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Arrigo Levi

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Arrigo Levi con Giorgio Napolitano nel marzo 2014

Arrigo Levi (Modena, 17 luglio 1926Roma, 24 agosto 2020[1]) è stato un giornalista, scrittore e conduttore televisivo italiano.

Fu il primo giornalista a condurre un telegiornale in Italia.[2]

Carriera giornalistica

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Appartenente a una famiglia della comunità ebraica di Modena, nacque nella residenza estiva di famiglia, a San Martino di Mugnano (otto km da Modena)[3]. Il padre Enzo era un noto avvocato, ricordato negli annali dell'automobilismo per aver redatto l'accordo fondativo che sancì la nascita della Scuderia Ferrari. La madre, Ida Donati, discendeva da Donato Donati, mercante arrivato a Modena nel XVII secolo da Finale Emilia (MO), che aveva introdotto il grano saraceno nel Ducato estense. Lo zio materno Pio Donati, avvocato antifascista, era deputato del Partito Socialista Italiano ed a causa della sua ostilità al regime era stato costretto all'esilio in Belgio, morendovi nel 1927.

La serena adolescenza di Levi fu improvvisamente interrotta dalle leggi razziali, che entrarono in vigore all'inizio dell'anno scolastico 1938/39, quando Levi frequentava il ginnasio al Liceo classico «Muratori» (lo stesso in cui avevano studiato un fratello e due sorelle, e prima di loro il padre): lì sostenne privatamente l'esame di fine anno. Dall'anno successivo, come allievo della «Scuola media ebraica paterna», continuò a sostenere gli esami privatamente presso il Liceo scientifico «Tassoni», fino alla maturità. Nel 1942 trovò salvezza con i genitori in Argentina[4]. A Buenos Aires iniziò gli studi universitari e nel 1943 intraprese la carriera giornalistica, come collaboratore de L'Italia libera, giornale del Partito d'Azione.

Dopo la guerra tornò con la famiglia a Modena, appena in tempo perché suo padre potesse partecipare, il 2 giugno 1946, al referendum istituzionale. A Modena completò gli studi universitari, laureandosi in filosofia, e continuò la sua carriera giornalistica presso il giornale L'Unità Democratica diretto dal conterraneo Guglielmo Zucconi. Trasferitosi in Israele si arruolò volontario nelle brigate del Negev e partecipò alla prima guerra arabo-israeliana, scrivendo corrispondenze dal conflitto per i quotidiani Libertà e Gazzetta di Modena (con direttore ancora Guglielmo Zucconi), nonché per la rivista socialista Critica Sociale diretta da Ugo Guido Mondolfo.

Si trasferì successivamente a Londra, dove lavorò al programma Radio Londra presso la BBC. Successivamente fu corrispondente del quotidiano torinese Gazzetta del Popolo. Dal 1953 al 1959 inviò le sue corrispondenze da Roma al quotidiano Corriere d'Informazione, edizione pomeridiana del Corriere della Sera.

Nel 1960 si trasferì a Mosca. Qui, fino al 1962, fu corrispondente del Corriere della Sera e poi, fino al 1966, corrispondente del Giorno. Nel 1966 passò alla Rai, dove condusse il telegiornale fino al 1968 (e fu questa un'innovazione, in quanto fino ad allora apparivano sul video annunciatori professionisti e non giornalisti). Tornò alla carta stampata nel 1969, come inviato del quotidiano torinese La Stampa, incarico che ricoprì fino al 1973, quando divenne direttore dello stesso. Rimase a Torino fino al 1978. Dal 1979 al 1983 collaborò con il Times, curando la rubrica di affari internazionali. Nel 1988 divenne capo editorialista del Corriere della Sera e dal 1998 al 15 maggio 2013 fu Consigliere per le relazioni esterne del Quirinale, prima con Carlo Azeglio Ciampi e poi con Giorgio Napolitano[5].

La televisione

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Oltre al telegiornale, al quale si dedicò nella metà degli anni sessanta, Levi legò il suo nome a molte trasmissioni televisive, in gran parte realizzate per la RAI. Tra queste: Tam Tam (1981), Punto sette e Punto sette, una vita. In seguito lavorò per Canale 5, guidando il programma Tivù Tivù con Angelo Campanella (dal 1987 al 1988). Lavorò di nuovo per la RAI con le trasmissioni I giorni dell'infanzia (1993), Emozioni Tv (1995) e Gli archivi del Cremlino (1997), della quale fu anche autore. Nel 1999, su Rai 1, condusse C'era una volta la Russia.

Arrigo Levi è morto a Roma il 24 agosto 2020, all'età di 94 anni a causa di un tumore[6].

Sposò Carmela Lenci e da lei ebbe una figlia, Donatella[6].

Riconoscimenti

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  1. ^ È morto Arrigo Levi, aveva 94 anni. È stato inviato e direttore de "La Stampa", in La Stampa, 24 agosto 2020. URL consultato il 24 agosto 2020.
  2. ^ E' morto Arrigo Levi. Primo giornalista a condurre un tg in Rai, su quotidiano.net, 24 agosto 2020.
  3. ^ Un Paese non basta, su radioemiliaromagna.it. URL consultato il 17 ottobre 2023.
  4. ^ Gino Malaguti, Barbara Previato e Giorgio Malaguti, Espulsi e licenziati. Alunni e docenti della scuole modenesi e le leggi razziali del 1938, Nonantola - Modena, Centro Studi Storici Nonantolani - Il Fiorino, 2020, pp. 56 e 63-67, ISBN 978-88-7549-835-1.
  5. ^ Nomina e conferma negli incarichi di Consiglieri e Collaboratori del Presidente della Repubblica. Comunicato, su Presidenza della Repubblica Italiana, 30 aprile 2013. URL consultato il 29 maggio 2013 (archiviato dall'url originale il 31 dicembre 2013).
  6. ^ a b c d e Elisabetta Stefanelli, E' morto Arrigo Levi, aveva 94 anni. Si è spento nella notte nella sua casa romana, su ANSA, 24 agosto 2020. URL consultato il 24 agosto 2020.
  7. ^ Dettaglio decorato: Levi Dott. Arrigo. Cavaliere di Gran Croce Ordine al Merito della Repubblica Italiana, su Presidenza della Repubblica Italiana - Le onorificenze della Repubblica. URL consultato il 22 luglio 2013.
  8. ^ Dettaglio decorato: Levi Dott. Arrigo. Commendatore Ordine al Merito della Repubblica Italiana, su Presidenza della Repubblica Italiana - Le onorificenze della Repubblica. URL consultato il 22 luglio 2013.
  9. ^ Albo vincitori, su Premio Procida "Isola di Arturo" Elsa Morante. URL consultato il 9 maggio 2019 (archiviato dall'url originale il 9 maggio 2019).
  10. ^ PulciNellaMente XIV. Programma (PDF), su PulciNellaMente, 2012. URL consultato il 31 agosto 2020.
  11. ^ A Pulci Nella Mente premiato Levi. Telefonata di Napolitano, in CasertaNews, 13 maggio 2012. URL consultato il 31 agosto 2020.

Altri progetti

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Collegamenti esterni

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Predecessore Direttore de La Stampa Successore
Alberto Ronchey dal 5 maggio 1973 al 6 settembre 1978 Giorgio Fattori
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