Mosasauroidea

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Mosasauroidea
Scheletro di un tilosaurino (Tylosaurus kansasensis), al Rocky Mountain Dinosaur Resource Center
Stato di conservazione
Fossile
Classificazione scientifica
Dominio Eukaryota
Regno Animalia
Phylum Chordata
Classe Reptilia
Ordine Squamata
Clade Platynota
Superfamiglia Mosasauroidea
Gervais, 1853
Sottogruppi

I mosasauroidi (Mosasauroidea, dal latino Mosa che indica il "fiume Mosa" e dal greco antico σαύρος/sauros che significa "lucertola") sono un gruppo estinto di grandi rettili marini. I loro primi resti fossili furono rinvenuti in una cava di calcare a Maastricht sulla Mosa, nel 1764. I mosasauri probabilmente si sono evoluti da un gruppo estinto di lucertole acquatiche[1], note come aigialosauri durante il Cretaceo inferiore, circa 92 milioni di anni fa. Durante gli ultimi 20 milioni di anni del periodo Cretaceo (Turoniano-Maastrichtiano), agevolati dall'estinzione degli ichthyosauri e dei pliosauri, i mosasauri divennero in breve tempo i predatori marini dominanti. Si estinsero a seguito dell'evento K-Pg alla fine del periodo Cretaceo, circa 66 milioni di anni fa.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Ricostruzione di un mosasauro (Platecarpus tympaniticus), sulla base dello studio di Lindgren J, Caldwell MW, Konishi T, Chiappe LM (2010)
Ricostruzione di un mosasauro (Tylosaurus proriger) ricostruito secondo le errate credenze dell'epoca, di Charles R. Knight, 1899

I mosasauri respiravano aria, erano potenti nuotatori e si erano adattati perfettamente a vivere in mari caldi e poco profondi, molto comuni nel tardo periodo cretaceo. I mosasauri erano così ben adattati a questo ambiente da non ritornare più sulla terraferma per deporre le uova come i loro antenati, o le tartarughe di mare, bensì partorivano cuccioli già formati come i moderni cetacei.[2]

Il più piccolo mosasauro noto era il Dallasaurus turneri, lungo meno di 1 metro, e viveva probabilmente in acque basse nei pressi della riva. I mosasauri più grandi erano più comuni, con molte specie che superavano comunemente i 4 metri (13 piedi) di lunghezza. Il Mosasaurus hoffmannii, la più grande specie conosciuta, poteva raggiungere anche i 17 metri di lunghezza.[3] Attualmente, il più grande scheletro di mosasauro esposto al pubblico al mondo è esposto al Canadian Fossil Discovery Center di Morden, in Manitoba. L'esemplare, soprannominato "Bruce", è lungo poco più di 13 metri (43 piedi).[4]

Questi animali avevano una morfologia corporea simile a quella delle lucertole moderne (varanidi), ma erano più allungati e idrodinamici, perfettamente evolutisi per il nuoto. Le ossa lunghe degli arti (omero, femore, radio, ulna, tibia e perone) erano estremamente corte, mentre le falangi delle dita, pur altrettanto corte se prese singolarmente, erano enormemente cresciute di numero (iperfalangia), analogamente a quanto si riscontrava negli ichthyosauri e a quanto accade attualmente nei cetacei; una membrana di pelle univa le dita in un'unica struttura simile a una pagaia. Il quinto dito era atrofizzato (come nelle attuali balenottere), a differenza degli ichthyosauri che lo avevano invece normalmente sviluppato come gli altri. La coda era larga e appiattita lateralmente fornendo il loro principale mezzo propulsore. Per molto tempo si è pensato che questi animali nuotassero come i moderni gronghi e serpenti marini, con un movimento ondulatorio del corpo. Tuttavia, nuove prove rivelano che molti mosasauri più evoluti possedevano una coda bilobata, con una parte carnosa superiore che conferiva un profilo a falce simile a quello degli squali e di alcuni ichthyosauri. Piuttosto che usare un moto ondulato come i serpenti, i loro corpi, probabilmente, rimanevano rigidi per ridurre la resistenza attraverso l'acqua, mentre le loro code fornivano una forte propulsione.[5] Un altro studio effettuato su un giovane esemplare di Prognathodon (precedentemente noto come Tenerasaurus) ha messo in luce particolari dei tessuti molli: le zampe simili a pagaie erano dotate di lobi espansi alle estremità posteriori e, soprattutto, era presente una coda bilobata simile a quella degli squali, ma con il lobo inferiore molto più lungo, mentre, il lobo superiore era privo di ossa. Questi animali potevano quindi rimanere in agguato e avventarsi rapidamente e con potenza sulla preda, piuttosto che inseguirla.[6]

Le prime ricostruzioni artistiche mostravano i mosasauri dotati di creste dorsali che correvano per tutta la lunghezza del dorso. Tali ricostruzioni erano però basate su resti non identificati della cartilagine tracheale. Nel momento in cui questo errore fu scoperto, la raffigurazione dei mosasauri con tali creste nelle opere paleoartistiche era già diventata una tendenza.[7][8]

Classificazione[modifica | modifica wikitesto]

I mosasauri si originarono da forme simili ai varani, probabilmente di abitudini semiacquatiche. Inizialmente di piccole dimensioni, nel corso della loro evoluzione divennero sempre più specializzati e aumentarono la loro taglia, fino a raggiungere anche i 15 metri di lunghezza. Tra le forme più primitive si ricordano Haasiasaurus e Carentonosaurus, poco specializzati, e Coniasaurus, dalla dentatura caratteristica. I dolicosauridi svilupparono una morfologia allungata, mentre gli aigialosauridi, tipici dell'inizio del Cretaceo superiore, pur essendo ancora di dimensioni ridotte (non superarono mai i 2 metri di lunghezza) possedevano già una morfologia ben adatta all'ambiente acquatico. Da queste forme, probabilmente, si originarono i mosasauri veri e propri, che negli ultimi 20 milioni di anni del Cretaceo si diversificarono enormemente, andando a colonizzare una quantità di ambienti acquatici; verso la fine del Cretaceo questi animali diedero vita a forme gigantesche, come Hainosaurus,Mosasaurus e Tylosaurus, ed estremamente adattate all'ambiente acquatico, come Plotosaurus.[9]

Filogenesi[modifica | modifica wikitesto]

Cladogramma di Mosasauridae modificato da Simões et al. (2017):[9]


Mosasauridae
Russellosaurina
Tethysaurinae

Tethysaurus nopcsai

Pannoniasaurus osii

Yaguarasaurinae

Yaguarasaurus columbianus

Russellosaurus coheni

Romeosaurus fumanensis

Tylosaurinae

Tylosaurus nepaeolicus

Tylosaurus bernardi

Tylosaurus proriger

Taniwhasaurus oweni

Taniwhasaurus antarcticus

Plioplatecarpinae

Angolasaurus bocagei

Selmasaurus johnsoni

Ectenosaurus clidastoides

Plesioplatecarpus planifrons

Latoplatecarpus willistoni

Platecarpus tympaniticus

Plioplatecarpus

Halisaurinae

Halisaurus platyspondylus

Eonatator sternbergi

Mosasaurinae

Dallasaurus turneri

Clidastes liodontus

Clidastes moorevillensis

Clidastes propython

Globidens dakotensis

Globidens alabamaensis

Prognathodon rapax

Prognathodon overtoni

Prognathodon saturator

Prognathodon currii

Prognathodon solvayi

Mosasaurini

Prognathodon waiparaensis

Prognathodon kianda

Eremiasaurus heterodontus

Plesiotylosaurus crassidens

Mosasaurus conodon

Mosasaurus missouriensis

Mosasaurus hoffmannii

Plotosaurus bennisoni

Storia evolutiva[modifica | modifica wikitesto]

Ricostruzione di Opetiosaurus bucchichi, un mosasauroide basale
Ricostruzione di un mosasaurino, Globidens alabamaensis
Ricostruzione di un mosasaurino, Plotosaurus bennisoni
Ricostruzione di un tylosaurino, Tylosaurus pembinensis

Sulla base di caratteristiche anatomiche, come la doppia fila di denti pterigoidi ("flangiati") sul palato, la mascella liberamente incernierata, gli arti modificati/ridotti e i probabili metodi di locomozione, molti ricercatori ritengono che i serpenti condividano un antenato marino comune con i mosasauri, un'ipotesi avanzata già nel 1869 da Edward Drinker Cope, che ha coniato il termine Pythonomorpha per unirli. L'idea rimase latente per più di un secolo, per essere poi rianimata negli anni '90.[10][11] Recentemente, la scoperta di Najash rionegrina, un serpente fossoriale proveniente dal Sud America, mise in dubbio l'ipotesi dell'origine marina.

Lo scheletro del Dallasaurus turneri, descritto da Bell e Polcyn (2005), mostra una curiosa miscela di caratteristiche presenti sia negli scheletri di mosasauri più evoluti sia negli scheletri degli antenati dei mosasauri, come gli aigialosauridi. Il Dallasaurus presenta arti facoltativamente terrestri simili nella loro struttura agli arti degli aigialosauridi e degli squamati terrestri (condizione degli arti plesiopedali), a differenza dei mosasauridi più evoluti, che hanno sviluppato arti a pagaia (condizione dell'arto idrofilo). Tuttavia, lo scheletro del Dallasaurus presentava anche numerose caratteristiche che lo accomunavano ai membri più evoluti della sottofamiglia Mosasaurinae; gli autori della sua descrizione elencavano "l'invasione del parietale dal linguale mediali al frontale, denti con la superficie mediale liscia, alto contrafforte coronoideo sul surangolare, sutura scapulo-coracoide anteriore interdigitata, processo postglenoide omerale, sinapofisi atlante allungata, cresta anterodorsale acuta sulla sinapofisi, condili vertebrali orientati verticalmente, vertebre posteriori toraciche allungate e archi ematici fusi" come caratteristiche che uniscono il Dallasaurus con i Mosasaurinae.[12] L'analisi filogenetica condotta da Bell e Polcyn indicava che i mosasauridi idropatici non formavano un clade che non includeva anche i taxa plesiopedali, come Dallasaurus, Yaguarasaurus, Russellosaurus, Tethysaurus, Haasiasaurus e Komensaurus (nel 2005 solo informalmente noto come "l'aigialosauro di Trieste"); l'analisi ha indicato che la condizione degli arti idropatici si è evoluta indipendentemente in tre diversi gruppi di mosasauri (Halisaurinae, Mosasaurinae e il gruppo contenente le sottofamiglie Tylosaurinae e Plioplatecarpinae).[12][13] Il risultato di questo studio filogenetico è stato successivamente confermato principalmente dalle analisi condotte da Caldwell e Palci (2007) e Leblanc, Caldwell e Bardet (2012);[14][15] l'analisi condotta da Makádi, Caldwell e Ősi (2012) ha indicato che la condizione degli arti idropatici si è evoluta indipendentemente in due gruppi di mosasauri (in Mosasaurinae e nel clade contenente Halisaurinae, Tylosaurinae e Plioplatecarpinae).[16] Conrad et al. (2011), d'altra parte, ha accomunato tutti i mosasauri idroponici formando un clade che escludeva i loro parenti plesiopedali.[17] Se l'ipotesi di Bell e Polcyn (2005) è corretta, allora i mosasauri nel senso tradizionale della parola, cioè "lucertole che hanno evoluto i loro arti in pinne e si sono sparsi negli ambienti acquatici del tardo Mesozoico, estinguendosi alla fine di quell'era ",[13] sono in realtà polifiletici; Bell e Polcyn (2005) hanno mantenuto monofiletico Mosasauridae includendo Dallasaurus e altri taxa plesiopedici sopra menzionati nella famiglia,[12] mentre Caldwell (2012) suggerì (sebbene affermasse esplicitamente che non era "una proposta formale di nuova nomenclatura") di restringere Mosasauridae solo al genere Mosasaurus e ai suoi parenti idroponici più vicini.[13]

L'esatta posizione filogenetica del clade contenente i mosasauridi e i loro parenti più stretti (aigialosauridi e dolichosauri) all'interno di Squamata rimane incerta. Alcune analisi cladistiche li hanno identificati come i parenti più stretti dei serpenti,[18][19] tenendo conto delle somiglianze nella anatomie della mascella e del cranio;[18] tuttavia, ciò è stato contestato[20][21][22] e l'analisi morfologica condotta da Conrad (2008) li ha identificati come varanoidi strettamente correlati ai varani.[20] Analisi successive sulle relazioni anguimorfiche condotte da Conradet et al. (2011) basate sulla sola morfologia ha indicato i mosasauridi, gli aigialosauridi e i dolichosauri come anguimorfi, al di fuori del clade meno inclusivo contenente varani ed helodermatidi; l'analisi basata su una serie di dati combinati di dati morfologici e molecolari, d'altra parte, li ha identificati come più strettamente correlati ai varani e ai lantanoti che agli helodermidi e alla lucertole coccodrillo.[17] La grande analisi morfologica condotta da Gauthier et al. (2012) inserisce mosasauridi, aigialosauridi e dolichosauridi in una posizione inaspettata come membri basali del clade Scincogekkonomorpha (contenente tutti i taxa che condividono un antenato comune più recente con Gekko gecko e Scincus scincus che con Iguana iguana[20]) che non apparteneva al clade Scleroglossa. La posizione filogenetica di questi taxa si è rivelata altamente dipendente da quali taxa sono stati inclusi o esclusi dall'analisi. Quando i mosasauridi sono stati esclusi dall'analisi, dolichosauri e aigialosauridi stati recuperati all'interno Scleroglossa, formando un sister group al clade contenente serpenti, amphisbaeniane, dibamidi e agli orbettini americani. Quando, invece, sono stati inclusi nell'analisi i mosasauridi e sono stati esclusi vari taxa con arti ridotti o assenti diversi dai serpenti (come dibamidi o amphisbaeniani), sono stati rinvenuti mosasauridi, aigialosauridi e dolcosauri all'interno di Scleroglossa formando un sister group con i serpenti.[23] Longrich, Bhullar e Gauthier (2012) hanno condotto un'analisi morfologica delle relazioni squamate utilizzando una versione modificata della matrice dall'analisi di Gauthier et al. (2012); hanno trovato la posizione filogenetica del clade contenente i mosasauri e i loro parenti più stretti all'interno di Squamata altamente instabile, con il clade "variamente recuperato al di fuori di Scleroglossa (come in Gauthier et al., 2012) o accanto alle forme senza arti".[24]

Storia della scoperta[modifica | modifica wikitesto]

Le prime scoperte[modifica | modifica wikitesto]

L'esemplare TM 7424, il primo cranio trovato nel 1764.

Il Mosasaurus fu il primo genere di mosasauro ad essere stato descritto e nominato.[25] Il primo resto fossile noto alla scienza fu un cranio frammentario, ritrovato in una cava di gesso a St Pietersberg, una collina nei pressi di Maastricht, Paesi Bassi, nel 1764, e collezionato dal tenente Jean Baptiste Drouin, nel 1766. In seguito, fu regalato al Museo Teylers, a Haarlem, nel 1784 da Martinus van Marum, il primo direttore del museo, che pubblicò la sua descrizione solo nel 1790. Egli riteneva che il fossile fossero le ossa di un "grande pesce che respira" (Pisces cetacei, in altre parole una balena).[26] Il fossile fa ancora parte della collezione, classificato come l'esemplare TM 7424.[27]

Tra il 1770 e il 1774 ("1770", secondo Faujas de Saint-Fond,[28] "intorno al 1770", secondo Camper[29] e "en 1780 ", secondo Cuvier nel 1808[30]), venne scoperto e recuperato un secondo cranio parziale. Il nuovo fossile fu ritrovato nel terreno di proprietà del canonico Theodorus Joannes Godding, che aveva la sua casa di campagna sul pendio della collina. Una medico locale in pensione dell'esercito tedesco/olandese, Johann Leonard Hoffmann (1710-1782), raccolse alcuni frammenti che corrispondevano al cranio dell'olandese Prof. Petrus Camper. Hoffmann pensava che l'animale fosse un coccodrillo. Nel 1786, tuttavia, Camper rigettò tale ipotesi affermando che i resti erano quelli di "uno sconosciuto odontoceto".[31]

Incisione artistica raffigurante la romanzesca scoperta del cranio di Mosasaurus. Hoffmann è in piedi a sinistra.

A causa della sua importanza strategica come città fortezza Maastricht fu occupata dalle armate rivoluzionarie francesi entro la fine del 1794. Ad accompagnare le truppe francesi, anche se arrivò a Maastricht due mesi dopo che la città fosse occupata, fu il geologo Barthélemy Faujas de Saint-Fond, in missione per assicurare la pace, insieme al représentant du peuple (commissario politico) Augustin-Lucie de Frécine (1751-1804), che durante l'occupazione cercò di trasportare vari oggetti di valore artistico o scientifico, per arricchire i musei della Francia. Siccome il fossile era stato rimosso dal cottage e nascosto all'interno della fortezza, Frécine promise "seicento bottiglie di vino eccellente" per colui che gli avrebbe procurato il fossile per primo. Così in poco tempo, una dozzina di granatieri tornare per riscuotere la ricompensa, portando il fossile con loro.[32] Nel dicembre 1794, il fossile fu trasferito a Parigi, come bottino di guerra e dichiarato patrimonio nazionale, venendo aggiunto alla collezione del nuovo Museo nazionale di storia naturale di Francia.

Nel 1798, Faujas de Saint-Fond pubblicò il suo libro Histoire naturelle de la montagne de Saint-Pierre de Maestricht [Tome 1 ], che conteneva anche un resoconto delle circostanze del ritrovamento del fossile. Secondo lui, il dottor Hoffmann aveva pagato i cavatori per informarlo di eventuali reperti fossili. Quando il cranio fu ritrovato nel 1770, Hoffmann fu avvisato dai cavatori e che in seguito lui stesso avesse condotto gli scavi. In seguito, Godding avrebbe rivendicato i suoi diritti come proprietario terriero e costretto Hoffmann ad abbandonare la sua proprietà attraverso una querela, e vincendo influenzando la corte. De Saint-Fond, dopo tutto, nel 1795, ha salvato il campione per la scienza, promettendo una considerevole indennizzo per Godding per compensarlo della perdita. Tuttavia, come illustrò in seguito lo storico olandese Peggy Rompen, questa versione dei fatti non è del tutto fondata e vi sono altre versioni. Godding era il proprietario originale, e Hoffmann chiaramente non possedeva il fossile, ma non vi è alcuna traccia di qualsiasi azione legale, e Faujas de Saint-Fond probabilmente non ha mai pagato nulla, e l'intera storia sembra essere stata creata da lui stesso solo per giustificare l'espropriazione con la forza militare.[33]

Identificazione come rettile[modifica | modifica wikitesto]

Olotipo di M. hoffmannii, composto da frammenti di mandibola, all'epoca identificati come "il grande animale di Maastricht", oggi esposto a Parigi

Lo stesso De Saint-Fond ipotizzò che i fossili rappresentassero un grande coccodrillo. Nel 1798, il figlio di Petrus Camper, Adriaan Gilles Camper, studiò ancora una volta il fossile indirettamente riconsiderando la descrizione di suo padre. Fu il primo ad arrivare alla conclusione che i resti appartenevano ad un gigantesco varano.[34]

Nel 1808, Georges Cuvier confermò l'idea di Camper. Il fossile era già entrato a far parte delle prime speculazioni di Cuvier sulla possibilità di specie animali estinte, all'epoca considerata un'eresia dalla chiesa. L'idea di specie estinte aprì la strada alla sua teoria sul catastrofismo e sulla "creazione divina", uno dei predecessori della teoria dell'evoluzione. Prima di ciò, si pensava che tutti gli esemplari di rettili fossili, sono stati interpretati come forme simili a quelle dei giorni nostri: coccodrilli, pesci, balene o grandi mammiferi terrestri. L'idea di Cuvier, che il campione di Maastricht fosse una versione gigantesca di un animale moderno ma differente da qualsiasi specie viventi, oggi sembra strano e lo fu anche per lui. Così giustificò questa teoria confidando nelle sue tecniche nel campo, allora in via di sviluppo, sull'anatomia comparata, che aveva già utilizzato per identificare altri membri giganti ed estinti di altri gruppi moderni conosciuti solo da fossili, tra cui il tapiro gigante e il bradipo terricolo.[25]

Illustrazione del cranio di M. missouriensis

Non era ancora stato avanzato nessun nome scientifico per la nuova specie, visto che di solito il campione veniva definito come il Grand Animal fossile des Carrières de Maëstricht o il "grande animale fossile delle cave di Maastricht". Nel 1822, William Daniel Conybeare coniò il nome Mosasaurus, dalla parola latina Mosa, latinizzazione del nome Mosa, il fiume che passa per il monte San Pietro, luogo dove è stato rinvenuto il secondo cranio (olotipo MNHNP AC9648). Il nome specifico, hoffmannii, è stato aggiunto da Gideon Mantell nel 1829, in onore di Hoffmann, sul presupposto che era lui lo scopritore del campione tipo. La forma emendate hoffmanni viene usata spesso oggi, sebbene sia in contrasto con le regole dell'ICZN, in quanto "l'ortografia originale di un nome [...] deve essere preservata".[35] Nel 1854, il biologo tedesco Hermann Schlegel fu il primo ad ipotizzare che il Mosasaurus avesse delle pinne al posto di zampe da rettile.

I letti di pietra calcarea di Maastricht sono stati resi così famosi dalla scoperta del mosasauro, che hanno dato il loro nome all'ultima epoca di sei milioni di anni del Cretaceo, il Maastrichtiano.

Paleobiologia[modifica | modifica wikitesto]

Guscio di ammonite con perforazioni che costituiscono una evidente traccia di un morso di un mosasauro

I mosasauri avevano potenti mascelle a doppia cerniera e teschi flessibili (molto simili a quelli dei serpenti), che permettevano loro di ingoiare la loro preda quasi intera. Uno scheletro di Tylosaurus proriger, del Sud Dakota, è stato ritrovato con i resti dell'uccello marino Hesperornis, un pesce osseo marino, un possibile squalo e un altro mosasauro più piccolo (Clidastes) all'interno della regione dello stomaco. Sono state ritrovate anche ossa di mosasauro con denti di squalo conficcati in esse, suggerendo che questi animali erano comunque vulnerabili agli attacchi di altri predatori.

Un'altra comune preda dei mosasauri erano le ammoniti, molluschi provvisti di conchiglie simili a quelle del Nautilus, molto comuni durante nei mari del Cretaceo. Sono stati rinvenuti diversi fori e segni di denti sulle conchiglie fossili di alcune ammoniti, principalmente su quelle di Pachydiscus e Placenticeras. Questi fori furono originariamente interpretati come punti d'ancoraggio dei cirripedi attaccatisi alle ammoniti, ma la forma triangolare dei fori, le loro dimensione e la loro presenza su entrambi i lati dei gusci, corrispondenti alle mascelle superiore e inferiore, è la prova del morso di un mosasauro di taglia media. Non è chiaro se questo comportamento fosse comune in tutti i mosasauri.

Praticamente tutte le forme di mosasauri erano predatori attivi di pesci e ammoniti; alcuni, come il Globidens, avevano denti smussati e sferici, specializzati per schiacciare le conchiglie dei molluschi. I generi più piccoli, come Platecarpus e Dallasaurus, lunghi circa 1-6 metri, probabilmente si nutrivano di pesci e altre piccole prede. È inoltre possibile che i mosasauri più piccoli trascorressero anche del tempo nell'acqua dolce, alla ricerca di cibo. I mosasauri più grandi, come Tylosaurus, Hainosaurus e Mosasaurus, potevano raggiungere dimensioni di 10-15 metri (33-49 piedi) di lunghezza e divenendo i superpredatori degli oceani del Cretaceo superiore, attaccando altri rettili marini, oltre a predare grandi pesci e ammoniti.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Template:Cite film
  2. ^ Daniel J. Field, Aaron LeBlanc, Adrienne Gau1 e Adam D. Behlke, Pelagic neonatal fossils support viviparity and precocial life history of Cretaceous mosasaurs, in Palaeontology, vol. 58, 10 aprile 2015, pp. 401–407, DOI:10.1111/pala.12165.
  3. ^ D.W. Grigoriev, Giant Mosasaurus hoffmanni (Squamata, Mosasauridae) from the Late Cretaceous (Maastrichtian) of Penza, Russia (PDF), in Proceedings of the Zoological Institute RAS, vol. 318, n. 2, Russia, 2014, pp. 148–167. URL consultato il 26 giugno 2016.
  4. ^ Largest mosasaur on display, in Guinness World Records, 2014. URL consultato il 27 giugno 2016.
  5. ^ J. Lindgren, Caldwell, M.W., Konishi, T. e Chiappe, L.M., Convergent Evolution in Aquatic Tetrapods: Insights from an Exceptional Fossil Mosasaur, in Andrew Allen Farke (a cura di), PLoS ONE, vol. 5, n. 8, 2010, pp. e11998, DOI:10.1371/journal.pone.0011998, PMC 2918493, PMID 20711249.
  6. ^ J. Lindgren, H. F. Kaddumi e M. J. Polcyn, Soft tissue preservation in a fossil marine lizard with a bilobed tail fin, in Nature Communications, vol. 4, 2013, p. 2423, DOI:10.1038/ncomms3423, PMID 24022259.
  7. ^ Henry Fairfield Osborn, A Complete Mosasaur Skeleton, Osseous and Cartilaginous, in Memoirs of the American Museum of Natural History, vol. 1, n. 4, 1899, pp. 167–188. URL consultato il 25 novembre 2014.
  8. ^ Mike Everhart, Origin of the Dorsal Fringe on Mosasaurs, in Oceans of Kansas, 13 gennaio 2013. URL consultato il 25 novembre 2014.
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  10. ^ Palaeos Vertebrates Squamata: Pythonomorpha, in palaeos.com, 2012. URL consultato il 25 novembre 2014.
  11. ^ M. J. Everhart, Mosasaurs: Last of the Great Marine Reptiles, in Prehistoric Times, n. 44, 2000, pp. 29–31. URL consultato il 25 novembre 2014.
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  23. ^ Jacques A. Gauthier, Maureen Kearney, Jessica Anderson Maisano, Olivier Rieppel e Adam D.B. Behlke, Assembling the Squamate Tree of Life: Perspectives from the Phenotype and the Fossil Record, in Bulletin of the Peabody Museum of Natural History, vol. 53, n. 1, 2012, pp. 3–308, DOI:10.3374/014.053.0101.
  24. ^ Nicholas R. Longrich, Bhart-Anjan S. Bhullar and Jacques A. Gauthier, Mass extinction of lizards and snakes at the Cretaceous–Paleogene boundary, in Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America, vol. 109, n. 52, 2012, pp. 21396–21401, DOI:10.1073/pnas.1211526110, PMC 3535637, PMID 23236177.
  25. ^ a b Evans, M. (2010). "The roles played by museums, collections and collectors in the early history of reptile palaeontology." Pp. 5-31 in Moody, R.T.J., Buffetaut, E., Naish, D. and Martill, D.M. (eds.) Dinosaurs and Other Extinct Saurians: A Historical Perspective. Geological Society Special Publication 343.
  26. ^ van Marum, M. (1790). "Beschrijving der beenderen van den kop van eenen visch, gevonden in den St Pietersberg bij Maastricht, en geplaatst in Teylers Museum" Verhandelingen Teylers Tweede Genootschap 9:383-389. This article was published after Petrus Camper published his 1786 account and Van Marum follows Camper in his findings.
  27. ^ Mulder, E.W.A. (2004). "Maastricht Cretaceous finds and Dutch pioneers in vertebrate palaeontology". In: Touret, J.L.R. & Visser, R.P.W. (eds). Dutch pioneers of the earth sciences, pp. 165-176. Royal Netherlands Academy of Arts and Sciences (KNAW), Amsterdam.
  28. ^ Faujas de Saint-Fond, B. (1798-9). Histoire naturelle de la montagne de Saint-Pierre de Maëstricht (digitized version on Service Commune de la Documentation, Université Louis Pasteur), part 1 text Archiviato il 9 maggio 2012 in Internet Archive., part 2 plates Archiviato il 5 novembre 2013 in Internet Archive.. page 59 Archiviato il 5 novembre 2013 in Internet Archive.: start of the history of the head of the "crocodile", plate 4 Archiviato il 5 novembre 2013 in Internet Archive. and plate 51 Archiviato il 5 novembre 2013 in Internet Archive.: according to the text, both represent the skull that belonged to Godding, plate 5 Archiviato il 5 novembre 2013 in Internet Archive.: the skull of Teylers Museum, plate 6 Archiviato il 5 novembre 2013 in Internet Archive.: the lower jaw that would once have been in the possession of Petrus Camper, according to the legend drawn by Camper himself and now in the possession of his son.
  29. ^ Camper, P. (1786). "Conjectures relative to the petrifactions found in St. Peter’s Mountain near Maestricht", Philosophical Transactions 76(2): 443 (digitized version on Gallica).
  30. ^ Cuvier, G. (1808). "Sur le grand animal fossile des carrières de Maestricht", Annales du Muséum national d'histoire naturelle (Parijs) 12: 145-176 (digitized version on Biodiversity Heritage Library). The year 1780 is mentioned on p. 148.
  31. ^ Fragmentum Maxillae superioris, lateris dextri capitis Physeteris incogniti ex Monte St. Petri, Traj. [ectum] ad Mosam as Camper writes in "Conjectures relative to the petrifactions found in St. Peter’s Mountain near Maestricht", Philosophical Transactions 76: 443-456, on p. 456, in a legend to Tab XVI. The translation of the Latin text is: "Part of the upper jaw of the right side of the head of an unknown toothed whale from St. Peters Mountain, Maastricht." Physeteris incogniti is the genitive case of Physeter incognis. Camper did not name the species this way: Physeter incognis is not to be read as a species name but literally as "an unknown toothed whale". The name Physeter now means sperm whale but as one can read on p. 445 of Camper's paper, he used it in a broader sense: "... a physeter, breathing fish, Delphinus, or Orca, or under whatever genus it may be ranked ...".
  32. ^ At least, that is what happened according to the account Faujas de Saint-Fond later (1798) gave of the events. His version is questioned by Dutch historian Peggy Rompen, who researched the history of the piece and was unable to find any evidence for the reward, nor for any of the other "facts" about the discovery of the skull, its owner, and its history, as written down by Faujas de Saint-Fond. Rompen, P. (1995). Mosasaurus hoffmanni: De lotgevallen van een type-exemplaar.
  33. ^ Rompen, P. (1995). Mosasaurus hoffmanni: De lotgevallen van een type-exemplaar.
  34. ^ A.G. Camper, 1800, "Lettre de A.G. Camper à G. Cuvier sur les ossemens fossiles de la montagne de St. Pierre, à Maëstricht", Journal de Physique 51 (1800) p. 278-291.
  35. ^ See: ICZN Art. 31.1.3 plus example.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Bell, G. L., 1997: A phylogenetic revision of North American and Adriatic Mosasauroidea. 293-332 in Callaway, J. M. & Nicholls, E. L., (eds.), 1997: Ancient marine reptiles. Academic Press, San Diego, 1997, pp. xlvi - 501
  • Caldwell, M. W., 2000: On the aquatic squamate Dolichosaurus longicollisOwen, 1850 (Cenomanian, Upper Cretaceous), and the evolution of elongate necks in squamates. Journal of Vertebrate Paleontology: Vol. 20, #4, pp. 720 - 735

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