Autodenuncia di solidarietà a Lotta Continua

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Nell'ottobre 1971 il quotidiano Lotta Continua, legato alle posizioni dell'omonima formazione extraparlamentare di estrema sinistra, pubblica un'autodenuncia (sottoscritta da numerosi noti intellettuali) indirizzata al procuratore della Repubblica di Torino che aveva inquisito alcuni suoi militanti ed ex-direttori per istigazione a delinquere. In un suo significativo passaggio il documento così recitava:

«...Testimoniamo pertanto che, quando i cittadini da lei imputati affermano che in questa società "l'esercito è strumento del capitalismo, mezzo di repressione della lotta di classe", noi lo affermiamo con loro. Quando essi dicono "se è vero che i padroni sono dei ladri, è giusto andare a riprendere quello che hanno rubato", lo diciamo con loro. Quando essi gridano "lotta di classe, armiamo le masse", lo gridiamo con loro. Quando essi si impegnano a "combattere un giorno con le armi in pugno contro lo Stato fino alla liberazione dai padroni e dallo sfruttamento", ci impegniamo con loro.»

Presupposti[modifica | modifica wikitesto]

L'anarchico Giuseppe Pinelli, indagato per la strage di Piazza Fontana, era morto in circostanze mai del tutto chiarite il 15 dicembre 1969 mentre era trattenuto in questura per essere interrogato. La questura di Milano, che stava allora indagando principalmente negli ambienti anarchici e della sinistra, affermò in un primo tempo che Pinelli, già interrogato anche in occasione di alcuni attentati avvenuti nella primavera (poi col tempo rivelatisi di probabile matrice nera), si era suicidato perché era stato dimostrato il suo coinvolgimento nella strage e caduti i suoi alibi. Questa versione venne smentita dalle stesse autorità dopo pochi giorni, quando l'alibi dell'anarchico risultò essere in realtà autentico.[1][2]

Successivamente alla morte di Pinelli, Lotta Continua ritenne il commissario Luigi Calabresi il maggiore responsabile della morte di Pinelli (era il responsabile dell'interrogatorio) e proprio contro di lui venne condotta una campagna dai toni molto accesi. Ad es. si pubblicava:

«Quella sera a Milano era caldo
Calabresi nervoso fumava.
“Tu Lograno apri un po’ la finestra”.
Ad un tratto Pinelli cascò.
“Poche storie, confessa, Pinelli,
c’è Valpreda che ha già parlato.
È l’autore di questo attentato
ed il complice è certo sei tu”.
“Impossibile - grida Pinelli -
un compagno non può averlo fatto.
E l’autore di questo delitto
tra i padroni bisogna cercar”.
“Stai attento indiziato Pinelli.
Questa stanza è già piena di fumo.
Se tu insisti apriam la finestra:
quattro piani son duri da far”.
Calabresi e tu Guida assassini
se un compagno avete ammazzato
questa lotta non avete fermato
la vendetta più dura sarà»

In quel periodo diversi giornalisti, non necessariamente legati a Lotta Continua, prestavano il loro nome firmando il giornale come direttore responsabile per consentirne la pubblicazione (Marco Pannella, Aloisio Rendi, Marcello Baraghini ed altri). A causa dei contenuti dei loro articoli, furono tutti inquisiti, insieme ad altri militanti, dai magistrati di Torino per "reati a mezzo stampa" come vilipendio all'esercito, istigazione alla diserzione ed a delinquere ed altri reati d'opinione.

Firmatari[modifica | modifica wikitesto]

Fonti[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Colpo di scena: un fermato si uccide in questura, articolo del "Corriere della Sera" del 16 dicembre 1969, riportato da isole.ecn.org
  2. ^ Dossier a cura del Circolo anarchico Ponte della Ghisolfa, contenente gli articoli Colpo di scena: un fermato si uccide in questura del "Corriere della Sera", Clamoroso colpo di scena nelle indagini sui terroristi e Gesto rivelatore da "La Notte" del 16 dicembre 1969 e l'articolo Improvviso dramma in questura: l'anarchico Pinelli si uccide del settimanale "Epoca"

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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