La giara

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La giara
Commedia in un atto unico
Turi Pandolfini nelle vesti di Zi'Dima
AutoreLuigi Pirandello
Titolo originaleA giarra
Lingua originaleLingua siciliana (dialetto agrigentino)
Generecomico drammatico
AmbientazioneCampagna siciliana. Oggi
Composto nelottobre (?) 1916
Prima assoluta9 luglio 1917
Teatro nazionale di Roma
Prima rappresentazione italiana30 marzo 1925
Roma
Personaggi
  • Don Lolò Zirafa (Lollò secondo la novella)
  • Zì Dima Licasi
  • L'Avvocato Scimè
  • 'Mpari Pè
  • Tararà, Fillicò, contadini abbacchiatori
  • La 'gnà Tana, Trisuzza, Carminella, contadine raccoglitrici di olive
  • Un Mulattiere
  • Nociarello, ragazzo di undici anni, contadino
Trasposizioni operisticheCommedia musicale omonima in un atto di Alfredo Casella con scenografia di Giorgio De Chirico; rappresentata a Parigi nel 1924 [1].
Riduzioni cinematografiche
 

La giara è una commedia in un atto unico del 1916 di Luigi Pirandello ripresa da una sua novella (La giara) composta nel 1906 pubblicata nel 1909 sul Corriere della Sera e edita nella raccolta Novelle per un anno nel 1917.

La storia rappresentata ripercorre con umorismo molti dei temi cari allo scrittore agrigentino, tra cui la molteplicità dei punti di vista, l'ambiente siciliano e i conflitti interpersonali.

Si tratta di caratteristiche che ritroviamo nella rielaborazione in dialetto agrigentino operata da Pirandello nell'ottobre del 1916 per un breve adattamento teatrale in un atto unico che venne rappresentato per la prima volta a Roma nel Teatro nazionale il 9 luglio del 1917 dalla Compagnia di Angelo Musco. Il pezzo ritornò sul palcoscenico a Roma in lingua italiana alcuni anni dopo (il 30 marzo del 1925, con una versione scritta presumibilmente nello stesso anno).

Trama[modifica | modifica wikitesto]

Don Lollò[2] Zirafa, il protagonista della vicenda, è un proprietario terriero ricco e taccagno, che ovunque vede nemici che vogliono depredarlo della sua roba e che, essendo di carattere piuttosto litigioso, non perde occasione di citare in giudizio i suoi presunti avversari, spendendo una fortuna in liti e facendo spesso perdere la pazienza al suo avvocato che non vede l'ora di toglierselo di torno.

Dopo l'acquisto di una enorme giara per conservare l'olio della nuova raccolta, accade un fatto strano: per ragioni misteriose il grosso recipiente viene ritrovato, da nuovo di zecca, perfettamente spaccato in due, fatto questo che fa montare Zirafa su tutte le furie.

La giara potrà essere riparata solo da Zi' Dima Licasi, un artigiano del posto specializzato nella riparazione di recipienti, che si vanta di avere inventato un suo segreto mastice miracoloso, che appena ha fatto presa nulla riesce a staccare. Ma Don Lolò non si fida ed insiste affinché il conciabrocche renda più sicura la saldatura rafforzandola con dei punti di filo di ferro. Ciò colpisce profondamente l'artigiano nel suo orgoglio: convinto che i suoi meriti siano sottovalutati, egli è infatti sicuro che il suo prodigioso mastice sia più che sufficiente a fare un buon lavoro. Comunque, costretto ad obbedire al padrone ed in preda all'ira, Zi' Dima si mette all'interno della giara per eseguire più comodamente il suo intervento. Si dimentica però che la giara è molto panciuta ma ha un collo molto stretto. Così, terminata la riparazione, resterà bloccato all'interno.

Ne nasce subito una lite: Zi' Dima vuole in ogni caso essere pagato per la perfetta riparazione, e lo Zirafa si dichiara disposto a pagarlo ma vuole essere risarcito per il fatto che per liberarlo bisognerà rompere completamente la giara. Don Lolò infatti decide di pagare il conciabrocche per il suo lavoro, non per senso di giustizia, ma per non essere in torto di fronte alla legge. Zi' Dima non cede e, ricevuto il suo compenso, rifiuta di pagare qualsiasi risarcimento. Non sapendo come risolvere la situazione, don Lolò si rivolge per l'ennesima volta al suo avvocato che gli consiglia di liberare Zi' Dima, altrimenti correrà il rischio di essere accusato di sequestro di persona.

Il parere non riceve affatto l'approvazione dello Zirafa, che ritiene Zi' Dima responsabile di essersi balordamente imprigionato da solo nella giara, che, una volta rotta per liberarlo, non potrà più essere riparata. Il cocciuto conciabrocche, a sua volta, si rifiuta di risarcirlo affermando di essere entrato nella giara proprio per mettere i punti che don Lolò aveva tanto preteso: se si fosse fidato esclusivamente del suo mastice miracoloso, ora avrebbe la sua giara come nuova. Piuttosto che pagare, preferisce restare dentro la giara, dove dice di trovarsi benissimo; e lì infatti passerà tranquillamente e allegramente la notte, fra canti e balli dei contadini ai quali, servendosi proprio del denaro ricevuto da Don Lolò, ha offerto vino e cibarie. In preda alla rabbia, per il danno e la beffa, Don Lolò Zirafa finisce per tirare un poderoso calcio alla giara, che rotolerà andando a rompersi definitivamente contro un albero e Zi' Dima, così involontariamente liberato, avrà partita vinta.

Tematiche pirandelliane[modifica | modifica wikitesto]

Nella novella come nella commedia, traspare chiaramente la tematica della roba, ripresa dal Verismo verghiano, descritta con il morboso attaccamento di Don Lolò ai beni materiali: la sua funzione nella commedia, comunque, supera la visione del realismo verista, creando invece un effetto tragicomico.

Alla figura di Don Lolò viene contrapposta quella di Zi' Dima, privo di poteri e risorse materiali, ma consapevole della dignità del lavoro che egli esegue con onestà e scrupolo e che considera unico per l'uso di quello che egli ritiene come una sorta di bene intellettuale: il suo miracoloso mastice. Nel rapporto antitetico tra due figure completamente diverse, entrambe poco consce dei propri limiti, ma accomunate dalla stessa cocciutaggine contadina e mosse dai loro istinti, Pirandello riesce a creare una comicità basata su una situazione grottesca: una circostanza nella quale ciascuno dei due diventa al contempo debitore e creditore dell'altro.

Dato che nessuno dei due contendenti può o vuole andare incontro all'altro, si arriva ad una situazione di stallo in cui non è più possibile distinguere chi abbia torto e chi ragione. Si tratta di un paradosso paragonabile a quello che ritroviamo ne Il giuoco delle parti pirandelliano.

Trasposizioni cinematografiche e teatrali[modifica | modifica wikitesto]

Ne furono in seguito tratte due versioni cinematografiche: la prima, del 1954 venne diretta da Giorgio Pàstina ed inserita nel film a episodi Questa è la vita; la seconda, del 1984 venne inserita nel film a episodi Kaos, dei fratelli Taviani.

Nell'autunno del 1924 i Ballets suédois misero in scena a Parigi un balletto, derivato dalla novella, su musica di Alfredo Casella, con costumi e scenografie di Giorgio de Chirico.

Nel 1982 il drammaturgo berbero Abdellah Mohia ne ha tratto un riuscito adattamento in cabilo, dal titolo Tacbaylit, che ha riscosso molto successo ed è tuttora uno dei pezzi più rappresentati di questo autore.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Danzaeffebi.com
  2. ^ Nella novella del 1906 La giara, inclusa nella raccolta Novelle per un anno il nome di questo personaggio è Don Lollò: nella omonima trasposizione teatrale del 1916 Pirandello cambia il nome del protagonista in Don Lolò.

Edizioni[modifica | modifica wikitesto]

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