Chiesa di Sant'Ignazio di Loyola (Mazzarino)

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Ex chiesa di Sant'Ignazio di Loyola e collegio dei Padri Gesuiti
Gesuiti
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneSicilia
LocalitàMazzarino
IndirizzoVia Collegio
Coordinate37°18′20.41″N 14°12′55.37″E / 37.305669°N 14.215381°E37.305669; 14.215381
Religionecattolica di rito romano
Titolaresant'Ignazio di Loyola
OrdineGesuiti
DiocesiPiazza Armerina
Consacrazione1734
FondatoreCarlo Maria Carafa
Architetto
Stile architettonicoTardo Barocco siciliano
Inizio costruzione1694
Completamento1734

L'ex chiesa di Sant'Ignazio di Loyola e l'annesso collegio dei Padri Gesuiti costituiscono un ex complesso monumentale monastico ubicato nel centro storico della città di Mazzarino, oggi restaurato e adibito a centro culturale e museale.

Furono fondati dal principe di Butera e conte di Mazzarino, don Carlo Maria Carafa Branciforte nel 1694, al fine di poter accogliere a Mazzarino la Compagnia di Gesù.

La struttura, secondo le fonti pervenute, fu progettata dall'architetto gesuita Angelo Italia, già presente a più riprese a Mazzarino per dirigere i lavori di edificazione del Duomo di Santa Maria della Neve, e alla stesura del progetto vi collaborò lo stesso Carafa.

A seguito della morte prematura del principe e a seguire dello stesso architetto Italia, i lavori di costruzione furono portati a termine sotto la supervisione di fra Michele da Ferla[1].

Dai documenti della compagnia di Gesù risulta che l'architetto Angelo Italia fosse già "infirmus" nel 1696 e che morì a Palermo nel 1700. Pertanto, nonostante sia indiscussa la paternità del progetto, è certo che la costruzione del complesso sia stata diretta e supervisionata da altri.

Infatti, come emerge dagli atti, l'architetto fra’ Michele da Ferla, allievo e collaboratore dell' Italia, ebbe un breve soggiorno a Mazzarino nel 1703, finalizzato proprio a una consulenza per la corretta esecuzione di un progetto[2].

La struttura è un tipico esempio di architettura tardo - barocca del Val di Noto affermatasi dopo il terremoto del 1693.[3]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Complesso Gesuiti di Mazzarino
Complesso Gesuiti di Mazzarino
Organo
Stucchi barocchi
Collegio gesuitico
Collegio
altare di San Francesco Saverio
altare di San Francesco Saverio

L'edificazione della struttura, voluta dal principe Carafa, ebbe inizio nell'agosto del 1694.

Per la costruzione dell'intero complesso monumentale, affinché fosse degno di accogliere i Padri della compagnia di Gesù, il principe lasciò per testamento 1500 scudi annui, sia per l'ultimazione dei lavori, sia come rendita per il sostentamento e il mantenimento dei chierici[1].

Chiesa di Sant'Ignazio di Loyola

Una lapide posta sopra il portone d'ingresso della chiesa, in ricordo del fondatore, riporta la seguente epigrafe:

«(...) FUNDATORI MAGNIFICAM AEDEM HANC CAROLUS M. CARAFFA MUNIFICENTISSIMUS BUTERAE PRINCEPS, SOCIETATIS NOSTRAE EIUSQUE SANCTO FUNDATORI ADDICTISSIMUS EREXIT ANNO A REPARATA SALUTE M.DCC.XVIII»

I Padri gesuiti si stabilirono in detta struttura già nel 1699, a lavori non ancora ultimati, e il primo ad insediarsi nel convento fu il mazzarinese Padre Antonino Strazzeri[1] .

I Gesuiti, salvo brevi interruzioni, prestarono presso il collegio di Mazzarino la loro attività educativa e didattica dal 1699 al 1767, impartendo lezioni di teologia morale, filosofia e lettere.[2]

Il 17 gennaio del 1734, il vescovo di Girgenti Lorenzo Gioeni inaugurò la struttura, come ricorda una lapide posta all'ingresso della chiesa intitolata al fondatore della compagnia di Gesù, Sant'Ignazio di Loyola[1]

«A. M. D. G. REGNANTE CLEMENTE XII P. M. CAROLO VI ROM. IMP. III SIC. REGE ILL ET REV: D. NUS D. LAURENTIUS JOJENIUS E DUCIBUS ANDEGAVENSIBUS EPISCOPUS AGRIGENTINUS, CUI DEMANDATA EST FACULTAS AB ILL: ET REV: D.NO D. MATTEO TRIGONA SYRACUSARUM EPISCOPO. SS. D. N. PRAEL. DOMESTICO, PONTIFIC. SOLIO ASSISTENTE HIC ADSTANTE, IN HONOREM OMNIPOTENTIS DEI ET S. P. N. IGNATII, HOC TEMPLUM INAUGURAVIT AN. SALUTIS M. DCG. XXXIV. XVII. JAN: FESTO SS. NOMINIS JESU»

Illustri gesuiti che prestarono la loro opera nel collegio di Mazzarino, come riportato dallo storico Ingala, furono: Antonio di Blandi, Baldassarre di Stefano, Bartolomeo La Mantia, Saverio Sortino, Michelangelo Lentini, Luigi Bartoli, e Cristoforo Bivona[1].

Intorno al 1750 dimorò in suddetto collegio il celebre missionario Gesuita chiaramontano P. Antonino Finocchio come ricorda una inscrizione in un ritratto in sacrestia:

«R. P. ANTONINUS FINOCCHIO SOC. JEST, QUATUOR VOTORUM PROFESSUS, OMNI VIRTUTUM GENERE PREDITUS, INNOCENTIAM CUM SUI MACERATIONE SOCIAVIT, FERVENS APOSTOLUS, PREDICATIONE, MIRACULIS ET VATICINIIS SICILIAE URBES ILLUSTAVIT COLLEGIUM HOC EXEMPLO AUXIT. CLARAMONTE VITA CESSIT. CADAVER INTER PRODIGIA ET POPULORUM PLAUSUS ELATUM, PROPE ARAM B. M. VIRGINIS DE GULFI, CUJUS CULTUM AMPLIAVIT ET COLLOQUIA SAEPISSIMAE AUXIT SICUT PREDIXERAT TUMULATUM. OBIIT ANNO M.DCC.XLV»

Abolita la compagnia di Gesù con bolla di papa Clemente XIV, i Gesuiti ospitati in questo collegio si trasferirono in Palermo, per cui le rendite, i suppellettili e gli arredi sacri di pregevole fattura e valore, furono in parte trasferiti presso Casa Professa a Palermo sino alla soppressione definitiva del 1767[1].

Collegio - portale barocco

Una parte degli arredi, tuttavia, vennero conservati presso il monastero di Sant'Anna, e tutt'oggi esposti nel museo civico; si tratta di due paliotti di altare ricamati in rilievo con seta, oro e corallo, carte gloria con cornici in argento, e parametri per messa cantata.[1]

Tra il 1848 e il 1867, per concessione dei Padri Gesuiti, la struttura divenne sede del municipio e successivamente incorporata al demanio.

Nel 1890, l'edificio, ormai inutilizzato, venne adibito ad orfanotrofio[1].

Nel XX secolo l'intero complesso monumentale, con l'annessa chiesa, è divenuto di proprietà comunale ed è stato sottoposto ad accurati restauri e, una volta restituito allo stato originario è stato adibito a centro culturale e museale[2].

Descrizione della chiesa[modifica | modifica wikitesto]

Esterno[modifica | modifica wikitesto]

Prospetto della chiesa
Prospetto della chiesa

La chiesa intitolata a Sant'Ignazio di Loyola presenta una facciata rivestita in mattoni laterizi a faccia vista ( c.d. a cortina) alternata da paraste, cornicioni, fregi,e volute in pietra arenaria locale.

I tre portali di ingresso, corrispondenti alla tre navate, sono sormontati da timpani spezzati e stemmi della compagnia di Gesù, e della famiglia Carafa intagliati in pietra locale.[1]

L'edificio presenta una planimetria a croce latina con prospetto rivolto a sud.

La chiesa nella parte orientale e settentrionale confina con il convento gesuitico.

Interno[modifica | modifica wikitesto]

Gli stucchi della chiesa
Interno della chiesa
Stucchi barocchi della Chiesa di Sant'Ignazio di Loyola
Stucchi barocchi della Chiesa di Sant'Ignazio di Loyola

L'aula liturgica è suddivisa in tre navate, in corrispondenza delle tre porte d'ingresso, suddivise da otto pilastri a sezione quadrata, che sorreggono le arcate, a tutto sesto, quattro per lato. L'edificio è illuminato da sedici finestre collocate sopra il cornicione di finimento.

La volta a botte è decorata con stucchi e alternanze cromatiche blu.

I lavori in stucco in rilievo e a bassorilievo delle volte e delle cappelle sono in stile barocco, con colonne tortili, paraste, capitelli corinzi, putti che sorreggono stemmi gentilizi e scudi, in modo da esaltare la magnificenza delle famiglie devote.

In particolare, come riporta lo storico Ingala, molti oggetti e paramenti sacri furono donati dal barone Giovanni Tommaso Strazzeri[1].

L'edificio, inoltre, dall'inaugurazione fino al 1820 funse anche da chiesa madre della città di Mazzarino.

Navata di destra[modifica | modifica wikitesto]

  • Il primo altare della navata di destra è dedicato a Santa Rosalia con dipinto di Pietro Spenosa;
  • Il secondo al Sacro cuore di Gesù con un ricco reliquiario.
  • Il terzo altare, nel transetto, con finissimi stucchi e colonne tortili, venne costruito per devozione dal barone Giovanni Tommaso Strazzeri, ed è dedicato a San Francesco Saverio con tela del santo attribuita al pittore Matthias Stomer della scuola di Pietro Novelli[1].

Navata di sinistra[modifica | modifica wikitesto]

L'altare maggiore è in marmo, al disopra di esso, incastonata in una cornice di marmo nero era esposta una tela della Madonna del lume, della bottega di Pietro Novelli.[3]

Nella cantoria posta nella controfacciata, sopra l'ingresso principale è collocato un organo privo di canne, in legno intarsiato, fatto realizzare dal sac. Antonino Zanchì[1].

Oggi alcune delle predette tele si trovano esposte presso il museo civico, nell'attiguo collegio; la chiesa, invece, dopo i lavori di restauro è stata adibita ad auditorium[3].

Descrizione del collegio[modifica | modifica wikitesto]

Collegio gesuitico, 1694
Collegio gesuitico, 1694
Chiostro dei Gesuiti
Chiostro dei Gesuiti

All'annesso collegio si accede per il tramite di un grande portone con arco in bugnato a tutto sesto e affiancato ai lati da due colonne scanalate in pietra, al di sopra delle quali si sporge un balconcino con mensole a mascheroni raffiguranti mostri e animali, così come sulle cornici delle finestre che si affacciano all'esterno.

L'edificio si estende per un perimetro di oltre 450 metri e possiede due chiostri, uno dei quali con portici con colonne in pietra, lungo 28 metri e largo 21 metri, l'altro chiostro, nella parte posteriore a nord, ha una superficie identica al primo ma priva di portici, e al centro, interrata vi è una grande cisterna sotterranea[1].

L'ingresso principale di via collegio si apre sull'ampio chiostro delimitato per un lato da un portico con arcate a tutto sesto, che conduce attraverso una scala ai piani superiori, cui un tempo si trovano gli alloggi e le stanze adibite a impartire gli insegnamenti dei padri gesuiti.[3]

Il centro culturale e museale Carlo Maria Carafa[modifica | modifica wikitesto]

Nelle sale del collegio, al secondo piano, è allestito il centro culturale e museale dedicato a Carlo Maria Carafa, con una esposizione di opere d'arte, paramenti e oggetti sacri, provenienti dalle diverse chiese della città, nonché un antiquarium con alcuni reperti archeologici provenienti dagli scavi archeologici di Filosofiana e Monte Bubbonia[2].

Alcune delle opere esposte nel museo civico:

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f g h i j k l m n Pietro di Giorgio Ingala.
  2. ^ a b c d AA. VV., I luoghi della memoria
  3. ^ a b c d AA. VV., Mazzarino
  4. ^ Voci ed echi di grandi maestri di Vincenzo Scuderi, su comune.mazzarino.cl.it. URL consultato il 12 novembre 2022 (archiviato dall'url originale il 28 ottobre 2009).

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Pietro di Giorgio Ingala, Ricerche e considerazioni storiche sull'antica città di Mazzarino, Caltanissetta, Fratelli Arnone, 1899.
  • AA. VV., I luoghi della memoria, conoscenza e valorizzazione dei centri storici di Mazzarino Riesi Sommatino, Caltanissetta, Sciascia Editore.
  • AA. VV., Mazzarino, Luoghi di Sicilia, n. 6, Kalos, 1996.

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