Arcidiocesi di Stauropoli

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Stauropoli
Sede arcivescovile titolare
Archidioecesis Stauropolitana
Patriarcato di Costantinopoli
Sede titolare di Stauropoli
Mappa della diocesi civile di Asia (V secolo)
Arcivescovo titolaresede vacante
IstituitaXVII secolo
StatoTurchia
Arcidiocesi soppressa di Stauropoli
Erettacirca IV secolo
Soppressacirca XV secolo
Dati dall'annuario pontificio
Sedi titolari cattoliche
Il tetrapilo di Afrodisia.
Il tempio di Afrodite, trasformato in basilica cristiana.
L'Odeion di Afrodisia; gli ambienti annessi furono trasformati e utilizzati in epoca bizantina come residenza del metropolita.

L'arcidiocesi di Stauropoli (in latino Archidioecesis Stauropolitana) è una sede soppressa del patriarcato di Costantinopoli e una sede titolare della Chiesa cattolica.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Stauropoli, identificabile con Geyre nell'odierna Turchia, è l'antica sede metropolitana della provincia romana della Caria nella diocesi civile di Asia e nel patriarcato di Costantinopoli.

In epoca ellenistico-romana, la città aveva il nome di Afrodisia, modificato in epoca cristiana con Stauropoli (dal greco, che significa: città della croce). Successivamente, in epoca bizantina, la città assunse il nome di Caria, nome che si mantiene ancora oggi in quello del villaggio (Geyre) sorto sulle sue rovine.

Stauropoli fu sede di un'antica comunità cristiana. Il Martirologio romano, alla data del 30 aprile, ricorda i martiri Diodoro e Rodopiano, che furono condannati alla lapidazione ad Afrodisia durante la persecuzione di Diocleziano: «Ad Afrodisia in Caria, nell'odierna Turchia, santi Diodoro e Rodopiano, martiri, che, durante la persecuzione dell'imperatore Diocleziano, furono lapidati dai loro stessi concittadini».[1]

Solo dal concilio di Calcedonia (451) i vescovi si firmano episcopi ecclesiae Aphrodisiadis metropolis Cariae. Sono una trentina i vescovi conosciuti di Stauropoli nel primo millennio cristiano, molti dei quali noti grazie alle scoperte epigrafiche e sigillografiche. Sono noti metropoliti di Caria fino alla metà del XV secolo.

Nella Notitiae Episcopatuum del patriarcato di Costantinopoli la sede appare fino al XIV secolo ed è menzionata con il nome di Stauropoli, ma non di rado è chiamata semplicemente "Caria" dal nome della provincia di appartenenza; occupa una posizione che varia tra il 20º ed il 32º posto tra le sedi metropolitane del patriarcato.[2]

Le Notitiae le assegnano molte suffraganee. Quella attribuita all'imperatore Leone VI e datata all'inizio del X secolo elenca 26 diocesi suffraganee di Stauropoli: Cibira, Eraclea Salbace, Apollonia, Eraclea al Latmo, Tabe, Larbe, Antiochia al Meandro, Tapasa, Arpasa, Neapoli, Ortosia, Anatetarte, Alabanda, Stratonicea, Alinda, Milasa, Amizone, Jaso, Bargilia, Alicarnasso, Lorima, Cnido, Mindo, Geron, Cidramo e Ceramo.[3]

Dal XVII secolo Stauropoli è annoverata tra le sedi arcivescovili titolari della Chiesa cattolica; la sede è vacante dal 19 giugno 1971. Il suo ultimo titolare è stato Gabriel Thohey Mahn-Gaby, arcivescovo coadiutore di Rangoon.

Cronotassi[modifica | modifica wikitesto]

Arcivescovi greci[modifica | modifica wikitesto]

Arcivescovi titolari[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Martirologio Romano. Riformato a norma dei decreti del Concilio ecumenico Vaticano II e promulgato da papa Giovanni Paolo II, Città del Vaticano, Libreria editrice vaticana, 2004, p. 363.
  2. ^ Jean Darrouzès, Notitiae episcopatuum Ecclesiae Constantinopolitanae. Texte critique, introduction et notes, Paris, 1981, indice p. 514, voce Stauroupolis, métropole de Karia.
  3. ^ Darrouzès, Notitiae episcopatuum Ecclesiae Constantinopolitanae, p. 280, nnº 361-387.
  4. ^ Destephen, Prosopographie du diocèse d'Asie, p. 105.
  5. ^ Destephen, Prosopographie du diocèse d'Asie, pp. 276-277.
  6. ^ Destephen, Prosopographie du diocèse d'Asie, pp. 602-604.
  7. ^ Destephen, Prosopographie du diocèse d'Asie, pp. 589-590.
  8. ^ Destephen, Prosopographie du diocèse d'Asie, pp. 725-726.
  9. ^ Destephen, Prosopographie du diocèse d'Asie, pp. 343-344.
  10. ^ Destephen, Prosopographie du diocèse d'Asie, p. 842.
  11. ^ Destephen, Prosopographie du diocèse d'Asie, pp. 780-781.
  12. ^ Destephen, Prosopographie du diocèse d'Asie, p. 217.
  13. ^ Destephen, Prosopographie du diocèse d'Asie, p. 919.
  14. ^ Destephen, Prosopographie du diocèse d'Asie, p. 744.
  15. ^ Salvatore Cosentino, Un inedito sigillo bizantino da Iasos di Caria, Bollettino dell'Associazione Iasos di Caria, 19 (2013), pp. 21-23.
  16. ^ Vitalien Laurent, Le corpus des sceaux de l'empire Byzantin, vol. V/1, Paris, 1963, nº 514.
  17. ^ Vitalien Laurent, Le corpus des sceaux de l'empire Byzantin, vol. V/1, Paris, 1963, nº 515.
  18. ^ Vitalien Laurent, Le corpus des sceaux de l'empire Byzantin, vol. V/1, Paris, 1963, nº 519.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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