Giovanni Balella

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Giovanni Balella

Giovanni Balella (Ravenna, 12 luglio 1893Ravenna, 20 gennaio 1988) è stato un imprenditore italiano, la cui carriera si svolse all'interno della Confindustria.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Laureatosi in scienze economiche e commerciali, divenne Libero docente di diritto del lavoro all'Università di Roma e successivamente presso l'Università di Firenze diresse la Scuola di perfezionamento degli studi corporativi. Ricoprì incarichi nei consigli di amministrazione di alcune società industriali, finanziarie ed assicurative, svolgendo il ruolo di presidente della società Sviluppo, una delle principali della Borsa di Milano; partecipa al Consiglio di amministrazione di numerose società industriali, finanziarie[1] e assicurative.

La carriera di Giovanni Balella si svolse principalmente in Confindustria, ininterrottamente dal 1919 al 1943, dove per 7 anni, dal 1936 al 1943 ricoprì l'incarico di direttore generale, durante la presidenza di Giuseppe Volpi. Il 30 aprile 1943 fu eletto Presidente della Confindustria e pertanto come tale chiamato a sostituire il conte Giuseppe Volpi nel Gran Consiglio del Fascismo. Nella notte del 25 luglio votò l'ordine del giorno Grandi, contribuendo a determinare la caduta di Benito Mussolini. Fu condannato a morte nel processo di Verona, ma in contumacia, poiché era riuscito a riparare in Svizzera grazie a un passaporto falsificato fornitogli dal ministro dell'Interno Guido Buffarini Guidi[2].

Contribuì poi alla ricostituzione della Confederazione degli industriali, per la quale ricoprì il ruolo di responsabile dei rapporti esterni, occupandosi anche del rilancio del quotidiano romano «Il Giornale d'Italia». Balella infatti creò la Stec (Società tipografico-editoriale capitolina) e diede il via alla costruzione della nuova sede del giornale, dopo aver acquistato un'area edificabile a piazza Indipendenza, in zona Castro Pretorio.

Successivamente prese il posto di Furio Cicogna al CNEL, in rappresentanza della Confindustria, e continuò ad occuparsi del settore delle Fibre chimiche, ricoprendo sia ruoli nell'associazione industriale del settore sia nelle società operative, in particolare nella Italviscosa e nella Chatillon.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Fu consigliere di amministrazione della sezione credito industriale dell'IRI
  2. ^ Bocca, La repubblica di Mussolini, p. 187.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Giorgio Bocca, La repubblica di Mussolini, Oscar Mondadori, 2009

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Predecessore Presidente di Confindustria Successore
Giuseppe Volpi 1943 Giuseppe Mazzini
Controllo di autoritàVIAF (EN257144783012175817981 · ISNI (EN0000 0004 5564 4487 · SBN RAVV066145 · LCCN (ENno2015139623 · GND (DE1079225102 · BNE (ESXX1774319 (data) · BNF (FRcb170381390 (data) · WorldCat Identities (ENlccn-no2015139623
  Portale Biografie: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di biografie