Utente:Bramfab/sandcentro

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Il centrismo in Italia[modifica | modifica wikitesto]

Il centrismo del dopoguerra[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Centrismo (Italia).

L'assetto politico italiano, dalla fine della seconda guerra mondiale fu immediatamente caratterizzato dalla presenza di un forte partito centrista: la Democrazia Cristiana (DC), che rimase il principale del Paese fino al 1994. Questo partito, sin dalle elezioni dell'Assemblea Costituente si presentò agli elettori come "interclassista" (rectius contrario alla lotta di classe), propugnatore e difensore di ideali legati alla famiglia tradizionale, religione, libertà e patria e rifiuto di qualsiasi alleanza con partiti comunisti, social-comunisti e nazionalisti. In senso lato il centrismo democristiano è riconducibile al cristianesimo democratico, con alcune peculiarità dovute ad una particolare attenzione alle indicazioni della Chiesa cattolica, da sempre fortemente presenti nella realtà italiana ed alla particolare anomalia italiana, che unica entro le nazioni del blocco europeo occidentale, che vedeva la sinistra del Paese dominata da un partito comunista con un partito socialista minoritario.

Attorno alla DC, si trovavano due partiti di tradizioni ottocentesca e risorgimentale, di dichiarata posizione laica per quanto riguarda i rapporti tra politica e religione, che in assenza della DC avrebbero potuto condividere, distinti in due gruppi, lo spazio centrista nello schieramento politico italiano: il Partito Liberale Italiano (PLI) e il Partito Repubblicano Italiano (PRI). Il PLI, erede della cultura liberale al governo del paese dal 1861 al 1922 e genericamente definibile come un partito liberale conservatore, vicino al gran capitale, rifondato da Benedetto Croce, era più precisamente un partito di centro-destra. Il PRI, erede sia della cultura mazziniana sia della tradizione liberalsocialista del Partito d'Azione e rappresentante di un ceto medio genericamente laico e progressista (liberale sociale, secondo una definizione di Ugo La Malfa).

Per meglio comprendere la dinamica di questo periodo occorre anche ricordare che la DC racchiudeva al proprio interno variegate posizioni sia in campo economico-sociale che culturale, cresciute nel comune alveo della dottrina sociale della Chiesa cattolica, ma sviluppatesi nel tempo come correnti istituzionalizzate entro il partito. La DC, secondo la definizione degasperiana, era un partito di centro che guarda a sinistra.

Fino al primo Governo Leone, dimessosi nel novembre 1963, l'Italia fu governata con una politica centrista, da governi a gran maggioranza democristiana e l'appoggio diretto o indiretto (nel caso di governi "monocolori"), a seconda del periodo da PLI e PRI. A questi partiti si alleò, fin dall'inizio, in diverse compagini governative il Partito Socialista Democratico Italiano (PSDI), partito di tendenza socialdemocratica.[1] con altre più moderate e riformiste[2][3]. Anticomunismo e atlantismo giocarono un ruolo determinante nel cementare la coalizione.

Il centro-sinistra organico[modifica | modifica wikitesto]

Il primo Governo Moro, nel dicembre del 1963, diede inizio al periodo detto di Centro-sinistra. Questa fase politica vide l'alleanza di DC, PRI e PSDI con il Partito Socialista Italiano (PSI) e il PLI di Malagodi all'opposizione, salvo l'intervallo "neo-centrista" del secondo Governo Andreotti. Questo periodo fu caratterizzato da grandi investimenti in opere pubbliche, crescita degli enti pubblici, nazionalizzazione della produzione e vendita dell'energia elettrica.

Sul piano degli assetti politici il periodo fu caratterizzato da un permanere del rifiuto verso accordi espliciti di governo col Partito Comunista Italiano (PCI) e le alleanze di centro-sinistra furono contrastate internamente nella DC da parte delle sue correnti più moderate, mentre un gruppo di Socialisti si staccò dal partito per formare il Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria (PSIUP), favorevole ad una alleanza col PCI. Viceversa, in funzione dei risultati elettorali, vi furono tentativi, falliti, di riunificazioni fra il PSDI e il PSI.

Il "Compromesso storico" e il "pentapartito"[modifica | modifica wikitesto]

L'assetto del centro politico italiano cambia dopo le elezioni del 1976 che videro una sostanziale tenuta democristiana, attribuita da molti commentatori all'invito di Indro Montanelli a votare DC, in funzione anticomunista, sia pur turandosi il naso, e una grande crescita del PCI. Inoltre si osservò un forte calo di PLI e PSDI, i quali persero la propria forza contrattuale per le trattative di governo ed iniziarono a modificarsi internamente. Nel PLI, per esempio, si affermò la linea indicata da Valerio Zanone e condusse il partito alla cosiddetta svolta lib-lab. PLI e PRI tesero sempre più ad identificarsi in una comune nuova area politica di ispirazione socio-liberale, da cui le liste comuni per le elezioni europee.[4][5][6][7]

Le alleanze fra questi due partiti verso posizioni di centro, col tentativo di proporre una terza via distinta da quella democristiane, furono incentivate dai tentativi di compromesso storico culminati nel quarto Governo Andreotti. La svolta avvenne con il primo Governo Spadolini, il primo a guida non democristiana della storia dell'Italia repubblicana, formato dall'alleanza di cinque partiti, DC, PSI, PRI, PSDI e PLI, e per questo detto pentapartito. Questa alleanza, che escludeva la possibilità di ingresso al governo del PCI, e forniva maggiore visibilità ai partiti moderati laici, durò fino agli inizi degli anni Novanta, terminando assieme alla Prima Repubblica.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Ignazi, Piero, I partiti italiani, Il Mulino, Bologna 1997, pp. 54-62
  2. ^ Salvadori, Massimo, Enciclopedia storica, Zanichelli, Bologna 2000, voce "Partito Socialista Democratico Italiano", pp. 1216-1217
  3. ^ Marchese, Riccardo - Mancini, Bruno - Greco, Domenico - Assini, Luigi, Stato e società. Dizionario di educazione civica, La Nuova Italia, Firenze 1991, voce "Partito Socialista Democratico Italiano", pp. 329-331
  4. ^ Salvadori, Massimo, Enciclopedia storica, Zanichelli, Bologna 2000, voci "Partito Liberale Italiano" e "Partito Repubblicano Italiano", pp. 1207-1208 e 1214-1215
  5. ^ Ignazi, Piero, I partiti italiani, Il Mulino, Bologna 1997, pp. 63-80
  6. ^ Marchese, Riccardo - Mancini, Bruno - Greco, Domenico - Assini, Luigi, Stato e società. Dizionario di educazione civica, La Nuova Italia, Firenze 1991, voci "Partito Liberale Italiano" e "Partito Repubblicano Italiano", pp. 325-327 e 328-329
  7. ^ Galli, Giorgio, I partiti politici italiani (1943/2000). Dalla resistenza al governo dell'Ulivo, BUR, Milano 2001