Utente:X-Dark/Sandbox2

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Chiudendo la parentesi dedicata al giardinaggio, voglio cercare di fare un ultimo tentativo per farmi male spiegare come mai i nove punti di sopra sono in larga parte inconsistenti e cosa invece si dovrebbe cercare di migliorare. L'inizio dell'età moderna, con anche il contributo di Galileo, segnò l'inizio di una separazione della fisica dalla filosofia, la prima intesa come studio del "come" dei fenomeni naturali mentre la seconda dedita alla ricerca del "perché" e dell'essenza delle cose. Fiumi di inchiostro sono stati versati a riguardo, senza scomodare Popper basta dare un rapido sguardo su internet per rendersene conto.[1] Scrivere perciò che il rifiuto dell'essenzialismo in Galileo è una ricerca originale è crasso ai limiti del volgare; sostenere perfino che questa diatriba è inessenziale perché non si trova sul libro di filosofia di un utente è di una tale ingenuità che si commenta da sola. La legge del contrappasso deve aver colpito Galileo: quattrocento anni dopo aver sostenuto che non è necessario riferirsi ad un unico libro (sacro) per stabilire la verità, la sua voce su wikipedia subisce un "processo" e viene rimossa dalla vetrina perché ... alcuni argomenti non si trovano in un preciso libro di filosofia! Dato però che non si parla di argomenti religiosi né tantomeno "il mio libro di filosofia" (chissà quale poi) è la Bibbia, viene solo da sorridere di fronte ad una così mal costruita argomentazione.

Di fronte alla vastità di tali argomenti, serve avere una precisa idea di come e dove metterli su wikipedia. Dato che questa discussione sull'essenzialismo (che io ho semplificato e ridotto fin oltre i limiti consentiti) si trascina complessa su tutta la fisica/filosofia moderna, il rischio è quello di ripetere molte volte gli stessi ragionamenti senza mai avere una visione d'insieme o senza mai definirli davvero una volta per tutte. Questo problema riguarda un blocco di voci intero, di sicuro non solo questa di Galileo: il punto di questa voce semmai è quello di chiarire dove e come Galileo abbia preso posizione sull'essenzialismo, di sicuro non affrontare discorsi sui massimi sistemi che qui non potrebbero mai essere nemmeno cominciati. Su questo mi sembra che la voce riesca a cogliere almeno l'intento. Resta da chiarire se lo fa correttamente o meno, di sicuro tuttavia non mi sarei sentito più rassicurato anche se la sezione sull'essenzialismo, ora spostata, fosse stata piena di numeretti blu a pagine esterne. Ad aggiungere un link come questo ci vogliono solo due secondi, ma si aumenta solo un numero progressivo senza cambiare la situazione. Per scrivere di queste questioni, verificarne la validità e la correttezza servono tempo e utenti con una conoscenza specifica (quindi di sicuro non me che non sono un filosofo e purtroppo nemmeno larga parte degli utenti su wikipedia, per il primo, il secondo motivo od entrambi). Wikipedia d'altra parte non si basa in modo tradizionale su di un comitato di redazione certificato ed esperto, l'unica sua garanzia è il controllo incrociato dei membri della sua comunità, con tutti i suoi limiti. Questo processo è faticoso ed è quanto mi ha fatto disperare sopra, tuttavia non mi sembra che questa voce su Galileo da questo punto di vista sia il risultato del lavoro di un unico utente alle prime armi. Detto questo, ad altri la decisione su cosa fare adesso, questa discussione purtroppo mi sembra bloccata qui. X-Dark (msg) 22:17, 25 mag 2013 (CEST)

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Prendendo il primo libro a caso su Galileo: "Galileo's position were structured around a nonessentialist working definition of the real as the non artifactual. Galileo's nonessentialism was also tacticaly astute. It allowed him to stay clear of the traps of the realist/nominalist dychotomy, and to introduce new astronomical objects without having to define them - something that, given the state of his kwnoledge, he could not do. [...] While the content of Galileo's claims was often in conflict with the hexegetical position held by the church, the logic of his discourse were distinctly nonessentialist [...]" in "Galileo's Instruments of Credit: Telescopes, Images, Secrecy" di Mario Biagioli


Studi sul moto[modifica | modifica wikitesto]

Rappresentazione dell'evoluzione moderna dei diagrammi utilizzati da Galileo nello studio del moto. Ad ogni punto di una linea corrisponde un tempo e una velocità (segmento giallo che termina con un punto blu). L'area gialla della figura così ottenuta corrisponde quindi allo spazio totale percorso nell'intervallo di tempo (t2-t1).

Galileo fu uno dei protagonisti del superamento della descrizione aristotelica della natura del moto. Già nel medioevo alcuni autori, come Giovanni Filipponio nel VI secolo, avevano osservato contraddizioni nelle leggi aristoteliche, ma fu Galileo a proporre una valida alternativa basata su osservazioni sperimentali. Diversamente da Aristotele, per il quale esistono due moti "naturali", cioè spontanei, dipendenti dalla sostanza dei corpi, uno diretto verso il basso, tipico dei corpi di terra e d'acqua, e uno verso l'alto, tipico dei corpi d'aria e di fuoco, per Galileo qualunque corpo tende a cadere verso il basso nella direzione del centro della Terra. Se vi sono corpi che salgono verso l'alto è perché il mezzo nel quale si trovano, avendo una densità maggiore, li spinge in alto, secondo il noto principio già espresso da Archimede: la legge sulla caduta dei gravi di Galileo, prescindendo dal mezzo, è pertanto valida per tutti i corpi, qualunque sia la loro natura.

Per raggiungere questo risultato, uno dei primi problemi che Galileo e i suoi contemporanei dovettero risolvere fu quello di trovare gli strumenti adatti a descrivere quantitativamente il moto. Ricorrendo alla matematica, il problema era quello di capire come trattare eventi dinamici, come la caduta dei corpi, con figure geometriche o numeri che in quanto tali sono assolutamente statici e sono privi di alcun moto. Per superare la fisica aristotelica, che considerava il moto in termini qualitativi e non matematici, come allontanamento e successivo ritorno al luogo naturale, bisognava dunque prima sviluppare gli strumenti della geometria e in particolare del calcolo differenziale, come fecero successivamente fra gli altri Newton, Leibniz e Cartesio. Galileo riuscì a risolvere il problema nello studio del moto dei corpi accelerati disegnando una linea ed associando ad ogni punto un tempo e un segmento ortogonale proporzionale alla velocità. In questo modo costruì il prototipo del diagramma velocità-tempo e lo spazio percorso da un corpo è semplicemente uguale all'area della figura geometrica costruita.

Sulle base degli studi sul moto, di esperimenti mentali e delle osservazioni astronomiche, Galileo intuì che è possibile descrivere sia gli eventi che accadono sulla terra che quelli celesti con un unico insieme di leggi. Superò quindi in questo modo anche la divisione fra mondo sublunare e sovralunare della tradizione aristotelica, dove il secondo è governato da leggi diverse da quelle terrestri e da moti circolari in sfere perfette.


Amplio ulteriormente il discorso in merito all'ultima citazione aggiunta di Koyré e sul significato lingua matematica di carattere geometrico scritta da Galileo. Mi scuso in anticipo per la prolissità. Certamente l'idea che esista una regolarità matematica nella natura non è una scoperta di Galileo ma risale almeno all'antica Grecia, tuttavia esiste una differenza di metodo fra le ricerche di Galileo e la filosofia classica. I pitagorici pensavano alla matematica e alle relazioni geometriche nella natura cercando la perfezione di una sorta di divinità panteistica, di un cosmo costituito da questa. La matematica/geometria era in altri termini la base a priori dell'universo. Quando Platone alla terra, all'acqua, all'aria e al fuoco fa corrispondere il cubo, il tetraedro, l'ottaedro e l'icosaedro, non è guidato da una qualche evidenza sperimentale approssimativa della presenza di atomi, molecole o particelle. L'idea di modello matematico (o geometrico) come linguaggio per fornire previsioni verificabili dagli esperimenti nasce proprio con Galileo (o perlomeno a quei tempi inizia a diffondersi e a diventare predominante). Anche questo andrebbe precisato e aggiunto in relazione alla frase dell'incipit, oppure altrove per non appesantire troppo la discussione su di una sola citazione. Ad esempio, nel merito Galileo stesso afferma (grassetti miei):

"Hanno sin qui la maggior parte dei filosofi creduto che la superficie [della Luna, ndr] fosse pulita tersa e assolutissimamente sferica [la perfezione geometrica/matematica di origine filosofica, ndr], e se qualcuno disse di credere, che ella fusse aspra e muntuosa fu reputato parlare più presto favolusamente, che filosoficamente. Ora io questo istesso corpo lunare [...] asserisco il primo, non più per immaginazione, ma per sensata esperienza e necessaria dimostrazione, che egli è di superficie piena di innumerevoli cavità ed eminenze [...]."

Notare come si parli sempre di "filosofi" e non di "fisici" ma attenzione che erano ancora lontani i tempi in cui si sviluppò una grossa dicotomia fra le due figure. In questo senso bisogna leggere il riferimento al "grandissimo libro in lingua matematica", la lingua matematica va contestualizzata nel metodo sperimentale e non solo nella filosofia in senso stretto. Su questa differenza fra scienza moderna/Galileo rispetto ai suoi contemporanei e ai suoi predecessori si possono trovare numerosi scritti e commenti, che nell'essenza si preoccupano in effetti della differenza di base fra fisica e matematica e della "realtà" di quest'ultima. Penrose ad esempio scrive (lasciando solo le parti essenziali):

"Euclidean geometry is a specific mathematical structure, with its own specific axioms. [...] Einstein’s general relativity [...] provides geometries for the physical universe that are different from, and yet more accurate than, the geometry of Euclid, despite the fact that the Euclidean geometry of the ancients was already extraordinarily accurate. Thus, we must be careful, when considering geometrical assertions, whether to trust the ‘axioms’ as being, in any sense, actually true.
But what does ‘true’ mean, in this context? [...] Plato made it clear that the mathematical propositions [...] referred not to actual physical objects (like the approximate squares, triangles, circles [...]) but to certain idealized entities. [...]
But does the Platonic mathematical world actually exist, in any meaningful sense? The Platonic viewpoint [...] tells us to be careful to distinguish the precise mathematical entities from the approximations that we see around us in the world of physical things. Scientists will put forward models of the world - or, rather, of certain aspects of the world - and these models may be tested against previous observation and against the results of carefully designed experiment. The models are deemed to be appropriate if they survive such rigorous examination and if, in addition, they are internally consistent structures."

L'ultima parte descrive di fatto il metodo scientifico e il test fornito dagli esperimenti, concettualmente non presenti nella filosofia classica, ma curiosamente Penrose a questo riguardo non cita Galileo. Come sempre le idee e i concetti hanno uno sviluppo lungo che difficilmente è identificabile con una singola persona, per cui ovviamente lungi da me cadere nell'errore di incensare Galileo sminuendo i pitagorici. Tuttavia dovrebbe restare chiarita la differenza concettuale fra il metodo scientifico introdotto (anche) da Galileo e le costruzioni matematiche della filosofia classica (che talvolta possono anche risultare sorprendentemente vicine alla realtà, ma non è questo il punto).

Su questi aspetti si potrebbe ampliare il discorso e magari aggiungere anche la citazione di Galileo che ho riportato sopra (sperando di non finire bannati ad infinito per aver violato una regola universale sulle citazioni), cercando di tenere il ragionamento su pochi semplici concetti. Certamente andrebbero anche aggiunte le precisazioni di Guido per far capire come mai Galileo parli di caratteri che son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche e non di numeri o peggio equazioni. Eviterei però citazioni, quelle sì decontestualizzate, che parlano di "leggi geometriche [che] hanno un valore reale, e dominano la fisica". Su quale tipo di realtà delle leggi geometriche bisogna discutere in fisica Penrose è chiaro e non è difficile riprodurre il suo schema logico anche nella voce. In questo modo si può evitare di far passare sottobanco l'idea sbagliata che "la teoria matematica precede l'esperienza" in senso panteista, mentre proprio per Galileo esiste una differenza sostanziale di metodo. Considerando tuttavia che la voce è in vetrina, sarebbe meglio evitare edit-war e abbozzare prima le modifiche in discussione o in qualche sandbox e raggiungere il consenso su quelle.

Ad esempio un fotone che costituisce la luce rossa di lunghezza d'onda nanometri ha una energia pari a:

che è un ammontare di energia estremamente piccolo rispetto alle scale di energia dell'esperienza quotidiana. Tuttavia questa piccola energia permette di attivare i processi della fotosintesi clorofilliana.[1][2]

Introduzione[modifica | modifica wikitesto]

Il concetto di fotone è stato introdotto nell'ambito della fisica quantistica per spiegare le contraddizioni emerse fra la meccanica classica e gli esperimenti condotti a cavallo fra la fine del XIX secolo e il XX secolo. Secondo la teoria classica sviluppata da Maxwell, la luce, le onde radio o i raggi UV sono tutte radiazioni elettromagnetiche, cioè campi elettrici e magnetici che si propagano attraverso il vuoto e la materia seguendo una dinamica ondulatoria. Il fotone fu introdotto come costituente elementare di queste radiazioni da Max Planck nel 1900, come entità non ulteriormente divisibile.[3] Classicamente ogni onda, secondo il principio di sovrapposizione, può essere sempre scomposta come la somma o il contributo di altre due o più onde. La meccanica quantistica postula al contrario, in accordo con gli esperimenti, l'esistenza di un "quanto" di energia fondamentale indivisibile, che ha quindi proprietà sia ondulatorie che particellari (fenomeno noto come dualismo onda-particella).[4]

Dal punto di vista particellare, il fotone ha massa nulla e non trasporta alcuna carica elettrica. Il suo momento angolare intrinseco, lo spin, può assumere solo i due valori di (in unità di ) che corrispondono ai diversi stati classici di polarizzazione.[5] Nel vuoto i fotoni si propagano sempre alla velocità della luce (non esistendo alcun osservatore rispetto al quale sono fermi) e il loro raggio d'azione è illimitato. Questo significa che un fotone può continuare a viaggiare nello spazio-tempo indefinitamente senza alcun limite, finché non viene assorbito da un'altra particella. Per questo motivo è possibile tutt'ora rilevare i fotoni emessi nei primi istanti di vita dell'universo, che formano la radiazione cosmica di fondo.[6]

Dal punto di vista ondulatorio, un fotone ha una sua frequenza di vibrazione e una sua lunghezza d'onda. Il prodotto delle frequenza con la lunghezza d'onda è pari alla velocità di propagazione dell'onda, in questo caso della luce:

quindi all'aumentare della frequenza diminuisce la lunghezza d'onda. Ad esempio un fotone che costituisce la luce verde ha una frequenza di 600 THz e quindi una lunghezza d'onda pari a:

che corrisponde alla dimensione di alcuni batteri[7] o circa un centesimo dello spessore di un capello. I fotoni inoltre trasportano un'energia proporzionale alla frequenza :

dove è la costante di Planck, contrariamente alle onde classiche dove l'energia è proporzionale al quadrato dell'ampiezza. I fotoni costituiscono tutte le radiazioni dello spettro elettromagnetico (e non solo quelli della radiazione visibile). Ad alte frequenze quindi, come nei raggi gamma, i fotoni trasportano grandi quantità di energia e sono pericolosi per l'uomo in quanto in grado di danneggiare la struttura molecolare del DNA.[8] A basse frequenze invece le energie trasportate si riducono considerevolmente, si propagano senza essere ostacolati da oggetti di piccole dimensioni e di conseguenza le onde radio possono essere trasmesse a grandi distanze.

Una comune lampada da 100 W a luce rossa può emettere, trascurando la quantità di energia dispersa in calore, centinaia di trilioni di fotoni ogni secondo (dell'ordine di grandezza cioè di ).[9] Questo significa che la luce è costituita da un numero enorme di fotoni che presi singolarmente trasportano quindi una quantità infinitesima di energia. Tuttavia questa quantità infinitesima di energia è sufficiente a rompere alcuni legami molecolari e ad esempio a far innescare le reazioni di fotosintesi clorofilliana delle piante. In questo caso un fotone della luce rossa di lunghezza d'onda di 700 nanometri, che trasporta quindi una energia estremamente piccola rispetto a quelle delle scale di energia dell'esperienza quotidiana pari a:

viene assorbito da un recettore e da avvio alla produzione di zucchero. Per questo motivo alcune speciali lampade sono utilizzate per accelerare la crescita delle piante.[10]

Ma oltre a un'energia , il fotone trasporta anche una quantità di moto

,[11]

che differisce dall'energia solo per una costante dimensionale. Poiché il prodotto tra la frequenza di un'onda elettromagnetica e la sua lunghezza d'onda è uguale al valore della velocità della luce (, da cui ), la quantità di moto di un fotone, in funzione della lunghezza d'onda è data anche dal rapporto tra la costante di Planck e :

,

come si può verificare per sostituzione.

Si consideri in proposito il seguente esempio: l’effetto fotoelettrico, ossia l’estrazione di elettroni da una superficie, si verifica solo se la radiazione elettromagnetica incidente è ≤ 546 nm (luce verde), pari a 5,46 x 10-7m. Applicando la formula f = c/λ e considerando c = 3 x 108m/s, si calcola che la corrispondente frequenza è pari a 5,4945 x 1014Hz; quindi l'effetto fotoelettrico si verifica per frequenze ≥ al predetto valore. A questo punto si possono determinare (calcoli omessi) l’energia dei fotoni “E” e la loro quantità di moto “p”: E = 3,64 x 10-19J, e p = 1,21 x 10-27 kg•m/s [12].

L'enegia minima dei fotoni necessaria per dare inizio all'effetto fotoelettrico, il cui valore equivale al lavoro di estrazione, viene espressa anche in elettronvolt; poiché l’energia in Joule e l’energia in eV sono legate dalle relazione: E(J) : (1,602176565 x 10-19J) = E(eV), nel predetto esempio si avrà: (3,64 x 10-19J) : (1,602 x 10-19J) = 2,27 eV. Tale energia corrisponde al valore di soglia del potassio [13].

L’ipotesi quantistica di Einstein non fu accettata per diversi anni da una parte importante della comunità scientifica. Ma la questione fu risolta definitivamente nel 1923 quando Arthur Holly Compton pubblicò i risultati delle sue ricerche (effetto Compton) che confermavano in modo indiscutibile l’ipotesi di Einstein: la radiazione elettromagnetica è costituita da quanti (fotoni) che interagendo con gli elettroni si comportano come singole particelle.

Secondo la teoria quantistica dei campi "la forza elettromagnetica è il risultato dell’interazione tra il campo dell’elettrone e quello del fotone"[14].

Il termine "fotone" fu coniato dal chimico statunitense Gilbert Newton Lewis nel 1926 per definire quelli che da Planck e poi da Einstein erano stati denominati quanti, con riferimento all'ipotesi secondo la quale l'energia fosse trasportata dalla radiazione elettromagnetica in pacchetti discreti.

Il fotone rese possibile un modello che descrivesse la dipendenza dell'energia della luce dalla frequenza e spiegasse l'equilibrio termico tra la materia e la radiazione elettromagnetica. Spiegava inoltre l'anomalia di alcune osservazioni, come le proprietà del corpo nero, tramite modelli "semiclassici" sviluppati da vari fisici, tra cui Planck, che contribuirono poi allo sviluppo della meccanica quantistica.

Il fotone ha avuto una rilevanza fondamentale nello sviluppo della fisica, in particolare nel campo dell'Ottica, e ha importanti applicazioni in Fotochimica, Microscopia, Fluorescence Resonance Energy Transfer e Comunicazioni ottiche come la Crittografia quantistica.[15]

  1. ^ lamps
  2. ^ plant
  3. ^ Max Planck, "Ueber die Elementarquanta der Materie und der Eletricität", in Annalen der Physik, vol. 2, 1900, p. 564.
  4. ^ Onde e fotoni, su phy6.org. URL consultato il 28 ottobre 2012.
  5. ^ Polarization and Spin, su mathpages.com. URL consultato il 27 ottobre 2012.
  6. ^ La radiazione cosmica di fondo, su bo.astro.it. URL consultato il 28 ottobre 2012.
  7. ^ Diameter of a bacterium, su hypertextbook.com. URL consultato il 28 ottobre 2012.
  8. ^ DNA Ligasi, su pianetachimica.it. URL consultato il 28 ottobre 2012.
  9. ^ Number of photons emitted by a lightbulb per second, su vias.org. URL consultato il 28 ottobre 2012.
  10. ^ LED per coltivare piante: bassi consumi ed alta efficienza, su actionmutant.net. URL consultato il 28 ottobre 2012.
  11. ^ Cfr. "La fisica di Amaldi", vol. 3, elettromagnetismo, fisica atomica e subatomica, ed. Zanichelli, 2012, cap. 13, la teoria quantistica.
  12. ^ Cfr."La Fisica di Amaldi", vol. 3, elettromagnetismo, fisica atomica e subatomica, ed. Zanichelli, 2012, pag. 449.
  13. ^ Cfr. tabella riportata alla voce lavoro di estrazione
  14. ^ Cfr. “Odissea nello zeptospazio – Un viaggio nella fisica dell’LHC”, di Gian Francesco Giudice, ed. Springer, 2011, pag. 69.
  15. ^ Tutto ciò che sa fare un fotone, su daily.wired.it. URL consultato il 28 ottobre 2012.