Poesie (Aristotele): differenze tra le versioni
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* A. Ford, ''Aristotle as Poet: The Song for Hermias and Its Contexts'', New York, Oxford University Press, 2011. |
* A. Ford, ''Aristotle as Poet: The Song for Hermias and Its Contexts'', New York, Oxford University Press, 2011. |
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* Valentin Rose (a cura di), ''Aristotelis qui ferebantur librorum fragmenta'', terza edizione, Lipsia, Teubner, 1886. |
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Versione delle 12:56, 28 giu 2020
Poesie | |
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Titolo originale | Ποίηματα Poìemata |
Autore | Aristotele |
1ª ed. originale | |
Genere | poesia elegiaca |
Sottogenere | inni |
Lingua originale | greco antico |
Le poesie di Aristotele erano una serie di componimenti estemporanei scritte dal filosofo per determinate persone ed eventi della sua biografia ed oggi perdute, a parte scarni frammenti. Non è sicuro, comunque, che queste poesie fossero state pubblicate e raccolte e, per il loro carattere pubblico e retoricamente elaborato, possono essere annoverate tra le opere essoteriche.
Carmi
Delle composizioni poetiche di Aristotele ci sono giunti cinque frammenti, tre dei quali in metro elegiaco, uno in esametri e un altro in dattilo-epitriti.
Diogene Laerzio parla, offrendo l'indice dei testi aristotelici, di poesie in esametri e carmi in distici elegiaci. Abbiamo notizia anche di un Inno ad Ermia, tiranno di Atarneo e compagno di Aristotele nell'Accademia [1], in realtà un epigrammaː
Dal re dei faretrofori Persiani,
che violò dei numi santa legge,
fu ucciso costui un giorno; né fu vinto
alla luce del sole con la lancia
in sanguinose lotte, ma fu complice
un uomo ingannatore. [2]
Una elegia rivolta all'amico Eudemo di Cipro, filosofo platonico e suo amico [3], la cosiddetta "elegia dell'altare", con un elogio del maestro Platone, viene parzialmente citata da Olimpiodoro[4]ː
E, giunto di Cecropia al nobil suolo,
piamente eresse un'ara all'amicizia
illustre di un uomo che lodare
nemmeno è lecito ai malvagiː
ed egli solo, primo tra i mortali,
dimostrò chiaramente con la vita
e con le sue parole che ogni uomo
può essere felice e buono; eppure
adesso a nessuno è ciò concesso.[5]
Infine, sempre Diogene Laerzio cita un Inno alla Virtù[6] in 15 versi corali e, al termine del catalogo degli scritti aristotelici, una poesia esametrica, il cui inizio era «O nume santo veneratissimo, lungisaettante»[7] - quindi un probabile Inno ad Apollo - e un'elegia il cui inizio era «Figlia di madre dai figlioli belli»[8].
Note
Bibliografia
- A. Ford, Aristotle as Poet: The Song for Hermias and Its Contexts, New York, Oxford University Press, 2011.
- R. Renehan, Aristotle's Elegiacs to Eudemus, in "Illinois Classical Studies", n. 16 (2009), pp. 255-267.
- Valentin Rose (a cura di), Aristotelis qui ferebantur librorum fragmenta, terza edizione, Lipsia, Teubner, 1886.
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