partecipazione ai los denominados Sucesos de Casas Viejas en enero de 1933, de los cuales logró escapar con vida de las Fuerzas de Orden Público. Era bien conocido su afiliación a diversos grupos anarquistas de Casas Viejas, ya que los apoyaba públicamente. Por otro lado, debido a que su familia pertenecía al mundo agrario, vivió en primera persona la ineficacia y lentitud con la que se estaba llevando a cabo la reforma agraria del gobierno de Manuel Azaña, ley que prometía acabar con los latifundios y la desigualdad del campo andaluz. María Silva Cruz se paseó por las principales calles de Casas Viejas el 11 de enero de 1933 con la bandera anarcocomunista al estallar la insurrección anarquista, mostrando su apoyo a la causa y participando de ello.

Al llegar la represión por parte de la autoridad civil, se refugió en la choza de su abuelo junto a ocho personas más.[1]Esta se convertiría en el escenario principal de los sucesos, ya que fue rodeada por los agentes al ser el principal foco de resistencia de los insurrectos. En el devenir de los hechos, la choza caería pasto de las llamas, muriendo todas las personas que había en su interior a excepción de María Silva Cruz y su primo pequeño. Consiguieron escapar de las llamas al huir de la choza protegidos tras una burra, que fue abatida a tiros.[8] Tras estos hechos, se decantó por esconderse en la choza de su abuela paterna. El día siguiente de la matanza, el 13 de enero, María Silva Cruz se vio obligada a huir junto a su familia a la Torre de Benalup,[9] conjunto en ruinas que se encuentra las afueras de la aldea, ya que las fuerzas de seguridad comenzaron a arrestar varones indiscriminadamente para fusilarlos a modo de reprimenda. No obstante, su padre fue apresado y fusilado antes de la huida. Allí estuvo refugiada durante un par de días antes de volver al pueblo a la choza, esperando que la situación se hubiese calmado. Sin embargo, solo bastaron un par de horas para que la guardia civil se presentase ante la choza de la abuela paterna para detenerla.

María Silva Cruz fue encarcelada en Medina Sidonia, donde fue duramente interrogada por su participación y actuación en los sucesos de Casas Viejas.[1]Sin embargo, ella lo negó todo aludiendo a que todo eran injurias y que los días de los hechos había permanecido junto a su familia. No obstante, el juez contaba con testimonios que la relacionaban directamente con los hechos, por lo que pudo retenerla. Estando presa conoció a quien sería su futura pareja sentimental, Juan Miguel Pérez Cordón, sindicalista y primer periodista que se hizo eco de los Sucesos.[10] Al ser puesto en libertad, se dedicó a limpiar la imagen y en buscar argumentos que la ayudasen a salir de prisión. Durante todo ese tiempo, María Silva Cruz sufrió un auténtico calvario, siendo maltratada y acosada sexualmente por las autoridades penitenciarias. Gracias a la denuncia de estos hechos y al respaldo popular que estaba recibiendo por los artículos que se estaban escribiendo sobre ella, consiguió salir en libertad.[1]

Ultimi anni e morte[modifica | modifica wikitesto]

María Silva Cruz fue detenida horas después de su liberación y trasladada a la Prisión Provincial de Cádiz debido al poco peso que tenían los argumentos que la pusieron en libertad. No obstante, ya por febrero de 1933 no era una presa común, ya que tenía a la mayor parte de la opinión pública del país de su parte.[9]El gobierno, debido a las fuertes críticas que estaba recibiendo por lo acontecido en Casas Viejas, tenía que rebajar la tensión que había en la opinión pública. Mantener a una joven que había perdido a su familia en los hechos y cuya figura se estaba mitificando entre rejas no le ayudaba en absoluto. Así, estuvo presa en Cádiz durante tres semanas y fue puesta en libertad ya que ella lo negaba todo, a pesar de que existiesen pruebas firmes en su contra. No sería hasta después de su puesta en libertad cuando confirmaría su presencia en la choza y su versión de los hechos. Ya por entonces, María Silva Cruz era conocida en toda España, y su figura era usada por todo tipo de literatos y periodistas como Eduardo de Guzmán, Julio Romano[9], Ramón J. Sender o Daniel Plá y Beltrán[11]

María Silva Cruz se trasladó a vivir entonces a Paterna de Rivera junto a Juan Miguel Pérez Cordón, aunque no por mucho tiempo, ya que él comenzaría a trabajar para la redacción de la CNT y se mudaron en agosto a Madrid. Sería en la capital donde vivirían unos meses dentro de un ambiente puramente anarquista y revolucionario, aunque no se conocen muchos detalles de esta etapa de su vida. Estuvo participando activamente para la CNT[12],llegando a dar un discurso en un mitin celebrado en noviembre de 1933 tras las elecciones generales. Dentro de la Confederación General de Trabajadores, contaba con numerosos apoyos y era tomada como un modelo a seguir. Parte de su discurso fue el siguiente:

«Compañeros y compañeras, pueblo de Madrid que en estos momentos escucha la voz emocionada de una superviviente de la tragedia que conmovió a España y al mundo entero; pueblo que muestra su rebeldía, su ansia de superación y de terminar con todos los traidores, con todos los vagos profesionales que le han esclavizado…»[1]

María Silva Cruz permaneció en Madrid hasta el verano de 1934, momento en el que se trasladaría junto a su pareja de vuelta a Paterna de Rivera para dar a luz a su primer y único hijo en 1935.[11]En esta localidad se encontraba ya toda su familia viviendo, ya que se vieron obligados a huir de Casas Viejas. Sería en Paterna donde retomaría su vida rural junto a su familia y a su pareja.

Al inicio de la guerra civil, con la caída de Paterna en manos de las fuerzas del bando sublevado, María Silva Cruz se refugió en su casa con su familia a la espera de noticias para saber cómo actuar. A pesar de que Juan Miguel Pérez Cordón decidió huir, ella se quedó allí junto a su familia[1],aunque aquel ya no era un lugar seguro para ellos. Se fue a vivir a la casa de la familia de su pareja hasta que fue detenida el 19 de agosto de 1936 y separada de su hijo. Aunque no hay registros sobre lo que pasó hasta su muerte, se sabe que fue fusilada en la laguna de la Janda el 24 de agosto de 1936.[13][14] Su muerte se difundió rápidamente por todo el país, trayendo de nuevo a la memoria colectiva los hechos acontecidos años antes en Casas Viejas y lo que representaba la figura de «La Libertaria». Al igual que la de miles de civiles españoles, en la actualidad no se conoce el paradero de los restos de María Silva Cruz ni su muerte está inscrita en el Registro Civil.

Lasciti della «Libertaria»[modifica | modifica wikitesto]

Tra gli storici si è discusso le María Silva Cruz sia realmente stata una giovane libertaria di idee anarchiche e rivoluzionarie, passata poi nel mito, oppure se più semplicemente fosse una adolescente che si trovò coinvolta in una serie di tragici avvenimenti che le le assegnarono questo ruolo di rivoluzionaria[1].No obstante, no se puede negar como ya hemos mencionado que su figura sirvió como fuente de inspiración para los artistas y literatos. Por ejemplo,Federica Montseny escribió sobre ella:

«Tal como es, llena de poesía y tragedia, penetra en la inmortalidad. Es la encarnación y el símbolo del martirio de España. Mariana de Pineda representa un momento de la conciencia y de la vida española. María Silva es la voz, la carne sangrante de un pueblo crucificado».[15]

Otro ejemplo lo encontramos en Rosselló Serra, quien en su obra El nuevo Jesús nombra a uno de sus personajes femeninos como «Libertaria»[16],en honor a María Silva Cruz. Por otro lado, la poetisa Lucía Sánchez Saornil le dedicó todo un romance. Este sería un fragmento:

«Látigos hienden la noche.

-Corazón mío, es el viento…

Y María Silva canta:

«Duerme… nanita… arrapiezo.»

Puños de gigante baten

La puerta del aposento,

Y la noche entra de pronto,

Negra de horror y misterio.

-Ráfagas de fuego arrancan

Desgarrones de silencio-.

¡Ay, María Silva Cruz,

Carne dolida del pueblo!

Rugió brutal el destino.

¡Al fin, María Silva! ¡Fuego! … ¡Ay! María Silva Cruz

(«Libertaria», por tu abuelo)

¡Carne de tu misma carne,

Te vengará el pueblo íbero!»[1]

Aún en la actualidad sigue siendo una referente como defensora de la libertad y como víctima de la Guerra Civil. Se le sigue teniendo en mente, recibiendo numerosos homenajes por la herencia que ha dejado y dando nombre a plazas y calles[17]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f g h i j (ES) Silva Cruz, María – “La libertaria”, su Memoria libertaria, 29 marzo 2014. URL consultato il 12 marzo 2022.
  2. ^ (ES) María Silva Cruz apodada María La Libertaria (Vida y obra), su Sobre la anarquía y otros temas, 2 giugno 2018. URL consultato il 20 aprile 2022.
  3. ^ (ES) Susanna Talavera, Federica Montseny Mañé, su Real Academia de la Historia. URL consultato il 13 marzo 2022.
  4. ^ (ES) María Silva Cruz "La Libertaria", su Turismomedinasidonia.es. URL consultato il 14 marzo 2022.
  5. ^ (ES) Carmen Lago, Las mujeres de mi pueblo (Asamblea Feminista Amor y Armonía Benalup Casas Viejas), su lalibertariainformacion.es, 26 de agosto de 2020. URL consultato il 21 marzo 2022.
  6. ^ (ES) Juan Miguel Baquero, Los sucesos de Casas Viejas: memoria de la represión al campo andaluz, su eldiario.es, 26 gennaio 2019. URL consultato il 1 aprile 2022.
  7. ^ (ES) Jose Luis Gutiérrez Molina, Catalina Silva Cruz, su Todos los nombres. URL consultato il 21 marzo 2022.
  8. ^ (ES) Salustiano Gutiérrez Baena, María La Libertaria y Pérez Cordón, según Pepe Pareja y Antonia Márquez, su El blog de Salus, 31 maggio 2015. URL consultato il 15 marzo 2022.
  9. ^ a b c María Silva Cruz «La Libertaria».26, su historiacasasviejas.es.
  10. ^ Un periodista llega a Casas Viejas, su elpais.com.
  11. ^ a b (ES) María Silva Cruz apodada María La Libertaria (Vida y obra), su Sobre la anarquía y otros temas, 2 giugno 2018. URL consultato il 23 marzo 2022.
  12. ^ (ES) Salustiano Gutiérrez Baena, El mitin de la Libertaria en Madrid, su historiacasasviejas.es, 26 novembre 2014. URL consultato il 20 marzo 2022.
  13. ^ Biografía en el Portal Libertario Oaca
  14. ^ Muere a los 76 años el hijo de 'La Libertaria' sin saber dónde fue enterrada su madre
  15. ^ Biografía en la Gran enciclopedia de Andalucía
  16. ^ (ES) El nuevo Jesús, de Rosselló Serra, su laalcarriaobrera.blogspot.com, 30 agosto 2012. URL consultato il 21 marzo 2022.
  17. ^ (ES) Mateo M. e Hidalgo J.A., ¿Quién es quién en cada cambio de calle en Cádiz?, su Diario de Cádiz, 21 novembre 2021. URL consultato il 30 marzo 2022.

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