M30 (astronomia)

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M30
Ammasso globulare
M30
Scoperta
ScopritoreCharles Messier
Data1764
Dati osservativi
(epoca J2000)
CostellazioneCapricorno
Ascensione retta21h 40m 22.03s[1]
Declinazione-23° 10′ 44.6″[1]
Distanza26100 a.l.
(8000 pc)
Magnitudine apparente (V)7,4[1]
Dimensione apparente (V)12,0′
Caratteristiche fisiche
TipoAmmasso globulare
ClasseV
Dimensioni45 a.l.
(14 pc)
Altre designazioni
NGC 7099, GCl 122[1]
Mappa di localizzazione
M30
Categoria di ammassi globulari

Coordinate: Carta celeste 21h 40m 22.03s, -23° 10′ 44.6″

M 30 (noto anche come Messier 30 o NGC 7099) è un ammasso globulare situato nella costellazione del Capricorno.

Osservazione[modifica | modifica wikitesto]

Mappa per individuare M30.

M30 si individua nella parte sud-orientale della costellazione, a circa 3,5° ad est dalla stella ζ Capricorni, un astro di quarta magnitudine; può essere individuato con facilità anche con un binocolo 10x50 in buone condizioni atmosferiche, ma il suo aspetto resta circolare e nebuloso, dato che le sue stelle non sono risolvibili. Un telescopio da 114mm e un buon ingrandimento permette di intravedere qualche astro, che diventano diverse decine con uno strumento da 200mm.[2]

M30 può essere osservato con discreta facilità da tutte le aree popolate della Terra, grazie al fatto che è situata a una declinazione non eccessivamente australe: soltanto in alcune aree del Nord Europa e del Canada, nei pressi del circolo polare artico, la sua visibilità risulta difficoltosa (oltre diventa impossibile scorgerlo), mentre nell'Europa centrale appare piuttosto basso sull'orizzonte; dall'emisfero sud l'ammasso è ben visibile alto nelle notti dell'inverno australe e nella sua fascia tropicale può vedersi perfettamente allo zenit.[3] Il periodo migliore per la sua osservazione nel cielo serale è quello compreso fra luglio e novembre.

Storia delle osservazioni[modifica | modifica wikitesto]

M30 è stato scoperto da Charles Messier nel 1764 che lo descrive così: "Nebulosa scoperta vicino a 41 Capricorni. Vista con difficoltà nel telescopio da 3 piedi e mezzo. Rotonda, non contiene stelle...". William Herschel fu il primo a risolverlo in stelle nel 1783 ed a classificarlo come ammasso globulare. L'ammiraglio Smyth lo descrive come un oggetto debole e pallidamente bianco, con aspetto ellittico e con concatenazioni di stelle verso nord.[2]

Caratteristiche[modifica | modifica wikitesto]

Questo denso ammasso si trova a circa 26.000 anni luce dalla Terra ed ha un diametro di circa 76 anni luce; l'ammasso si sta avvicinando ad una velocità di 182 km/s. Il nucleo di quest'ammasso ha una popolazione stellare estremamente densa ed è in fase di collasso, come è successo anche in un'altra ventina di ammassi globulari della nostra Galassia, fra i quali M15, M62 ed M70.[2]

Al suo interno sono state osservate una dozzina di stelle variabili. La più brillante è una gigante rossa di magnitudine 12.1; la magnitudine media delle sue 25 stelle più luminose è invece pari a 14,63.[2]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d SIMBAD Astronomical Database, su Results for NGC 7099. URL consultato il 16 novembre 2006.
  2. ^ a b c d Federico Manzini, Nuovo Orione - Il Catalogo di Messier, 2000.
  3. ^ Una declinazione di 23°S equivale ad una distanza angolare dal polo sud celeste di 67°; il che equivale a dire che a sud del 67°S l'oggetto si presenta circumpolare, mentre a nord del 67°N l'oggetto non sorge mai.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Libri[modifica | modifica wikitesto]

  • (EN) Stephen James O'Meara, Deep Sky Companions: The Messier Objects, Cambridge University Press, 1998, ISBN 0-521-55332-6.

Carte celesti[modifica | modifica wikitesto]

  • Toshimi Taki, Taki's 8.5 Magnitude Star Atlas, su geocities.jp, 2005. URL consultato il 7 novembre 2010 (archiviato dall'url originale il 5 novembre 2018). - Atlante celeste liberamente scaricabile in formato PDF.
  • Tirion, Rappaport, Lovi, Uranometria 2000.0 - Volume II - The Southern Hemisphere to +6°, Richmond, Virginia, USA, Willmann-Bell, inc., 1987, ISBN 0-943396-15-8.
  • Tirion, Sinnott, Sky Atlas 2000.0 - Second Edition, Cambridge, USA, Cambridge University Press, 1998, ISBN 0-933346-90-5.
  • Tirion, The Cambridge Star Atlas 2000.0, 3ª ed., Cambridge, USA, Cambridge University Press, 2001, ISBN 0-521-80084-6.

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