Karlsschrein

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Karlsschrein
Autoresconosciuto
Datafine XII secolo
Materialelegno di quercia, argento dorato, gemme, pietre, smalti
Dimensioni2,04×0,57×0,94 cm
UbicazioneCattedrale di Aquisgrana, Aquisgrana
Coordinate50°46′29.03″N 6°05′03.96″E / 50.774731°N 6.084433°E50.774731; 6.084433

Il Karlsschrein (Reliquiario di Carlo) è una cassa reliquiario della fine del XII secolo custodita nel coro della cattedrale di Aquisgrana, contenente i resti corporei di Carlo Magno.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Fu assemblato dopo il 1182 in un laboratorio di oreficeria di Aquisgrana e fu completato per l'incoronazione di Federico II di Svevia nel 1215, dopo che l'imperatore Federico I Barbarossa, il nonno di Federico II, aveva rimosso le ossa di Carlo Magno nel 1165 dalla sua tomba nella Cappella Palatina.

Federico II eseguì personalmente il trasferimento delle ossa e la chiusura del reliquiario il 27 luglio 1215, primo anniversario della battaglia di Bouvines. Due giorni prima era stato incoronato re romano-germanico nuovamente e definitivamente. Oltre alle ossa, nella cassa erano presenti alcune preziose stoffe già usate come reliquiario per la salma di Carlo Magno, oggi custodite nel tesoro della cattedrale.

Nei secoli successivi, il reliquiario seguì le varie vicende del tesoro della cattedrale, soprattutto i trasferimenti durante la seconda guerra mondiale.

Il 30 gennaio 1983, durante una funzione dei Vespri, la scatola di zinco sigillata con le ossa di Carlo fu rimossa dal santuario e aperta. La sera dello stesso giorno, l'arca fu richiusa e collocata in una teca di legno provvisoria. Il Karlsschrein fu portato quella stessa notte nel laboratorio di un orafo nella zona della cattedrale. Dentro il laboratorio, gli orafi Gerhard Thewis e Peter Bolg lavorarono per cinque anni alla conservazione dell'opera sotto la direzione scientifica di Herta Lepie. Durante i lavori, si vigilò affinché non venissero eseguiti restauri e neppure rifacimenti, come spesso avveniva in passato con la riparazione di opere d'arte, affinché il santuario non subisse alterazioni irreversibili e la sua originalità non ne venisse danneggiata. La doratura medievale fu ripristinata. L'esame dell'età della quercia utilizzata per la cassetta di quercia mostrò che era stata abbattuta intorno al 1182, confermando le fonti storiche[1].

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Lato del timpano anteriore

Il santuario è lungo 2,04 metri, largo 0,57 metri e alto 0,94 metri[2]. Ha la forma di una chiesa a navata unica senza transetto. La base è in legno di quercia, ricoperta di argento dorato, rame dorato, filigrana, pietre preziose, smalti e vernici. Il doppio profilo della base è ornato da lastre smaltate, incisioni, filigrane e punzononature con decori floreali. I due lati lunghi mostrano otto arcate poggianti su doppie colonne smaltate, sotto le quali sono in trono sovrani dell'Impero.

Il fronte anteriore mostra Carlo Magno in trono, alla sua destra papa Leone III, a sinistra l'arcivescovo Turpin di Reims. La figura a mezzo busto di Cristo si trova sopra Carlo in un medaglione.

Sul fronte posteriore si trova Madonna con Cristo arcangeli Michele e Gabriele. Sopra di esso, tre mezze figure rappresentano le personificazioni della fede, della speranza e dell'amore.

Le due superfici del tetto mostrano ciascuna quattro rilievi con scene della leggendaria storia dell'imperatore Carlo Magno, che è condotto nel suo percorso di vita attraverso la chiamata divina. La fonte letteraria di questi rilievi è il cosiddetto Pseudo-Turpino, un manoscritto del XII secolo. Una copia contemporanea dello stesso si trova nell'archivio della cattedrale di Aquisgrana, mentre l'originale è il terzo libro del Codex Calixtinus a Santiago de Compostela[3]. Pettini in rame dorato e cinque nodi adornano il colmo del tetto.

Otto imperatori sono in trono su ciascun lato. Sul lato lungo destro, visto dal fronte anteriore, in trono da sinistra a destra: Enrico II, Ottone III, Ottone I, Ottone II, Carlo Magno, un sovrano senza nome, Enrico V e Federico II. Dall'altro lato lungo troviamo Enrico III, Sventibaldo di Lotaringia, Enrico VI, Enrico IV, Ottone IV, Enrico I, Lotario I e Ludovico il Pio.

Stile[modifica | modifica wikitesto]

Il santuario è nella tradizione dei reliquiari mosani ed è stilisticamente uniforme, ad eccezione del rilievo della dedica sul tetto. Il suo realizzatore proviene presumibilmente dalla bottega di Servatius del santuario di Maastricht, mentre un secondo maestro, che realizzò il rilievo dedicatorio, è lo stesso che operò anche sul Marienschrein nel 1220[3]. Il Karlsschrein è una delle più importanti e note opere di oreficeria medievale, oltre al Marienschrein, che è esposto nello stesso ambiente del coro.

Programma iconografico[modifica | modifica wikitesto]

Il programma iconografico è elaborato sugli Hohenstaufen, stirpe degli imperatori svevi. Carlo Magno è in trono sul davanti tra i rappresentanti della chiesa, in un posto riservato a Cristo in tutti gli altri reliquiari di questo tipo. L'imperatore Carlo Magno è posto egli stesso come rappresentante di Cristo, che troneggia sul papa e sull'arcivescovo. Sedici imperatori e re tedeschi sono in trono sui due lati lunghi del santuario, altrimenti riservato a profeti e apostoli, mentre i rilievi del tetto continuano il carattere imperiale del programma pittorico. Mostrano la vita leggendaria di Carlo, basata sulla Historia Karoli Magni et Rothalandi, che si dice sia stata scritta dall'arcivescovo Turpino di Reims (748-749 circa). Recenti ricerche hanno dimostrato, tuttavia, che l'Historia Karoli fu probabilmente creata per la prima volta in Francia intorno al 1130-1140.

Indagine antropologica[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1874 il capitolario della cattedrale fece eseguire un esame scientifico delle ossa di Carlo Magno dall'antropologo di Bonn Hermann Schaaffhausen (1816-1893). Schaaffhausen determinò che le ossa erano di un uomo alto 2,04 metri. Studi del 2010 misero in discussione le indagini del 1874 e arrivarono a stabilire una altezza di 184 cm, che può anche essere considerata sopra la media per l'età di Carlo[4]. Gli esami del 1874 segnalarono inoltre che la clavicola destra si ruppe e guarì. Nessuno storico, tuttavia, segnala questo evento. Il cranio mostra una forma dolicocefalica (cranio lungo), le cuciture si sono chiuse senza lasciare traccia, come accade in vecchiaia.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Herta Lepie, Georg Minkenberg: Die Schatzkammer des Aachener Domes. Aachen 1995, S. 13.
  2. ^ Walter Maas, Pit Siebigs: Der Aachener Dom. Regensburg 2013, S. 103.
  3. ^ a b Herta Lepie, Georg Minkenberg: Die Schatzkammer des Aachener Domes. Aachen 1995, S. 12.
  4. ^ Frank J. Rühli, Bernhard Blümich, Maciej Henneberg: Charlemagne was very tall, but not robust. In: Economics & Human Biology. Bd. 8 (2010), S. 289–290.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Ernst Günther Grimme (testo), Ann Bredol-Lepper (immagini), Aachener Goldschmiedekunst im Mittelalter Seemann, Köln 1957, p. 38–48.
  • Ernst Günther Grimme (testo), Ann Bredol-Lepper (immagini), Die großen Jahrhunderte der Aachener Goldschmiedekunst (in Aachener Kunstblätter vol. 26) Verlag des Aachener Museumsvereins, Aachen 1962, p. 44–49.
  • Ernst Günther Grimme, Der Aachener Domschatz (in Aachener Kunstblätter vol. 42) 2. Auflage, Schwann, Düsseldorf 1973, nr. 44 p. 66–69.
  • Florentine Mütherich, Dietrich Kötzsche (a cura di), Der Schrein Karls des Grossen. Bestand und Sicherung 1982-1988 Einhard-Verlag, Aachen 1998, ISBN 3-930701-45-6.
  • Helga Giersiepen, Die Inschriften des Aachener Doms (in Die Deutschen Inschriften, vol. 31) Reichert, Wiesbaden 1992, ISBN 3-88226-511-6, p. 29–36 nr. 34.
  • Ernst Günther Grimme (testo), Ann Münchow (immagini), Der Dom zu Aachen. Architektur und Ausstattung Einhard, Aachen 1994, ISBN 978-3-920284-87-3, p. 152–163, 167–175.
  • Herta Lepie, Georg Minkenberg, Die Schatzkammer des Aachener Domes Brimberg, Aachen 1995, ISBN 3-923773-16-1, p. 12–13.
  • Ernst Günther Grimme, Der Dom zu Aachen Einhard, Aachen 2000, ISBN 978-3-930701-75-9, p. 70–75.
  • Ernst Günther Grimme, Der Karlsschrein und der Marienschrein im Aachener Dom, Einhard-Verlag, Aachen 2002, ISBN 3-936342-01-6.
  • Hans Jürgen Roth, Ein Abbild des Himmels. Der Aachener Dom –Liturgie, Bibel, Kunst Thouet, Aachen 2011, p. 99–106 (mit theologischem Schwerpunkt)
  • Herta Lepie, Der Domschatz zu Aachen in Clemens M. M. Bayer, Dominik Meiering|Dominik M. Meiering, Martin Seidler, Martin Struck (a cura di), Schatzkunst in Rheinischen Kirchen und Museen Schnell & Steiner, Regensburg 2013, ISBN 978-3-7954-2827-3, p. 121–137.
  • Walter Maas, Pit Siebigs, Der Aachener Dom Schnell & Steiner, Regensburg 2013, ISBN 978-3-7954-2445-9, p. 103–106.

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàVIAF (EN193946898 · GND (DE4204512-5