Poesie (Aristotele): differenze tra le versioni
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[[Diogene Laerzio]] parla, offrendo l'indice dei testi aristotelici, di poesie in esametri e carmi in distici elegiaci. Abbiamo notizia anche di un ''Inno ad [[Ermia di Atarneo|Ermia]]'', tiranno di Atarneo e compagno di Aristotele nell'[[Accademia di Platone|Accademia]] <ref>[[Strabone]], XIII 610.</ref>, in realtà un [[epigramma]]ː |
[[Diogene Laerzio]] parla, offrendo l'indice dei testi aristotelici, di poesie in esametri e carmi in distici elegiaci. Abbiamo notizia anche di un ''Inno ad [[Ermia di Atarneo|Ermia]]'', tiranno di Atarneo e compagno di Aristotele nell'[[Accademia di Platone|Accademia]] <ref>[[Strabone]], XIII 610.</ref>, in realtà un [[epigramma]]ː |
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<blockquote>Dal re dei faretrofori Persiani,< |
<blockquote>Dal re dei faretrofori Persiani,<br/> |
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che violò dei numi santa legge,< |
che violò dei numi santa legge,<br/> |
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fu ucciso costui un giorno; né fu vinto< |
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in sanguinose lotte, ma fu complice< |
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un uomo ingannatore. <ref>Diogene Laerzio, V 6 - trad. A. D'Andria. </ref></blockquote> |
un uomo ingannatore. <ref>Diogene Laerzio, V 6 - trad. A. D'Andria. </ref></blockquote> |
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Una elegia rivolta all'amico [[Eudemo di Cipro]], filosofo platonico e suo amico <ref>Cicerone, ''De divinatione'', I 25. </ref>, la cosiddetta "elegia dell'altare", con un elogio del maestro [[Platone]], viene parzialmente citata da [[Olimpiodoro il Giovane|Olimpiodoro]]<ref>''In Platonis Gorgiam'', p. 41.</ref>ː |
Una elegia rivolta all'amico [[Eudemo di Cipro]], filosofo platonico e suo amico <ref>Cicerone, ''De divinatione'', I 25. </ref>, la cosiddetta "elegia dell'altare", con un elogio del maestro [[Platone]], viene parzialmente citata da [[Olimpiodoro il Giovane|Olimpiodoro]]<ref>''In Platonis Gorgiam'', p. 41.</ref>ː |
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<blockquote>E, giunto di Cecropia al nobil suolo,< |
<blockquote>E, giunto di Cecropia al nobil suolo,<br/> |
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piamente eresse un'ara all'amicizia< |
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illustre di un uomo che lodare< |
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nemmeno è lecito ai malvagiː< |
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ed egli solo, primo tra i mortali,< |
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dimostrò chiaramente con la vita< |
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e con le sue parole che ogni uomo< |
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può essere felice e buono; eppure< |
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adesso a nessuno è ciò concesso.<ref>Trad. A. D'Andria.</ref></blockquote> |
adesso a nessuno è ciò concesso.<ref>Trad. A. D'Andria.</ref></blockquote> |
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Infine, sempre Diogene Laerzio cita un ''Inno alla Virtù''<ref>V 7.</ref> in 15 versi corali e, al termine del catalogo degli scritti aristotelici, una poesia esametrica, il cui inizio era «O nume santo veneratissimo, lungisaettante»<ref>Fr. 612 Rose.</ref> - quindi un probabile ''Inno ad Apollo'' - e un'elegia il cui inizio era «Figlia di madre dai figlioli belli»<ref>Fr. 613 Rose.</ref>. |
Infine, sempre Diogene Laerzio cita un ''Inno alla Virtù''<ref>V 7.</ref> in 15 versi corali e, al termine del catalogo degli scritti aristotelici, una poesia esametrica, il cui inizio era «O nume santo veneratissimo, lungisaettante»<ref>Fr. 612 Rose.</ref> - quindi un probabile ''Inno ad Apollo'' - e un'elegia il cui inizio era «Figlia di madre dai figlioli belli»<ref>Fr. 613 Rose.</ref>. |
Versione delle 23:16, 27 giu 2020
Poesie | |
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Titolo originale | Ποίηματα Poìemata |
Autore | Aristotele |
1ª ed. originale | |
Genere | poesia elegiaca |
Sottogenere | inni |
Lingua originale | greco antico |
Le poesie di Aristotele erano una serie di componimenti estemporanei scritte dal filosofo per determinate persone ed eventi della sua biografia ed oggi perdute, a parte scarni frammenti. Non è sicuro, comunque, che queste poesie fossero state pubblicate e raccolte e, per il loro carattere pubblico e retoricamente elaborato, possono essere annoverate tra le opere essoteriche.
Carmi
Delle composizioni poetiche di Aristotele ci sono giunti cinque frammenti, tre dei quali in metro elegiaco, uno in esametri e un altro in dattilo-epitriti.
Diogene Laerzio parla, offrendo l'indice dei testi aristotelici, di poesie in esametri e carmi in distici elegiaci. Abbiamo notizia anche di un Inno ad Ermia, tiranno di Atarneo e compagno di Aristotele nell'Accademia [1], in realtà un epigrammaː
Dal re dei faretrofori Persiani,
che violò dei numi santa legge,
fu ucciso costui un giorno; né fu vinto
alla luce del sole con la lancia
in sanguinose lotte, ma fu complice
un uomo ingannatore. [2]
Una elegia rivolta all'amico Eudemo di Cipro, filosofo platonico e suo amico [3], la cosiddetta "elegia dell'altare", con un elogio del maestro Platone, viene parzialmente citata da Olimpiodoro[4]ː
E, giunto di Cecropia al nobil suolo,
piamente eresse un'ara all'amicizia
illustre di un uomo che lodare
nemmeno è lecito ai malvagiː
ed egli solo, primo tra i mortali,
dimostrò chiaramente con la vita
e con le sue parole che ogni uomo
può essere felice e buono; eppure
adesso a nessuno è ciò concesso.[5]
Infine, sempre Diogene Laerzio cita un Inno alla Virtù[6] in 15 versi corali e, al termine del catalogo degli scritti aristotelici, una poesia esametrica, il cui inizio era «O nume santo veneratissimo, lungisaettante»[7] - quindi un probabile Inno ad Apollo - e un'elegia il cui inizio era «Figlia di madre dai figlioli belli»[8].
Note
Bibliografia
- R. Renehan, Aristotle's Elegiacs to Eudemus, in "Illinois Classical Studies", n. 16 (2009), pp. 255-267.
- A. Ford, Aristotle as Poet: The Song for Hermias and Its Contexts, New York, Oxford University Press, 2011.
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