Contratto di collaborazione coordinata e continuativa

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Il contratto di collaborazione coordinata e continuativa (spesso abbreviato in co.co.co.) è una forma di rapporto di lavoro parasubordinato facente parte dei c.d. contratti flessibili.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Venne riconosciuto per la prima volta con l'art. 2 della Legge Vigorelli n. 741/1959 ove veniva delegato il Governo a fissare dei minimi di trattamento economico-normativo a favore non solo dei lavoratori subordinati, bensì anche per quei rapporti di collaborazione che si concretizzassero in una prestazione d'opera continuativa e coordinata. Ulteriore riconoscimento e disciplina furono conferiti con la legge n. 533/1973 la quale, novellando l'art. 409 c.p.c., estese le regole sull'allora nuovo processo del lavoro anche alle prestazioni lavorative personali rese senza vincolo di subordinazione ma in modo coordinato e continuativo.

Tale tipo di contratto venne stipulato secondo il previgente modello sino al 2003, anno in cui entrò in vigore il d.lgs 10 settembre 2003, n. 276; da quel momento fu possibile applicarlo secondo due distinte modalità:

  • attraverso la forma "a progetto"; pertanto, dalla collaborazione coordinata e continuativa nacquero i co.co.pro. (contratto di collaborazione a progetto), che potevano essere applicate senza particolari restrizioni se non che la collaborazione dovesse essere inquadrate in uno specifico progetto o programma di lavoro;
  • la forma classica e originaria, ovvero la collaborazione coordinata e continuativa, ma solo per talune categorie di lavoratori (si veda sotto).

Dopo l'emanazione del Jobs Act, sino al giugno del 2015[1]ai sensi della riforma del lavoro Fornero e successive modifiche, la collaborazione coordinata e continuativa non si è più potuta applicare se non attraverso un contratto a progetto, a parte taluni casi previsti per legge per i quali è valsa ancora la "vecchia" forma co.co.co.[2]. Per la precisione l'aggiornamento determinato dalla Riforma del lavoro Fornero, entrata in vigore nel 2012 e successivamente convertita con modifiche nel 2014, prevedeva che fosse ancora possibile utilizzare collaborazioni coordinate e continuative in taluni casi specifici[3]. Dal 1º gennaio 2016, con la definitiva abolizione della tipologia "a progetto" in seguito all'entrata in vigore di alcuni decreti del Job Act del governo Renzi[4], le co.co.co. possono essere ancora effettuate, ma con limitazioni maggiormente definite dalla nuova legislazione[5].

Disciplina normativa[modifica | modifica wikitesto]

Dal 2016 valgono le precisazioni normative indicate dai decreti attuativi del Jobs Act (Legge delega n. 183/2014 e il D.Lgs. n. 81/2015) che ha abrogato gli articoli da 61 a 69-bis del D.Lgs. n. 276/2003 (il decreto attuativo della Legge Biagi), in pratica la forma co.co.pro, e ha introdotto in aggiunta alla forma di cui all'art. 409 c.p.c. una nuova forma di co.co.co. disciplinata all'art. 2 dello stesso decreto.

Fonti normative sono la legge n. 81/2017 sul lavoro autonomo, quelle di cui all'art. 409 del c.p.c. e poi, in particolare, quelle previdenziali e tributarie, che replicano il contenuto della disposizione del codice di procedura civile. Inoltre si applica la normativa sul lavoro subordinato per quelle co.co.co. di cui all'art. 2 co. 1 del d.lgs. 81/2015, modificato dal d.l. 101/2019 convertito con la l. 128/2019.

Riguardo alla pubblica amministrazione italiana, il Jobs Act ha introdotto il divieto dal 1º gennaio 2017 (prorogato di 12 mesi)[6] per le pubbliche amministrazioni di stipulare contratti di collaborazione (art. 2, comma 4), esclusivamente personali, in cui il lavoratore non è autonomo, vale a dire che il committente decide le modalità, tra le quali orario e luogo di lavoro. È stata successivamente concessa un'altra proroga valida sino al 31 dicembre 2018.[7][8], nuovamente spostata al 01/07/2019[9].

Caratteristiche[modifica | modifica wikitesto]

La collaborazione coordinata e continuativa è caratterizzata da[10]:

  • autonomia del lavoratore;
  • coordinamento organizzativo operato dal committente;
  • natura prevalentemente personale della prestazione;
  • continuità ovvero la costanza nel tempo della collaborazione, anche a tempo indeterminato, svincolata dal raggiungimento di traguardi: pertanto, continuativa significa perdurante nel tempo ovvero sganciata da scadenze/obiettivi (programmi o progetti).

Sono pertanto lavoratori a metà strada tra i dipendenti e gli autonomi, ecco perché costituiscono una categoria a sé, detta appunto dei parasubordinati. Essi lavorano in totale autonomia operativa, escludendo ogni vincolo di subordinazione, ma inquadrati in un rapporto unitario e continuativo con il committente. Quindi fanno parte dell'organico della struttura aziendale e operano in tutti i processi, anche quelli produttivi. Al committente spetta il potere di coordinamento dell'attività del lavoratore per armonizzarle con le procedure e i bisogni dell'organizzazione dell'impresa o dell'ente.

Dal punto di vista contributivo i versamenti confluiscono nella gestione separata INPS e, a parte i tenutari di partita iva, tutti gli altri ricevono il cedolino paga. Il reddito è assimilato a quello del lavoro subordinato.

Con lo sdoppiamento operato dalla nascita, nel 2003, della forma co.co.pro. la collaborazione coordinata e continuativa si è potuta effettuare, senza inquadramento nella forma a progetto, solo nelle seguenti circostanze:

  • personale della pubblica amministrazione (proroga con scadenza 1º gennaio 2017 in attuazione della riforma del Job Act);
  • pensionati di vecchiaia che svolgono un'attività lavorativa;
  • addetti di società sportive o associazioni sportive riconosciute dal CONI;
  • amministratori e membri degli organi di controllo delle società;
  • i rapporti lavorativi con gli iscritti ad albi o registri in relazione alle attività regolamentate per le quali sia richiesta l'iscrizione (ad esempio: liberi professionisti ordinistici oppure agenti e rappresentanti del commercio);
  • quando previsto dai CCNL, come per i Call center, ad esempio (novità introdotta con la riforma in vigore dal gennaio del 2016).

Pertanto, era tecnicamente errato (nel periodo dopo il 2003) affermare che il contratto di collaborazione coordinata e continuativa fosse stato abolito con il passaggio ai co.co.pro. Questo per due motivi:

  • 1) la collaborazione a progetto era, giuridicamente, una tipologia di collaborazione coordinata e continuativa (ovvero quella inquadrata nell'ambito di un progetto, programma o fase di lavoro);
  • 2) sono esistiti altri ambiti, previsti per legge, per i quali si è potuto utilizzare ancora collaboratori co.co.co. (elenco sopra).

Riforma del 2016[modifica | modifica wikitesto]

Dal 1º gennaio 2016 con l'abolizione definitiva dei contratti co.co.pro.[11], a opera di uno dei decreti collegati al Jobs Act del governo Renzi, è ritornata in vigore la legislazione previgente (cioè quella in vigore prima del 2003) sulle co.co.co., operando così una sorta di liberalizzazione[12]. La nuova normativa dei codici dei contratti di lavoro riconduce a lavoro subordinato qualsiasi collaborazione che non sia effettiva e volontaria anche per il lavoratore[13].

Le collaborazioni individuali che presentano i caratteri della continuità e della etero-organizzazione, salvo specifiche esclusioni previste dalla legge o derogate dalla contrattazione collettiva, devono essere inquadrate come lavoro dipendente (anche sotto forma di somministrazione). Le forme di collaborazioni "spurie" (tipo quelle in cui, oltre ai soliti requisiti, la prestazione è di natura esclusivamente personale e il coordinamento riguarda anche i tempi e il luogo di lavoro) si applica la disciplina del lavoro dipendente. Nel caso di contrattazione collettiva allora il committente può determinare le modalità esecutive del collaboratore: trattasi della cosiddetta collaborazione etero-organizzata (co.co.org.)[14].

Quindi i casi in cui valgono le co.co.co. possono essere[4]:

  • autentica e genuina collaborazione coordinata e continuativa (la legge ha individuato specifici indicatori per presumere la subordinazione e parla di collaborazioni continuative e personali, co.co.pe.[15]) inquadrata dall'art. 409 codice di procedura civile, che non prevede più l'indicazione del progetto;
  • ambiti permessi dalla legge che sono sostanzialmente quelli in vigore in precedenza (si veda sopra) oppure le co.co.org.: in questi casi gli indicatori di subordinazione sono derogati.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ www.info-cooperazione.it
  2. ^ Professionisti.it
  3. ^ . <la legge escludeva quindi i casi in cui fosse possibile utilizzare la tipologia co.co.pro. e pertanto valeva la forma co.co.co.
  4. ^ a b www.firstonline.info
  5. ^ www.ecnews.it, su ecnews.it. URL consultato il 6 gennaio 2016 (archiviato dall'url originale il 31 dicembre 2015).
  6. ^ Il decreto Milleproroghe del 30 dicembre 2016 ha spostata la scadenza al 31 dicembre 2017 per poter stipulare contratti di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto (unicamente per la PA)
  7. ^ Milleproroghe 2016: il testo coordinato del decreto-legge in Gazzetta Ufficiale
  8. ^ Pubblica amministrazione: divieto di assunzione dei co.co.co slitta al 2019 – Firenze Post
  9. ^ Rinviato al 1 luglio 2019 il divieto di stipulare CO.CO.CO. nella P.A. - ALMA Centro Servizi
  10. ^ www.inps.gov.it, su inps.gov.it. URL consultato il 7 gennaio 2016 (archiviato dall'url originale il 4 marzo 2016).
  11. ^ www.prontoprofessionista.it
  12. ^ In quanto la legge Biagi aveva previsto, a parte eccezioni, le collaborazioni coordinate solo nell'ambito del contratto a progetto, mentre prima erano "continuative" ovvero senza scadenze o vincoli.
  13. ^ www.pmi.it
  14. ^ Collaborazioni etero-organizzate, ampio potere alle parti sociali
  15. ^ www.laleggepertutti.it

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Alfredo Casotti, Maria Rosa Gheido, M. Brisciani, Pierluigi Rausei, Nuovo Lavoro. Manuale Operativo, IV edizione Wolters Kluver Italia 2008

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

  • Inps-co.co.co., su inps.it. URL consultato il 30 aprile 2019 (archiviato dall'url originale il 9 dicembre 2016).
  • Inps Esclusioni co.co.pro., su inps.it. URL consultato il 30 aprile 2019 (archiviato dall'url originale il 4 marzo 2016).
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