Un giorno da leoni

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Un giorno da leoni
Danilo (Nino Castelnuovo), Michele (Leopoldo Trieste) e Orlando (Renato Salvatori) assistono all'impiccagione degli amici da parte dei tedeschi
Titolo originaleUn giorno da leoni
Paese di produzioneItalia
Anno1961
Durata118 min
Dati tecniciB/N
Genereguerra
RegiaNanni Loy
SoggettoAlfredo Giannetti, Nanni Loy
SceneggiaturaAlfredo Giannetti, Nanni Loy
ProduttoreFranco Cristaldi
Casa di produzioneGalatea Film, Lux Film, Vides Cinematografica
FotografiaMarcello Gatti
MontaggioRuggero Mastroianni
MusicheCarlo Rustichelli
ScenografiaCarlo Egidi
CostumiVera Marzot
Interpreti e personaggi
Doppiatori italiani

Un giorno da leoni è un film del 1961, diretto da Nanni Loy e prodotto da Franco Cristaldi.

Trama[modifica | modifica wikitesto]

A Roma, dopo l'8 settembre 1943, imperversano gli invasori tedeschi, coadiuvati dai loro complici fascisti. Danilo, studente universitario svogliato, evita l'arruolamento coatto decretato facendosi ricoverare in un sanatorio, spinto dai genitori preoccupati per la sua sorte se venisse mandato a combattere. Ma dalla clinica egli si allontana per andare a casa del suo amico Michele, un giovane e pavido ragioniere, il quale, già salito su un treno diretto a Nord assieme ad altri impiegati del suo ministero, fugge e riesce a tornare a Roma, dove ha lasciato la fidanzata Ida. Tornato nel casermone dove vive, incontra Danilo, che si era nascosto nel sottoscala. Avvinto dalla paura, tuttavia, si unisce a Danilo per cercare di superare la linea Gustav, e arruolarsi nell'Armata che combatte i nazifascisti. Per caso conoscono Gino, che si aggrega ai due amici quando il treno della ferrovia Roma-Fiuggi-Alatri sul quale viaggiano viene fermato dai Tedeschi, che caricano col la forza gli altri uomini su camion. I tre, dopo una corsa forsennata per la campagna, trovano rifugio nel paese in una cantina, adibita a "covo" da un gruppo di ex-soldati, comandati da Orlando. I militari vengono poi raggiunti dal partigiano Edoardo, che dà loro il compito di far saltare un ponte utilizzato dalle truppe tedesche per ricevere rifornimenti. Procuratosi l'esplosivo necessario al sabotaggio, il gruppo si disperde però alla notizia della cattura di Edoardo da parte dei Tedeschi. Orlando torna dalla moglie e dal figlio. Danilo, Michele e Gino tornano a Roma. Michele va a vedere l'esibizione di Ida, ma poi la vede salire sulla macchina di un tedesco e cerca di farla scendere mentre lei nega di conoscerlo. Viene arrestato ma salvato dallo stesso tedesco a cui Ida ha chiesto un favore proprio nel momento in cui stava per parlare del piano al commissario. Tornato al covo, viene a conoscenza della morte di Edoardo. Al funerale ritrovano Orlando e dal prete vengono a sapere che le sue ultime parole sono state di completare la missione. Profondamente maturati, i tre giovani protagonisti decidono di tornare al ponte e finire il lavoro: piazzano le cariche ma per un contrattempo il treno si ferma prima del punto ottimale. Nel frattempo arriva l'alba che farebbe notare le cariche dai tedeschi. Mentre sorteggiano chi deve andare sul ponte per dare il via al treno per farlo avanzare abbastanza da creare il massimo danno, Michele decide di sacrificarsi e va a fare il lavoro. Purtroppo verrà scoperto e perderà la vita, riscattando con un gesto da vero eroe una vita vissuta nel terrore. La miccia viene innescata e il ponte salta, provocando la morte di tutti i tedeschi sul treno e a terra. In coda al film si sente dalla radio che i tedeschi daranno la colpa dell'attentato agli americani, smentendo la notizia che possano esistere gruppi di italiani che combattono contro di loro.

Produzione[modifica | modifica wikitesto]

Il film è ispirato all'episodio realmente accaduto della distruzione del ponte "Sette luci", sulla linea ferroviaria Roma-Formia, all'altezza del km 25, così descritto da Pino Levi Cavaglione nel libro Guerriglia nei Castelli Romani.

«I personaggi del mio film cercano di rappresentare quale fu il dramma del mattino dopo la proclamazione dell'armistizio, in special modo per gli abitanti di una città come Roma che aveva vissuto per anni a contatto con il nucleo politico del Paese e che aveva, nel complesso, quasi una posizione di indifferenza nei confronti della guerra. I partigiani del mio film non si può dire che siano alla macchia per vocazione, ma piuttosto per necessità»

Censura[modifica | modifica wikitesto]

La scena in cui vengono mostrati i partigiani impiccati in piazza era in origine più lunga, soffermandosi sui primi piani di ciascuna vittima. Questa sequenza venne eliminata per volere della censura che la ritenne "impressionante e quindi inadatta alla sensibilità dei minori".[2]

Si tentò inoltre di far eliminare la battuta pronunciata da Salvatori "Non ve lo scordate mai", pronunciata alla vista delle vittime, ma Loy si rifiutò categoricamente.[3]

Distribuzione[modifica | modifica wikitesto]

Il film venne presentato fuori concorso alla 22ª edizione del Festival di Venezia il 29 agosto 1961.[4]

Venne distribuito nelle sale cinematografiche italiane dal 6 settembre 1961.

Critica[modifica | modifica wikitesto]

«Il film non è senza difetti, ma li riscattano un piglio sincero, una indagine non superficiale e sfumata degli eventi e dei caratteri, l'astinenza dalla pur comoda rettorica esecratrice, e una condotta di racconto asciutta e avvincente. Quel che Loy voleva dimostrare, cioè la scaturigine popolare della Resistenza, la sua fatalità storica prima ancora dei suoi aspetti eroici, ci sembra che lo abbia pienamente dimostrato attraverso una vicenda mescolata di luci e di ombre, tolta, si direbbe (e in parte è vero), dalla cronaca di quei giorni. [...] Dal tremore e dall'ignavia alla fortezza e all'eroismo, i passaggi sono graduali, necessari e persuasivi. Un giovane che avesse in sé un'oncia di bene, non poteva non lasciarsi trasportare dalle cose, non combattere per il suo ponte: questo Loy ha voluto dirci e ha detto molto bene. Il copione è un po' troppo affollato di casi, fa andirivieni e sacche, s'innamora dì certe situazioni fino a stemperarle (il colloquio con la vedova del fuoruscito, i preparativi per far saltare il ponte): ma la tensione, pur rotta qua e là, si riforma sempre, e l'impressione è di un film meditato e forte. Il finale in sordina, col repubblichino che fa lezioni di ginnastica, è un amaro felicissimo epigramma. [...]»

Curiosità[modifica | modifica wikitesto]

La scena finale fu girata al ponte di Ronciglione, sulla ferrovia Civitavecchia-Orte.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Salvatori tra i partigiani che fanno saltare un ponte, Gino Barni, Stampa Sera, 4 aprile 1961
  2. ^ Un giorno da leoni sulla Banca dati della revisione cinematografica (1944 - 2000), italiataglia.it
  3. ^ Mino Argentieri, Corridoio del Festival - L'ombra della censura (PDF), su l'Unità, 2 settembre 1961, p. 6. URL consultato il 27 novembre 2021.
  4. ^ Mino Argentieri, Presentato in un cinematografo del o «Un giorno da leoni» di Nanni Loy (PDF), su archiviostorico.unita.it, 30 agosto 1961 (archiviato dall'url originale il 4 marzo 2016).
  5. ^ Sullo schermo. Un Giorno da leoni: i giovani e l'8 settembre, La Stampa, 8 settembre 1961

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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