Censura in Italia

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La censura in Italia è applicabile a tutti i mezzi di informazione e di stampa.

Al 2015 Freedom House ha classificato la stampa italiana come Partly Free ("parzialmente libera")[1], mentre nel rapporto dello stesso anno Reporter Senza Frontiere pone l'Italia al 73º posto per la libertà di stampa, [2].

Storia

Censura nel Risorgimento

Lo stesso argomento in dettaglio: Giornalismo italiano nel Risorgimento.

Nel periodo che segue il Congresso di Vienna (1814-1815), in territorio italiano era in atto un incisivo controllo sulla stampa da parte delle monarchie. Nelle capitali dei vari staterelli, e nei centri urbani più importanti, in genere usciva solo un foglio ufficiale della monarchia, generalmente intitolato Gazzetta, che serviva per la pubblicazione delle leggi[3] e di una cronaca attentamente selezionata. Oltre a questi tuttavia erano presenti dei periodici letterari e culturali, dove potevano essere espresse nuove idee. Nel 1816, su iniziativa degli austriaci, a Milano fu fondato un mensile letterario intitolato Biblioteca Italiana, in cui vengono invitati a collaborare (non sempre con successo) oltre 400 fra intellettuali e letterati di tutta Italia. A questa rivista faceva da contraltare Il Conciliatore, periodico statistico-letterario vicino alle idee romantiche di Madame de Staël, che continuerà ad uscire fino al 1819, quando sarà costretto alla chiusura.

La situazione del giornalismo italiano comincia a cambiare con la nascita di numerosi fogli clandestini, stampati dai nuclei carbonari e dai movimenti rivoluzionari sotterranei, che porteranno ai moti del 1820-1821. Uno dei giornali più noti di questo periodo è L'Illuminismo, pubblicato nelle Legazioni pontificie nel 1820, ma abbiamo anche La Minerva di Napoli e La Sentinella subalpina di Torino. Nello stesso periodo, anche negli ambienti liberali italiani ci fu un certo attivismo giornalistico. Risalgono a quegli anni infatti Antologia, giornale di scienze, lettere e arti, nato a Firenze nel 1821, i genovesi Corriere mercantile del 1824 e L'Indicatore genovese, cui collaborò anche il giovane Giuseppe Mazzini.

Nel 1847 e nel 1848 furono promulgati gli editti di Pio IX e di Carlo Alberto, relativi alla libertà di stampa.

Censura nel Regno d'Italia

La prima legge che introduceva un vero e proprio intervento censorio è quella relativa alle proiezioni cinematografiche e risale al 1913[4]. Con questa legge si impediva la rappresentazione di spettacoli osceni o impressionanti o contrari alla decenza, al decoro, all'ordine pubblico, al prestigio delle istituzioni e delle autorità. Il successivo regolamento[5], emanato nel 1914, elencava una lunga serie di divieti e trasferiva il potere di intervento dalle autorità locali di pubblica sicurezza al Ministero dell'Interno. Nel 1920 con un Regio Decreto[6] fu istituita una commissione, che fra le altre cose aveva il compito di visionare preventivamente il copione del film prima dell'inizio delle riprese.

Censura durante l'epoca fascista

Lo stesso argomento in dettaglio: Censura fascista e Censura cinematografica.

La censura, durante il ventennio della dittatura fascista (1922-1944), consistente nella limitazione della libertà di stampa, radiodiffusione, assemblea e libertà di espressione, non fu creata dal regime fascista e non terminò con la fine di questo.

I suoi principali scopi erano:

  • Controllo sull'immagine pubblica del regime.
  • Controllo costante dell'opinione pubblica come strumento di misurazione del consenso.
  • Creazione di archivi nazionali e locali (schedatura) nei quali ogni cittadino veniva catalogato e classificato a seconda delle sue idee, le sue abitudini, le sue relazioni d'amicizia e sessuali, costituendo così di fatto uno stato di polizia.

La censura fascista combatteva ogni contenuto ideologico in contrapposizione al fascismo o lesiva del prestigio della nazione.

La censura nel settore dei media veniva posta in atto dal Ministero della Cultura Popolare (Min.Cul.Pop.), che aveva competenza su tutti i contenuti che potessero apparire in giornali, radio, letteratura, teatro, cinema, ed in genere qualsiasi altra forma di comunicazione o arte.

Nel 1930 fu proibita la distribuzione di libri con contenuti di ideologia marxista. Questi libri erano segregati in sezioni speciali delle biblioteche pubbliche, non aperte al pubblico. Per avere accesso a questi testi bisognava ottenere una autorizzazione governativa, che veniva concessa dietro la presentazione scritta di chiari propositi scientifici o culturali. Grandi falò di libri si verificarono sin dal 1938[7]: le opere contenenti temi sulla cultura ebraica, la massoneria, l'ideologia comunista, vennero rimosse dagli occulti scaffali di biblioteche e librerie. Per poter evitare i sequestri e le conseguenze delle ispezioni fatte dalla polizia fascista, molti bibliotecari nascosero le opere incriminate, ed in effetti in molti casi queste vennero ritrovate alla fine della guerra.

Dal dopoguerra ad oggi

La situazione attuale nei vari campi

Musica

Lo stesso argomento in dettaglio: Censura nella musica in Italia.

Cinema

Lo stesso argomento in dettaglio: Censura cinematografica.

Televisione

Un episodio di censura è stata la cancellazione nell'ottobre 2006 di una puntata della trasmissione televisiva Le Iene che avrebbe dovuto mandare in onda un test sull'uso della droga all'interno del Parlamento Italiano.[8]

Come per tutto il resto dei sistemi di informazione italiani, l'industria della televisione italiana è considerata, sia da fonti interne che esterne al paese, ampiamente politicizzata[9]. Riprendendo un sondaggio effettuato nel dicembre del 2008, solo il 24% degli italiani crede ai programmi informativi televisivi, in netto svantaggio ad esempio con il dato della Gran Bretagna che è al 38%, facendo dell'Italia uno degli unici tre paesi esaminati dove le risorse informative online sono ritenute più affidabili di quelle televisive.[10][11]

Molto spesso in Italia i cartoni animati e gli anime vengono tagliati o modificati anche in maniera massiccia per evitare scene di violenza o di sesso.[12] Uno degli esempi più eclatanti è sicuramente Naruto.[13]

L'8 dicembre 2008, la rete televisiva Rai 2 ha diffuso una versione censurata del film I segreti di Brokeback Mountain nella quale due scene sono state tagliate (la scena dove è rievocata la prima relazione sessuale tra i due eroi e la scena dove si abbracciano)[14]. La censura ha suscitato le proteste dei telespettatori e delle associazioni omosessuali.

Nel 2009 la RAI e Mediaset si sono rifiutate di mandare in onda il trailer promozionale di Videocracy, un'analisi del potere della televisione e di come essa influenzi comportamenti e scelte della popolazione italiana, di come essa sia entrata nella vita quotidiana come principale fonte di informazione per la quasi totalità delle persone, a causa di motivi, rispettivamente per RAI e Mediaset, politici e di opportunità.[15]

Nel 2010 in concomitanza con le elezioni regionali, erano stati sospesi i talk show informativi dell'intero panorama televisivo italiano, su ordinanza dell'Agcom, poi abrogata dal TAR del Lazio con sentenza del 12 marzo 2010[16]. In realtà poi rimasero sospesi alcuni talk show RAI, inclusi Porta a Porta, Ballarò e Anno Zero, come precedentemente sancito dal Consiglio di Amministrazione e poi ribadito dalla Commissione Vigilanza della RAI[17], in ottemperanza al previgente ordinamento Agcom.

Il caso Report

Nel 2009 la televisione di stato RAI tagliò i fondi per l'assistenza legale al programma televisivo d'inchiesta giornalistica Report (messo in onda da Rai 3). Il programma si è sempre interessato di questioni molto sensibili, esponendo spesso i giornalisti ad azioni legali (esempio fra tutti l'autorizzazione alla costruzione di edifici che non rispondevano a specifiche tecniche di resistenza ai terremoti, casi di eccessiva e mala burocrazia, i lunghi tempi della giustizia italiana, prostituzione, scandali di malasanità, casi di banchieri falliti che segretamente possedevano dipinti e opere d'arte di altissimo valore, cattiva gestione dei rifiuti tossici e di diossina, casi di cancro causati dalle schermature antincendio in amianto (Eternit) e casi di inquinamento ambientale causati da centrali elettriche a carbone (Taranto). Un accumulo di cause pendenti contro i giornalisti in assenza di fondi per la loro gestione potrebbe portare il programma ad una fine.[18]

Il "Rapporto sulla libertà di stampa

Lo stesso argomento in dettaglio: Freedom of the Press.
Sintesi dell'annuale della Freedom House riguardante la libertà di stampa in Italia dal 1980 al 2008.

Prima del 2004, nel rapporto dell'organizzazione statunitense Freedom House sulla libertà di stampa, l'Italia era sempre stata considerata "libera". Nel 2004 fu declassata a “Parzialmente Libera” a causa dei '”'20 anni di fallita amministrazione politica”, la “controversa Legge Gasparri del 2003” e soprattutto per tutte le “possibilità del primo ministro di influenzare la RAI (radiotelevisione italiana di stato), uno dei più lampanti conflitti d'interesse al mondo” (citazione del rapporto).

Lo status del resoconto risalì al grado libero dal 2007 al 2008 durante il Governo Prodi II, per tornare subito a parzialmente libero dal 2009 con il Governo Berlusconi IV. La Freedom House ha notato come l'Italia costituisca un “valore erratico regionale” e, più precisamente, che “l'attuale governo ha incrementato i tentativi di interferire con la politica editoriale della televisione di stato, in particolare per quanto riguarda la copertura degli scandali che circondano il presidente Silvio Berlusconi”.[19]

Il ruolo di Mediaset e la posizione di Silvio Berlusconi

Il controllo estensivo di Berlusconi sui media è stato ampiamente criticato sia da analisti[20] che da organizzazioni per la libertà di stampa, che concordano nel considerare i media italiani con una limitata libertà di espressione. La Freedom of the Press 2004 Global Survey, uno studio annuale promosso dall'organizzazione americana Freedom House, per tali motivi ha più volte declassato l'Italia da Libera a Parzialmente Libera[21] esplicitamente a causa dell'influenza di Berlusconi sulla Rai, una valutazione condivisa in tutta l'Europa Occidentale solo dalla Turchia. Reporter Senza Frontiere afferma che nel 2004 Il conflitto d'interessi che coinvolge il primo ministro Silvio Berlusconi e il suo vasto impero mediatico non è stato ancora risolto e continua a minacciare la democrazia informativa.[22] Nell'aprile del 2004, la Federazione Internazionale dei Giornalisti si unì a tali critiche, obiettando al passaggio di una legge respinta da Carlo Azeglio Ciampi nel 2003, che criticanti credono sia disegnata appositamente per proteggere il controllo al 90% del sistema televisivo italiano da parte di Silvio Berlusconi.[23]

L'"Editto Bulgaro"

L'influenza di Berlusconi sulla RAI divenne evidente quando a Sofia, Bulgaria, espresse le sue opinioni sui giornalisti Enzo Biagi e Michele Santoro,[24] e sul comico e attore Daniele Luttazzi. Berlusconi disse che “usano la televisione come un mezzo di comunicazione criminale”. Come risultato i tre persero il loro lavoro.[25] Questa affermazione fu chiamata dai critici "Editto Bulgaro".

La trasmissione televisiva di un programma satirico chiamato Raiot fu censurata nel novembre del 2003 dopo che la comica Sabina Guzzanti aveva espressamente criticato l'impero mediatico di Silvio Berlusconi.[26]

Nel 2006, all'uscita del film Il caimano di Nanni Moretti, la RAI (che essendo televisione di stato utilizza denaro pubblico) acquisisce il film per un milione e mezzo di euro per 5 passaggi del film sulle reti RAI in altrettanti anni. Il film, che ricalca in molti punti e situazioni la figura di Silvio Berlusconi e soprattutto le questioni riguardanti i media e le sue controversie con la giustizia italiana, non è stato tuttora mai trasmesso. La questione risulta particolarmente calda durante gli scandali che coinvolgono il presidente del consiglio Silvio Berlusconi nel 2010 e 2011, facendo risultare il film di Nanni Moretti particolarmente profetico e accendendo a tal riguardo l'opinione pubblica.[27]

La "Par condicio"

Lo stesso argomento in dettaglio: Par Condicio.

La Mediaset, il gruppo televisivo di Silvio Berlusconi, ha affermato che esso utilizza gli stessi criteri della televisione pubblica (RAI) nell'assegnazione di un'appropriata visibilità ai più importanti partiti movimenti politici (la cosiddetta par condicio) – tale affermazione è stata più volte confutata.[28][29]

Nel mese di ottobre del 2009, il segretario generale di Reporter Senza Frontiere Jean-François Julliard dichiarò che Berlusconi è sul limite per essere aggiunto sulla nostra lista dei Predatori della Libertà di Stampa, rendendolo così il primo leader europeo della lista. Aggiunse anche che l'Italia sarebbe probabilmente posizionata all'ultimo posto nell'Unione Europea per quanto riguardava l'imminente edizione della lista annuale dei paesi in base alla libertà di stampa.[30]

Internet

A partire dalle richieste dell'autorità giudiziaria, della polizia postale e delle comunicazioni (tramite il Centro nazionale per il contrasto alla pedo-pornografia su Internet), dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, il conteggio dei siti oscurati in italia a luglio 2015 ammontava più di 6.400 siti[31] Nell'elenco sono compresi anche siti web che contengono pedopornografia[32] e alcuni siti che favoriscono la violazione del diritto d'autore attraverso la condivisione di file con protocolli paritetici. Da febbraio 2009, per esempio, il sito internet The Pirate Bay e il loro indirizzo IP è stato reso inaccessibile dall'Italia[33], bloccato direttamente dai fornitori di accesso a Internet e seguendo un verdetto definito dalla Corte di Bergamo, poi confermato dalla Corte Suprema definendo quest'azione utile per la prevenzione dell'infrangimento del copyright. Un filtraggio pervasivo viene poi applicato ai siti di gioco d'azzardo che non abbiano una licenza per operare in Italia.[34]

Vari strumenti legali vengono però anche utilizzati per monitorare e censurare l'accesso ai contenuti internet[35]. Alcuni esempi sono dati dalle applicazioni della legge Romani, in seguito ai numerosi casi di gruppi Facebook creati contro il primo ministro Silvio Berlusconi.

Una legge anti-terrorismo venne promulgata nel 2005 dopo gli attacchi terroristici a Madrid e a Londra[36], con essa il ministro degli interni Giuseppe Pisanu restrinse l'apertura di nuovi Hotspot (telematica)[37], sottoponendo così le entità interessate ad una richiesta di permesso da aprire presso la Polizia di Stato di competenza[37][38] e gli utenti di Internet ad identificazione, presentando un documento d'identità[37][38]. Ciò inibì l'apertura di hotspot in tutta l'Italia[36], con un numero di hotspot inferiore di 5 volte rispetto alla Francia e con la sostanziale assenza di network wireless municipali.[36] Nel 2009 solo il 32% degli utenti Internet italiani ha un accesso Wi-Fi.[39]

L'Italia ha inoltre posto una restrizione ai bookmaker stranieri su internet, dando mandato ad alcuni ISP di deviare il traffico di alcuni host DNS.[40][41]

Note

  1. ^ (EN) Freedom of the Press 2009, su freedomhouse.org, Freedom House. URL consultato l'11 novembre 2015 (archiviato dall'url originale il 19 marzo 2015).
  2. ^ (EN) Details about Italy, su 2015 World Press Freedom, Reporter senza frontiere (archiviato dall'url originale il 3 ottobre 2105).
  3. ^ Fra le "Gazzette Ufficiali" del periodo, prima della Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia. Si ricordano la "Gazzetta Privilegiata di Milano" (quotidiano ufficiale unico della Lombardia asburgica), la "Gazzetta di Parma" (giornale ufficiale del Ducato di Parma e Piacenza), la "Gazzetta di Firenze" (giornale ufficiale del Granducato di Toscana).
  4. ^ Legge 785 del 25 giugno 1913
  5. ^ Regio Decreto 532 del 31 maggio 1914
  6. ^ Regio Decreto 531 del 22 aprile 1920
  7. ^ Cfr.Jonathan Rose, Il libro nella Shoah, ed. Sylvestre Bonnard, Milano 2003
  8. ^ Guardian - Italian TV show on drug-taking pulled from schedules
  9. ^ Country profile: Italy, su news.bbc.co.uk, BBC News. URL consultato il 7 marzo 2009.
  10. ^ Web worldwide: UK housewives love it, Chinese use it most, Danes are least keen, su guardian.co.uk, The Guardian, 209-01-01. URL consultato il 7 marzo 2009.
  11. ^ Our new digital friend? We now trust online news as we trust TV and newspapers, su tns-us.com, TNS US, 15 dicembre 2008. URL consultato il 7 marzo 2009.
  12. ^ Censure negli anime
  13. ^ Censure nell'anime Naruto
  14. ^ Philippe Ridet, "Cowboys, gays, et privés de baisers sur la Rai", dans Le Monde du 13-12-2008
  15. ^ Maria Pia Fusco, La Rai rifiuta il trailer di Videocracy "È un film che critica il governo", in La Repubblica, 27 agosto 2009. URL consultato il 7 settembre 2009.
  16. ^ ANSA, Par condicio: stop Tar regolamento Agcom, in ANSA, 12 marzo 2010.
  17. ^ Repubblica, Rai, il cda non "libera" i talk show, in Repubblica.it, 15 marzo 2010.
  18. ^ Report senza copertura legale Si attende risposta Rai, su lastampa.it, La Stampa, 9 settembre 2009.
  19. ^ 2011 Report on the Freedom of the Press, Press Release, Freedom House, 2 maggio 2011, p. 12.
  20. ^ David Hine, Silvio Berlusconi, i media e il conflitto di interesse, Il Mulino, 2002, pp. 291–307.
  21. ^ Global Press Freedom Deteriorates - Proportion of Global Population With Access to Free Media Plunges to New Low Italy Drops to “Partly Free”, su freedomhouse.org (archiviato dall'url originale il 3 maggio 2004).
  22. ^ Italy - 2004 Annual report, su rsf.org, RWB.
  23. ^ Journalists In New Protest as Berlusconi’s Grip on Italian Media Becomes A Stranglehold, su ifj-europe.org (archiviato dall'url originale il 27 settembre 2004).
  24. ^ Media pluralism more threatened than ever, su rsf.org, RWB, 6 agosto 2002.
  25. ^ Peter Gomez e Marco Travaglio, Regime, Milan, RCS MediaGroup, 2004, pp. 28–258.
  26. ^ RAI suspends satirical programme after lawsuit by Berlusconi-owned company, su rsf.org, RWB, 22 novembre 2003.
  27. ^ Video da La7 commentato dal Corriere della Sera, 1º maggio 2011
  28. ^ Le trappole della par condicio, su ricerca.repubblica.it, la Repubblica, 15 febbraio 2006.
  29. ^ Il Bavaglio Del Polo Alla Rai, su ricerca.repubblica.it, la Repubblica, 9 maggio 2002.
  30. ^ Reporters Without Borders in Rome as Berlusconi gets closer to being declared a “Predator”, su rsf.org, Reporters Without Borders. URL consultato il 3 ottobre 2009.
  31. ^ Osservatorio sulla censura di Internet in Italia. Consultato il 21 luglio 2015.
  32. ^ Italy enacts law to block child porn Web sites, Reuters, 2 gennaio 2007. URL consultato il 23 febbraio 2011.
  33. ^ The Pirate Bay To Be Censored in Italy, Again da TorrentFreak
  34. ^ Fight against illegality. Consultato il 2011-02-23
  35. ^ Italy drafts law for censorship of Internet postings, su Associated Press, Sarasota Herald-Tribune, 22 gennaio 2010.
  36. ^ a b c Libero web senza fili, L'espresso, 26 novembre 2009. URL consultato il 27 novembre 2009.
  37. ^ a b c Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, recante misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale, su camera.it, Italian Chamber of Deputies, 1º agosto 2005. URL consultato il 27 novembre 2009.
  38. ^ a b Diffondiamo il Wi-Fi, proposta di legge bi-partisan, Tom's Hardware, 26 novembre 2009. URL consultato il 27 novembre 2009.
  39. ^ Pc e internet avanzano nelle case italiane, Corriere della Sera, 28 dicembre 2009. URL consultato il 29 dicembre 2009.
  40. ^ Italy's ban on foreign operators opens a new front in Europe's battle for a 'common market' for gambling
  41. ^ I Know This Is A Trite Title, But ... It's Not Just China (strong language)

Bibliografia

  • Domenico Maria Bruni, Potere e circolazione delle idee. Stampa, accademie e censura nel Risorgimento italiano, Milano, 2007 ISBN 978-88-464-9104-6
  • Luciano Mirone, Gli insabbiati, storie di giornalisti uccisi dalla mafia e sepolti dall'indifferenza, Castelvecchi, 1999. ISBN 88-8210-116-9
  • Le mille balle blu, Milano, BUR Biblioteca universale Rizzoli, 2006. ISBN 88-17-00943-1
  • Menico Caroli, Proibitissimo!: censori e censurati della radiotelevisione italiana, Garzanti, Milano, 2003
  • Iaccio, P., "La censura teatrale durante il fascismo", in: Storia contemporanea, n. 4, agosto 1986, pp. 567–614.
  • Koenig, M., "Censura, controllo e notizie a valanga. La collaborazione tra Italia e Germania nella stampa e nella radio 1940-41", in: Italia contemporanea, n. 271, 2013, pp. 233–255.
  • Scarpellini, E., Organizzazione teatrale e politica del teatro nell'Italia fascista, Firenze, La Nuova Italia, 1989.
  • Zurlo, L., Memorie inutili. La censura teatrale nel ventennio, Roma, Edizioni dell'Ateneo, 1952.

Voci correlate