Santuario di Sant'Oronzo fuori le mura

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Santuario di Sant'Oronzo fuori le mura
Esterno
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegionePuglia
LocalitàLecce
Coordinate40°23′20.01″N 18°10′08.86″E / 40.388893°N 18.169129°E40.388893; 18.169129
ReligioneCattolica
Arcidiocesi Lecce
Stile architettonicoNeoclassico
Inizio costruzione1907
Completamento1912

Il santuario di Sant'Oronzo fuori le mura è una chiesa extraurbana di Lecce situata in via Adriatica. La tradizione indica il Santuario come il luogo dove fu martirizzato Sant'Oronzo, patrono principale della città e di tutta la Diocesi.

Il popolo leccese, nella propria lingua dialettale, denomina il Santuario: "Santu Ronzu fore le mura" o "Santu Ronzu te fore" o anche più caratteristicamente "La Chesia te la Capu te Santu Ronzu", letteralmente "La Chiesa della testa di Sant'Oronzo".

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Tradizione vuole che già in epoca molto antica in questo luogo sorgesse una piccola cappella in ricordo del martirio del santo. Nel 1655 fu edificato, probabilmente su una cappella preesistente, un più grande edificio poi caduto in rovina e sostituito nel 1912 dall'attuale chiesa, voluta dal vescovo Gennaro Trama e progettata dall'architetto Gaetano Capozza. La chiesa ha poi subito un notevole restauro nel 1968 su iniziativa del vescovo Francesco Minerva ma rimase comunque chiusa per molti anni e solo nel 2007 è stata riaperta al culto. In anni recenti è stata sottoposta ad un secondo restauro soprattutto esterno ed oggi è visitabile in alcune occasioni speciali, come le festività in onore del santo. Nel recinto sacro del santuario, intitolato al patrono di Lecce, si crede sia avvenuto appunto il martirio di sant'Oronzo assieme a san Giusto, decapitati all'alba del 26 agosto del 68 d.C.. Tale luogo è oggi contrassegnato da una colonnina in pietra leccese che riporta un'iscrizione in ricordo dell'avvenimento all'origine della chiesa salentina. Pochi metri più distante si nota una cisterna dove tradizione narra che la testa del primo santo vescovo leccese rotolò una volta tagliata.[1]

Una particolarità riguarda la via che conduce al santuario (la stessa che conduce alla marina di Torre Chianca), caratterizzata dalla presenza ogni circa 500 metri di 9 piccole cappelle a ricordo del percorso che Sant'Oronzo fece, scortato dai soldati romani, fino al luogo dove avvenne la decapitazione.

La chiesa è una rettoria dipendente dalla parrocchia Cuore Immacolato di Maria.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Colonnina eretta sul luogo dove Sant'Oronzo è stato decapitato

Esterno[modifica | modifica wikitesto]

La chiesa, in stile neoclassico, è una costruzione in pietra leccese. La facciata possiede un semplice e unico portale d'ingresso timpanato ed è scandita da quattro lesene corinzie. Sulla trabeazione è riportata un'incisione latina con la dedica al martirio del santo. La chiesa è eretta all'interno di un giardino recintato, oggi a ridosso della Tangenziale, confinante con via Adriatica, strada che porta al mare.

L'intero edificio è sormontato da una semplice ma austera cupola, ben visibile anche dalle campagne circostanti.

Interno[modifica | modifica wikitesto]

L'interno, con pianta a croce greca, ospita sull'altare maggiore una tela dipinta che raffigura il martirio del santo, opera del pittore Luigi Scorrano. Sull'altare laterale destro è collocato un altro dipinto che raffigura lo sbarco di San Giusto sulle coste salentine che reca con sé la Lettera ai Romani di San Paolo. Sull'altare laterale sinistro è posta una Statua in cartapesta della Vergina Maria Assunta, a simboleggiare un collegamento spirituale con la Cattedrale di Lecce, a lei intitolata. Nel santuario sono inoltre conservate un'apprezzabile statua in cartapesta del Santo e una scultura particolare, raffigurante la testa decollata del martire, conservata e venerata in un'urna di vetro.

Galleria d'immagini[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Lecce elegia del Barocco, Michele Paone, Congedo Editore, Galatina (Lecce) 1999

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