Utente:Ancient Secret/Sandbox5

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L'Orto Botanico di Portici

L’Orto Botanico di Portici occupa parte del parco della reggia borbonica, che re Carlo volle nel 1738. Il parco, disegnato da Antonio Medrano e Francesco Geri, fu realizzato sulla colata lavica del 1631. Due giardini ornamentali, di circa 9000 metri quadri, furono posti sul lato superiore e su quello inferiore rispetto alla reggia. Nicola Antonio Pedicino, botanico napoletano, creò l’orto nel 1872, anno in cui la reggia divenne sede della Reale Scuola Superiore di Agricoltura, modificando il giardino originario, per adattarlo alle esigenze di studio e di ricerca della scuola. L’orto, che si estendeva nel bosco superiore su una superficie di 7.400 metri quadri, fu da lui diretto dal 1873 al 1877. Nel 1877, fu altresì edificata una serra in ferro e vetro, lungo il muro di cinta del Belvedere. La pubblicazione di un primo primo catalogo dei semi prodotti nell'orto, l'Index Seminum, risale al 1875.

Struttura e organizzazione[modifica | modifica wikitesto]

Della struttura originaria del giardino storico rimangono alcune opere architettoniche, busti marmorei, fontane, mura di cinta ed una serra storica, la serra Pedicino. In particolare, vi sono sedici cassoni per le piante, dodici aiuole e tre vasche per le piante acquatiche, tutte di forma circolare. I due riquadri alla destra della fontana centrale ospitano Conifere, magnolie e piante della zona mediterranea, nonché piante provenienti dall'Australia e dal Sudafrica. I due riquadri a sinistra, invece, ospitano Agavaceae, Liliaceae, Iridaceae, Xanthorroaceae, Myrtaceae, Lauraceae e ancora piante mediterranee. Nei cassoni, tematici, si trovano notevoli collezioni di Cactaceae, Agavaceae, Aizoaceae, piante asiatiche, Aloaceae, Myrtaceae e Cycadaceae. Sia le vasche che la fontana centrale accolgono ninfee e piante acquatiche di altro genere. Palme e Chorysie popolano le più recenti aiuole circolari, che sono fatte di pietra lavica[1]. Una notevole collezione di piante epifite è collocata all'interno della Serra Pedicino, la più antica, restaurata nel 2000. Un esemplare carpellifero di Gingko biloba, alto circa 30 metri, e una Xanthorroea preissii, alta circa 190 cm, che occasionalmente fiorisce, troneggiano nel giardino. La Primula Palinuri[2], (Biagio Longo) importante endemismo di Campania, Calabria e Basilicata, è ospitata in un'apposita struttura in pietra. Uno dei luoghi più incantevoli dell'Orto è il felceto, che si trova a ridosso del giardino storico e della lecceta. Qui felci arboree, e altre specie provenienti da tutto il mondo, sono disposte attorno ad un laghetto, che fornisce la giusta umidità ad esse necessaria. La Woodwardia radicans, che è un rarissimo esemplare della flora tropicalmontana del Terziario, e che, in Campania, si trova in penisola sorrentina e a Ischia e poi in Sicilia e in Calabria, è ospitata in angolo ad essa riservato. Di fronte al felceto vi è un palmeto, ricavato da una schiarita del bosco. Vi sono collocate venticinque specie di palme, oltre ad una limitata collezione di Plumeria e ad un esemplare di Grevillea robusta. Inoltre, vi sono grandi esemplari di Syagrus romanzoffiana, la Jubaea chilensis e una pianta da frutto, la Butia capitata. Di notevole risonanza è la serra delle succulente, che ospita circa quattrocento specie, provenienti dai deserti americani e africani. Molto rilevanti sono le collezioni di Aizoaceae, Cactaceae, Didieraceae, Euphorbiaceae e Apocynaceae. Gli esemplari carpelliferi e staminiferi di Welwitschia mirabilis, provenienti dalle zone desertiche del Kalahari e del Namib, spiccano tra tutti gli altri, data la rarità di questa pianta e la sua difficoltà di riproduzione. La superficie della serra è stata ampliata nel 2002, ed ora si estende su 1000 metri quadrati. Le collezioni sono in continua espansione grazie alle regolari acquisizioni di nuovi esemplari.

Principali collezioni[modifica | modifica wikitesto]

Con oltre 1000 specie e circa 4000 esemplari, le collezioni dell'Orto di Portici sono di grande interesse dal punto di vista della conservazione della natura, della ricerca scientifica e della didattica. La collezione più importante è quella delle piante desertiche, che conta 600 specie, suddivise in diverse famiglie. Le cactacee, presenti in 400 specie, rappresentano la porzione più numerosa. Ad esse si aggiungono Agavaceae, Aizoaceae, Didieraceae ed Euphorbiaceae. Anche le collezioni di Haworthia, Mammillaria, Rhipsalis, Euphorbia e Gymnocalycium sono molto ricche. Provengono dal Sudafrica e dal Madagascar molte piante appartenenti alle specie Kalanchoe, Alluaudia, Didierea e Aloe. Sul substrato lavico ha attecchito in maniera ottimale una pianta africana, la Welwitschia mirabilis, punta di diamante delle collezioni, trovata nel 1859 dal Friedrich Welwitsch, botanico, medico ed esploratore austriaco, nel deserto del Namib nell'Angola meridionale di cui ha preso il nome. Welwitsch, tuttavia, mandando ciò che aveva rinvenuto al direttore dei Kew Gardens, Sir Joseph Dalton Hooker, nel 1862, si era raccomandato che la pianta conservasse il proprio nome angolano, Tumboa [3]. Essa è una Gimnosperma ed appartiene ad un piccolo ordine, quello delle Gnetales, che contiene altre due famiglie, ciascuna delle quali limitata ad un unico genere: le Gnetaceae, genere Gnetum, 30 specie, e Ephedraceae, genere Ephedra, 40 specie. Si ritiene che la Welwitschia risalga al Giurassico, quando le Gymnospermae dominavano la flora mondiale, e sia sopravvissuta perché rimase intrappolata in un ambiente che, in maniera lenta e progressiva, divenne sempre più arido, mentre le specie ad essa vicine si estinsero. Nell'Orto sono presenti due esemplari, uno carpellifero e uno staminifero, entrambi di notevoli dimensioni, che fioriscono annualmente e producono semi, rendendo possibili studi anatomici e fenologici[4].

Note[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]