Giacomo Trecourt

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Giacomo Trecourt ritratto dal Piccio Carnovali
Accademia Carrara, Bergamo

Giacomo Trecourt (Bergamo, 22 agosto 1812Pavia, 15 maggio 1882) è stato un pittore italiano ottocentesco formatosi presso l'Accademia Carrara di Bergamo alla scuola di Giuseppe Diotti, esponente del neoclassicismo lombardo.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Figlio del parigino Andrea, responsabile dell'esercito di Napoleone di stanza a Bergamo dal 1809 e insegnante di francese, viene avviato da giovanissimo all'attività di mercante di tele. La predisposizione per il disegno lo porta a studiare dal 1828 al 1829 presso l'Accademia Carrara di Bergamo sotto la guida del neoclassicista Giuseppe Diotti, dove stringe un rapporto di grande amicizia con Piccio Carnovali da cui viene ritratto nel 1848[1] e con il cremonese Giovanni Scaramuzza.

Insieme a Carnovali si reca, a piedi, a Parigi nel 1845 per studiare l'opera di Delacroix, compiendo un viaggio che diventa presto leggenda nell'ambiente artistico lombardo dell'epoca.

Il fratello Luigi (1808 - 1890), che viene ritratto da Carnovali in Il pittore Luigi Trécourt, è anch'egli pittore prediletto dal maestro Diotti[2][3], attivo principalmente con affreschi all'interno di chiese (Santa Maria al Carrobiolo di Monza, Velate, Levate, Urgnano, Nese, Rudiano, Chiari, Cremona) e presente all'Esposizione di Brera del 1837 con il soggetto storico La maledizione di Cam.

Anche un terzo fratello, Francesco, è pittore noto per gli affreschi presso la Basilica di San Pietro in Ciel d'Oro di Pavia e per i dipinti La contessa Clementina nel Porto di Pavia e Veduta di Pavia dal confluente Borgo Ticino con il rotto del Gravellone, conservati presso i Musei Civici di Pavia[4].

Le opere[modifica | modifica wikitesto]

Notizia di una sciagura
Accademia Carrara, Bergamo

La sua arte subisce inizialmente l'influenza neoclassica e romantica del maestro Diotti, da cui in seguito emerge la reciproca contaminazione con l'amico Piccio Carnovali, con opere contraddistinte dall'assenza del chiaroscuro accademico e un ampio utilizzo di luminoso colore.

Nel 1833 si aggiudica una medaglia d'oro al concorso dell'Accademia Carrara con Una figura panneggiata[5].

Il suo periodo bergamasco si focalizza sul ritratto, fondato sia su soggetti e scene popolari di stampo verista (Due fanciulli che disegnano, che conquista il premio Scuola di Pittura del 1835[6] e Ritratto di Lena Presti con frutta), a volte arricchite da un forte sentimentalismo (Una famiglia nel dolore del 1837 e Notizia di una sciagura del 1840), affiancata alla produzione di tele di stampo romantico come il ciclo sullo scrittore Torquato Tasso (Torquato Tasso a Sorrento del 1841, Torquato Tasso che si espone alla propria sorella del 1843) e di tele sacre (Educazione della Vergine).

Nel 1837 esordisce a Brera con Nicolò di Bari Vescovo di Mira[7], dove nel 1838 presenta Torquato Tasso ed Eleonora d’Este e nel 1839 ne viene nominato socio onorario.

In seguito, si avvicina a un purismo più controllato e meno incline all'emotività, derivato da un confronto con i colleghi dell'Accademia di Francia di Roma, evidente nella sua opera più nota Ritratto di Bice Presti Tasca del 1845, che fa seguito al Ritratto di Lena Presti con frutta, entrambe conservate presso la Pinacoteca dell'Accademia Carrara.

Ritratto di Bice Presti Tasca
Accademia Carrara, Bergamo

Il periodo pavese[modifica | modifica wikitesto]

«Giacomo Trecourt corretto disegnatore, dotto nella invenzione, grandioso di stile, colorì sino dal principio di sua carriera vaste composizioni con istraordinaria facilità; e le opere sue gli meritarono di essere scelto a dirigere in Pavia la scuola comunale di pittura»

Nel 1842 viene nominato professore di Nudo e pittura e primo Direttore della Civica Scuola di Pittura di Pavia[8], incarico proposto dal Podestà Del Maino, che annovera come allievi Tranquillo Cremona, uno dei fondatori della Scapigliatura, Ezechiele Acerbi, Federico Faruffini, Pasquale Massacra e Giovan Battista Garavaglia[9].

Il periodo è contraddistinto da un'ampia produzione ritrattistica, in parte aderente al tema del classicismo ellenista[10] in voga al tempo (Lord Byron sulle sponde del mare ellenico e Autoritratto in costume orientale).

Nel 1843 partecipa nuovamente all'Esposizione di Brera con la pala d'altare L'invenzione del corpo di San Nazaro, commissionata dalla Fabbriceria della chiesa parrocchiale di Urgnano. Copiosa la produzione di dipinti e affreschi collocati in chiese, come ad Adrara San Martino, Villongo, Chiari, Azzanello[11]

Nel 1861 partecipa all'Esposizione nazionale italiana di Firenze.

Colpito da paralisi nel 1878, lascia la direzione della Scuola a Pietro Michis e muore nel 1882.

Opere principali[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Ritratto del pittore Giacomo Trecourt, su ilpiccio.it. URL consultato il 14 ottobre 2021.
  2. ^ Bergamo o sia Notizie patrie raccolte da Carlo Facchinetti, Pagnoncelli, Bergamo, 1891, pp. 145-146
  3. ^ Ritratto di Giuseppe Bottinelli, su catalogo.beniculturali.it. URL consultato il 14 ottobre 2021.
  4. ^ Veduta di Pavia dal confluente Borgo Ticino con il rotto del Gravellone, su paesaggipavesi.wordpress.com. URL consultato il 15 ottobre 2021.
  5. ^ Giornale della Provincia di Bergamo, Bergamo, 1833, pp. 382
  6. ^ Due fanciulli che disegnano [collegamento interrotto], su lacarrara.it. URL consultato il 14 ottobre 2021.
  7. ^ Molte frasche e poca frutta, Antonio Cazzaniga, Chiusi, Milano, 1843, pp. 232
  8. ^ Ritratto di Gerolamo Novati, su catalogo.beniculturali.it. URL consultato il 14 ottobre 2021.
  9. ^ Delle arti del disegno e degli artisti nelle provincie di Lombardia, Antonio Caimi, Pirola, Milano, 1862, pp. 63
  10. ^ Autoritratto in costume all'orientale, su lombardiabeniculturali.it. URL consultato il 14 ottobre 2021.
  11. ^ Guida d'Italia. Lombardia (esclusa Milano), Touring Club Italiano, Touring Editore, Milano, 1999, pp. 517-693-847

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • M. Gregori. Pittura a Bergamo, dal romanico al neoclassico. Cinisello Balsamo, A. G. Pizzi, 1991.
  • Francesco Rossi. Il segno romantico: la donazione Carlo Rumi, i taccuini di viaggio di Daniele Farina. Bergamo, Accademia Carrara, 1997.
  • Fernando Mazzocca. Giacomo Trécourt, in I pittori bergamaschi dell’Ottocento. Volume primo. Il Primo Romanticismo. L’Accademia, Bergamo, Bolis, 1992, pp. 444-481.

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