Giulio Einaudi
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Giulio Einaudi (Torino, 2 gennaio 1912 – Magliano Sabina, 5 aprile 1999) è stato un editore italiano, fondatore della casa editrice che porta il suo nome.
Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nacque a Torino, figlio dell'economista Luigi Einaudi, e della moglie Ida Pellegrini, il 2 gennaio 1912, in un appartamento di via Giusti numero 4. Nel 1948 il padre divenne presidente della Repubblica Italiana. Ebbe due fratelli maggiori, Roberto, ingegnere, e Mario, docente universitario, politico e antifascista.
Frequentò a Torino il liceo classico Massimo d'Azeglio, dove fu allievo del professore antifascista Augusto Monti. Fece quindi parte di una "confraternita" di ex-allievi del Liceo d'Azeglio, fra i cui membri figuravano Cesare Pavese, Leone Ginzburg, Norberto Bobbio, Massimo Mila, Vittorio Foa, Giulio Carlo Argan, Ludovico Geymonat, Franco Antonicelli e altri.
Il 15 novembre 1933, appena ventunenne, fondò la casa editrice cui diede il proprio nome, con sede a Torino al terzo piano di Via Arcivescovado 7, nello stesso palazzo che era stato sede del settimanale L'Ordine Nuovo di Antonio Gramsci. La casa editrice, nota per il suo orientamento di sinistra, pubblicò libri di autori americani, come Lee Masters, Hemingway, Scott Fitzgerald, Arthur Miller, Schulberg, oltreché italiani come Carlo Levi, Natalia Ginzburg, Italo Calvino, Elsa Morante, Mario Rigoni Stern, Gianni Rodari, Leonardo Sciascia; gli scritti del padre Luigi Einaudi, le opere di Gramsci. Divergenze coi collaboratori portarono al distacco di collane e collaboratori, come Paolo Boringhieri, che fondò una nuova casa editrice famosa per gli argomenti scientifici, e le opere di Freud; come fecero Luciano Foà, che in disaccordo per il rifiuto di pubblicare l'opera di Nietzsche si staccò dalla casa editrice per fondare con altri l'Adelphi e poi Carmine Donzelli, che nel 1992 ne fondò una propria.
All'inizio degli anni Ottanta, la situazione finanziaria della casa editrice Einaudi era in pieno passivo, finendo in amministrazione controllata. L'editore Giulio Einaudi non era più al comando, per la prima volta dalla sua fondazione, anche se rimase presente, non abbandonandola nelle difficoltà. Dopo essersi lentamente ripresa, con nuovi dirigenti, la casa editrice fu venduta nel 1994 a Silvio Berlusconi, entrando nel conglomerato del Gruppo Mondadori.
Dopo 64 anni di lavoro come editore, Giulio Einaudi andò in pensione il 4 settembre 1997 all'età di 85 anni. Morì il 5 aprile 1999 all'età di 87 anni. È sepolto nel cimitero di Dogliani.
Ebbe due mogli, Clelia Grignolio e successivamente, Renata Aldrovandi, sorella di Vando e sua collaboratrice nella casa editrice, e sei figli: Ida, Riccardo e Mario dalla prima consorte; Elena, Giuliana e Ludovico (pianista e compositore) dalla seconda.
Scritti e interviste[modifica | modifica wikitesto]
- Frammenti di memoria, Collana Osservatorio italiano, Milano, Rizzoli, 1988, ISBN 978-88-178-5350-7. - Roma, Nottetempo, 2009, ISBN 978-88-745-2195-1.
- Severino Cesari, Colloquio con Giulio Einaudi, Roma-Napoli, Theoria, ottobre 1991. - Torino, Einaudi, 2017.
- Tutti i nostri mercoledì, Bellinzona, Casagrande, 2001, ISBN 978-88-771-3346-5.
- Carlo Dionisotti-Giulio Einaudi, «Colloquio coi vecchi libri». Lettere editoriali (1942-1988), a cura di Roberto Cicala, con uno scritto di Cesare Segre, un'intervista di Mauro Bersani a Dionisotti e un ricordo di Guido Davico Bonino, Novara, Interlinea, 2013, ISBN 978-88-821-2644-5.
Riferimenti nella cultura di massa[modifica | modifica wikitesto]
- "Giulio Einaudi – Insieme si crea", è un documentario di Giulio Calcinari, andato in onda per "Italiani", programma di Rai Cultura a cura di Paolo Mieli.
Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]
Onorificenze italiane[modifica | modifica wikitesto]
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Cavaliere di gran croce dell'Ordine al merito della Repubblica italiana |
«Di iniziativa del Presidente della Repubblica» — 15 dicembre 1995[1] |
Altri riconoscimenti[modifica | modifica wikitesto]
- Premio Libro d’oro, dall’Associazione italiana editori e dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, 1963[2]
- Laurea honoris causa in Lettere moderne, Università di Trento, 1997[3]
- Premio Vittorini per la cultura, 1997[4]
- Laurea honoris causa in Lettere, Università di Torino, 1998[3]
Note[modifica | modifica wikitesto]
- ^ Sito web del Quirinale: dettaglio decorato.
- ^ Gian Carlo Ferretti, EINAUDI, Giulio, su treccani.it, p. unica, paragrafo La nuova domanda, in fine. URL consultato il 20 luglio 2021.; secondo la voce di Luciana Buccellato nell'Enciclopedia italiana, invece, il premio sarebbe del 1965.
- ^ a b Gian Carlo Ferretti, EINAUDI, Giulio, su treccani.it, p. unica, paragrafo Il tracollo e la ripresa. URL consultato il 20 luglio 2021..
- ^ Luciana Buccellato, EINAUDI, Giulio, su treccani.it, 2000, p. unica, primo capoverso. URL consultato il 20 luglio 2021. Nel sito del premio si parla solo del premio letterario, senza riferimento al premio per la cultura che non è più conferito.
Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]
- Paolo Soddu (cur.), Giulio Einaudi nell'editoria di cultura del Novecento italiano. Atti del Convegno della Fondazione Giulio Einaudi e della Fondazione Luigi Einaudi onlus, Torino, 25-26 ottobre 2012, Firenze, Olschki, 2015, ISBN 9788822263544.
- Luciana Buccellato, «EINAUDI, Giulio» la voce nella Enciclopedia Italiana - VI Appendice, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2000.
- Gian Carlo Ferretti, EINAUDI, Giulio, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2013.
Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]
Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]
Wikisource contiene una pagina dedicata a Giulio Einaudi
Wikiquote contiene citazioni di o su Giulio Einaudi
Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Giulio Einaudi
Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]
- Einàudi, Giulio, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
- Luciana Buccellato, EINAUDI, Giulio, in Enciclopedia Italiana, VI Appendice, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2000.
- Einàudi, su sapere.it, De Agostini.
- Giulio Einaudi, su BeWeb, Conferenza Episcopale Italiana.
Controllo di autorità | VIAF (EN) 19759720 · ISNI (EN) 0000 0001 0876 5997 · SBN CFIV090589 · ULAN (EN) 500433893 · LCCN (EN) n88181760 · GND (DE) 119144719 · BNF (FR) cb123848839 (data) · J9U (EN, HE) 987007458503705171 · NSK (HR) 000021706 · WorldCat Identities (EN) lccn-n88181760 |
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