Andrea Mazzitelli

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Andrea Mazzitelli
NascitaParghelia, 27 luglio 1753
MorteNapoli, 8 gennaio 1800
Cause della morteImpiccagione
Luogo di sepolturaChiesa di San Giovanni a Mare
Dati militari
Paese servito Regno di Napoli
Repubblica Partenopea
Forza armataMarina del Regno di Napoli
GradoCapitano di fregata
GuerrePrima coalizione
Pubblicazionivedi qui
dati tratti da I marinai napolitani del 1799[1]
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Andrea Mazzitelli (Parghelia, 27 luglio 1753Napoli, 8 gennaio 1800) è stato un militare e marinaio italiano, ufficiale della Real Marina del Regno delle Due Sicilie e poi della Repubblica Napoletana.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nacque a Parghelia il 27 luglio 1753, figlio di Francesco e di Vincenzina Ieròcades.[1] Fece i suoi primi studi sotto lo zio Antonio Jerocades, poeta, letterato e umanista, che aveva una scuola privata a Parghelia, frequentandolo sino al 1765.[2] Trasferitosi quindi a Marsiglia, dove il padre aveva alcuni attività commerciali, fu ospite presso una famiglia e studiò alla Regia Scuola Nautica sotto la direzione dell'idrografo Poittevin conseguendo il diploma di pilota d'altura.[2] La famiglia che lo ospitava possedeva alcuni bastimenti commerciali ed egli navigò al lungo, toccando le coste dell'Africa, dell'Asia e delle Americhe.[2] Il 20 febbraio 1776 sposò la signorina Caterina Massari, e mentre trascorreva un periodo di riposo a Parghelia venne a sapere che il Ministro della Marina Giovanni Acton arruolava specialisti per la ricostituita Marina del Regno di Napoli.[2] Presentò subito domanda che fu accolta con Real Dispaccio del 10 marzo 1789 e fu arruolato come pilota soprannumerario.[3] Per i titoli acquisiti sostenne l'esame di ufficiale, avendo come esaminatore Francesco Caracciolo.[2] Fin dal 1792 iniziò a frequentare la casa del letterato Ignazio Ciaia a Napoli, e fu per questo continuamente sorvegliato dalla Polizia.[2] Nel 1795 diede alle stampe il libro Corso teorico pratico di nautica in un novella facilissimo metodo dedicandola al Ministro Acton.[4] Dopo la pubblicazione di questa opera la Polizia intensificò la sorveglianza e venne arrestato e incarcerato nelle carceri della Giunta di Stato insieme a Paribella, Bisceglia, Fasulo e all'abate Giuseppe Cestari, venendo liberato il 22 luglio 1798, esonerato dal servizio nella Marina militare in base all'applicazione della Legge Castelcicala.[5] Con la fuga della famiglia reale da Napoli, il 22 dicembre 1798, la città cadde in preda alla totale anarchia popolare, e l'ammiraglio inglese Horatio Nelson diede l'ordine di incendiare le navi borboniche presenti in porto affinché non cadessero nelle mani dei francesi.[4] Dopo i primi giorni trascorsi in casa egli si presentò al generale Jean Étienne Championnet il quale lo incaricò dapprima di guidare una colonna di granatieri direttamente nel centro di Napoli, e poi di catturare con i circa 50 uomini al suo comando la fregata Cerere, presente in porto, che stava per salpare alla volta di Palermo.[6] Con una brillante azione catturò la Cerere, al comando del capitano Maurizio, e si impadronì anche di due corvette e quattro brigantini.[7] Assunse il comando del dipartimento della Marina e della Darsena, ma a causa del suo spirito di indipendenza venne esonerato dalle autorità francesi ed imprigionato, ma fu poi processato ed assolto da ogni accusa.[2] Nei primi giorni del 1799 con un barcone armato catturò a Nisida un bastimento mercantile carico di cuoio, catrame e mobili, il cui proprietario era fuggito a Palermo, e poi nelle acque di Cassano di Sorrento di tre polacche cariche di polvere da sparo.[2] Promosso tenente di vascello il 3 marzo assunse il comando del porto di Ponza e della Darsena, e poi fu promosso capitano di fregata.[8] Il 2 aprile catturò il fortino di Pozzano,[8] e il 17 maggio agli ordini di Caracciolo prese parte al combattimento navale contro gli inglesi tra Procida e Ischia al fine di impedire la riconquista di Procida da parte delle forze inglesi.[4] Il 13 giugno 1799 rimase ferito sul Ponte della Maddalena in un combattimento contro le forze realiste, venendo catturato dalle truppe del Cardinale Ruffo e rinchiuso ai Granilli.[4] Dopo 8 mesi fu processato da un tribunale composto da 11 giudici, e condannato a morte per impiccagione.[4] Subito rinchiuso in una cappella del castello del Carmine, la sentenza fu eseguita l'8 gennaio 1800.[4] Insieme a lui vennero giustiziati anche gli ufficiali Luigi De La Granelais, Giovan Battista De Simone, e Raffaele De Montemajor.[9] Una via di Pagheria porta il suo nome.

Pubblicazioni[modifica | modifica wikitesto]

  • Corso teorico pratico di nautica in un novella facilissimo metodo, Tipografia Ramondini, Napoli, 1795.
  • Lettera del cittadino Andrea Mazzitelli tenente di vascello al cittadino Francesco Caracciolo Direttore Generale della Marina Napolitana, 1799.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Rivista Marittima giugno-luglio 1899, p. 509.
  2. ^ a b c d e f g h Tropeamagazine.
  3. ^ Maresca 1968, p. 770.
  4. ^ a b c d e f Rivista Marittima giugno-luglio 1899, p. 510.
  5. ^ D'Ajala 1883, p. 394.
  6. ^ Maresca 1968, p. 771.
  7. ^ Maresca 1968, p. 772.
  8. ^ a b Porcaro 1967, p. 119.
  9. ^ Porcaro 1967, p. 160.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Mariano D'Ajala, Vite degli italiani benemeriti della Patria e della libertà uccisi dal carnefice, Napoli, Bocca, 1883.
  • Francesco Gallo, La rivoluzione napoletana del 1799, Cosenza, Pellegrini, 1950.
  • Benedetto Maresca, La difesa marittima della Repubblica Napoletana, Sala Bolognese, Arnaldo Forni Editore, 1968.
  • Giuseppe Porcaro, Francesco Caracciolo, Napoli, Berisio, 1967.
  • Alfonso Sansone, Gli avvenimenti del 1799 nel Regno delle Due Sicilie, Palermo, Casa Editrice Era Nova, 1901.
Periodici

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]