De vita solitaria

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De vita solitaria
AutoreFrancesco Petrarca
1ª ed. originale1346-1356
Editio princepsStrasburgo, Adolf Rusch, 1473
Generetrattato
Lingua originalelatino

Il De vita solitaria è un trattato in prosa latina scritto da Francesco Petrarca. L'opera venne redatta all'incirca tra il 1346 e il 1356 ed è un'esaltazione della solitudine: è dunque simile al De otio religioso. L'autore dedicò l'opera a Filippo di Cabassoles, vescovo di Cavaillon, in Provenza.

La solitudine viene descritta come necessaria per la vita contemplativa, sia per i religiosi (tra i quali viene citato Sant'Agostino), sia per filosofi che per pensatori in genere. L'ideale di vita per Petrarca è quello di una raccolta solitudine nella pace agreste, dedicata agli studi letterari e alla riflessione religiosa.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Il trattato è suddiviso in due libri ed è presente un motivo di riflessione e tormento a causa della monacazione del fratello Gherardo. Nel primo libro, Petrarca esalta i vantaggi della solitudine, che preserva l'uomo dalle ambizioni mondane, moltiplica il tempo interiore e induce così a utilizzare nel miglior modo possibile il tempo presente. Nel secondo libro, Petrarca trae - dalla storia antica, dalla Bibbia e dalla recente storia ecclesiastica - un lungo elenco di biografie, sul modello del De viris illustribus, per illustrare casi esemplari di attaccamento o di rifiuto nei confronti della solitudine. Il testo può essere quindi interpretato come il primo grande esempio petrarchesco di sintesi fra la sapienza pagana e quella cristiana.[1]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Alberto Asor Rosa, Storia Europea della Letteratura Italiana - Duecento e Trecento, Milano, Le Monnier, 2008, p. 529.

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