Lepista irina

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Lepista irina
Classificazione scientifica
Dominio Eukaryota
Regno Fungi
Divisione Basidiomycota
Classe Agaricomycetes
Ordine Agaricales
Famiglia Tricholomataceae
Genere Lepista
Specie L. irina
Nomenclatura binomiale
Lepista irina
(Fr.) Bigelow, 1959
Lepista irina
Caratteristiche morfologiche
Cappello
convesso
Lamelle
adnate
Sporata
crema
Velo
nudo
Carne
immutabile
Ecologia
Commestibilità
commestibile

Lepista irina (Fr.) Bigelow, 1959 è un fungo basidiomicete saprofita del genere Lepista, a sua volta appartenente alla famiglia delle Tricholomataceae.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Il cappello ha un diametro di 5-13 cm, è abbastanza carnoso, inizialmente quasi emisferico con il bordo rivolto verso il gambo, poi espanso, appiattito e lievemente umbonato, con bordo sottile e ondulato. La specie è igrofana, cioè cambia colore se esposta alla pioggia o a un clima molto umido. La cuticola del cappello è liscia e opaca, più traslucida e scivolosa negli esemplari giovani. Il colore del cappello va dal biancastro al biancastro-crema, diventando poi rosso chiaro, lievemente brunastro nei carpofori più vecchi. La parte centrale del cappello è spesso di colore più scuro.

Le lamelle sono irregolari, sottili, ravvicinate, aderenti al gambo, di colore biancastro che diventa rapidamente rosaceo o color crema con la maturazione del fungo.

Il gambo è piuttosto lungo (da 5-10 fino a 15 cm), con uno spessore di 1,3-2,5 cm; è cilindrica, lievemente ingrossato alla base, senza anello, di consistenza fibrosa e di colore biancastro verso il cappello, tendente al marrone verso la base del fungo.

La carne è da bianca a lievemente rosata, immutabile al taglio, di consistenza acquosa, ma soda nel cappello rimane (anche dopo il taglio) da bianca a bianco-rosata, alquanto acquosa e carnosa nel cappello. L'odore è penetrante e ricorda quello dell'iris, mentre il sapore è più tenue e gradevole. La carne diventa violacea se vi si applica acido lattico, viola-marrone se immersa in una soluzione a base di fenolo per un quarto d'ora e blu se messa a contatto per pochi minuti con una tintura ricavata dal Guaiacum.[1]

All'esame microscopico, L. irina presenta spore ellissoidali, pressoché lisce (cosparse di poche creste molto corte), non amiloidi (non reagisce positivamente alla soluzione di Melzer) e ialine (traslucide), aventi dimensione di 7-9 per 3-3,7 micron; esse vanno a costituire una sporata di color crema, tendente al giallo.[2]

In L. irina è presente la perossidasi negli spazi intercellulari; ciò consente di scomporre il beta-carotene in composti aromatici.[3]

Distribuzione e habitat[modifica | modifica wikitesto]

Lepista irina cresce in gruppi numerosi, talvolta formando cerchi delle streghe; predilige i terreni erbosi, di natura calcarea, al limitare dei boschi di latifoglie, ma anche di conifere. Presente sia in pianura che in montagna, cresce da agosto-settembre fino alla fine di novembre.[2][4]

Commestibilità[modifica | modifica wikitesto]

È un fungo buon commestibile; gli esemplari giovani possono essere cucinati insieme ad altri agarici, oppure li si può conservazione sott'olio o sottaceto. Il suo sapore si abbina bene a quello del prugnolo (Calocybe gambosa), per cui può essere conservato insieme ad esso.[5]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (DE) Rose Marie, Sabine Maria Dähncke, 700 Pilze in Farbfotos, Aarau/Stoccarda, AT Verlag, 1979-1980, p. 147, ISBN 3-85502-0450.
  2. ^ a b (DE) Bruno Cetto, Der große Pilzführer, vol. 2, Monaco di Baviera, Berna, Vienna, BLV Verlagsgesellschaft, pp. 316-317, ISBN 3-405-12081-0.
  3. ^ (EN) H. Zorn, S. Langhoff, M. Scheibner et al., A peroxidase from Lepista irina cleaves beta,beta-carotene to flavor compounds, in Biological Chemistry, vol. 384, 2005, pp. 1049-1056, ISSN 1431-6730 (WC · ACNP).
  4. ^ (DE) Hans E. Laux, Der große Pilzführer, Halberstadt, Kosmos, 2001, pp. 180-181, ISBN 978-3-440-14530-2.
  5. ^ (DE) Luce Höllthaler, Pilzdelikatessen, Monaco di Baviera, Wilhelm Heyne Verlag, 1982, pp. 62-64, ISBN 3-453-40334-7.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Antonio Testi, Funghi d'Italia, 6ª ed., Giunti, 2006, pp. 214-215.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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