Bilancia commerciale degli Stati Uniti

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L'andamento della bilancia commerciale degli Stati Uniti d'America (1895–2015) in corrispondenza delle varie politiche commerciali adottate nel tempo.
Il deterioramento della posizione netta sull'estero degli Stati Uniti (NIIP, acronimo dell'inglese net international investment position) ha causato molte preoccupazioni tra gli economisti sugli effetti dell'esternalizzazione e del pesante deficit della bilancia commerciale statunitense sul lungo periodo.[1]
La bilancia commerciale degli Stati Uniti d'America dal 1960
Deficit commerciale statunitense (beni e servizi) in miliardi di dollari per Paese nel 2017.

Sebbene l'ultimo surplus commerciale degli Stati Uniti d'America risalga al 1975,[2] la bilancia commerciale statunitense è entrata in un sostanziale deficit dalla fine degli anni 1990, soprattutto con la Cina e altri paesi asiatici. Ciò è stato accompagnato da un tasso di risparmio relativamente basso e da livelli elevati di debito pubblico e societario.

Negli Stati Uniti è tuttora acceso il dibattito sulle cause e gli impatti di questo deficit commerciale e sulla natura delle misure necessarie in risposta, tuttavia l'idea per cui i deficit commerciali bilaterali siano un male in sé e per sé è respinta in modo schiacciante da esperti di commercio ed economisti.[3][4][5][6][7]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Gli anni 1920 segnarono un decennio di crescita economica negli Stati Uniti seguendo una classica politica dell'offerta.[8] Il presidente degli Stati Uniti Warren Harding ha firmato l'atto sulla tariffa di emergenza (Emergency Tariff) del 1921 e la tariffa Fordney-McCumber del 1922. Le politiche di Harding ridussero le tasse e protessero gli affari e l'agricoltura degli Stati Uniti. Dopo la Grande depressione e la seconda guerra mondiale, la conferenza monetaria e finanziaria delle Nazioni Unite (United Nations Monetary and Financial Conference) portò all'accordo valutario di Bretton Woods. Nel 1971, il presidente Richard Nixon mise fine del sistema di cambi fissi di Bretton Woods, decretando l'inconvertibilità del dollaro in oro e lasciando il Paese con una moneta legale fluttuante.

Nel lungo periodo, le nazioni con eccedenze commerciali tendono anche ad avere un surplus di risparmio. Gli Stati Uniti hanno in genere sviluppato tassi di risparmio inferiori rispetto ai suoi partner commerciali, che hanno avuto la tendenza ad avere eccedenze commerciali. Italia, Germania, Francia, Giappone e Canada hanno mantenuto tassi di risparmio più elevati rispetto agli Stati Uniti nel lungo periodo.[9]

Effetti[modifica | modifica wikitesto]

Alcuni economisti ritengono che il prodotto interno lordo e l'occupazione possano essere trascinati giù da un deficit commerciale fuori misura sul lungo periodo.[10] Secondo altri, invece, il deficit commerciale può persino avere effetti positivi sull'economia.[11]

I posti di lavoro nel settore della produzione di ricchezza negli Stati Uniti, come quelli nel settore manifatturiero e dei software informatici, sono stati spesso sostituiti da impieghi nel settore dei servizi a basso reddito, come quelli nel commercio al dettaglio e nel governo quando l'economia si è ripresa dalle recessioni.[12][13] Alcuni economisti sostengono che gli Stati Uniti stiano prendendo a prestito per finanziare il consumo di importazioni accumulando nel contempo somme di debito insostenibili.[1][14]

L'ultimo surplus commerciale degli Stati Uniti d'America risale al 1975.[2]

Nel 1985, gli Stati Uniti avevano appena iniziato un crescente deficit commerciale con la Cina. Durante gli anni 1990, il disavanzo commerciale degli Stati Uniti è diventato un deficit commerciale a lungo termine cronicamente eccessivo, soprattutto con l'Asia. Entro il 2012, il disavanzo commerciale degli Stati Uniti, il deficit del bilancio fiscale e il debito federale sono aumentati fino a raggiungere livelli da primato o prossimi a seguito di decenni di attuazione di ampie politiche incondizionate o unilaterali di libero scambio e accordi commerciali formali.[15][16]

Nel 2006, le principali preoccupazioni economiche si concentravano su: debito pubblico elevato ($9 miliardi), debiti aziendali non bancari elevati ($9 miliardi), debito ipotecario elevato ($9 miliardi), debito elevato delle istituzioni finanziarie ($12 miliardi), debiti del servizio sanitario ($34 miliardi), difficoltà finanziarie dei servizi sociali ($12 miliardi), alto debito estero (importo dovuto ai prestatori stranieri, il più alto del mondo con 16 miliardi di dollari al settembre 2012),[17][18] e un grave deterioramento della posizione patrimoniale netta internazionale degli Stati Uniti (NIIP) (-24% del PIL),[1] alti deficit commerciali e un aumento dell'immigrazione clandestina.[14][19]

Questi problemi hanno sollevato preoccupazioni tra gli economisti e i passivi non finanziati sono stati menzionati come un grave problema che affliggono gli Stati Uniti nel discorso sullo stato dell'Unione del 2006 dal Presidente George W. Bush.[19][20] Il 26 giugno 2009, Jeff Immelt, amministratore delegato di General Electric, ha chiesto agli Stati Uniti di aumentare l'occupazione di base manifatturiera al 20% della forza lavoro, commentando che gli Stati Uniti hanno esternalizzato troppo in alcune aree e non possono più fare affidamento sul settore finanziario e spesa dei consumatori per stimolare la domanda.[21]

Il 45º Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha proposto di aumentare le tariffe sulle esportazioni cinesi e messicane negli Stati Uniti in modo significativo,[22][23] per ridurre il deficit commerciale del Paese salito a 800 miliardi di dollari, di cui circa 500 nei confronti della sola Cina.[24]

Import/ Export/ Saldo commerciale degli USA nel 2016
in milioni $ (primi 30 partner commerciali)
[25]
Paese Esportazioni Importazioni Saldo commerciale Commercio totale
Bandiera della Cina Cina 115 775 462 813 −347 038 578 588
Bandiera del Giappone Giappone 63 264 132 202 −68 938 195 466
Bandiera della Germania Germania 49 362 114 227 −64 865 163 589
Bandiera del Messico Messico 230 959 294 151 −63 192 525 110
Bandiera dell'Irlanda Irlanda 9 556 45 504 −35 948 55 060
Bandiera del Vietnam Vietnam 10 151 42 109 −31 958 52 260
Bandiera dell'Italia Italia 16 754 45 210 −28 456 61 964
Bandiera della Corea del Sud Corea del Sud 42 266 69 932 −27 666 112 198
Bandiera dell'India India 21 689 45 998 −24 309 67 687
Bandiera della Malaysia Malesia 13 068 30 420 −17 352 48 554
Bandiera della Francia Francia 30 941 46 765 −15 824 77 706
Bandiera della Thailandia Thailandia 11 810 27 123 −15 313 40 066
Bandiera della Svizzera Svizzera 22 701 36 374 −13 673 59 075
Bandiera di Taiwan Taiwan 26 045 39 313 −13 268 65 358
Bandiera dell'Indonesia Indonesia 6 037 19 203 −13 166 25 240
Bandiera del Canada Canada 266 827 278 067 −11 240 544 894
Bandiera d'Israele Israele 13 197 22 206 −9 009 35 403
Bandiera della Russia Russia 5 798 14 512 −8 714 20 310
Bandiera della Spagna Spagna 10 373 13 468 −3 095 23 841
Bandiera della Colombia Colombia 13 099 13 796 −697 26 895
Bandiera del Regno Unito Regno Unito 55 396 54 326 1 070 109 722
Bandiera dell'Arabia Saudita Arabia Saudita 18 023 16,926 1,097 34 949
Bandiera del Brasile Brasile 30 297 26 176 4 121 56 473
Bandiera del Cile Cile 12 941 8 799 4 142 21 740
Bandiera di Singapore Singapore 26 868 17 801 9 067 44 669
Bandiera dell'Australia Australia 22 225 9 534 12 691 31 759
Bandiera del Belgio Belgio 32 271 17 020 15 251 49 291
Bandiera degli Emirati Arabi Uniti Emirati Arabi Uniti 22 382 3 356 19,026 25 738
Bandiera dei Paesi Bassi Paesi Bassi 40 377 16 152 24 225 56 529
Bandiera di Hong Kong Hong Kong 34 908 7 386 27 522 42 294
Mondo 1 454 624 2 188 940 −734 316 3 643 564

Secondo gli ultimi dati disponibili di fonte ONU COMTRADE, nel 2015 gli Stati Uniti hanno importato merci per un totale di 2.078 miliardi di Euro (+17,9% rispetto ai 1.763 miliardi del 2014) e ne hanno esportato per un totale di 1.354 miliardi di Euro (+10% sul 2014), registrando un disavanzo commerciale di 724 miliardi di Euro rispetto ai 542 miliardi del 2014.[26]. Nel 2016, gli Stati Uniti hanno esportato merci per $1,42 trilioni e ne hanno importate per $2,21 trilioni, con un passivo della bilancia commerciale di $783 miliardi.[27]

Serie storica[modifica | modifica wikitesto]

Interscambio in beni e servizi degli USA (valori in milioni di dollari)
Anno Bilancia Esportazioni Importazioni
Totale Bilancia dei pagamenti
dei beni
Servizi Totale Bilancia dei pagamenti
dei beni
Servizi Totale Bilancia dei pagamenti
dei beni
Servizi
2000 −369 685 −446 781 77 096 1 082 963 784 940 298 023 1 452 648 1 231 721 220 927
2001 −360 685 −422 370 61 997 1 015 366 731 331 284 035 1 375 739 1 153 700 222 039
2002 −420 665 −475 244 54 579 986 096 698 037 288 059 1 406 762 1 173 281 233 480
2003 −496 242 −541 643 45 401 1 028 186 730 446 297 740 1 524 428 1 272 089 252 340
2004 −610 837 −664 764 53 927 1 168 120 823 584 344 536 1 778 957 1 488 348 290 609
2005 −716 543 −782 805 66 262 1 291 503 913 016 378 487 2 008 046 1 695 821 312 225
2006 -761.716 -837.289 75.573 1.457.642 1.040.905 416.738 2.219.358 1.878.194 341.165
2007 -705.375 -821.196 115.821 1.653.547 1.165.150 488.397 2.358.922 1.986.347 372.575
2008 -708.726 -832.492 123.765 1.841.612 1.308.795 532.817 2.550.339 2.141.287 409.052
2009 -383.776 -509.695 125.919 1.583.051 1.070.330 512.721 1.966.827 1.580.025 386.802
2010 -495.225 -648.671 153.446 1.853.038 1.290.279 562.759 2.348.263 1.938.950 409.313
2011 -549.699 -740.999 191.300 2.125.947 1.498.887 627.061 2.675.646 2.239.886 435.761
2012 -537.408 -741.119 203.711 2.218.354 1.562.630 655.724 2.755.762 2.303.749 452.013
2013 -461.135 -700.539 239.404 2.294.199 1.593.708 700.491 2.755.334 2.294.247 461.087
2014 -489.584 -749.917 260.333 2.376.657 1.635.563 741.094 2.866.241 2.385.480 480.761
2015 -498.525 -761.868 263.343 2.266.691 1.511.381 755.310 2.765.216 2.273.249 491.966
2016 -502.982 -749.801 246.819 2.215.839 1.457.393 758.446 2.718.821 2.207.195 511.627
2017 -550.123 -805.200 255.077 2.352.546 1.553.589 798.957 2.902.669 2.358.789 543.880
2018 −578 594 −878 749 300 155 2 542 462 1 676 913 865 549 3 121 057 2 555 662 565 395
2019 −559 395 −857 260 297 865 2 546 276 1 655 098 891 177 3 105 670 2 512 358 593 313
2020 −652 881 −912 875 259 995 2 160 147 1 433 852 726 296 2 813 028 2 346 727 466 301
2021 −841 573 −1 083 511 241 938 2 567 027 1 765 884 801 143 3 408 600 2 849 395 559 205
2022 −951 188 −1 183 010 231 822 3 018 455 2 089 925 928 530 3 969 643 3 272 935 696 707
2023 −773 426 −1 061 667 288 241 3 053 494 2 050 739 1 002 755 3 826 920 3 112 406 714 514
Fonte: U.S. Trade in Goods and Services - Balance of Payments (BOP) Basis da U.S. Census Bureau, Economic Indicator Division, 6 giugno 2019.

Tra il 1970 e il 2022 la bilancia commerciale degli Stati Uniti è stata in media in passivo per un valore pari a -2,23% del prodotto interno lordo, con un minimo del -5,69% nel 2006 e un miglior risultato dello 0,95% nel 1975.[28] In base all'ultimo dato del 2022, il deficit della bilancia commerciale ammonta al -3,82% del Pil statunitense.[28]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c Bivens, L. Josh (December 14, 2004). Debt and the dollar Archiviato il 17 dicembre 2004 in Internet Archive. Economic Policy Institute. 8 luglio 2007.
  2. ^ a b American Spaces – Connecting YOU with U.S. (XLS), su USInfo.org. URL consultato il 17 ottobre 2017.
  3. ^ (EN) Robbie Gramer, Economists Take Aim at Trump Trade Theory – Again, su Foreign Policy, 6 marzo 2017. URL consultato il 6 giugno 2023.
  4. ^ (EN) Trump rails against trade deficit, but economists say there's no easy way for him to make it go away, su The Washington Post, 7 marzo 2017. URL consultato il 6 giugno 2023.
  5. ^ (EN) Trump warns of trade deficits. Economists say, who cares?, su The World, 1º marzo 2017. URL consultato il 6 giugno 2023.
  6. ^ (EN) Trade Balances, su Clark Center Forum, 9 dicembre 2014. URL consultato il 6 giugno 2023.
  7. ^ (EN) What Is the Trade Deficit?, su The New York Times, 9 giugno 2018, ISSN 0362-4331 (WC · ACNP). URL consultato il 6 giugno 2023 (archiviato dall'url originale il 12 novembre 2022).
    «La stragrande maggioranza degli economisti la vede diversamente. Secondo questa visione tradizionale, i deficit commerciali non sono intrinsecamente un bene o un male. Possono essere entrambi, a seconda delle circostanze.»
  8. ^ Joseph A. Schumpeter, "The Decade of the Twenties", American Economic Review vol. 36, No. 2, (maggio 1946), pp. 1-10 in JSTOR
  9. ^ The shift away from thrift.The Economist, 17 aprile 2005.
  10. ^ Congressional Budget Office, su Congressional Budget Office. URL consultato il 17 ottobre 2017.
  11. ^ Growing Trade Deficit Good News for U.S. Economy, su blog.Heritage.org. URL consultato il 17 ottobre 2017.
  12. ^ Hira, Ron and Anil Hira with forward by Lou Dobbs, (Maggio 2005). "Outsourcing America: What's Behind Our National Crisis and How We Can Reclaim American Jobs". (AMACOM) American Management Association. Citing Paul Craig Roberts, Paul Samuelson, and Lou Dobbs, pp. 36–38.
  13. ^ David Friedman, New America Foundation (15 giugno 2002).No Light at the End of the Tunnel Archiviato il 19 dicembre 2007 in Internet Archive. Los Angeles Times.
  14. ^ a b Phillips, Kevin, Bad Money: Reckless Finance, Failed Politics, and the Global Crisis of American Capitalism, Penguin, 2007, ISBN 978-0-14-314328-4.
  15. ^ https://www.census.gov/foreign-trade/statistics/historical/gands.txt
  16. ^ FTD - Statistics - Country Data - U.S. Trade Balance with World (Seasonally Adjusted), su Census.gov. URL consultato il 17 ottobre 2017.
  17. ^ Bivens, L. Josh (14 dicembre 2004) [hww.epinet.org/content.cfm/Issuebrief203 Debt and the dollar] Economic Policy Institute
  18. ^ Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti Copia archiviata, su treas.gov. URL consultato il 14 marzo 2008 (archiviato dall'url originale il 12 marzo 2008). ($ 12.249,418 il 30 giugno 2007)
  19. ^ a b Cauchon, Dennis and John Waggoner (3 ottobre 2004).The Looming National Benefit Crisis USA Today
  20. ^ George W. Bush (2006) State of the Union Archiviato il 23 novembre 2009 in Internet Archive..
  21. ^ Bailey, David and Soyoung Kim (26 giugno 2009). "GE's Immelt says U.S. economy needs industrial renewal". UK Guardian.
  22. ^ (EN) Charles Lane, Donald Trump's contempt for the free market, in The Washington Post, 21 ottobre 2015, ISSN 0190-8286 (WC · ACNP). URL consultato il 22 luglio 2016.
  23. ^ (EN) Maggie Haberman, Donald Trump Says He Favors Big Tariffs on Chinese Exports, su The New York Times — First Draft, 7 gennaio 2016. URL consultato il 22 luglio 2016.
  24. ^ Trump: stop a dazi con Ue. Sanzioni per 60 miliardi contro Cina, Sky TG24, 23 marzo 2018.
  25. ^ Top U.S. Trade Partners Ranked by 2016 U.S. Total Export Value for Goods (in millions of U.S. dollars) (PDF), su trade.gov. URL consultato il 7 febbraio 2017 (archiviato dall'url originale il 13 luglio 2018).
  26. ^ Bilancia commerciale USA su Infomercati - Diplomazia economica italiana
  27. ^ OEC - USA, su atlas.media.mit.edu. URL consultato il 28 marzo 2018 (archiviato dall'url originale il 29 settembre 2017).
  28. ^ a b USA: bilancia commerciale, percentuale del PIL

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]