Galeria Valeria

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Galeria Valeria
Profilo di Valeria da una moneta
Augusta dell'Impero romano
In caricanovembre 308 - 315
MorteSalonicco, 315
Dinastiacostantiniana
PadreDiocleziano
MadrePrisca
Consorte diGalerio
FigliCandidiano (adottivo)

Galeria Valeria (... – Salonicco, 315) era figlia dell'imperatore romano Diocleziano, seconda moglie dell'imperatore Galerio, nonché Augusta.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Galeria Valeria era figlia di Diocleziano e Prisca e sposò Galerio nel 293, quando suo padre lo elesse cesare per l'Oriente. Questo matrimonio, chiaramente organizzato per rafforzare i rapporti tra i due imperatori, richiese che Galerio divorziasse dalla sua prima moglie, di cui si ignora il nome. Il padre diede alla figlia il titolo di Augusta per evidenziare la preminenza di Galerio tra i tetrarchi e il titolo di mater castrorum (madre degli accampamenti) nel novembre 308.

Probabilmente sterile, Valeria non diede figli a Galerio, per cui decise di adottare come proprio il figlio di una concubina di suo marito, di nome Candidiano. Valeria simpatizzava con i cristiani, mentre suo marito li perseguitava.

Quando Galerio morì, nel 311, Licinio divenne imperatore, e gli furono affidate Valeria e sua madre Prisca. Le due donne, comunque, furono costrette a sacrificare agli dei e fuggirono da Licinio, molto interessato a sposare Valeria, per mettersi sotto la protezione di Massimino Daia, già sposato, la cui figlioletta venne promessa in matrimonio a Candidiano. Poco tempo dopo però anche Massimino Daia, volendo rafforzare la sua posizione al potere e impadronirsi dell'eredità di Galerio, propose a Valeria di sposarlo, promettendole che avrebbe divorziato dalla prima moglie.

Narra il retore Lattanzio nel De mortibus persecutorum che Valeria indossava ancora le vesti nere del lutto per Galerio e dignitosamente rifiutò le proposte di matrimonio di Massimino, grazie alla libertà che come augusta e figlia dell'imperatore poteva permettersi: le sue argomentazioni furono che era ancora in lutto; che l'ex marito che era stato padre (adottivo) di Massimino, quindi il legame appariva quasi incestuoso; che era riprovevole ripudiare una moglie fedele e un tale marito avrebbe fatto lo stesso con lei alla prima occasione; infine che un'augusta prendesse un secondo marito era cosa contraria agli usi e senza precedenti.

Massimino si infuriò contro Valeria, ma non osava ucciderla, per cui la punì indirettamente, facendo condannare a morte tre nobili matrone sue amiche con false accuse di adulterio. Poi la fece arrestare e confinare in Siria, confiscando le sue proprietà. Valeria tuttavia riuscì con dei messi ad avvisare il padre della sua situazione, chiedendo aiuto. Diocleziano inviò a più riprese dei legati, ma le sue richieste di riscattare la figlia non vennero ascoltate da Massimino.

Alla morte di Massimino, Licinio decisa di avviare una purga dei possibili rivali, per cui fece assassinare Candidiano, nipote di Diocleziano, a Nicomedia e ordinò la pena capitale per Valeria. La donna fuggì, nascondendosi in varie provincie per più di un anno, mascherata da plebea, finché non fu trovata a Tessalonica; fu catturata assieme alla madre Prisca. Le due donne furono portate, tra la compassione della folla, fino alla pubblica piazza, dove vennero decapitate. I loro corpi furono gettati in mare.

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