Proboscidea

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Proboscidea

Diversità dei proboscidati moderni: Elefante indiano (Elephas maximus indicus), Elefante africano di savana (Loxodonta africana) e Elefante africano delle foreste (Loxodonta cyclotis)

Scheletro di Moeritherium
Classificazione scientifica
Dominio Eukaryota
Regno Animalia
Phylum Chordata
Classe Mammalia
Clade Tethytheria
Ordine Proboscidea
Illiger, 1811
Sottogruppi

I proboscidati (dal latino proboscis, dal greco antico προβοσκίς/proboskís la "proboscide dell'elefante") è un ordine di mammiferi afrotheri contenente una singola famiglia vivente, Elephantidae, e diverse famiglie estinte. Descritto per la prima volta da J. Illiger nel 1811, comprende gli elefanti odierni ed i loro parenti più stretti.[1] Dalla metà del Miocene in poi, la maggior parte dei proboscidati aveva raggiunto grandi dimensioni. Il più grande mammifero terrestre di tutti i tempi potrebbe essere stato proprio un proboscidato; Palaeoloxodon namadicus raggiungeva un'altezza al garrese di 5,2 metri e poteva raggiungere un peso di 22 tonnellate, quasi il doppio del peso di alcuni sauropodi, come Diplodocus carnegii.[2] Il più grande proboscidato esistente oggi è l'elefante africano di savana (Loxodonta africana), con dimensioni record di 4 metri d'altezza al garrese per un peso di 10,4 tonnellate.[2] Oltre alle loro enormi dimensioni, i proboscidati successivi si distinguono per le loro zanne e le lunghe proboscidi, meno sviluppate o del tutto assenti nei primi proboscidati.

Attualmente sono riconosciute tre specie di elefanti: l'elefante africano di savana, l'elefante africano delle foreste e l'elefante asiatico. Gli Elephantidae sono l'unica famiglia sopravvissuta dell'ordine Proboscidea; i membri estinti includono i mastodonti, i gomphotheri e gli stegodonti. La famiglia degli Elephantidae comprende anche diversi gruppi estinti, tra cui i mammut e gli elefanti dalle zanne dritte. Le caratteristiche distintive dei proboscidati includono una proboscide, lunghe zanne e arti colonnari. Alcune specie sono inoltre dotate di grandi padiglioni auricolari. La pelle di questi animali è spesso priva di peli, ruvida e dura; altri, come il mammut lanoso, avevano invece un mantello lanoso. La proboscide degli elefanti è rappresentata dalla fusione del labbro superiore e delle narici esterne, ed è interamente composta da un fascio di muscoli. La proboscide negli elefanti viene utilizzata per respirare, portare cibo e acqua alla bocca, afferrare oggetti e come strumento tattile. Le zanne, che non sono altro che incisivi ipersviluppati, servono sia come armi che come strumenti per spostare oggetti e scavare. I grandi padiglioni auricolari aiutano a mantenere una temperatura corporea costante e facilitano la comunicazione, mentre gli arti colonnari sostengono il loro enorme peso.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Dimensioni delle diverse specie del genere estinto Palaeoloxodon (sopra), e dell'elefante africano di savana (Loxodonta africana) a confronto con un uomo

I proboscidati sperimentarono diverse tendenze evolutive, tra le quali la più comune è un aumento delle dimensioni, che portò alla nascita di diverse specie giganti alte fino a 5 metri.[3] Oggi i proboscidati sono i più grandi animali che vivono sulla terra ferma. Come con altri megaerbivori, compresi i dinosauri sauropodi, le grandi dimensioni dei proboscidati, probabilmente, si svilupparono per consentire loro di sopravvivere su una vegetazione con basso valore nutritivo.[4] I loro arti si allungarono e divennero colonnari, mentre i piedi si accorciarono e divennero più larghi per meglio sostenere il loro peso.[5] I piedi dei proboscidati erano originariamente plantigradi sviluppando in seguito una postura digitigrada sostenuta da dei cuscinetti e dall'osso sesamoide. Questo cambiamento si sviluppò, probabilmente, attorno all'antenato comune tra Deinotheriidae ed Elephantiformes.[6]

Il cranio si ingrandì considerevolmente, mentre il collo si accorciò per fornire un migliore supporto al peso del cranio. L'aumento delle dimensioni portò allo sviluppo e all'allungamento della proboscide, formata da naso e labbro superiore fusi assieme, che funge da organo di senso ed è utilizzata anche per funzioni relative all'alimentazione e alla vita sociale. Altra peculiarità sono i grandi padiglioni auricolari, riccamente vascolarizzati, che funzionano da radiatori ed eliminano l'eccesso di calore. La pelle è spessa e con scarsi peli, ma molto delicata, e necessita quindi di molte cure come bagni di polvere, fango o acqua in modo da mantenerla morbida ed evitare i parassiti. Il numero di premolari, incisivi e canini diminuì. I denti masticatori (molari e premolari) divennero più grandi e specializzati.[5] Negli Elephantiformes, a seconda della specie, gli incisivi centrali superiori e gli incisivi centrali inferiori divennero zanne (dette anche difese) in continua crescita.[7][8] I denti molari cambiarono dall'essere sostituiti verticalmente, come negli altri mammiferi, all'essere sostituiti orizzontalmente nel clade Elephantimorpha.[9] Con l'usura, i vecchi denti vengono spinti anteriormente e sostituiti da nuovi molari più grandi e con più creste. Dopo i 60 anni, non si formano più nuovi denti per cui l'animale è destinato a morire di fame. Mentre i primi Elephantimorpha avevano generalmente mandibole lunghe con zanne ben sviluppate, dal tardo Miocene in poi, molti gruppi svilupparono in modo convergente mandibole più corte con zanne che eruttavano dalla mascella anziché dalla mandibola.[10] Gli elefantidi si distinguono dai primi proboscidati per un importante cambiamento nella morfologia dei molari verso lofi paralleli piuttosto che le cuspidi dei primi proboscideani, consentendo loro di diventare più coronati (ipsodonti) e più efficienti nel consumare erba.[11]

Nanismo[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Elefante nano.
Scheletro di un elefante nano di Creta, all'Emmen Zoo, Paesi Bassi

Diverse specie di proboscidati vivevano sulle isole e sperimentarono il nanismo insulare. Ciò avvenne principalmente durante il Pleistocene, quando alcune popolazioni di elefanti furono isolate dalle fluttuazioni del livello del mare, sebbene gli elefanti nani esistessero già prima nel Pliocene. Questi elefanti, probabilmente, divennero più piccoli sulle isole a causa della mancanza di popolazioni di grandi predatori e risorse limitate. Al contrario, piccoli mammiferi, come i roditori, in queste condizioni svilupparono il gigantismo insulare. Diversi proboscidati nani sono stati scoperti in Indonesia, nelle Isole del Canale della California e in diverse isole del Mediterraneo.[12]

Si ritiene che Elephas celebensis di Sulawesi discenda da Elephas planifrons. La specie Elephas falconeri di Malta e della Sicilia era alta solo 1 metro e probabilmente si era evoluta dall'elefante dalle zanne dritte (Palaeoloxodon antiquus), che, probabilmente, era l'antenato anche degli elefanti nani di Cipro. Altri elefanti nani di incerta discendenza sono stati rinvenuti a Creta, nelle Cicladi e nel Dodecaneso, mentre è noto che in Sardegna vivessero dei mammut nani.[12] Il mammut colombiano (Mammuthus columbi) colonizzò le Isole del Canale e le popolazioni delle isole di evolvettero nel mammut pigmeo (Mammuthus exilis). Questa specie raggiungeva un'altezza di 1,2–1,8 metri e pesava 200–2.000 kg. Una popolazione di piccoli mammut lanosi sopravvisse sull'isola di Wrangel fino a 4.000 anni fa.[12] Dopo la loro scoperta nel 1993, furono considerati mammut nani.[13] Tuttavia, questa classificazione è stata rivalutata dalla Seconda Conferenza Internazionale sui Mammut del 1999, e ora questi animali non sono più considerati veri "mammut nani", ma una popolazione rimasta isolata sull'isola a seguito della fine dell'era glaciale e che era caduta in una forte depressione da consanguineità.[14]

Tassonomia[modifica | modifica wikitesto]

Le uniche specie viventi appartengono ai generi Loxodonta e Elephas, entrambi appartenenti alla famiglia degli Elephantidae.

Originariamente l'elefante delle foreste era stato classificato come una sottospecie di quello delle savane, ma una recente analisi del DNA ha scoperto una differenza sostanziale nei due genomi, che di fatto li identifica come appartenenti a due specie diverse.

Queste sottospecie variano leggermente nella taglia, nel colore della pelle, nella misura e forma delle orecchie.

Fossili[modifica | modifica wikitesto]

Gomphotherium angustidens
Cuvieronius hyodon
Moeritherium lyonsi
Deinotherium giganteum
Platybelodon grangeri
Mammut americanum

L'ordine comprendeva le seguenti famiglie e generi estinti:[15][16][17][18]

Evoluzione[modifica | modifica wikitesto]

Sono stati descritti oltre 180 membri estinti di Proboscidea.[19] I primi proboscidati, Eritherium e Phosphatherium, sono conosciuti dal tardo Paleocene africano.[20] Dall'Eocene africano conosciamo Numidotherium, Moeritherium e Barytherium, tutti rinvenuti nel Nord Africa orientale. Questi animali erano relativamente piccoli e alcuni, come Moeritherium e Barytherium, conducevano uno stile di vita anfibio.[21][22] Successivamente sorsero generi come Phiomia e Palaeomastodon; quest'ultimo probabilmente abitava aree più boscose. La diversificazione dei proboscidati cambiò relativamente poco durante l'Oligocene.[21]

Un evento importante nell'evoluzione dei proboscidati fu la collisione dell'Afro-Arabia con l'Eurasia, durante il Miocene inferiore, circa 18-19 milioni di anni fa, consentendo ai proboscidati di disperdersi dalla loro patria africana attraverso l'Eurasia, e successivamente, circa 16-15 milioni di anni fa, in Nord America attraverso il ponte di terra di Beringia. I gruppi di proboscidati prominenti durante il Miocene includono i deinotheriidi, insieme agli elefantimorfi più avanzati, inclusi mammutidi (mastodonti), gomphotheri, amebelodontidi (che include gli "elefanti dalle zanne di pala", come Platybelodon), choerolophodontidi e stegodontidi.[23] Circa 10 milioni di anni fa, i primi membri della famiglia degli Elefantidi emersero in Africa, avendo origine dai gomphotheri.[24] Il Miocene superiore vide importanti cambiamenti climatici, che portarono al declino e all'estinzione di molti gruppi di proboscidati, come gli amebelodontidi e i choerolofodontidi.[23] I primi membri dei generi moderni di Elephantidae apparvero durante il Miocene-Pliocene inferiore, circa 5 milioni di anni fa. I generi elefantidi Elephas (che include l'elefante asiatico odierno) e Mammuthus (i mammut) migrarono dall'Africa durante il tardo Pliocene, circa 3,6-3,2 milioni di anni fa.[25]

Nel corso del Pleistocene inferiore, tutti i probobscidati non-elefantidi al di fuori delle Americhe si estinsero (compresi mammutidi, gomphotheri e deinotheri), ad eccezione di Stegodon.[23] I gomphotheridi si dispersero in Sud America durante quest'era come parte del Grande Interscambio Americano,[26] mentre i mammut migrarono in Nord America, circa 1,5 milioni di anni fa.[27] Alla fine del Pleistocene inferiore, circa 800.000 anni fa, il genere elefantino Palaeoloxodon si disperse al di fuori dell'Africa, distribuendosi ampiamente in Eurasia.[28] I proboscidati subirono un drammatico declino durante il tardo Pleistocene, in cui tutti i rimanenti proboscidati non-elefantidi (inclusi Stegodon, mastodonti e i gomphotheri Cuvieronius e Notiomastodon) e Palaeoloxodon si estinsero. I mammut sopravvissero solo in popolazioni relitte sulle isole intorno allo stretto di Bering nell'Olocene, con la loro ultima popolazione nota risalente a circa 4.000 anni fa sull'isola di Wrangel. Tuttavia, questa era una popolazione rimasta isolata sull'isola a seguito della fine dell'era glaciale e che era caduta in una forte depressione da consanguineità.[23][29]

Il seguente cladogramma è basato su endocasti:[30]

Proboscidea

Phosphatherium esculliei

Numidotherium koholense

Moeritherium lyonsi

Deinotheriidae

Elephantiformes

Palaeomastodon beadnelli

Elephantimorpha
Mammutidae 

Mammut americanum

Zygolophodon borsoni

Choerolophodon pentelici

Gomphotherium augustidens

Cuvieronius andium

Stegomastodon humboldti

Elephantoidea

Stegodon insignis

Elephantidae

Mammuthus meridionalis

Mammuthus primigenius

Mammuthus columbi

Elephas maximus

Loxodonta africana

Palaeoloxodon

Palaeoloxodon antiquus

Palaeoloxodon falconeri

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Johann Karl Wilhelm Illiger, Prodromus Systematis Mammalium et Avium: Additis Terminis Zoographicis Utriusque Classis, Eorumque Versione Germanica, Berolini: Sumptibus C. Salfeld, 1811, pp. 62.
  2. ^ a b A. Larramendi, Shoulder height, body mass and shape of proboscideans (PDF), in Acta Palaeontologica Polonica, vol. 61, 2016, DOI:10.4202/app.00136.2014.
  3. ^ Larramendi A, Shoulder height, body mass and shape of proboscideans, in Acta Palaeontologica Polonica, 2015, DOI:10.4202/app.00136.2014.
  4. ^ Carpenter, K., Biggest of the big: a critical re-evaluation of the mega-sauropod Amphicoelias fragillimus Cope, 1878, in Foster, J.R. e Lucas, S.G. (a cura di), Paleontology and Geology of the Upper Jurassic Morrison Formation, New Mexico Museum of Natural History and Science Bulletin, vol. 36, New Mexico Museum of Natural History and Science, 2006, pp. 131–138.
  5. ^ a b Shoshani, J., Understanding proboscidean evolution: a formidable task, in Trends in Ecology and Evolution, vol. 13, n. 12, 1998, pp. 480–87, DOI:10.1016/S0169-5347(98)01491-8, PMID 21238404.
  6. ^ Hutchinson, J. R., Delmer, C., Miller, C. E., Hildebrandt, T., Pitsillides, A. A. e Boyde, A., From flat foot to fat foot: structure, ontogeny, function, and evolution of elephant 'sixth toes' (PDF), in Science, vol. 334, n. 6063, 2011, pp. 1699–1703, Bibcode:2011Sci...334R1699H, DOI:10.1126/science.1211437, PMID 22194576. URL consultato il 3 gennaio 2023 (archiviato il 21 marzo 2023).
  7. ^ (EN) Marco P. Ferretti, Enamel Structure of Cuvieronius hyodon (Proboscidea, Gomphotheriidae) with a Discussion on Enamel Evolution in Elephantoids, in Journal of Mammalian Evolution, vol. 15, n. 1, marzo 2008, pp. 37–58, DOI:10.1007/s10914-007-9057-3, ISSN 1064-7554 (WC · ACNP).
  8. ^ (EN) Cyrille Delmer, Reassessment of the Generic Attribution of Numidotherium savagei and the Homologies of Lower Incisors in Proboscideans, in Acta Palaeontologica Polonica, vol. 54, n. 4, dicembre 2009, pp. 561–580, DOI:10.4202/app.2007.0036, ISSN 0567-7920 (WC · ACNP).
  9. ^ (EN) William J. Sanders, Horizontal tooth displacement and premolar occurrence in elephants and other elephantiform proboscideans, in Historical Biology, vol. 30, 1–2, 17 Febbracio 2018, pp. 137–156, DOI:10.1080/08912963.2017.1297436, ISSN 0891-2963 (WC · ACNP).
  10. ^ Dimila Mothé, Marco P. Ferretti e Leonardo S. Avilla, The Dance of Tusks: Rediscovery of Lower Incisors in the Pan-American Proboscidean Cuvieronius hyodon Revises Incisor Evolution in Elephantimorpha, in PLOS ONE, vol. 11, n. 1, 12 gennaio 2016, pp. e0147009, Bibcode:2016PLoSO..1147009M, DOI:10.1371/journal.pone.0147009, PMC 4710528, PMID 26756209.
  11. ^ Adrian M. Lister, The role of behaviour in adaptive morphological evolution of African proboscideans, in Nature, vol. 500, n. 7462, 26 giugno 2013, pp. 331–334, Bibcode:2013Natur.500..331L, DOI:10.1038/nature12275, ISSN 0028-0836 (WC · ACNP), PMID 23803767.
  12. ^ a b c Sukumar, pp. 31–33.
  13. ^ Vartanyan, S. L., Garutt, V. E., Sher, A. V., Holocene dwarf mammoths from Wrangel Island in the Siberian Arctic, in Nature, vol. 362, n. 6418, 1993, pp. 337–40, Bibcode:1993Natur.362..337V, DOI:10.1038/362337a0, PMID 29633990.
  14. ^ Tikhonov, A.; Agenbroad, L.; Vartanyan, S., Comparative analysis of the mammoth populations on Wrangel Island and the Channel Islands, in Deinsea, vol. 9, 2003, pp. 415–20, ISSN 0923-9308 (WC · ACNP).
  15. ^ (EN) Jeheskel Shoshani e Pascal Tassy, Advances in proboscidean taxonomy & classification, anatomy & physiology, and ecology & behavior, in Quaternary International, vol. 126-128, gennaio 2005, pp. 5–20, DOI:10.1016/j.quaint.2004.04.011. URL consultato il 17 giugno 2023.
  16. ^ Shi-Qi Wang, Tao Deng, Jie Ye, Wen He e Shan-Qin Chen, Morphological and ecological diversity of Amebelodontidae (Proboscidea, Mammalia) revealed by a Miocene fossil accumulation of an upper-tuskless proboscidean, in Journal of Systematic Palaeontology, vol. 15, n. 8, 2017, pp. 601–615, DOI:10.1080/14772019.2016.1208687.
  17. ^ Dimila Mothé, Marco P. Ferretti e Leonardo S. Avilla, The Dance of Tusks: Rediscovery of Lower Incisors in the Pan-American Proboscidean Cuvieronius hyodon Revises Incisor Evolution in Elephantimorpha, in PLOS One, vol. 11, 12 gennaio 2016, pp. e0147009, DOI:10.1371/journal.pone.0147009, PMC 4710528, PMID 26756209.
  18. ^ Rodolphe Tabuce, Raphaël Sarr, Sylvain Adnet, Renaud Lebrun, Fabrice Lihoreau, Jeremy Martin, Bernard Sambou, Mustapha Thiam e Lionel Hautier, Filling a gap in the proboscidean fossil record: a new genus from the Lutetian of Senegal, in Journal of Paleontology, 2019, DOI:10.1017/jpa.2019.98.
  19. ^ Jonathan Kingdon, Mammals of Africa, Bloomsbury, 2013, pp. 173, ISBN 9781408189962. URL consultato il 6 giugno 2020 (archiviato il 21 marzo 2023).
  20. ^ Gheerbrant, E., Paleocene emergence of elephant relatives and the rapid radiation of African ungulates, in Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America, vol. 106, n. 26, 2009, pp. 10717–10721, Bibcode:2009PNAS..10610717G, DOI:10.1073/pnas.0900251106, PMC 2705600, PMID 19549873.
  21. ^ a b Sukumar, pp. 13–16.
  22. ^ (EN) Alexander G. S. C. Liu, Erik R. Seiffert e Elwyn L. Simons, Stable isotope evidence for an amphibious phase in early proboscidean evolution, in Proceedings of the National Academy of Sciences, vol. 105, n. 15, 15 aprile 2008, pp. 5786–5791, Bibcode:2008PNAS..105.5786L, DOI:10.1073/pnas.0800884105, ISSN 0027-8424 (WC · ACNP), PMC 2311368, PMID 18413605.
  23. ^ a b c d (EN) Juan L. Cantalapiedra, Óscar Sanisidro, Hanwen Zhang, María T. Alberdi, José L. Prado, Fernando Blanco e Juha Saarinen, The rise and fall of proboscidean ecological diversity, in Nature Ecology & Evolution, vol. 5, n. 9, 1º luglio 2021, pp. 1266–1272, DOI:10.1038/s41559-021-01498-w, ISSN 2397-334X (WC · ACNP), PMID 34211141.
  24. ^ H. Saegusa, H. Nakaya, Y. Kunimatsu, M. Nakatsukasa, H. Tsujikawa, Y. Sawada, M. Saneyoshi, T. Sakai Earliest elephantid remains from the late Miocene locality, Nakali, Kenya Scientific Annals, School of Geology, Aristotle University of Thessaloniki, Greece VIth International Conference on Mammoths and Their Relatives, vol. 102, Grevena -Siatista, special volume (2014), p. 175
  25. ^ (EN) Alessio Iannucci e Raffaele Sardella, What Does the "Elephant-Equus" Event Mean Today? Reflections on Mammal Dispersal Events around the Pliocene-Pleistocene Boundary and the Flexible Ambiguity of Biochronology, in Quaternary, vol. 6, n. 1, 28 febbraio 2023, pp. 16, DOI:10.3390/quat6010016, ISSN 2571-550X (WC · ACNP).
  26. ^ Dimila Mothé, Leonardo dos Santos Avilla, Lidiane Asevedo, Leon Borges-Silva, Mariane Rosas, Rafael Labarca-Encina, Ricardo Souberlich, Esteban Soibelzon, José Luis Roman-Carrion, Sergio D. Ríos, Ascanio D. Rincon, Gina Cardoso de Oliveira e Renato Pereira Lopes, Sixty years after 'The mastodonts of Brazil': The state of the art of South American proboscideans (Proboscidea, Gomphotheriidae) (PDF), in Quaternary International, vol. 443, 30 settembre 2016, pp. 52–64, Bibcode:2017QuInt.443...52M, DOI:10.1016/j.quaint.2016.08.028.
  27. ^ (EN) A. M. Lister e A. V. Sher, Evolution and dispersal of mammoths across the Northern Hemisphere, in Science, vol. 350, n. 6262, 13 novembre 2015, pp. 805–809, Bibcode:2015Sci...350..805L, DOI:10.1126/science.aac5660, ISSN 0036-8075 (WC · ACNP), PMID 26564853.
  28. ^ Adrian M. Lister, Ecological Interactions of Elephantids in Pleistocene Eurasia, in Human Paleoecology in the Levantine Corridor, Oxbow Books, 2004, pp. 53–60, ISBN 978-1-78570-965-4. URL consultato il 14 aprile 2020.
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  30. ^ (EN) Julien Benoit, George A. Lyras, Arnaud Schmitt, Mpilo Nxumalo, Rodolphe Tabuce, Teodor Obada, Vladislav Mararsecul e Paul Manger, Paleoneurology of the Proboscidea (Mammalia, Afrotheria): Insights from Their Brain Endocast and Labyrinth, in María Teresa Dozo, Ariana Paulina-Carabajal, Thomas E. Macrini e Stig Walsh (a cura di), Paleoneurology of Amniotes, Cham, Springer International Publishing, 2023, pp. 579–644, DOI:10.1007/978-3-031-13983-3_15, ISBN 978-3-031-13982-6. URL consultato il 22 maggio 2023.

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