Ritratto di Maddalena Strozzi

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Ritratto di Maddalena Strozzi
AutoreRaffaello Sanzio
Data1506 circa
TecnicaOlio su tavola
Dimensioni63×45 cm
UbicazioneGalleria Palatina, Firenze
Ritratto di Agnolo Doni

Il Ritratto di Maddalena Strozzi è un dipinto a olio su tavola (63x45 cm) di Raffaello Sanzio, databile al 1506 circa e conservato nella Galleria Palatina a Firenze.

Storia

Il ritratto venne commissionato dal marito della donna, Agnolo Doni, ricco mercante e mecenate fiorentino, assieme a un proprio ritratto, dopo il matrimonio nel 1503. Lo Stesso Doni aveva fatto dipingere a Michelangelo il famoso Tondo Doni, oggi agli Uffizi.

I due ritratti, grazie alla straordinaria introspezione che fece scuola, ebbero un duraturo successo: tra i numerosi che Raffaello dovette eseguire a Firenze, sono gli unici di cui si sia tramandato il nome, fin dai tempi di Vasari.

L'opera rimase in possesso dei discendenti fino al 1826, quando fu ceduta al granduca Leopoldo II di Toscana. Rispetto al ritratto del marito, il ritratto di Agnolo è lievemente posteriore. Radiografia dell'opera hanno mostrato come essa fosse inizialmente ambientata in una stanza con finestra, e altri studi hanno dimotsrato come le dimensioni della tavola vennero accorciate per adattarsi in dittico al ritratto del marito.

Descrizione e stile

Il ritratto raffigura la donna seduta a un balcone che rivela, oltre il parapetto, un magnifico panorama. Il taglio è estremamente monumentale e il personaggio, ritratto col busto di tre quarti verso sinistra e la testa girata verso lo spettatore, è caratterizzato da una sciolta naturalezza.

L'opera, nell'impostazione generale, è palesemente ispirata alla Gioconda (che Raffaello ebbe forse la possibilità di vedere in quegli anni) ma sicuramente manca di ogni evocazione allusiva o misteriosa tipica della ritrattistica di Leonardo da Vinci, prediligendo la rappresentazione fedele delle caratteristiche umane: infatti la figura si impone come presenza fisica, col viso pieno, con lo sguardo rivolto all'esterno, ben consapevole del prestigio del suo rango sociale.

Raffigurata in sontuose vesti, indossa preziosi gioielli che attestano le sue virtù. La collana portata con fierezza è un gioiello in cui incastonate tre pietre differenti, ognuna con un suo preciso significato: lo smeraldo indica la castità, il rubino indica la forza, lo zaffiro indica la purezza; la grossa perla della collana, a forma di goccia, è infine simbolo di fedeltà matrimoniale. Il vestito è tipico della moda dell'epoca, con ampie maniche estraibili, di colore azzurro e con damascature visibili in controluce: esempi pressoché identici si trovano anche nei ritrati raffaelleschi della Gravida e della Dama col liocorno. Quest'ultima è stata identificata da qualche storico come la vera Maddalena Strozzi, ipotesi per lo più scartata. Sulle spalle indossa un sottile velo trasparente.

Il dipinto, pur inserendosi nel preciso contesto della ritrattistica rinascimentale, rinuncia a raffigurare i "moti dell'animo", le caratteristiche spirituali e della personalità della donna raffigurata, per dare spazio a una figura più idealizzata e meno realistica rispetto a quella del ritratto del marito Agnolo Doni, come si conveniva ai ritratti femminili, evidenziando l'elevato status sociale.

Il paesaggio collinare è tipico della scuola umbra, con dolci colline che sfumano in lontananza, punteggiate da segni della presenza umana e da alberelli fronzuti.

I colori, sia nella figura che nello sfondo, sono esemplari delle ricerche di Raffaelo in quegli anni, intonandosi a gradazioni sempre più corpose e d'effetto.

Sul retro dei due ritratti si trova una rappresentazione a monocromo del mito di Deucalione e Pirra, attribuito a un tardo seguace del Sanzio; in particolare in questa tavola si vede il salvataggio dei due dal diluvio inviato dagli dei.

Bibliografia

  • Pierluigi De Vecchi, Raffaello, Rizzoli, Milano 1975.
  • Paolo Franzese, Raffaello, Mondadori Arte, Milano 2008. ISBN 978-88-370-6437-2
  • AA.VV., Galleria degli Uffizi, collana I Grandi Musei del Mondo, Scala Group, Roma 2003.

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