Jules de Polignac: differenze tra le versioni

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Versione delle 16:12, 8 lug 2014

Jules de Polignac

Primo Ministro di Francia
Durata mandato8 agosto 1829 – 29 luglio 1830
Capo di StatoCarlo X
PredecessoreVicomte de Martignac
SuccessoreDuc de Broglie

Dati generali
Partito politicoUltrarealisti
FirmaFirma di Jules de Polignac

Jules Auguste Armand Marie de Polignac (Versailles, 14 maggio 1780Parigi, 2 marzo 1847) è stato un politico francese, Primo ministro dall'8 agosto 1829 al 30 luglio 1830; ebbe un ruolo cruciale nell'innescare la crisi che portò alla Rivoluzione di Luglio.

Biografia

Cresciuto in una famiglia di émigré, figlio di Jules, duca di Polignac, e di Yolande de Polastron, amica e confidente della regina Maria Antonietta, sposò nel 1816 Barbara Campbell; alla morte di questa, nel 1819, si risposò con Charlotte Boothley-Parkins.

Tornato in Francia, all'epoca sotto il governo di Napoleone Bonaparte, nel 1804 venne arrestato con l'accusa di aver preso parte al complotto di Cadoudal e Pichegru per assassinare Bonaparte ed imprigionato col fratellastro Armand Jules Marie Héraclius sino al 1813; l'anno successivo entrò a far parte degli ultrarealisti

Ritornò in Francia col conte d’Artois (poi Carlo X di Francia) nel 1814; fuggì poi a Gand con la famiglia reale durante i Cento giorni.

Carriera politica

Lo stesso argomento in dettaglio: Governo Polignac.

Sostenitore di una restaurazione integrale della monarchia e dell'Ancien Régime, ed ostile alle tendenze liberali della Costituzione del 1814, divenne Pari di Francia e, ardente difensore del cattolicesimo, prese parte ai negoziati del Trattato di Londra del 1827 in base al quale Francia, Gran Bretagna e Impero russo si ponevano come garanti dell'indipendenza greca dall'Impero ottomano; una delle conseguenze del trattato fu la battaglia di Navarino e la successiva indipendenza della Grecia.

Divenne ministro degli Affari esteri e presidente del Consiglio nel 1829. La crisi politica era rapidamente peggiorata durante quell'anno: il re, che aveva formato in agosto un nuovo governo interamente composto da ultrarealisti per controbilanciare la maggioranza dei deputati eletti nel 1827, di orientamento liberale, solo dopo alcuni mesi designò un presidente del Consiglio nella persona di Jean-Baptiste Gaye, visconte di Martignac.

Jules de Polignac (1829)

Polignac fu chiamato da Carlo X a succedere al governo Martignac, ultimo tentativo di compromesso politico fra il sovrano e la maggioranza parlamentare liberale: nell'estate 1829, con le Camere chiuse, Carlo X dimise Martignac e affidò il governo a Polignac. La scelta di una personalità del genere, noto ultra-realista, causò un grande clamore e scatenò la stampa di sinistra che moltiplicò le critiche contro "Carlo il Semplice", re bigotto, conservatore, appassionato di caccia e di gioco. Gli uomini della Restaurazione sembravano tornare al potere, una scelta di cui il re portava tutta la responsabilità. Tanto Polignac che i suoi ministri apparvero rapidamente agli occhi dell'opinione pubblica come individui desiderosi di stabilire una monarchia autoritaria, se non assoluta.

Polignac si rese rapidamente impopolare con misure autoritarie e reazionarie; in tale veemenza conservatrice non manca però un qualche malinteso: presentato come un bigotto fanatico ossessionato dal diritto divino regale, era in realtà favorevole ad una monarchia costituzionale, ma la considerava incompatibile con una libertà di stampa senza limite e misura.

Le elezioni del 1828 avevano dimostrato che gli elettori non apprezzavano un tale ritorno al passato; gli attriti fra il governo Polignac e la Camera furono più aspri che nel passato, e la politica ultra-realista suscitava l'opposizione dei liberali.

La convocazione della Camera del 2 marzo 1830 aveva mostrato l'entità del conflitto in atto: in seguito al discorso del Trono tale conflitto si scatenò apertamente. Nel suo discorso di apertura della sessione Carlo X evocò l'esistenza di «colpevoli manovre» ai danni del governo, aggiungendo che avrebbe trovato la forza di sventarle. Annunciò la spedizione militare di Algeri e minacciò implicitamente l'opposizione di governare a colpi di ordinanza in caso di ostruzionismo. La sinistra liberale, maggioranza in Parlamento, interpretò tale passaggio come l'annuncio di un possibile colpo di Stato.

In effetti l'indirizzo votato dalla maggioranza dei deputati, pur mettendo avanti, con affettata deferenza, sentimenti monarchici, affermava di fronte al governo i diritti della Camera. Sotto la direzione di Royer-Collard, redassero, il 16 marzo 1830, un indirizzo al sovrano che venne firmato da 221 deputati su 402, che significava la loro sfiducia a Carlo X: «La Carta consacra come un diritto l'intervento del Paese nella deliberazione degli interessi pubblici […]. Ella fa dell'accordo permanente fra le vedute politiche del vostro governo e la voce del vostro popolo la condizione indispensabile per il regolare procedere degli affari pubblici. Sire, la nostra lealtà, la nostra devozione, ci obbligano a dirvi che tale accordo non esiste più».

La reazione di Carlo X non fu di sorpresa. Per tagliare corto con l'Indirizzo dei 221 che rifiutava la fiducia a Polignac e che ne denunciava il governo, e per ricostituire una maggioranza parlamentare a sé favorevole, Carlo X in un primo momento prolungò la durata in carica della Camera, per poi procedere allo scioglimento (16 maggio 1830) e alla convocazione di nuove elezioni da tenersi il 23 giugno e il 3 luglio. Contrari allo scioglimento, i ministri Chabrol e Courvoisier diedero le dimissioni, rimpiazzati da Guillaume Isidore de Montbel alle Finanze e Pierre-Denis, conte di Peyronnet, agli Interni: il governo Polignac prese così una connotazione ancora più reazionaria.

Dopo la primavera 1830, molti si attendevano un confronto col re, ma pochi in fondo, potevano prevedere una rivoluzione e la caduta della dinastia. Carlo X, da parte sua, sperava di trovare l'appoggio popolare, specie nelle campagne, che fondasse una solida maggioranza parlamentare a lui favorevole; contava anche sul prestigio di cui il governo avrebbe goduto grazie alla spedizione di Algeri.

La spedizione di Algeri

L'attacco ad Algeri, dipinto di Léon Morel-Fatio

Carlo X e Polignac speravano che la spedizione di Algeri, lanciata il 25 maggio, avrebbe loro portato un prestigio sufficiente a vincere la battaglia elettorale.

La spedizione si iscrive in un doppio contesto, nazionale ed internazionale. Sul piano internazionale si trattava per la Francia di partecipare al processo di smembramento dell'Impero ottomano, inoltre esisteva da tempo un contenzioso col Dey di Algeri, che nel 1827 aveva colpito al volto con un ventaglio il console francese per una oscura storia legata ad una partita di frumento algerino. Carlo X e Polignac avevano al tempo posto il blocco navale davanti ad Algeri, ma senza ottenere riparazione all'offesa. Con tale pretesto venne lanciata la spedizione nel maggio 1830, ma lo scopo evidente era di distrarre dai problemi politici interni in cui si dibattevano governo e sovrano.

Il corpo di spedizione, comandato da Bourmont, era composto da oltre 450 navi agli ordini dell'ammiraglio Duperré, e da circa 75 000 fra marinai e fanti, che sbarcarono in terra algerina il 13 giugno 1830. La notizia della presa di Algeri, avvenuta il 5 luglio, giunse però in Francia solo il giorno 9, quando le elezioni erano già avvenute nella maggioranza dei dipartimenti, ossia troppo tardi per cambiare l'esito delle elezioni. Del resto la vittoria militare lasciò l'opinione pubblica pressoché indifferente, e non diede luogo a nessun progetto politico di ampio respiro.

La sconfitta elettorale

Tra giugno e luglio Peyronnet e Polignac moltiplicarono i propri interventi. Fecero rinviare le elezioni in venti dipartimenti al 13 e 19 luglio, esasperando i malcontenti. Il 14 giugno il re in persona emanò un proclama controfirmato da Polignac, al fine di convincere gli elettori.

Da parte loro i liberali, riuniti nella società "Aide-toi, le ciel t'aidera", all'epoca presieduta da Odilon Barrot, condussero una decisa campagna. Nonostante le molteplici pressioni esercitate dai prefetti sugli elettori, il risultato degli scrutini confermò la vittoria dell'opposizione.

Il "221" (tra i quali diciannove solamente non vennero rieletti) diventarono 274, gli ultras 145. La sconfitta per Polignac fu cocente, ma ancora di più per Carlo X, che aveva sciolto la Camera precedente. Il conflitto istituzionale apparve in tutta la sua forza: o la Camera imponeva il proprio punto di vista al re, ottenendo le dimissioni di Polignac e la nomina di un governo liberale, portando di fatto ad una monarchia parlamentare, o il re doveva tentare la prova di forza, manifestando chiaramente la propria opposizione alla scelta fatta dagli elettori. Carlo X scelse la seconda strada: tramite ordinanza aggiornò la sessione parlamentare al 1º settembre, il che significava altri due mesi di inattività per il Parlamento, dopo i quattro precedenti. Era deciso a tentare il tutto per tutto: «Preferisco andare a cavallo che in carretta», avrebbe dichiarato[1].

Le ordinanze di Saint-Cloud

Fondandosi sull'articolo 14 della Carta, che conferiva il diritto di promulgare le ordinanze «necessarie all'esecuzione delle leggi e alla sicurezza dello Stato», il sovrano, Polignac e il governo commisero l'errore fatale di stilare le Ordinanze di Saint-Cloud, firmate il 25 luglio e pubblicate su Le Moniteur universel il giorno dopo: sospensione della libertà di stampa (accusata di essere «strumento di disordine e sedizione»); scioglimento della Camera (ancora prima della seduta di insediamento); modifica del calcolo censuario, in modo da ridurre il numero di elettori (escludendo specie commercianti ed artigiani, ostili al regime), ed aumentare il numero dei deputati eletti dalle fasce più alte della popolazione; convocazione di nuove elezioni per il 6 e 13 settembre successivi.

La Rivoluzione di Luglio e la caduta

Eugène Delacroix, La libertà che guida il popolo

Agli occhi dell'opinione pubblica le ordinanze apparvero un vero e proprio colpo di Stato. Per difendersi Polignac disse di aver agito per impedire all'opposizione di portare la Francia ad un nuovo 1793[2]. In pochi giorni la pubblicazione delle ordinanze portò alla caduta del regime. Incredulo di fronte agli avvertimenti, Polignac affettava ottimismo: le "tre giornate gloriose" fecero crollare la dinastia di Borbone e portarono al trono gli Orléans.

Arrestato mentre tentava di riparare in Inghilterra, Polignac fu condotto davanti alla Camera dei Pari e condannato al carcere a vita e alla morte civile. La pena fu commutata il 23 novembre 1836 in vent'anni di confino al di fuori del territorio francese, in seguito ad una misura di grazia decisa all'insediarsi del primo governo presieduto da Louis-Mathieu Molé.

Note

  1. ^ Probabilmente alludendo alla carretta che portava i condannati alla ghigliottina durante la Rivoluzione del 1789
  2. ^ L'anno dell'esecuzione di Luigi XVI, dell'insediamento del Comitato di salute pubblica, del Terrore, e delle guerre di Vandea

Bibliografia

  • Jean-Baptiste Gaye, visconte di Martignac, Defense de M. le Prince Jules de Polignac, Parigi J. Pinard, 1830
  • J.-C. Caron, La France de 1815 à 1848, Parigi, A. Colin, coll. "Cursus", 2002
  • Jean Gammal, Histoire politique de la France de 1814 à 1870, Parigi, Nathan, coll. "Histoires", 1999
  • Jean Garrigues, Philippe Lacombrade, La France au 19ème siècle, 1814-1914, Parigi, A. Collin, coll. "Campus", 2002
  • Jeanne Gilmore, La République clandestine, 1818-1848, Parigi, Aubier, coll. "Histoires", 1997
  • A. Jardin, A.-J. Tudesq, La France des notables, 1815-1848, Parigi, Seuil, Points-Histoire, coll. "Nouvelle Histoire de la France contemporaine", 1973
  • Yvert Benoît (dir.), Premiers ministres et présidents du Conseil. Histoire et dictionnaire raisonné des chefs du gouvernement en France (1815-2007), Parigi, Perrin, 2007

Collegamenti esterni

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