Ionizzazione chimica a pressione atmosferica: differenze tra le versioni
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Versione delle 11:32, 3 feb 2010
In spettrometria di massa la ionizzazione chimica a pressione atmosferica è una tecnica di ionizzazione a pressione atmosferica e un'interfaccia ionizzante per cromatografia liquida. Questa tecnica produce poca frammentazione, è una tecnica di ionizzazione soft. Può essere accoppiata con flussi fino a 1-2 ml/min, è adatta per composti di bassa e media polarità e risente meno dell'ESI della presenza di tamponi inorganici. Sotto molti punti di vista si può dire che è una tecnica complementare all'ESI e all'APPI.
Comunemente si indica con APCI, dalla lingua inglese atmospheric pressure chemical ionization.
Meccanismo
Il campione viene nebulizzato con l'aiuto di un gas ausiliario (aria o azoto) e fatto evaporare in una zona fortemente riscaldata (500-600 °C) per un tempo molto breve: in questo modo i composti termolabili non degradano. Può comunque verificarsi talvolta degradazione termica. Il campione viene poi ionizzato da un ago sottoposto a un voltaggio (circa 2-3 μA) che produce una scarica effetto corona: dapprima vengono ionizzati i gas ausiliari e si formano gli ioni primari (il cui tempo di vita è di circa 1 μs), questi ionizzano il solvente formando gli ioni reagenti (il cui tempo di vita è di circa 500 μs), i quali a loro volta ionizzano il campione. Con questa tecnica non si formano ioni multicarica.
In vecchie applicazioni la ionizzazione veniva prodotta da un emettitore di radiazione β: 63Ni (Ni-APCI).
Bibliografia
- Robert M. Silverstein, Francis X. Webster, David J. Kiemle, Identificazione spettrometrica di composti organici, 2ª ed., Milano, Casa Editrice Ambrosiana, giugno 2006.ISBN 88-408-1344-6
- Kenneth A. Rubinson, Judith F. Rubinson, Chimica analitica strumentale, 1ª ed., Bologna, Zanichelli, luglio 2002.ISBN 88-08-08959-2