Martinengo Colleoni (famiglia)

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Martinengo Colleoni
Inquartato: al 1° d'oro, all'aquila di rosso, coronata del campo, al 2° d'azzurro, seminato di gigli d'oro, al 3° di rosso, a due morsi di cavallo, d'argento, posti in banda, al 4° troncato di rosso e d'argento, a tre cuori rivoltati (ovvero: paia di testicoli), due d'argento nel primo, uno di rosso nel secondo.
StatoBandiera dell'Italia Italia
FondatoreBartolomeo Colleoni
Data di fondazioneXV secolo

La famiglia Martinengo Colleoni è stata un'importante famiglia nobiliare, formatasi dall'unione di un ramo della famiglia bresciana dei Martinengo con quella dei Colleoni, di origine bergamasca. L'unione familiare fu voluta dal condottiero Bartolomeo Colleoni, dando origine a una delle più importanti famiglie lombarde.[1][2]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Bartolomeo Colleoni e Martinengo (famiglia).

La famiglia Martinengo Colleoni nacque per volontà di Bartolomeo Colleoni, che si era unito in matrimonio con Tisbe Martinengo nel 1439: quest'ultima era figlia del comandante dell'esercito veneto Gaspare Martinengo e, con il matrimonio contratto, si venne così a creare un'alleanza tra le due famiglie. Dal matrimonio tra il Colleoni e Tisbe, tuttavia, erano nate solo figlie femmine, impedendo quindi al condottiero di avere una discendenza diretta maschile.[3]

Le tre figlie del condottiero, dunque, si sposarono con tre membri della famiglia Martinengo, giovani che avevano appoggiato il condottiero durante le sue numerose imprese e campagne militari. La primogenita, Isotta, sposò Giacomo Francesco dando inizio al ramo dei Martinengo della Motella, Caterina sposò Gaspare I iniziando il ramo dei Martinengo dalle Palle mentre la terza figlia, Ursina (o Orsina), andò in moglie a Gherardo II Martinengo, forse il prediletto del condottiero, dando così inizio con i figli Alessandro, Giovanni Estore e Giulio, nominati figli adottivi, al ramo dei Martinengo Colleoni, come da disposizione del condottiero del 1472. Questi aveva diviso il suo patrimonio tra le sue figlie con il testamento del 27 ottobre 1475, ma ai figli di Orsina assegnò i castelli di Romano di Lombardia, Martinengo, Ghisalba, Palosco, Calcinate, Mornico, Urgnano, Cologno al Serio, Malpaga e Cavernago con l'obbligo di fedecommesso, quindi di lasciare eredità ai soli figli maschi.[4][5][6]

«Il Consiglio dei Dieci scrive a Marino Zorzi, podestà di Bergamo, circa i dubbi che possono sorgere sull'ordine di discendenza tra i fratelli Alessandro, Giulio e Giovanni Estore Martinengo Colleoni in caso di decesso di uno di essi o di assenza di figli maschi. Per dirimere la questione si richiede l'intervento e la testimonianza di Abbondio 'de Bongis', un tempo segretario del capitano generale della Serenissima Bartolomeo Colleoni e ultimo superstite dei suoi collaboratori (Venezia, 1503 marzo 9)»

Grazie alla sua intensa attività Bartolomeo Colleoni aveva acquisito un forte potere sul territorio della pianura di Bergamo. In particolare il condottiero aveva acquistato il castello di Malpaga nel 1456 dalla Camera fiscale veneziana, e dai canonici di Sant'Alessandro quello di Cavernago infeudato nel 1476. Il doge di Venezia Cristoforo Moro gli confermò i diritti già ottenuti nel 1454, sui territori di Martinengo, Cologno e Urgnano, e il diritto giurisdizione feudale sulle località di Mornico Malpaga, Ghisalba, Palosco, Solza, e Romano, con documento del 20 maggio 1465[5]

Pala Martinengo, particolare di Alessandro Martinengo Colleoni

La discendenza[modifica | modifica wikitesto]

Il primo figlio di Orsina, Alessandro fu nominato cavaliere aurato e numerose sono le sue gesta militari sotto il vessillo veneziano, contro i francesi liberando dagli occupanti alcune città con la battaglia d'Agnadello.[7]

Il figlio di Giovanni Estore Martinengo Colleoni, Gherardo (1491 circa – 1539/1547) e il di lui figlio Bartolomeo (1505 circa-1558) furono nominati conti di Malpaga e Cavernago dalla Serenissima. Bartolomeo sposò Paola da Ponte, dai loro figli ebbe inizio il ramo dei Martinengo Colleoni Langosco poi Leni con l'unione del ramo di Francesco. Diventarono marchesi di Pianezza in Piemonte ottenendo con il fratello Estore il castello di Malpaga portando il ramo a chiamarsi Martinengo Colleoni Malpaga.[1]

Tra i personaggi di maggior rilievo della famiglia si indica Francesco Martinengo Colleoni (1548 circa -1621), nominato duca di Savoia con documento del 21 novembre 1568 da Emanuele Filiberto di Savoia e grazie alle sue qualità fu prima nominato colonnello e consigliere di guerra e dopo aver sconfitto i francesi nella guerra per il possesso di Saluzzo nel 1588 comandante generale e successivamente dal doge di Venezia Marino Grimani, capitano di cavalleria. Fu insignito del Collare dell'Annunziata nel 1576.[1] Francesco sposò la marchesa di Pianezza Beatrice Langosco di Stroppiana e il loro primo figlio Gaspare Antonio (1584 circa –1625), che divenne anche marchese di Pianezza aggiungendo allo stemma anche il blasone della famiglia Langosco,[4] sposò il 30 aprile 1617 Emilia Avogadro figlia di Roberto marchese di Borgo San Martino e di Giulia dell'importante famiglia Gonzaga. Alla morte di Gaspare Antonio, la vedova si unì in seconde nozze con Bartolomeo Martinengo Colleoni Malpaga. La dinastia proseguì con il secondo figlio di Francesco Martinengo Colleoni: Gherardo (1601-1643). Questi su unì in matrimonio con Licinia Leni figlia di Camillo grazie agli accordi con il cardinale Giambattista Leni. Dal matrimonio nacque Francesco Amedeo Martinengo Colleoni (1628-1665) il quale risulta ereditario di tutti i beni del cardinale Leni suo zio.

Francesco Amedeo Martinengo Colleoni sposò Chiara Terzi nel palazzo Terzi di Bergamo nella vicinia di San Cassiano. La giovane moglie morì nel 1657 lasciando Francesco Amedeo senza eredi. Questi con bando del 15 dicembre 1662 fu bandito dai territori della Repubblica di Venezia[8]:

«Domenico Contarini, doge di Venezia, comunica che, per deliberazione del Consiglio dei Dieci del 4 dicembre 1662, il marchese Francesco Amedeo Martinengo Colleoni sia bandito dalla città di Venezia e da tutte le terre del Dogado in perpetuo e condannato alla decapitazione e confisca dei beni, con taglia di 1.000 ducati se catturato entro i confini dello stato, 2.000 ducati se "in terre aliene"»

Lasciò suo erede universale il fratello Gaspare Giacinto e i di lui eredi, che il 23 giugno 1657 ebbe l'investitura di Cavernago. Questi aveva sposato Chiara erede unica di Porcellaga che su unì al casato dei Martinengo Colleoni. Il loro primo figlio Francesco Amedeo morì senza lasciare eredi, mentre il secondo Pietro Emanuele ebbe molti figli, ma quelli maschi morirono tutti in tenera età solo due figlie femmine divennero adulte e si unirono in matrimonio con Luigi Martinengo dalle Palle la figlia Marianna, mentre Licinia con Guido Bentivoglio nel 1731. Alla morte di Pietro Emanuele si estinse quindi la linea maschile e i beni di Cavernago passarono per diritto di fedecommesso, cioè solo dai figli maschi, che Pietro non lasciò, al ramo della famiglia di Venceslao Martinengo Colleoni Malpaga.[1]

Tra i suoi figli si nomina Estore (o Ettore) (1763-1832) che unendosi ai francesi il 18 marzo 1797 e alla Repubblica Cisalpina fece innalzare l'albero della libertà sulla piazza di Cavernago. Ebbe molti incarichi e titoli diventando senatore e cavaliere dell'Ordine della Corona ferrea, fu nominato membro del Collegio elettorale dei possidenti, ciambellano onorario nonché nel 1805 capitano comandante delle Guardie d'onore della Compagnia di Brescia.[9] I beni della famiglia Martinengo Colleoni passarono al figlio Venceslao che però non lasciò eredi.

La famiglia ebbe la sua residenza principalmente nella dimora bresciana o nel castello di Cavernago fino al 1874. La famiglia Martinengo Colleoni si estinse nel 1885, con Venceslao (1810-1885) che non lasciò eredi.[10]

Stemma[modifica | modifica wikitesto]

L'unione delle due famiglie ha portato anche all'unione dei blasoni che diventarono lo stemma identificativo della famiglia Martinengo Colleoni.[4] Lo stemma si divide in quattro parti: la sezione superiore sinistra ospita l'aquila araldica del Sacro Romano Impero proveniente dalla famiglia Martinengo e simbolo, che per tradizione, era stato di buon auspicio al capostipite Gisalberto I agli inizi del X secolo.[11] A fianco i gigli oro di Borgogna, segno di regalità e privilegio del re di Francia al condottiero. Le sezioni inferiori presentano a sinistra due morsi del cavallo, voluto dal Colleoni o in altri casi due teste di leone a testimoniare l'unione delle due famiglie mentre a destra tre testicoli su fondo rosso, emblema della famiglia Colleoni.[6][12]

Personaggi[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d Martienngo Colleoni e le loro parentele, su coglia.org, Coglia. URL consultato il 6 settembre 2021.
  2. ^ La famiglia e l'eredità di Bartolomeo Colleoni, su CappellaColleoniSmilevisit.it. URL consultato il 6 settembre 2021.
  3. ^ Guerrini, pp. 59-60.
  4. ^ a b c Antonio Fappani, Martinengo Colleoni, su enciclopediabresciana.it, Enciclopedia bresciana. URL consultato l'8 settembre 2021.
  5. ^ a b Martinengo Colleoni, su lombardiabeniculturali.it, LombardiaBeniCulturali. URL consultato il 5 settembre 2021.
  6. ^ a b Le vicende di Martinengo Colleoni (PDF), su tribunale.brescia.it, Tribunale di Brescia. URL consultato il 6 settembre 2021.
  7. ^ AlessandroColleini-saoldato di Ventura, su condottieridiventura.it, Condottieri di ventura. URL consultato il 6 settembre 2021.
  8. ^ Carte Martinengo Colleoni, su asbergamo.beniculturali.it, Archivio di Bergamo, p. 48. URL consultato il 6 settembre 2021 (archiviato dall'url originale il 6 settembre 2021).
  9. ^ Martinengo Colleoni Ettore, su enciclopediabresciana.it, Enciclopedia bresciana. URL consultato il 6 settembre 2021.
  10. ^ Gabriele Medolago, Gli stemmi ritrovati:segni araldici al castello di Malpaga, Coglia, 2017.
  11. ^ Uno stemma antico Martinengo, su martinengo.org, Martinengo. URL consultato il 5 settembre 2021.
  12. ^ Al grido di coglia andiamo a toccare i c..., su cosedibergamo.com, Cose di Bergamo. URL consultato il 5 settembre 2021.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Fonti antiche
  • Giuseppe Maria Bonomi, Il castello di Cavernago e i conti Martinengo Colleoni: memorie storiche, Bergamo, Stabilimento fratelli Bolis, 1884, SBN IT\ICCU\SBL\0483046.
Fonti moderne

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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