Massacro di Tulsa: differenze tra le versioni

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A pochi isolati di distanza da Greenwood Avenue i membri della comunità nera si riunirono per discutere della situazione. Dato il recente linciaggio di Belton credettero che Rowland fosse molto a rischio. La comunità era determinata a impedire il linciaggio del giovane uomo nero, ma si divise sulla tattica da adottare. I veterani della [[prima guerra mondiale]] iniziarono a prepararsi per una battaglia raccogliendo pistole e munizioni. Gli uomini più anziani e più ricchi temettero invece un confronto distruttivo che probabilmente sarebbe costato molto caro a tutti quanti<ref>{{cita|Oklahoma Commission|2001|pp=60-63}}.</ref>.
A pochi isolati di distanza da Greenwood Avenue i membri della comunità nera si riunirono per discutere della situazione. Dato il recente linciaggio di Belton credettero che Rowland fosse molto a rischio. La comunità era determinata a impedire il linciaggio del giovane uomo nero, ma si divise sulla tattica da adottare. I veterani della [[prima guerra mondiale]] iniziarono a prepararsi per una battaglia raccogliendo pistole e munizioni. Gli uomini più anziani e più ricchi temettero invece un confronto distruttivo che probabilmente sarebbe costato molto caro a tutti quanti<ref>{{cita|Oklahoma Commission|2001|pp=60-63}}.</ref>.


O. W. Gurley si avvicinò al palazzo del tribunale, dove lo sceriffo gli assicurò che non ci sarebbe stato alcun linciaggio. Tornando a Greenwood Gurley cercò di calmare il gruppo ma fallì nel suo intento. Verso le 19.30 una folla di circa 30 uomini neri, armati di fucili, decisero di andare al tribunale per aiutare lo sceriffo e i suoi sottoposti nella difesa di Rowland. Assicurandogli che Rowland fosse al sicuro lo sceriffo e il suo vice nero, Barney Cleaver, invitarono con decisione gli volenterosi linciatori ad andarsene<ref name="Hirsch" />.
O. W. Gurley si avvicinò al palazzo del tribunale, dove lo sceriffo gli assicurò che non ci sarebbe stato alcun linciaggio. Tornando a Greenwood Gurley cercò di calmare il gruppo ma fallì nel suo intento. Verso le 19.30 una folla di circa 30 uomini neri, armati di fucili, decisero di andare al tribunale per aiutare lo sceriffo e i suoi sottoposti nella difesa di Rowland. Assicurandogli che Rowland fosse al sicuro lo sceriffo e il suo vice nero, Barney Cleaver, invitarono con decisione i volenterosi linciatori ad andarsene<ref name="Hirsch" />.

=== La tensione monta ===
=== La tensione monta ===
Dopo aver visto i neri armati alcuni dei più di 1.000 bianchi presenti corsero a procurarsi delle armi. Altri si diressero verso l'[[arsenale]] della "State defense force" di Sixth Street e Norfolk Avenue, con l'intenzione pianificata di impossessarsi del contenuto. L'armeria conteneva una fornitura di armi e munizioni. Il maggiore James Bell della 180ª fanteria aveva già appreso della situazione e della possibilità di un assalto in piena regola, pertanto adottò le misure appropriate per evitarlo<ref name="Hirsch" />.
Dopo aver visto i neri armati alcuni dei più di 1.000 bianchi presenti corsero a procurarsi delle armi. Altri si diressero verso l'[[arsenale]] della "State defense force" di Sixth Street e Norfolk Avenue, con l'intenzione pianificata di impossessarsi del contenuto. L'armeria conteneva una fornitura di armi e munizioni. Il maggiore James Bell della 180ª fanteria aveva già appreso della situazione e della possibilità di un assalto in piena regola, pertanto adottò le misure appropriate per evitarlo<ref name="Hirsch" />.

Versione delle 17:11, 13 mag 2020

Massacro razziale di Tulsa
Edifici che bruciano durante la rivolta di Tulsa
Tipoincendio doloso, esplosivo, ordigno incendiario
Data31 maggio - 1º giugno 1921
22:00 – 12:00
LuogoTulsa
StatoBandiera degli Stati Uniti Stati Uniti
Coordinate36°09′34″N 95°59′11″W / 36.159444°N 95.986389°W36.159444; -95.986389
Obiettivoquartiere cittadino abitato dagli afroamericani
Responsabilibianchi americani
Motivazionerazzismo negli Stati Uniti d'America
Conseguenze
Mortiufficialmente 39, stimati 300
Feritioltre 800
Danniabitazioni e negozi saccheggiati e distrutti; 31 milioni di dollari statunitensi riferiti al 2018

Il massacro razziale di Tulsa[1] si verificò fra il 31 maggio e il 1º giugno del 1921, quando una massa totalmente fuori controllo di bianchi americani iniziò ad attaccare i residenti e le attività commerciali della comunità afroamericana in tutto il quartiere cittadino di Greenwood (soprannominato "Black Wall Street"")[2]. Viene a tutt'oggi considerato come uno dei più gravi attentati a sfondo razzista nell'intera storia degli Stati Uniti d'America[3].

Il conflitto civile, avvenuto sia via terra che attraverso mezzi aerei, portò alla distruzione totale di più di 35 isolati del distretto, a quei tempi abitato dalla più vasta comunità afroamericana della nazione. Più di 800 persone ebbero bisogno di cure mediche e più di 6.000 residenti vennero fatti arrestare e molti di questi rimasero detenuti per diversi giorni[4]. L'"Oklahoma Bureau of Vital Statistics" registrò solo 39 morti ufficiali, ma altre fonti riportarono fino a 175 vittime; la Croce Rossa Americana in un rapporto del 2001 ha stimato il numero delle vittime del massacro ad almeno 300, quest'ultimo dato viene sostenuto anche dagli storici contemporanei[2].

I tumulti scoppiarono nel corso del fine settimana seguente al Memorial Day, dopo che un giovane afroamericano venne accusato di aver commesso violenza sessuale contro un'addetta adolescente agli ascensori in un edificio commerciale. Dopo essere stato preso in custodia giunsero voci alla comunità nera che stesse per rischiare il linciaggio, pertanto un gruppo di afroamericani armati si precipitò alla stazione di polizia dov'era trattenuto il sospetto nel tentativo d'impedirlo; ma nel frattempo si era radunata anche una folla di bianchi.

La situazione evolvette presto in scontro aperto, vennero esplosi diversi colpi di arma da fuoco ed alcuni uomini, bianchi e neri, rimasero uccisi. Mentre la notizia si diffondeva in tutta la città esplose la violenza incontrollata della folla; migliaia di bianchi si accanirono contro la comunità nera per tutta quella notte fino al giorno seguente: vennero assassinati uomini e donne, bruciati e saccheggiati negozi e abitazioni private. Almeno 10.000 afroamericani rimasero senza tetto, i danni alle proprietà ammontarono a più di 1,75 milioni di dollari per i beni immobili e a 750.000 per le proprietà personali (pari a 30 milioni di dollari del 2017)[5].

Alcuni cittadini afroamericani sostennero che gli stessi poliziotti si unirono agli assassini[2], altri che uomini della National Guard of the United States spararono con una mitragliatrice in mezzo alla gente inerme e che un aereo lanciò stick di dinamite[5]. Grazie alla testimonianza oculare dell'allora procuratore distrettuale Buck Colbert Franklin - rinvenuta nel 2015 - si è venuti a sapere che dozzine di guardie di sicurezza private vennero inviate dalle forze di polizia a bruciare essenza di trementina sui tetti con l'intento premeditato di scatenare incendi dolosi[6].

Molti dei sopravvissuti lasciarono Tulsa. Sia i residenti bianchi che quelli neri rimasti mantennero il più rigoroso silenzio per decenni a causa del terrore causato dalla violenza folle e dalle perdite di persone care in quel tragico evento. La rivolta è stata in gran parte omessa, sia localmente sia statalmente, oltre che dagli storici nazionali: "la sommossa razziale di Tulsa del 1921 è stata raramente menzionata nei libri di storia, nelle aule scolastiche e addirittura in privato dai neri e dai bianchi allo stesso modo; sono cresciuti fino alla mezza età del tutto inconsapevoli di ciò che fosse realmente accaduto in quel luogo"[7].

Nel 1996, 75º anniversario della rivolta e con il numero dei sopravvissuti ai fatti in rapido declino, un gruppo bipartisan di parlamentari statali ha autorizzato la formazione di una Commissione d'inchiesta nel tentativo di accertare storicamente i fatti; i membri sono stati nominati - oltre che per indagare sulle dinamiche - anche per ascoltare e registrare i testimoni rimasti e così produrre un documento pubblico. Il procedimento si è sforzato di dare un'informazione il più adeguata possibile.

La relazione finale, che è stata fatta pubblicare nel 2001, ha affermato che buona parte della popolazione cospirò con la folla bianca contro la comunità nera ed ha raccomandato un programma di riparazione per i sopravvissuti e i loro discendenti[2]. L'Oklahoma ha approvato un disegno di legge che istituisce delle borse di studio a favore delle famiglie colpite, incoraggia lo sviluppo economico del territorio e istituisce un parco commemorativo in ricordo delle vittime. Il parco è stato inaugurato nel 2010.

Contesto

Durante tutto il periodo interbellico l'Oklahoma nord-orientale mantenne una cupa atmosfera di razzismo istituzionalizzato e oltretutto anche politicamente tesa. Venne stabilito il territorio per il reinsediamento dei nativi americani dal sud-est, alcuni dei quali avevano posseduto schiavi. Altre aree avevano ricevuto molti coloni provenienti dal profondo Sud, le cui famiglie erano state schiave prima della guerra di secessione americana. Fu ammesso a far parte degli Stati federati degli Stati Uniti d'America il 16 novembre del 1907.

Il parlamento statale eletto da poco promulgò legislazioni favorevoli alla segregazione razziale negli Stati Uniti d'America, comunemente note come Leggi Jim Crow; questo fu uno dei suoi primi ordini esecutivi fatti approvare. La sua Costituzione e le leggi del 1907 introdussero regole di registrazione degli elettori, fatto questo che tolse nella pratica il diritto di voto a quasi tutti i neri; ciò impedì loro anche di far parte delle giurie giudiziarie popolari e di essere assunti in un qualsiasi ufficio pubblico locale. Tale situazione perdurò e fu fatta applicare dai bianchi americani fino al passaggio in sede federale del Voting Rights Act sui diritti civili del 1965. Le grandi città avevano anche fatto approvare atti supplementari di restrizione nel diritto degli Stati Uniti d'America[5].

All'inizio del XX secolo il linciaggio fu prassi comune in Oklahoma, nell'ambito di uno sforzo continuo da parte dei bianchi volto ad affermare e mantenere la supremazia del potere bianco.[5][8][9]. Tra la proclamazione statale della segregazione razziale e la rivolta di Tulsa 13 anni dopo 31 persone vennero sottoposte a linciaggio in Oklahoma; 26 di queste furono afroamericani e quasi tutti uomini o giovani appena adolescenti. Durante i 20 anni successivi alla rivolta il numero di linciaggi a livello nazionale scese a 2[10].

Il 16 agosto 1916 Tulsa promulgò un'ordinanza che costringeva alla segregazione residenziale, proibendo ai neri o ai bianchi di soggiornare in un quartiere dove fossero presenti 3/4 o più residenti dell'altra "razza". Anche se la Corte suprema degli Stati Uniti d'America la dichiarò incostituzionale l'anno successivo essa rimase consolidata nella pratica[5].

Quando i veterani cercarono di rientrare nel mercato del lavoro dopo la prima guerra mondiale le tensioni sociali e il sentimento anti-nero aumentarono in città in quanto la concorrenza per ottenere un'occupazione si manteneva alta. Allo stesso tempo i veterani neri spinsero in direzione di un maggior rispetto nei confronti dei propri diritti civili, credendo di essersi guadagnata la piena cittadinanza attraverso il servizio militare. In quello che è stato battezzato come il "Red Summer" del 1919 le città industriali degli Stati Uniti d'America medio-occidentali e gli Stati Uniti d'America nord-orientali sperimentarono gravi episodi di violenza razziale, spesso condotta contro i neri dai bianchi etnici tra i gruppi più recenti di immigrati i quali gareggiarono con i neri per il lavoro. A Chicago e in altre città i neri si difesero per la prima volta con forza in quanto erano diventati una compatta comunità di appartenenza.

L'Oklahoma nord-orientale si trovò immerso in una crisi economica che aumentò esponenzialmente la disoccupazione. Dal 1915 il Ku Klux Klan crebbe in varie zone urbane in tutto il paese, soprattutto dopo il ritorno dei veterani dalla guerra. La sua prima apparizione significativa in Oklahoma avvenne il 12 agosto del 1921, meno di tre mesi dopo la rivolta di Tulsa[8]. Alla fine del 1921 Tulsa aveva 3.200 residenti stimati nel Klan[8]: La popolazione della città era di 72.000 abitanti nel 1920[11].

Il quartiere tradizionalmente nero di Greenwood aveva un distretto commerciale talmente prospero che era conosciuto come il "Black Wall Street"[12]. Gli afroamericani avevano creato le loro proprie attività e servizi in questa enclave, tra cui diversi negozi, due giornali indipendenti, due teatri cinematografici, locali notturni e numerose chiese. Professionisti neri quali medici, dentisti, avvocati e clero servivano la comunità. A causa della segregazione residenziale in atto la maggior parte delle classi sociali nere viveva insieme. Essi scelsero i propri leader e aumentarono il volume d'affari per sostenere la crescita economica. Nelle zone circostanti del nord-est i neri godettero di una prosperità relativa e parteciparono al boom petrolifero[12].

Lunedì 30 maggio

Incontri in ascensore

Si presume che verso le 4 del pomeriggio il diciannovenne Dick Rowland[13], un lustrascarpe nero impiegato presso un negozio di Main Street, entrò nell'unico ascensore del vicino edificio Drexel al "319 South Main Street" per poter utilizzare il bagno del ripostiglio riservato ai neri. Qui incontrò Sarah Page, l'operatrice diciassettenne bianca la quale si trovava in servizio. I due probabilmente si conoscevano almeno di vista, dato che questo edificio era l'unico dotato di un bagno che Rowland avesse il permesso di usare e dato che l'ascensore gestito da Page era l'unico dello stabile. Un impiegato presso Renberg's, un negozio di abbigliamento situato al primo piano del Drexel, sentì quello che sembrava l'urlo di una donna e vide un giovane uomo nero che correva fuori dall'edificio. L'impiegato si diresse verso l'ascensore e trovò Page in stato, dichiarò, di estrema agitazione. Pensando che fosse stata aggredita chiamò le autorità[14].

Il rapporto conclusivo della Commissione nel 2001 ha constatato che fosse assai insolito che sia Rowland che Page lavorassero in pieno centro durante il Memorial Day, quando la maggior parte dei negozi e delle imprese erano chiusi. Ha invece suggerito che Rowland abbia avuto un semplice incidente, come l'essere inciampato e quindi aggrappato contro la ragazza, o che forse erano amanti e avevano avuto un semplice litigio[15].

"se - e in che misura - Dick Rowland e Sarah Page si conoscessero da tempo è tutta una questione di speculazioni. Sembra ragionevole che avrebbero almeno potuto conoscersi di vista, visto che Rowland avrebbe regolarmente frequentato l'ascensore di Page mentre era in viaggio da e verso il bagno. Altri hanno tuttavia ipotizzato che avrebbero potuto essere stati amanti; un tabù pericoloso e potenzialmente mortale, ma non un'impossibilità... Sia che si conoscessero o meno rimane manifesto il fatto che i due si trovassero in pieno centro quel lunedì, anche se ciò rimane in parte assai strano. Per il Memorial Day la maggior parte - ma non tutti - i negozi e le imprese a Tulsa rimanevano chiusi. Tuttavia sia Rowland che Page apparentemente stavano lavorando... Tuttavia nei giorni e negli anni che seguirono tutti coloro che conoscevano Dick concordarono su una cosa: che non avrebbe mai potuto commettere uno stupro"[15].

La parola "stupro", assai raramente utilizzata nei quotidiani o nel mondo accademico all'inizio del XX secolo, venne sostituita invece da "assalto", parola usata per descrivere un tale atto di violenza[5].

Breve indagine

Anche se la polizia probabilmente interrogò Page, non è mai stato rinvenuto alcun resoconto scritto della sua dichiarazione. È generalmente accettato che la polizia abbia determinato che quello che fosse accaduto tra i due adolescenti era qualcosa di meno di un assalto. Le autorità condussero un'indagine a basso livello piuttosto che lanciare una caccia all'uomo contro il presunto assalitore. In seguito Page dichiarò alla polizia che non avrebbe mai voluto insistere sull'addebito[5].

Indipendentemente dal fatto che l'assalto fosse effettivamente avvenuto Rowland aveva ragione di temere. All'epoca una semplice accusa lo poteva metteva a rischio di attacchi da parte dei bianchi. Riconoscendo la gravità della situazione fuggì nella casa di sua madre nel quartiere Greenwood, il centro nevralgico della comunità nera[15].

Martedì 31 maggio

Arresto del sospettato

La mattina dopo l'incidente il detective Henry Carmichael e Henry C. Pack, un poliziotto nero, trovarono Rowland su Greenwood Avenue e lo posero in stato d'arresto. Pack era uno dei due ufficiali neri della polizia la quale contava all'incirca 45 uomini[5]. Rowland fu inizialmente condotto nella prigione cittadina. Alla fine della giornata il commissariato J. M. Adkison dichiarò di aver ricevuto una telefonata anonima che minacciava la vita di Rowland; ordinò pertanto il suo trasferimento nella prigione più sicura posta all'ultimo piano del tribunale della contea[16].

La notizia si propagò rapidamente negli ambienti legali. In quanto clienti abituali del negozio dove Rowland lavorava molti avvocati lo conoscevano; i testimoni raccontarono di aver ascoltato diversi avvocati che lo difesero nel corso di varie conversazioni private. Uno di questi affermò: "poiché conosco quel ragazzo e lo conosco molto bene, dico che non è lui il responsabile"[17].

Copertura giornalistica

Il Tulsa Tribune, una delle due testate bianche pubblicate a Tulsa, aprì l'edizione del pomeriggio con il titolo Nab Negro for Attacking Girl In an Elevator, descrivendo il presunto incidente. Secondo alcuni testimoni essa includeva anche un avvertimento editoriale su un potenziale linciaggio di Rowland, intitolato To Lynch Negro Tonight. Il giornale era noto all'epoca per avere uno stile "sensazionalista" nella scrittura delle notizie. Tutte le copie originali di quel numero sono apparentemente state distrutte e la pagina corrispondente manca dalla stessa copia del microfilm, di modo che il contenuto esatto della colonna (e se sia realmente esistita) rimane oggetto di discussione[18][19][20].

L'arrivo dei linciatori

L'edizione pomeridiana del Tribune uscì per le strade poco dopo le 15.00 e presto si diffuse la notizia di un potenziale linciaggio. Entro le ore 16 le autorità locali furono messe in allerta. Una folla di bianchi inferociti cominciò a raggrupparsi nei pressi del tribunale della contea. All'ora del tramonto, le 19:34, le centinaia di bianchi che si erano riuniti al di fuori del tribunale sembravano oramai avere chiare intenzioni malevole. Willard M. McCullough, da poco nominato sceriffo della Contea di Tulsa, rimase determinato a evitare eventi come il linciaggio avvenuto l'anno precedente di Roy Belton, un bianco sospettato di omicidio[21].

Lo sceriffo intraprese misure per garantire la sicurezza di Rowland. Egli organizzò i suoi vice in una formazione difensiva intorno a Rowland, che era terrorizzato; fece posizionare sei dei suoi uomini, armati di carabine e fucili da caccia, sul tetto del tribunale. Disattivò l'ascensore dell'edificio, mentre gli altri uomini si barricarono alla sommità delle scale con l'ordine perentorio di fare fuoco contro qualsiasi intruso. Infine uscì e cercò di convincere la folla a tornarsene a casa, ma senza alcun risultato. Secondo un resoconto di Scott Ellsworth, lo sceriffo era "sconvolto"[14].

Verso le 20:20 circa tre uomini bianchi entrarono nel tribunale, chiedendo che Rowland venisse loro consegnato. Sebbene l'assembramento della folla assiepatasi sulla strada fosse sempre più numeroso, McCullough lasciò arretrare i propri uomini[5].

Offerta di aiuto

A pochi isolati di distanza da Greenwood Avenue i membri della comunità nera si riunirono per discutere della situazione. Dato il recente linciaggio di Belton credettero che Rowland fosse molto a rischio. La comunità era determinata a impedire il linciaggio del giovane uomo nero, ma si divise sulla tattica da adottare. I veterani della prima guerra mondiale iniziarono a prepararsi per una battaglia raccogliendo pistole e munizioni. Gli uomini più anziani e più ricchi temettero invece un confronto distruttivo che probabilmente sarebbe costato molto caro a tutti quanti[22].

O. W. Gurley si avvicinò al palazzo del tribunale, dove lo sceriffo gli assicurò che non ci sarebbe stato alcun linciaggio. Tornando a Greenwood Gurley cercò di calmare il gruppo ma fallì nel suo intento. Verso le 19.30 una folla di circa 30 uomini neri, armati di fucili, decisero di andare al tribunale per aiutare lo sceriffo e i suoi sottoposti nella difesa di Rowland. Assicurandogli che Rowland fosse al sicuro lo sceriffo e il suo vice nero, Barney Cleaver, invitarono con decisione i volenterosi linciatori ad andarsene[5].

La tensione monta

Dopo aver visto i neri armati alcuni dei più di 1.000 bianchi presenti corsero a procurarsi delle armi. Altri si diressero verso l'arsenale della "State defense force" di Sixth Street e Norfolk Avenue, con l'intenzione pianificata di impossessarsi del contenuto. L'armeria conteneva una fornitura di armi e munizioni. Il maggiore James Bell della 180ª fanteria aveva già appreso della situazione e della possibilità di un assalto in piena regola, pertanto adottò le misure appropriate per evitarlo[5].

Chiamò i comandanti delle tre unità della Guardia Nazionale presenti a Tulsa e ordinò a tutti i membri della Guardia di indossare le proprie uniformi e di disporsi rapidamente in assetto da battaglia. Presto un gruppo di bianchi cominciò a sparare in direzione dell'inferriata di una finestra; Bell uscì per affrontare la folla composta da 3-400 uomini. Disse loro che i membri della Guardia all'interno erano armati e preparati a sparare a chiunque avesse cercato di entrare. Dopo questa prova di forza la folla si ritirò[5].

Davanti al tribunale gli scalmanati erano oramai quasi 2.000, molti dei quali armati. Alcuni leader locali, tra cui il reverendo Charles William Kerr, pastore del presbiterianesimo, cercarono di dissuadere l'azione della marmaglia. Il capo della polizia, John A. Gustafson, successivamente affermò di aver cercato di parlare alla folla nel tentativo di farli desistere[14].

L'ansia su Greenwood Avenue stava aumentando. La comunità nera era preoccupata per la sicurezza di Rowland. Piccoli gruppi di uomini neri armati cominciarono a avventurarsi verso il palazzo del tribunale a bordo di alcune automobili, in parte per opera di ricognizione e in parte per dimostrare di essere disposti a prendere le misure necessarie per proteggere Rowland[14].

Molti uomini bianchi interpretarono queste azioni come una "rivolta negra" e iniziarono a farsi sempre più nervosi. I testimoni oculari hanno riferito di colpi di pistola, presumibilmente sparati in aria, che aumentarono di frequenza nel corso della serata[14].

Seconda offerta

A Greenwood intanto le voci cominciarono a farsi sempre più fitte; in particolare una relazione voleva che i bianchi si stessero impegnando in scontri davanti al tribunale. Poco dopo le 22.00 un secondo gruppo più numeroso composto da circa 75 uomini neri armati decise di andare fin lì. Essi ancora una volta mostrarono il loro sostegno allo sceriffo il quale declinò l'offerta d'aiuto. Secondo i testimoni un bianco avrebbe detto a uno degli uomini neri armati di cedere le sue armi. L'uomo si rifiutò e venne esploso un colpo. Quel primo sparo potrebbe essere stato accidentale, oppure aver avuto il significato di un avvertimento; divenne però il catalizzatore per uno scambio reciproco di fucilate[23].

Scoppia la rivolta

Gli spari innescarono una risposta quasi immediata da parte dei bianchi, molti dei quali si misero a prendere per bersaglio direttamente i neri; questi risposero al fuoco. Si dice che la prima "battaglia" sia stata molto breve, ma costituì un precedente in quanto dieci bianchi e due neri rimasero distesi agonizzanti in mezzo alla strada[21].

Il contingente nero arretrò verso Greenwood. Si scatenarono scontri a fuoco a ripetizione. La folla bianca armata si lanciò all'inseguimento dei neri in direzione di Greenwood; molti di loro si fermarono il tempo necessario per saccheggiare i negozi locali e armarsi con munizioni supplementari. Lungo il cammino gli spettatori innocenti, molti dei quali stavano lasciando un cinema dopo uno spettacolo, vennero aggrediti dalla folla e cominciarono a fuggire. Il panico si scatenò quando la folla dei bianchi assassini iniziò a sparare all'impazzata contro tutti i neri che capitasseno loro sotto tiro. Nella confusione rimase ucciso dai pistoleri almeno anche un bianco[14].

Alle 23:00 circa i membri della Guardia Nazionale dell'Oklahoma cominciarono a riunirsi nell'arsenale per organizzare un piano contro i rivoltosi. Diversi gruppi furono dispiegati nel centro cittadino per presidiare il tribunale, la stazione di polizia e altri servizi pubblici. Membri della sezione locale dell'American Legion si unirono alle pattuglie già presenti per le strade. Le forze sembrarono state schierate per proteggere i distretti bianchi adiacenti a Greenwood. Questa modalità di dislocazione mise la Guardia Nazionale in una situazione di apparente opposizione alla comunità nera. La Guardia cominciò a eseguire ronde e a fermare i neri che non erano ancora ritornati a Greenwood; finirono detenuti alla "Convention Hall" situata in Brady Street[14].

Molte personalità di rilievo bianche parteciparono alla rivolta, tra cui il fondatore di Tulsa nonché membro del Ku Kluk Klan Wyatt Tate Brady (suicida nel 1925) il quale partecipò alla rivolta come guardiano notturno. Riferì di aver visto "cinque negri morti", compreso un uomo mentre veniva trascinato dietro ad una macchina con un nodo scorsoio attorno al collo[24].

A mezzanotte i ribelli bianchi si riunirono di nuovo all'esterno del tribunale. Si trattava di un gruppo più piccolo ma più organizzato e determinato del precedente; si mise a gridare a gran voce a sostegno del linciaggio. Quando tentarono di assalire l'edificio lo sceriffo e i suoi vice li fecero rapidamente disperdere.

Mercoledì 1º giugno

Durante le prime ore del mattino gruppi di bianchi e neri armati si affrontarono. A questo punto i combattimenti si concentrarono su sezioni di carreggiata della "St. Louis–San Francisco Railway", una linea di divisione tra i quartieri commerciali bianchi e neri. Cominciò a diffondersi la notizia che gruppi di neri stessero giungendo in treno da Muskogee (Oklahoma) per contribuire a un'invasione di Tulsa. A un certo punto i passeggeri su un treno in arrivo furono costretti a ripararsi sul pavimento delle vetture in quanto si trovarono nel bel mezzo del fuoco incrociato, con il treno che veniva colpito da entrambi i lati[5].

Piccoli gruppi di bianchi fecero brevi incursioni in macchina fino a Greenwood, mitragliando indiscriminatamente sia negozi sia residenze private. Spesso ricevettero il benvenuto del fuoco di ritorno. Nel frattempo i rivoltosi bianchi gettarono stracci d'olio incendiati contro diversi edifici lungo Archer Street, che si misero così a bruciare[5].

Fuoco che brucia lungo Archer e Greenwood durante la rivolta di Tulsa del 1921.

Messa in moto degli incendi dolosi

All'1 di notte la folla bianca iniziò a far divampare incendi, soprattutto nelle aziende commerciali situate in Archer Street, al confine meridionale del quartiere di Greenwood. Quando gli equipaggi del dipartimento dei vigili del fuoco sopraggiunsero per spegnere le fiamme, furono respinti sotto la minaccia delle armi[5]. Entro le 4 del mattino circa due dozzine di aziende di proprietà nere avevano cominciato a bruciare.

Mentre le notizie passavano di bocca in bocca tra i residenti di Greenwood nelle prime ore del mattino molti cominciarono a prendere le armi in difesa della loro comunità, mentre altri iniziarono un esodo di massa dalla città. Durante tutta la notte entrambe le parti continuarono a combattere, talvolta solo sporadicamente.

All'alba

Alle 5 del mattino, a quanto riferito, si sentì il fischio di un treno (Hirsch scrive che fosse invece una sirena d'allarme). Molti credettero che questo fosse un segnale dato ai rivoltosi per lanciare un assalto totale su Greenwood. Un bianco uscito da dietro un magazzino di Frisco venne centrato da un cecchino appostato a Greenwood. Folle di rivoltosi provenienti da luoghi diversi, a piedi e in macchina, si lanciarono nelle strade della comunità nera. Cinque bianchi in un'automobile guidarono la carica, ma vennero ammazzati da una scarica di fucilate prima che potessero arrivare all'isolato[5].

Sopraffatti dal numero i neri si ritirarono a nord sulla Greenwood Avenue, ai margini della città. Ne derivò uno stato totale di caos che paralizzò dal terrore i residenti fuggiti per cercare di mettere in salvo la loro vita. I rivoltosi spararono indiscriminatamente e assassinarono molti abitanti lungo la strada. Divisi in piccoli gruppi cominciarono a saccheggiare e distruggere case e edifici. Alcuni neri più tardi testimoniarono che i bianchi si introdussero con la forza nelle case occupandole e ordinando ai residenti di uscire, per poi essere spinti e costretti a camminare verso i centri di detenzione appena allestiti[5].

Si diffusero voci tra i bianchi che la nuova "Mount Zion Baptist Church" venisse utilizzata come fortezza e arsenale. Si suppose che venti casse piene di fucili fossero state distribuite dentro la chiesa, anche se non si riscontrò mai alcuna prova in tal senso[5].

Attacco dall'aria

Numerosi testimoni oculari descrissero degli aerei che trasportarono gli assalitori bianchi, che si misero a tirare fucilate e che lanciarono bombe esplosive sugli edifici, le case e le famiglie in fuga. I velivoli, sei biplani a due posti residuati della prima guerra mondiale, partirono dal vicino campo d'aviazione "Curtiss-Southwest Field", appena fuori città[25]. Gli ufficiali di polizia dichiararono in seguito che gli aerei dovevano perlustrare il territorio per proteggersi contro una "rivolta negra"[25].

Le deposizioni dei testimoni oculari, come quelle dei sopravvissuti durante le udienze della Commissione e un manoscritto del procuratore distrettuale Buck Colbert Franklin rinvenuto nel 2015, affermano che la mattina del 1° di giugno gli uomini degli aerei lanciarono bombe incendiarie e spararono fucilate contro i residenti neri inermi a terra[6][25].

Altri bianchi

Mentre gli sconvolgimenti si diffusero anche in altre parti della città molte famiglie bianche di ceto medio che impiegavano neri nelle loro case come cuochi e servitori furono avvicinati dai rivoltosi bianchi; richiesero perentoriamente che venissero consegnati loro i dipendenti, per essere portati nei centri di detenzione sparpagliati in tutta la città. Molte di queste famiglie bianche sottostarono a questi desideri, mentre coloro che rifiutarono vennero a loro volta sottoposti ad attacchi e vandalismi[14].

Membri della Guardia Nazionale traportano i feriti su un carretto il giorno dopo la rivolta.

Sopraggiungono le truppe della Guardia Nazionale

Il generale in seconda Charles Barrett della Guardia Nazionale dell'Oklahoma giunse con le proprie truppe direttamente da Oklahoma City con un treno speciale alle 9:15 del mattino. Ordinata dal governatore, la missione non poté agire legalmente finché non avesse contattato tutte le autorità locali competenti, tra cui il sindaco T. D. Evans, lo sceriffo e il capo della polizia. Nel frattempo i soldati si fermarono per fare la prima colazione. Barrett convocò i rinforzi da diverse altre città dell'Oklahoma.

In questo momento migliaia di cittadini neri in preda all'orrore erano già fuggiti dalla città; altre 4.000 persone erano intanto state fermate e detenute in vari centri. Secondo la legge marziale che venne stabilita in giornata questi detenuti erano tenuti ad avere con sé una carta d'identità per poter essere rilasciati[26].

Barrett dichiarò la legge marziale alle 11:49[5] e a mezzogiorno le truppe erano riuscite a sopprimere la maggior parte delle sacche violente rimaste. Una lettera scritta da un ufficiale della 3rd Infantry Division riportò numerosi eventi relativi alla repressione della rivolta:

  • prese in custodia circa 30-40 afroamericani;
  • posizionò una mitragliatrice su un camion di pattuglia;
  • fu preso di mira da cecchini neri installatisi nella chiesa e rispose al fuoco;
  • venne preso a fucilate da uomini bianchi;
  • trasportò dei prigionieri alla sede della polizia;
  • una nuova sparatoria da parte dei neri fece due feriti leggeri;
  • andò alla ricerca di neri e armi da fuoco;
  • mandò una pattuglia a prendere 170 neri per condurli dalle autorità competenti;
  • portò altri 150 neri alla Sala Congressi[27].

Conseguenze

"Little Africa on Fire", 1º giugno del 1921. Immagine scattata presumibilmente dal tetto dell'Hotel Tulsa. La nuvola di fumo a sinistra venne identificata nella versione del Tulsa Tribune di questa foto come il punto da cui si scatenò l'incendio.

La conta delle vittime

La rivolta venne riportata da diversi quotidiani nazionali e il numero di morti segnalato varia notevolmente. Il 1° di giugno Tulsa Tribune riferì che 9 bianchi e 68 neri rimasero uccisi, mentre il giorno successivo il conteggio dei neri diminuì a 21; poco tempo dopo portò il numero totale delle vittime a 176. Il New York Times scrisse che erano state ammazzate 77 persone, di cui 68 afroamericani, ma in seguito abbassò il totale a 33. Richmond Times-Dispatch riferì di 85 persone (di cui 25 bianchi) assassinate, ma disse anche che il capo della polizia dichiarò al governatore Robertson che il totale fosse 75. Un maggiore della polizia riportò invece la cifra di 175[28].

L'"Oklahoma Department of Vital Statistics" contò il numero di morti a 36 (26 neri e 10 bianchi). Le stime presenti nei documenti della Croce Rossa Americana hanno fatto ai giorni nostri salire il numero fino a 300[29].

Walter Francis White della National Association for the Advancement of Colored People giunse a Tulsa da New York e riferì che, sebbene i funzionari e i funerali avessero dichiarato che le vittime furono numerate in 10 bianchi e 21 neri, valutò invece che i morti fossero stati 50 bianchi e tra 150 e 200 neri; White stimo in circa 250 il numero delle vittime totali e questo è stato confermato anche da Tim Madigan nel suo The Burning: Massacre, Destruction, and the Tulsa Race Riot of 1921 (2013, p. 224).

Egli riportò anche che 10 bianchi vennero uccisi martedì; altri 6 uomini entrarono nel quartiere nero e non ne uscirono più ed infine che 13 bianchi furono uccisi mercoledì. Dichiarò che il capo dell'Esercito della Salvezza a Tulsa gli parlò di 37 neri che vennero impiegati come necrofori per seppellire 120 neri in tombe individuali senza bare tra venerdì e sabato[30]. Il titolo del Los Angeles Express confermò "175 morti, molti feriti"[31].

Maurice Willows, un impiegato sociale della "Croce Rossa americana", scrisse la relazione sull'attività compiuta durante e dopo la violenza. Riferì che fino a 300 neri furono assassinati. Descrisse le numerose stazioni di aiuto istituite per soccorrere i feriti; confermò anche che nella fretta di seppellire i morti numerose sepolture non vennero nemmeno registrate[32][33].

Delle circa 800 persone ricoverate negli ospedali locali per lesioni la maggioranza si crede sia stata bianca in quanto entrambi gli ospedali neri vennero completamente incendiati durante gli scontri. Inoltre, anche se gli ospedali bianchi avessero acconsentito a ricevere i neri, contro la loro solita politica di segregazione razziale negli Stati Uniti d'America, i neri feriti non avrebbero comunque avuto i mezzi per arrivarci, situati in tutt'altra direzione rispetto a Greenwood. Più di 6.000 residenti di Greenwood subirono lo stato d'arresto e rimasero detenuti in tre strutture locali: la Convention Hall, ora conosciuta come "Brady Theatre", il Fairgrounds (situato a circa un chilometro a nord-est di Greenwood) e McNulty Park (uno stadio di baseball tra Tenth Street e Elgin Avenue)[34].

È noto che vari neri morirono mentre si trovarono nei centri di internamento. Mentre la maggior parte delle morti si dice siano state registrate con precisione, non sono mai stati trovati verbali riguardo a quanti detenuti siano stati medicati per le ferite riportate e nemmeno quanti di essi sopravvissero. Questi numeri potrebbero essere ragionevolmente più di mille, forse molte di più[35].

La prima illustrazione riportata da Tulsa mostra la devastazione compiuta nella zona residenziale afroamericana della città. Più di dieci isolati di abitazioni vennero completamente rase al suolo.

Danni alle proprietà

La sezione commerciale di Greenwood risultò interamente distrutta. Le perdite compresero 191 imprese, una scuola media superiore, diverse chiese e l'unico ospedale del distretto. La Croce Rossa riferì che 1.256 case furono bruciate e che altre 215 vennero saccheggiate. La perdita di proprietà stimata ammontò a 1,5 milioni di dollari in immobili e a 750.000 in proprietà personali (30 milioni di dollari nel 2017)[5].

La Croce Rossa calcolò che 10.000 persone, soprattutto nere, rimasero prive di un'abitazione. Nel corso dell'anno seguente i cittadini locali depositarono rivendicazioni legali per un totale di 1,8 milioni di dollari contro la città entro il 6 giugno del 1922[5].

Comitato per la sicurezza pubblica

Entro il 6 giugno l'Associated Press riferì che venne istituita una commissione per la sicurezza pubblica dei cittadini, composta da 250 uomini bianchi i quali promisero di proteggere la città e di abbattere qualsiasi ulteriore agitazione. Un uomo bianco venne ammazzato a sangue freddo quello stesso giorno perché non si fermò come gli era stato intimato di fare da un membro della Guardia Nazionale[36].

"Tutto ciò che è rimasto della sua casa", cartolina postale.

Ricostruzione

Il Governatore dell'Oklahoma James B. A. Robertson si recò a Tulsa per assicurarsi che l'ordine fosse stato ripristinato. Prima di tornarsene nella capitale ordinò l'apertura di un'indagine sugli eventi; richiese che venisse nominato un Grand jury e il giudice Valjean Biddison dichiarò che l'inchiesta avrebbe avuto inizio l'8 giugno. Biddison si attese che l'Attorney general avrebbe chiamato numerosi testimoni, sia bianchi che nero, data la vasta portata dei disordini avvenuti[37].

S.P. Freeling diede avviò all'inchiesta e i testimoni vennero ascoltati in 12 giorni. Alla fine la giuria esclusivamente bianca attribuì l'intera colpa della rivolta alla comunità nera, osservando che i funzionari della polizia avevano fallito nel prevenirla. Furono aperti complessivamente 27 casi e la giuria accusò più di 85 persone; alla fine nessuno risultò mai essere stato condannato a rispondere di omicidio plurimo aggravato, tentato omicidio di massa o danneggiamento alle proprietà[38].

Il 3 giugno un folto gruppo composto da più di 1.000 imprenditori e leader civili si riunì per discutere sulla costituzione di un comitato preposto a raccogliere fondi per aiutare a ricostruire Greenwood. Il giudice J. Martin, ex sindaco di Tulsa, venne scelto come presidente del gruppo. Disse alla riunione: ""Tulsa può solo riscattarsi dalla vergogna e dall'umiliazione nazionale in cui è oggi immersa con la completa riparazione e ripristino del distretto nero distrutto. Il resto degli Stati Uniti deve sapere che la vera cittadinanza di Tulsa piange su questo indicibile crimine e che recupererà con volontà al danno compiuto, per quanto può essere fatto, fino all'ultimo centesimo"[37].

Nonostante questa promessa di finanziamento molti neri trascorsero l'inverno del 1921-1922 in tende di fortuna allestite in mezzo alla cenere mentre lavoravano per ricostruire.

Un gruppo di influenti costruttori bianchi persuase la città a far passare un'ordinanza che avrebbe proibito a molti neri di ricostruire a Greenwood. La loro intenzione fu quella di riqualificare Greenwood per un uso più industriale e commerciale, forzando i neri a spostarsi verso la periferia. Il procedimento venne contestato e finì con l'essere presentato un appello alla Corte Suprema dell'Oklahoma da parte di B. C. Franklin: l'ordinanza fu dichiarata incostituzionale. La maggior parte dei finanziamenti promessi non giunsero mai alla comunità nera la quale si trovò costretta a combattere per poter avere il diritto di ricostruire.

Tratto dall'angolo sud-est del tetto della "Booker T. Washington High School" questo panorama mostra gran parte dei danni causati dai tumulti e dagli incendi. La strada che corre lateralmente attraverso il centro dell'immagine è Greenwood Avenue; la strada che passa dal centro verso sinistra è Easton; mentre la strada che gira a destra è Frankfort.

Rompere il silenzio

Nessuna accusa venne mai rivolta contro i bianchi per le azioni commesse durante la rivolta. L'intera città si accasciò in una paura disordinata e si mantenne per decenni un silenzio virtuale sugli eventi. Il fatto non fu mai ricordato. Un certo numero di persone cercarono di documentare gli eventi, di raccogliere fotografie e registrare il nome dei morti e dei feriti. Mary E. Jones Parrish, giovane insegnante nera e giornalista di Rochester (New York), fu assunta dalla Commissione Interrazziale per scrivere un resoconto della rivolta. Era lei stessa una sopravvissuta e scrisse delle proprie esperienze, raccogliendo altri racconti, catalogando fotografie e compilando "una lista parziale delle perdite di proprietà nella comunità afroamericana". Fece pubblicare il tutto in Events of the Tulsa Disaster (1922, ristampa 1992 e 1998). Fu il primo libro stampato sulla rivolta[39].

Il primo testo accademico è stata una tesi di master scritta nel 1946 da Loren L. Gill[40], veterana della seconda guerra mondiale. Ma non ha poi trovato alcuna circolazione al di fuori dell'Università di Tulsa[39].

Nel 1971 un piccolo gruppo di sopravvissuti si riunì per un servizio commemorativo presso la chiesa battista del Monte Zion, sia neri che bianchi. Quell'anno la camera di commercio decise di commemorare la rivolta, ma quando venne letto il racconto e si videro le foto raccolte da Ed Wheeler, conduttore di un programma storico radiofonico, si rifiutò di pubblicarlo. Venne portato ad entrambi i principali quotidiani, che lo respinsero. Il suo articolo è stato finalmente pubblicato in Impact Magazine, una nuova pubblicazione rivolta ad un pubblico nero, ma la maggior parte della Tulsa bianca non ne ha mai saputo nulla[39].

Nei primi anni settanta, "con Henry C. Whitlow, Jr., insegnante di storia presso la "Booker T. Washington High School", Mozella Franklin Jones non solo aveva contribuito a desegregare la Tulsa Historical Society, ma aveva anche realizzato la prima grande mostra sulla storia degli afroamericani a Tulsa oltre ad aver creato la prima collezione di fotografie degli scontri messa a disposizione del pubblico"[39]. Ha lavorato informalmente assieme a una donna bianca, Ruth Sigler Avery, che stava cercando anche lei di raccogliere i racconti sui disordini per esporrli all'opinione pubblica. Si sono dovute scontrare con la pressione, in particolare nella comunità bianca, che imponeva di tacere[39].

Commissione d'inchiesta

Nel 1996 dopo una maggiore attenzione rivolta al conflitto a causa del 75º anniversario dell'evento, il legislatore statale ha autorizzato la Commissione dell'Oklahoma a indagare sui disordini razziali di Tulsa, designado studi individui e preparare un "resoconto storico" della rivolta. L'impegno dello studio "ha ricevuto un forte sostegno da parte dei membri di tutti gli schieramenti politici"[41].

Oltre a condurre interviste e testimonianze audio la Commissione ha organizzato indagini archeologiche terrestri non invasive di Newblock Park, dell'Oaklawn Cemetery e del Booker T. Washington Cemetery, identificati come luoghi possibili per le tombe anonime delle vittime nere della violenza. Secondo la storia orale e altre fonti tali fosse comuni erano esistite. La documentazione nei riguardi del tempisto ha suggerito che i bianchi avrebbero seppellito i neri nelle prime due postazioni. Si diceva che i neri avessero seppellito membri della loro comunità alla terza postazione dopo la rivolta, forse le persone che erano morte a causa delle ferite riportate. Il cimitero di Washington (riservato ai neri) era quello più lontano dal centro.

Le indagini sono state effettuate nel 1997 e nel 1998. Sebbene le aree totali non possano essere esaminate i dati preliminari suggerivano che in queste località non si trovassero fosse comuni. Nel 1999 è stato trovato un testimone oculare che aveva visto i bianchi che seppellivano i neri al cimitero di Oaklawn. Una squadra ha esaminato l'area potenziale con maggiori attrezzature.

La Commissione ha trasmesso la sua relazione il 21 febbraio del 2001[2]. Oltre a documentare in modo approfondito le cause e i danni prodotti la relazione ha raccomandato azioni per una sostanziale riparazione verso la comunità nera. In ordine di priorità:

  1. pagamento diretto dei risarcimento per i sopravvissuti;
  2. pagamento diretto dei risarcimento ai discendenti dei sopravvissuti;
  3. un fondo di borse di studio disponibile per gli studenti che hanno avuto parenti colpiti dalla rivolta;
  4. creazione di una zona di impresa per lo sviluppo economico nella zona storica del quartiere Greenwood;
  5. un memoriale dei resti mortali delle vittime della rivolta[42].

La "Tulsa Reparations Coalition", sponsorizzata dal "Centro per la giustizia razziale", è stata costituita il 7 aprile del 2001 per ottenere la riparazione dei danni subiti dalla comunità afroamericana di Tulsa, come raccomandato già dalla Commissione dell'Oklahoma[43].

Nel giugno del 2001 il legislatore statale fece approvare il "1921 Tulsa Race Riot Reconciliation Act". Essa prevedeva quanto segue:

  1. più di 300 borse di studio per i discendenti dei residenti di Greenwood;
  2. creazione di un memoriale a ricordo di coloro che sono morti durante la rivolta. Un parco con statue è stato dedicato a John Hope Franklin come "Reconciliation Park" il 27 ottobre del 2010, battezzato in onore del più notevole storico afroamericano di Tulsa[44];
  3. sviluppo economico a Greenwood[45].

Azioni statali e cittadine del XXI secolo

Nel 2001 il sindaco di Tulsa Kathy Taylor ha tenuto una "celebrazione della coscienza" in cui si è scusata con i sopravvissuti e ha insignito con medaglie coloro che è stato possibile rintracciare[46].

Il 1º giugno del 2001 il Governatore dell'Oklahoma Keating (R) ha firmato il "1921 Tulsa Race Riot Reconciliation Act". Ha riconosciuto l'evento ma il legislatore statale aveva opposto un rifiuto alla richiesta di riparazioni[46]. Ad ognuno dei 118 sopravvissuti della rivolta, di cui il più giovane ha 85 anni, è stata consegnata una medaglia d'oro con il sigillo di Stato, un atto approvato dai leader politici in maniera bipartisan[46][47].

Causa del 2003 contro la città di Tulsa e l'Oklahoma

Cinque sopravvissuti della rivolta, rappresentati da un collegio di avvocati, tra cui Johnnie Cochran e Charles Ogletree, hanno presentato un ricorso contro la città di Tulsa e lo Stato di Oklahoma (Alexander, et al., v. Oklahoma et al.) nel febbraio del 2003, sulla base dei risultati della relazione del 2001. Ogletree ha detto che lo Stato e la città avrebbero dovuto compensare le vittime e le loro famiglie "per onorare i loro impegni come dettagliatamente descritto nella relazione della Commissione"[48].

I tribunali federali e quello di appello hanno respinto la causa citando lo statuto di prescrizione che è stato oltrepassato nel caso di più di 80 anni trascorsi[49]. Lo Stato richiede che i casi di diritti civili siano depositati entro due anni dall'evento. Il tribunale non ha affatto deciso sulle questioni. La Corte suprema degli Stati Uniti ha rifiutato di ascoltare il ricorso.

Nell'aprile del 2007 Ogletree ha invitato il Congresso degli Stati Uniti d'America a far approvare un disegno di legge che estende lo statuto dei limiti per il caso, data la responsabilità dello Stato e dell'intera città per la distruzione e la lunga soppressione di materiale su di esso. La proposta è stata introdotta da John Conyers del partito Democratico del Michigan e ascoltato dal Comitato giudiziario della Camera, ma non è passato[50]. Conyers ha ripresentato il disegno di legge nel 2009 come "legge di contestazione delle controversie sui tribunali" nel 2009 e nel 2012. Esso non è riuscito ad essere approvato dalla commissione giustizia[46].

John Hope Franklin Reconciliation Park

Il "Reconciliation Park" è stato inaugurato nel 2010 nella zona di Greenwood come memoriale dedicato alle vittime della rivolta. Nell'ottobre 2010 è stato ribattezzato con il nome del noto storico afroamericano John Hope Franklin, nato a Rentiesville e cresciuto proprio a Tulsa[51]. È diventato noto soprattutto come storico del profondo Sud. Il parco comprende due statue di figure umane dello scultore Ed Dwight, che rappresentano l'umiliazione e la speranza[52].

Nuova testimonianza oculare

Nel 2015 è stato rinvenuro il resoconto di un testimone oculare precedentemente ignoto; acquisito dal "National Museum of African American History and Culture" del Smithsonian Institution il manoscritto di 10 pagine scritto dal procuratore distrettuale Buck Colbert Franklin ricorda che, mentre se ne stava nel suo ufficio guardando fuori dalla finestra "i rami dei platani smossi dal vento e cresciuti in numero e maestosità... sentii qualcosa come grandine che cadeva sulla cima del mio edificio per uffici. Ho visto allora di colpo East Archer, il vecchio Hotel a metà strada, in fiamme che bruciava dalla sua cima e poi un altro e un altro edificio ancora cominciarono a bruciare a partire dai tetti"[6].

Quello che vedeva era una città sotto assedio: "le fiamme rosseggianti volteggiavano alimentate nell'aria. Il fumo salì sul cielo in masse nere e compatte e in mezzo a tutto ciò gli alberi continuavano a scivolare qua e là con l'agilità di uccelli". Uscendo a guardare Franklin trovò la fonte dello strano suono che aveva sbattuto contro il suo edificio. "i passaggi laterali erano letteralmente coperti da palline di essenza di trementina bruciante, sapevo benissimo da dove provenivano e sapevo benissimo perché ogni edificio che bruciava si era inizialmente incendiato a partire dall'alto"[6].

Franklin trasmette il terribile rumore di quella giornata: il ronzare degli alberi, lo spargimento di palle di trementina che piovevano su case e ospedali, uffici e negozi, il ruggito della conflagrazione che alla fine distrusse l'intero distretto. Ha scritto: "Mi fermai e aspettavo un momento opportuno per fuggire. Dov'è il nostro splendido reparto di vigili del fuoco con le sue dozzine di stazioni? Mi sono chiesto: la città sta cospirando con la folla dei criminali"[6].

Buck (Charles) Colbert Franklin (1879-1957) era di origini afroamericane e Choctaw. È diventato noto per aver difeso i sopravvissuti neri del massacro di Tulsa e altri casi di diritti civili. Franklin è stato il padre dello storico John Hope Franklin (1915-2009). Era il nonno di John W. Franklin, che fu uno dei maggiori finanziatori del progetto del "Museo Nazionale di Storia e Cultura dell'Afroamericana". Franklin ricorda la prima volta che ha letto il manoscritto del nonno: "ho pianto, ho pianto soltanto, è così splendidamente scritto e vigoroso, e ti trasporta fino a quel momento". Franklin si meraviglia: "ti chiedi cosa è successo agli altri. Era l'impatto emotivo di aver distrutto la vostra comunità e di essere fuggiti per trovare scampo?"[53].

Rappresentazione in altri media

La pubblicazione della relazione finale della Commissione e la relativa pubblicità ha stimolato opere artistiche storiche collegate alla strage:

  • Tulsa, un'opera teatrale di Lindsay Davidson composta nel 2004 da un libretto del dottor Tom Hubbard[54].
  • Tulsa 1921, una canzone degli "Smokey and the Mirror", un duo di folk music popolare contemporanea statunitense, si riferisce agli eventi.
  • The Tulsa Lynching of 1921: A Hidden Story, un documentario diretto da Michael Wilkerson che è stato fatto uscire per la prima volta su Cinemax nel 2000[55][56].
  • Fire in Beulah (2001), un romanzo di Rilla Askew, è ambientato durante la rivolta. È pubblicato da Penguin Books.
  • Big Mama Speaks, un dramma di Hannibal B. Johnson con Vanessa Harris-Adams ricorda la storia di "Black Wall Street"[57].
  • If We Must Die (2002), un romanzo di Pat Carr sulla rivolta pubblicato da TCU Press.
  • Before They Die (2008), un documentario di Reggie Turner sostenuto dal "Progetto Tulsa", una cronaca sugli ultimi sopravvissuti e la loro ricerca di giustizia nei confronti della città e dello Stato[58].
  • Race Riot Suite (2011), una suite jazz dei "Jacob Fred Jazz Odyssey" incisa da Kinnara Records, è stata registrata nel "Tulsa's Church Studio".
  • Il documentario Hate Crimes in the Heartland (2014) di Rachel Lyon e Bavand Karim fornisce un approfondito esame della rivolta[59].
  • Dreamland Burning (2017), un romanzo di Jennifer Latham sugli eventi di Tulsa intrecciati con le conseguenze moderne, pubblicato da Little Brown Books.
  • Watchmen - La serie (2019), serie televisiva di Damon Lindelof. La prima puntata descrive i disordini di Tulsa, narrando l'infanzia di uno dei protagonisti costretto a fuggire dalla città da bambino.

Note

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