Manfredo Fanti

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Manfredo Fanti

Manfredo Fanti (Carpi, 26 febbraio 1806Firenze, 5 aprile 1865) è stato un rivoluzionario, generale e politico italiano.

Esordi

Figlio di Antonio e di Silea Ferrari Corbolani, crebbe come suddito del Ducato di Modena. Nel 1825 fu ammesso nel Corpo dei pionieri dell'esercito del Duca e, dopo cinque anni di studi, conseguì la laurea in ingegneria e fu promosso ufficiale del Genio.

Nel 1831 aderì al Governo insurrezionale di Modena, che aveva assunto il potere dopo la cattura di Ciro Menotti e la fuga del Duca. Combatté nelle Romagne con le truppe di Carlo Zucchi, segnalandosi nel combattimento di Rimini il 25 marzo.

Dopo la capitolazione di Ancona, condannato all'impiccagione, si rifugiò in Francia, dove regnava Luigi Filippo; lì ottenne di essere arruolato nel corpo del Genio. Nel 1834 prese parte al tentativo rivoluzionario di Mazzini (la cosiddetta invasione della Savoia).

Nel 1835 passò in Spagna, ove restò tredici anni, per arruolarsi volontario nell'Esercito della reggente Maria Cristina, nella guerra contro i carlisti. Fu tenente nel 5° battaglione di Catalogna, poi capitano quindi maggiore, sempre per merito di guerra. Nel 1839 entrò nell'Esercito regolare spagnolo e nel 1847 venne promosso colonnello di cavalleria assumendo le funzioni di capo di stato maggiore del Comando generale di Madrid. Sposò Carlotta Tio di Valencia.

Il rientro in Italia

Monumento al Generale Manfredo Fanti, Firenze

Tornato in Italia nel 1848 allo scoppio della prima guerra di indipendenza offrì invano i propri servigi al Re di Sardegna ed al Governo Provvisorio della Lombardia. Solo nel luglio 1848, quest'ultimo gli affidò l'incaricò di apprestare a difesa la città di Vicenza, con il grado di maggiore generale. Dopo l'abbandono del Veneto, partecipò alle abortite operazioni in difesa di Brescia, Milano ed Alessandria. In Milano ebbe un certo ruolo nel garantire la sicurezza di Carlo Alberto, minacciata dai milanesi furiosi per la notizia della consegna della città agli austriaci del Radetzky.

Nel novembre del 1848 assunse il comando della 2a brigata della «Divisione Lombarda», formata da volontari lombardi, con il grado di generale di brigata. Nel 1849 fu ammesso al Congresso consultivo permanente di guerra e fu nominato deputato per il collegio di Nizza Monferrato.

Partecipò alla campagna del 1849 e, dopo la disfatta alla battaglia di Novara del 23 marzo, successe al suo superiore, il generale Gerolamo Ramorino, ritenuto responsabile della disfatta e fucilato per ignavia.

Nel'aprile 1849 impedì alla sua divisione dall'intervenire a difesa dei genovesi insorti contro il Re, contro i quali era in atto la repressione comandata da Alfonso La Marmora (la repressione di Genova). Fanti venne tuttavia sospettato di tradimento da La Marmora ed altri ufficiali. Fu quindi processato con l'accusa di corresponsabilità con il Ramorino nei precedenti fatti di Novara ed assolto, fu comunque allontanato dall'esercito.

Le prime campagne vittoriose

Solo nel 1855 poté ottenere un nuovo comando e partecipò alla spedizione piemontese alla guerra di Crimea, alla guida della seconda brigata provvisoria.

Nel corso della seconda guerra di indipendenza, con il grado di luogotenente generale, comandò la 2a divisione, segnalandosi specialmente nei combattimenti a Magenta, Palestro e a San Martino. Venne insignito della croce di cavaliere dell'Ordine Militare di Savoia.

L'organizzazione dell'Esercito Italiano

Dopo l'armistizio di Villafranca venne incaricato della riorganizzazione delle nuove divisioni formate dalle Lega dell'Italia Centrale (comprendente Granducato di Toscana, Ducato di Parma, Ducato di Modena, Legazioni) e, nel giro di pochi mesi, seppe trasformarle in un funzionante corpo di 45.000 uomini. Si trattò di un contributo decisivo ad impedire l'abbozzo di restaurazione, tentato nell'autunno-inverno di quell'anno da Francesco Giuseppe, di concerto con Francesco II a sostegno delle rivendicazioni di Pio IX del Granduca di Toscana e dei Duchi di Modena e Parma per la restaurazione dei loro Stati. Per dare manifestazione visibile al nuovo stato di cose, diede avvio alla nuova Scuola Militare di Fanteria di Modena, ospitata nel palazzo del deposto duca. Egli seppe anche fermare Garibaldi che, reduce dai trionfi dei Cacciatori delle Alpi, si era portato in Romagna ed intendeva procedere (senza l'assenso di Napoleone III) verso Umbria e Marche.

Manfredo Fanti

Il ministero della guerra

Sulla base di tali ottime credenziali, nel gennaio 1860 Cavour (rientrato al governo dopo essersi dimesso alla notizia dell'armistizio di Villafranca) incaricò Fanti del ministero della guerra e della marina. Suo primo e fondamentale incarico fu l'incorporazione dell'esercito della Lega dell'Italia Centrale nell'Esercito Sardo.

Il 29 febbraio 1860 fu nominato dal Re senatore.

Il 5 maggio prese l'avvio la spedizione dei mille; Fanti fu nominato a capo del Corpo d'esercito destinato ad operare nell'Italia centrale: ebbe una parte rilevante nella liberazione delle Marche e dell'Umbria (battaglia di Castelfidardo). Fu decorato della gran croce dell'Ordine Militare di Savoia.

Divenne, quindi, generale d'armata e capo di stato maggiore generale dell'esercito nell'Italia meridionale: sconfisse i borbonici alla battaglia di Mola e fu decorato di medaglia d'oro al valore con regio decreto 1° giugno 1861 per la riuscita organizzazione dell'assedio di Gaeta, terminato con la resa di Gaeta il 13 febbraio 1861.

Il 4 maggio 1861 a Torino Fanti, in qualità di Ministro della Guerra, poté quindi decretare che il Regio Esercito avrebbe preso il nome di Esercito Italiano.

La sua opposizione alla facile ammissione nel Regio Esercito dei circa 7.000 ufficiali dell'Esercito Meridionale di Garibaldi, con la conservazione del grado, lo rese fortemente impopolare.

Ultimi anni

Alla morte del Cavour, il 7 giugno 1861 si dimise dal ministero, per assumere il comando del 7° corpo d'armata. Venne tuttavia presto colpito da una grave malattia, che lo costrinse dapprima a ritirarsi a vita privata nel 1863, e poi lo portò alla morte, a Firenze, il 5 aprile 1865.

Onorificenze

Cavaliere di Gran Croce Ordine militare d'Italia - nastrino per uniforme ordinaria

Predecessore Ministro della Guerra del Regno d'Italia Successore
17 marzo 18616 giugno 1861 Bettino Ricasoli ad interim

Voci correlate