A mia sorella!

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A mia sorella!
Anaïs Reboux e Roxane Mesquida in una scena del film
Titolo originaleÀ ma sœur!
Lingua originalefrancese, italiano, inglese
Paese di produzioneFrancia, Italia
Anno2001
Durata86 min
Rapporto1,85:1
Generedrammatico, erotico
RegiaCatherine Breillat
SceneggiaturaCatherine Breillat
ProduttoreConchita Airoldi, Jean-François Lepetit
Casa di produzioneArte France Cinéma, CB Films, Canal+, CNC, Flach Film Production, Immagine e cinema, Urania Pictures
Distribuzione in italianoIstituto Luce
FotografiaGiorgos Arvanitis
MontaggioPascale Chavance
MusicheDavid Bowie, Reeves Gabrels, Pierluigi Balducci, Aldo De Palma, Fabrice Nguyen Thai, Jean-Paul Jamot
ScenografiaFrançois-Renaud Labarthe
CostumiAnn Dunsford, Catherine Meillan
TruccoClaire Monatte
Interpreti e personaggi
Doppiatori italiani

A mia sorella! (À ma sœur!) è un film del 2001 diretto da Catherine Breillat.

Incluso nel libro 1001 Movies You Must See Before You Die di Steven Jay Schneider, è stato proiettato in anteprima alla 51ª edizione del Festival internazionale del cinema di Berlino, dove si è aggiudicato il Premio Manfred Salzgeber.[1]

Trama[modifica | modifica wikitesto]

Anaïs è una dodicenne parigina che si reca in vacanza con il padre, la madre e la sorella maggiore Elena in una località di villeggiatura sulla costa francese.

Qui Elena attira le attenzioni di Fernando, studente universitario italiano, che nonostante sappia del voto di verginità della ragazza intende comunque sedurla. Il rapporto tra i due ragazzi si fa via via più torbido, con Fernando che chiede a Elena dei rapporti di sesso orale e anale come prova d'amore; pur di non perderlo, la ragazza acconsente. Anaïs è preoccupata dal fatto che Fernando usi il suo fascino e l'inganno per arrivare al suo scopo, ma Elena non le crede e continua a uscire col ragazzo. La madre, ignara di tutto, pretende che Elena e Fernando escano esclusivamente in compagnia di Anais: in questo modo la ragazza è costretta a vederli amoreggiare. Alla fine Fernando finge di dichiarare a Elena il suo amore donandole un prezioso anello, e la convince così ad avere un rapporto sessuale completo, che viene consumato nella camera dove dorme Anais.

Il giorno dopo la madre di Fernando si presenta a casa delle sorelle per farsi restituire un anello che le manca e che il figlio le ha detto di aver regalato a Elena. Viene fuori l'inganno e la madre di Elena capisce che la figlia non è più vergine. Furiosa, la donna decide di tornare immediatamente a Parigi. Durante il viaggio, in cui la tensione tra le tre donne è altissima, la madre ha continui problemi a guidare in sicurezza sull'autostrada e a un certo punto la stanchezza la costringe a fermarsi in un'area di parcheggio. Nonostante il passaggio di qualche camion, le donne sono da sole e mentre dormono vengono aggredite. L'assassino uccide immediatamente Elena e quindi soffoca la madre. Anais cerca di scappare, ma viene inseguita e stuprata. L'assassino fugge e al mattino, quando la polizia trova Anais nascosta nel bosco, la ragazza nega fermamente di essere stata violentata.

Colonna sonora[modifica | modifica wikitesto]

Tra le canzoni presenti nel film, oltre a The Pretty Things Are Going to Hell di David Bowie (dall'album 'hours...' del 1999), ci sono Social Climber interpretata da Laura Betti, Vene Carnevale dei Tavernanova (dall'album Matengue del 1996), Moi je m'ennuie e J'ai mis mon coeur a pourrir, entrambe composte dalla regista Catherine Breillat.

Distribuzione[modifica | modifica wikitesto]

Dopo l'anteprima del 10 febbraio 2001 al Festival di Berlino, il film è stato distribuito in Francia dal successivo 7 marzo. In Italia è uscito a giugno con il divieto ai minori di 14 anni mentre negli Stati Uniti ha avuto una distribuzione limitata a partire dal 12 ottobre.

In Corea del Sud è stato il primo film contenente scene di sesso con nudità ad essere distribuito nelle sale.

Date di uscita[modifica | modifica wikitesto]

Festival internazionali[modifica | modifica wikitesto]

Divieti[modifica | modifica wikitesto]

Il 20 novembre 2001, l'Ontario Film Review Board ha bandito il film rifiutando di valutarlo e impedendone di fatto la distribuzione nelle sale di Toronto e Ottawa. La commissione ha citato diverse scene contenenti nudità adolescenziale e interazione sessuale ed ha motivato la decisione affermando che il film offendeva "standard morali provinciali contemporanei".[2] Dopo una minaccia di causa da parte del distributore nordamericano del film, la Cowboy Booking International, il divieto è stato revocato nel gennaio 2003. A ciò ha contribuito anche la sostituzione di Robert Warren con Bill Moody come presidente del consiglio d'amministrazione e l'adozione di nuove linee guida per la revisione dei film.

Nel Regno Unito, sebbene la versione uscita al cinema non fosse tagliata, la BBFC ha imposto il divieto ai minori di 18 anni dell'edizione in DVD, dalla quale sono stati eliminati 88 secondi da una delle sequenze finali.

Accoglienza[modifica | modifica wikitesto]

Critica[modifica | modifica wikitesto]

Il film è stato accolto positivamente dalla critica. Il sito Metacritic gli assegna un punteggio di 77 su 100 basato su 24 recensioni, mentre il sito Rotten Tomatoes riporta il 73% di recensioni professionali con giudizio positivo e un voto medio di 6,4 su 10.[3][4] Il critico Peter Travers su Rolling Stone lo ha giudicato «un film assolutamente meraviglioso» e Joe Morgenstern sul Wall Street Journal «un film notevolmente asciutto e incisivo sul potere fatale della sessualità».[5][6]

Lisa Schwarzbaum di Entertainment Weekly lo ha definito «impietoso e devastante»,[7] J. Hoberman di The Village Voice «affascinante quanto scomodo e intelligente quanto primordiale»[6] e Jonathan Foreman del New York Post «audace e spregiudicato nella rappresentazione della psiche e dell'esperienza delle ragazze adolescenti»,[8] mentre David Stratton ha scritto sulla rivista Variety: «Nonostante la conclusione deludente, è difficile non essere colpiti dal film per l'approccio onesto della regista al soggetto e la pura abilità con cui racconta la sua storia».[9]

Secondo Tullio Kezich, il film «conferma il talento di una regista che sa ciò che vuole e padroneggia i mezzi per ottenerlo», mentre Lietta Tornabuoni ha scritto su La Stampa: «I suoi film possono risultare a volte irritanti, ma certamente sono fuori del comune e mostrano una sottigliezza psicologica davvero notevole».[10]

Riconoscimenti[modifica | modifica wikitesto]

2001

2002

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ À Ma Soeur! (PDF), su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 22 marzo 2018 (archiviato dall'url originale il 12 gennaio 2005).
  2. ^ Fat Girl - Miscellaneous Notes, su tcm.com, www.tcm.com. URL consultato il 22 marzo 2018.
  3. ^ Fat Girl, su metacritic.com, www.metacritic.com. URL consultato il 22 marzo 2018.
  4. ^ Fat Girl, su rottentomatoes.com, www.rottentomatoes.com. URL consultato il 22 marzo 2018.
  5. ^ Fat Girl (A ma soeur!) - By Peter Travers, su rollingstone.com, www.rollingstone.com. URL consultato il 22 marzo 2018.
  6. ^ a b Fat Girl - Critic Reviews, su metacritic.com, www.metacritic.com. URL consultato il 22 marzo 2018.
  7. ^ Fat Girl - By Lisa Schwarzbaum, su ew.com, www.metacritic.com. URL consultato il 22 marzo 2018.
  8. ^ Dark Teen Tale Goes Where Hollywood Wouldn't - By Jonathan Foreman, su nypost.com, www.nypost.com. URL consultato il 22 marzo 2018.
  9. ^ Fat Girl - By David Stratton, su variety.com, www.variety.com. URL consultato il 22 marzo 2018.
  10. ^ A mia sorella!, su cinematografo.it, www.cinematografo.it. URL consultato il 22 marzo 2018.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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