Utente:Stella/miti adriatici

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Nell'esaminare i legami tra i miti, i culti adriatici e la presenza in essi dei Siracusani, che gli studiosi moderni ritengono realmente esistiti, è bene considerare che l'esplorazione, talassocrazia o colonizzazione, che dir si voglia, della polis siceliota risale al IV secolo a.C. ed è quindi molto probabile che la radice della maggior parte di questi miti, o della loro totalità, risalga ad epoche ben più arcaiche - esplorazione micenea, euboica e corinzia - e che i Siracusani abbiano invece svolto il compito, altrettanto importante, di "rivitalizzare" questi antichi culti, alle volte modificandoli un po', per condurli fino all'epoca romana e anche oltre tale avvento.

Culti per divinità acquatiche e ctonie

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La cultualità per le divinità acquatiche, note come ninfe, e quella per le divinità ctonie (ovvero divinità del sottosuolo) - che tra esse sono collegate -, risulta presente in diverse zone dell'Adriatico orientale e alto-occidentale. Tre di queste aree, in particolare, mostrano un collegamento con i miti siracusani e quindi una possibile azione rivitalizzatrice dettata dai naviganti Siracusani nel IV secolo a.C.; si tratta della cultualità di Faro (Dalmazia), delle sponde dell'Eridano/Padus (fiume Po) e di Abano (Padova, Veneto).

Le tre aree nominate sono state interessate dalla presenza siracusana d'età dionisiana: Pharos (Faro), afferma Diodoro Siculo, fu colonizzata dai Siracusani insieme ai Pari (Greci giunti dall'omonima isola dell'Egeo);[1] alle bocche dell'Eridano sorgeva Adria, che secondo alcuni fu anch'essa fondazione dionisiana[2] e secondo altri fu possedimento o rifondazione degli stessi Sicelioti;[3] dal Veneto, afferma Strabone, Dionisio si procurava i suoi candidi destrieri.[4]

Le ninfe Nereidi (dipinto di Gaston Bussière, XIX secolo)

Appurato che il collegamento tra i locali e i Greci di Siracusa è storicamente fondato, si può focalizzare l'attenzione sugli antichi miti acquatici e cotnii di questi popoli che si affacciavano sul mare Adriatico e confrontarne le similitudini con quelli di coloro che giungevano dal mar Siculo:

«Ovidio (Metamorfosi II.325) narra che le Naiadi (ninfe delle acque) "Esperie" seppellirono Fetonte. Esperie significa "dell'Esperia", cioè delle regioni occidentali, che è pure il significato di "Esperidi", il nome delle ninfe che vivevano nel giardino delle mele d'oro che Eracle riuscì a cogliere durante la sua penultima fatica

Sulle sponde del fiume Po sembrano concentrarsi le maggiori memorie riguardanti le ninfe: dalle Naiadi, che sono le ninfe delle acque dolci, nacquero le Eleadi: le ninfe delle paludi che piansero la morte del fratello Fetonte, figlio di Apollo, sull'Eridano. Qui inoltre, a detta di Ferecide di Atene (il più antico storico ad associare l'Eridano al fiume Padus), sorgeva un Nymhaion oracolare: un antro nei pressi del fiume nel quale risiedeva Nereo: dio del mare e genitore, insieme a Doride, delle ninfe marine; le Nereidi.

Oltre a ciò, stando al passo di Ovidio, poeta latino, qui vi risiedevano anche le Esperidi: le Naides Hesperiae, ovvero divinità palustri dell'Occidente;[5] questo ultimo gruppo di ninfe è particolarmente importante per il mito adriatico, poiché sono esse, secondo Ferecide di Atene, che consigliano l'eroe Eracle - il quale era alla ricerca delle mele d'oro di Era - di rivolgersi all'anziano divinatore dell'Eridano, Nereo, per sapere da questi dove si trovasse l'ambito e proibito frutto.

Il fiume Po nei pressi di Borgo Virgilio
I vulcanici colli Euganei, che sarebbero la causa della cultualità cotnia instauratasi nei Veneti

Si sostiene che Ferecide abbia fatto confusione tra l'Eridano/Padus e il giardino delle Esperidi (all'epoca non vi era ancora una concezione ben definita per il fiume dell'Adriatico occidentale), ma è comunque interessante notare che anche un altro storico ateniese, Apollodoro, colloca il giardino delle Esperidi e la presenza di Eracle nel paese degli Iperborei abitato da Atlante (padre delle Esperidi); lo stesso Atlante che Ferecide colloca nel giardino delle mele d'oro.

Gli Iperborei, secondo il più antico Esiodo, risiedevano nei pressi dell'Eridano abitato «dai bei cavalli» (identificabili con i medesimi destrieri veneti di cui parla Strabone) e ricolmo di ambra; sono in sostanza i segni distintivi dell'Eridano/Padus del mito fetonteo (vd. sezione sotto).

La cultualità delle ninfe acquatiche è tra l'altro connessa con quella per le divinità del sottosuolo. In quest'area si trovano sia i colli Euganei e sia il fiume Tartaro; località entrambe interessate da culti per divinità ctonie.

A nord della foce dell'Eridano, e confinanti con la laguna veneta, sorgono i rilievi d'origine vulcanica detti Euganei: si tratta del luogo che vide la lotta tra Eracle e il dio locale Gerione, custode delle mandrie del dio sole.[6] Nel mito greco Gerione è un mostro tricefalo malvagio (decima fatica di Eracle), tuttavia, grazie ad una testimonianza di Svetonio, si apprende che in origine questo re indigeno era una figura benevola: egli corrisponde infatti alla divinità veneta dei tempi romani, conosciuto con il nome di Aponus (termine latino dal quale derivò il toponimo la città di Abano[7]); ne è il predecessore. Aponus risiedeva presso l'omoninma sorgente termale in territorio patavino: medesimo luogo nel quale si recò l'imperatore Tiberio, nel 12 a.C., per consulatare «l'oracolo di Gerione».

Gerione è a sua volta assimilato ad un'altra divinità del sottosuolo: la dea infera Ecate.[N 1] Gerione ed Ecate hanno molti punti in comune: entrambi hanno un corpo triforme; una collocazione infernale; significato lunare.[N 2][8] Ed Ecate si suppone che fosse la dea venerata presso la bocca dell'Eridano/Po che attraversando Adria (l'Adrias potamos menzionato da Ecateo) sfociava nel mare Adriatico: canale originatosi dalla fossa Filistina (opera idraulica attribuita al siracusano Filisto).[9]

«Di tutte le aree del Mediterraneo in cui è attestata connessione fra mito di Eracle e mito di Gerione, solo ad Agirio in Sicilia e ad Abano nel Veneto Gerione è divinità benefica e non mostruosa.»

Fetonte, Cicno e la via dell'ambra

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«/ ] popoli degli Iperborei dai bei cavalli / che generò la terra feconda, numerosi, essa che nutre molti, / ] dell'Eridano, che scorre profondo, presso l'alta corrente, / ] dell'ambra.»

I Dioscuri e le stelle dei navigatori

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Note esplicative
  1. ^ Rivista Storica Dell'antichità, vol. 22-24, 1994, p. 234:

    «A Gerione viene accostata Ecate nel suo significato lunare e nel suo aspetto trimorfo», grazie all'influsso dal mondo paleoveneto nel quale Ecate era spesso presente nelle raffigurazioni triprosope, «quasi paredra di Gerione», venerata come dea della nascita, della morte, della salute.»

  2. ^ Cfr. Calogero Riggi, ‎Biagio Amata, Università Pontificia Salesiana, Epistrophe: tensione verso la divina armonia, 1985, p. 189; Pontificia Università Antonianum, Antonianum: Periodicum Trimestre, volume 79, ed. 1-2, 2004, pp. 146-154; Rivista Storica Dell'antichità, vol. 22-24, 1994, p. 234.

    «Cosi è l'Uomo androgino in tutti, che i profani chiamano Gerione tricorporeo (tpuod)ματος), poiché Gerione (Tnpvóvmς) significa “che scorre dalla terra” (èk Yiig ρέovτα) e che comunemente i Greci chiamano “corno celeste della Luna” (έτουράνιον μmvòς κέρας), poiché ha “mescolato e confuso" (κοτομ épuxe xoi κεκëpox£) tutte le cose insieme.»

Fonti
  1. ^ Diod. Sic., XV, 13-14.
  2. ^ Vd. Ἐτυμολογικὸν Μέγα (Etymologicum Magnum), s.v. Άδρίας; Giovanni Tzetzes, scolio a Lycophr. Alex., 631.
  3. ^ Vd. es. Venetia: Studi miscellanei di archeologia delle Venezie, 1967, p. 43; Lorenzo Braccesi, Terra di confine: archeologia e storia tra Marche, Romagna e San Marino, 2007, pp. 26-27.
  4. ^ Strabone, Geografia, V, 1, 4.
  5. ^ Vd. Rossignoli, p. 343.
  6. ^ Cfr. Rossignoli, p. 219.
  7. ^ Cfr. Montegrotto, in Enciclopedia dell'arte antica, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  8. ^ Vd. anche Gian Maria Ferretto, Prima lettura analitica comparata nei sensi letterale, allegorico, anagogico e morale della Comedia di Dante Alighieri: Inferno, canti 24-34, 1999, pp. 1395, 1436.
  9. ^ Cfr. Rendiconti Lincei, Memorie della Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche, 1952, p. 248; Fiamma Lenzi, Rimini e l'Adriatico nell'età delle guerre puniche: atti del Convegno internazionale di studi Rimini, Musei Comunali, 25-27 marzo 2004, 2006, p. 141.
  10. ^ Trad. ita in Antonio Aloni, Massimiliano Ornaghi, Tra panellenismo e tradizioni locali: nuovi contributi, 2011, p. 375.


  • Benedetta Rossignoli, ΑΔΡΙΑΣ, 1 - L'Adriatico greco - Culti e miti minori, L'ERMA di BRETSCHNEIDER, 2004, ISBN 9788882652777.

Voci correlate

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